Sentenza n. 16 del 1960
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SENTENZA N. 16

ANNO 1960

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. GAETANO AZZARITI, Presidente

Avv. GIUSEPPE CAPPI

Prof. TOMASO PERASSI

Prof. GASPARE AMBROSINI

Prof. ERNESTO BATTAGLINI

Dott. MARIO COSATTI

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale della legge 6 agosto 1958, n. 790, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza 29 novembre 1958 emessa dal Pretore di Aversa nel procedimento civile vertente tra Pastena Vincenzo e Chiariello Cristoforo, iscritta al n. 1 del Registro ordinanze 1959 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26 del 31 gennaio 1959;

2) ordinanza 10 giugno 1959 emessa dal Pretore di Marcianise nel procedimento civile vertente tra Lombardi Antimo, Maietta Giuseppe e Scalera Antonio, iscritta al n. 78 del Registro ordinanze 1959 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 184 del 1 agosto 1959;

3) ordinanza 27 maggio 1959 emessa dal Pretore di S. Maria Capua Vetere nel procedimento civile vertente tra Fossataro Giovan Giuseppe e Della Valle Matteo, iscritta al n. 109 del Registro ordinanze 1959 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 264 del 31 ottobre 1959.

Viste le dichiarazioni di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 2 marzo 1960 la relazione del Giudice Giovanni Cassandro;

uditi l'avv. Costantino Mortati, per Pastena Vincenzo e Fossataro Giovan Giuseppe, e il sostituto avvocato generale dello Stato Luciano Tracanna, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Questa Corte, con la sentenza n. 53 del 9 luglio 1958, dichiarò l'illegittimità costituzionale della legge 20 dicembre 1956, n. 1422, intitolata "Riduzione dei canoni di affitto dei fondi rustici composti in canapa nelle Province della Campania", e, come conseguenza di questa pronunzia, dichiarò anche la illegittimità della legge 9 luglio 1957, n. 601, intitolata "Norme interpretative della legge 20 dicembre 1956, n. 1422".

Poco tempo dopo fu promulgata la legge 6 agosto 1958, n. 790, recante "Disposizioni sui canoni di affitto di fondi rustici composti in canapa nelle Province della Campania". Questa legge stabilisce all'art. 1 che "a decorrere dall'annata agraria 1957 - 58 e sino al termine dell'annata agraria in corso al momento dell'entrata in vigore di una nuova legge contenente norme di riforma dei contratti agrari, i canoni di affitto dei fondi rustici convenuti in canapa o con riferimento al prezzo della stessa nelle Province della Campania, relativamente ai quali non sia intervenuta pronuncia passata in giudicato delle Sezioni specializzate previste dalla legge 18 agosto 1948, n. 1140, sono ridotti, a seconda dei casi, da un minimo del 25% a un massimo del 30%. Stabilisce ancora questo articolo che, in mancanza di accordo delle parti sulla misura della riduzione, la Sezione specializzata, di cui all'art. 5 dell'ora citata legge 18 agosto 1948, determina la misura della riduzione stessa, tenendo presenti le particolari circostanze e le determinazioni della Commissione tecnica provinciale prevista dall'art. 2 di questa medesima legge n. 1140.

L'art. 1 stabilisce inoltre che, nel caso il canone sia composto parte in canapa e parte in altri prodotti, la riduzione si applica limitatamente alla parte composta in canapa o con riferimento al prezzo della canapa.

Con l'art. 3 la legge estende la riduzione anche ai rapporti relativi alle annate agrarie 1955 - 56 e 1956 - 57 e non ancora esauriti alla data del 20 luglio 1958 e per "non esauriti" intende quei rapporti in relazione ai quali "il pagamento del canone sia stato eseguito solo in parte e per i quali non sia intervenuto accordo tra le parti, o nel caso in cui il pagamento sulla base del 70% di quello convenuto sia stato accettato dal locatore con riserva formulata per iscritto".

Sono queste le norme della legge alle quali fanno implicitamente o esplicitamente riferimento le, ordinanze che hanno introdotto i giudizi di legittimità costituzionale e intorno ad esse discutono le parti costituite nei giudizi.

L'illegittimità costituzionale di questa legge é stata infatti sollevata nel corso di tre giudizi, rispettivamente davanti al Pretore di Aversa, a quello di Marcianise e a quello di S. Maria Capua Vetere e tutti e tre questi Pretori hanno ritenuto la questione non infondata (quello di Marcianise ha anche superato la circostanza che dalla parte non era stata indicata la norma costituzionale impugnata, integrando di ufficio la questione) e hanno in conseguenza, con ordinanza, sospeso il giudizio e rimesso gli atti a questa Corte.

Le tre ordinanze sono state pubblicate rispettivamente nella Gazzetta Ufficiale del 31 gennaio 1959, 1 agosto 1959 e 31 ottobre 1959.

2. - In particolare l'ordinanza del Pretore di Aversa ritiene che la nuova legge violi, come già la precedente, il principio della eguaglianza dei cittadini davanti alla legge:

a) perché, laddove la riduzione del 25% si dovrà applicare anche a canoni che il Pretore qualifica "irrisori", gli altri, che sempre il Pretore qualifica "esagerati", non potranno subire una riduzione superiore al 30% e inoltre perché lo "sconto" fissato nella misura del 5% tra il minimo e il massimo "non sembra proporzionale al rapporto tra i canoni esistenti, fissati dalle parti in misura minima, e quelli massimi";

b) perché la riduzione non si applica ai canoni determinati in misura fissa in danaro relativamente a terreni coltivati prevalentemente in canapa;

c) perché la riduzione non si applica ai canoni per i quali sia intervenuta pronuncia passata in giudicato delle Sezioni specializzate con conseguente trattamento diseguale dei cittadini che abbiano fissato i loro canoni nella misura stabilita dalle Sezioni specializzate o addirittura in misura più tenue.

3. - L'ordinanza del Pretore di Marcianise denuncia anch'essa la violazione del principio di eguaglianza dei cittadini come conseguenza del fatto che siano esclusi dalla riduzione i canoni determinati in misura fissa in danaro e come conseguenza dell'altro fatto che alla riduzione sono sottratti i canoni determinati con sentenza passata m giudicato che sarebbero spesso di misura eguale agli altri e, quanto alle annate agrarie 1955-56 e 1956-57, quelli relativi ai rapporti già esauriti (art. 3 della legge).

Più minutamente viceversa sono illustrati i motivi che dovrebbero portare alla conclusione che la nuova legge si pone in contrasto con l'art. 3 della Costituzione negli stessi termini della legge precedente.

Il fatto che essa abbia eliminato dalla riduzione quei canoni fissati con pronuncia passata in giudicato delle Sezioni agrarie specializzate non eliminerebbe quella indiscriminata riduzione di tutti i canoni che, imponendo a rapporti diversi una medesima disciplina, giustificò la dichiarazione di illegittimità della Corte costituzionale. Invero sarebbero soggetti a indiscriminata riduzione tutti i canoni, e quelli fissati in maniera esosa dal locatore e quelli convenuti in maniera equa dalle parti e quelli conformi alle tabelle della Commissione tecnica provinciale. Con la conseguenza che la riduzione di questi ultimi porterebbe i canoni stessi al di sotto del limite considerato equo dalle Commissioni.

4. - L'ordinanza del Pretore di S. Maria Capua Vetere ritiene che gli artt. 1 e 3 della legge 6 agosto 1958, n. 790, violino gli artt. 3, 24 e 136 della Costituzione.

L'art. 1 viola il principio di eguaglianza perché riduce indiscriminatamente del 25% tutti i canoni, violazione che non sarebbe eliminata dal fatto che per l'applicazione dell'ulteriore 5% di riduzione, in caso di mancato accordo fra le parti, é consentito il ricorso alle Sezioni agrarie specializzate né dal fatto che quell'articolo sottrae alla riduzione quei canoni per i quali sia intervenuta una decisione dell'autorità giudiziaria, trattandosi, ad avviso del Pretore, di una sottrazione meramente illusoria, dato che essa, riferendosi ai canoni dell'annata 1957-1958, non avrebbe mai luogo di applicarsi, dovendosi ritenere impossibile che in questo breve spazio di tempo si sia potuto formare il giudicato.

La legge violerebbe l'art. 24 perché limitando il ricorso alle Sezioni specializzate solo all'ipotesi dell'ulteriore riducibilità del canone del 5%, impedirebbe il ricorso al giudice per la tutela di un proprio diritto quale quello dell'effettiva perequazione del canone e per ogni altra questione relativa a questo stesso diritto.

In terzo. luogo l'art. 3 della legge violerebbe l'art. 136 della Costituzione perché nell'estendere l'applicazione della legge anche ai rapporti relativi alle annate agrarie 1955 - 56 e 1956 - 57 e non ancora esauriti alla data del 20 luglio 1958 e dando quella particolare definizione che s'é visto, dei rapporti non esauriti, avrebbe ritenuto "esauriti" quei rapporti per i quali é stato corrisposto in ossequio alla legge del 1956 il 70% del canone, riproducendo perciò la situazione ai illegittimità della legge dichiarata incostituzionale dalla sentenza di questa Corte.

5. - Nel giudizio di legittimità costituzionale introdotto con l'ordinanza del Pretore di Aversa si é costituito il sig. Vincenzo Pastena, attore nel giudizio a quo, rappresentato e difeso dall'avv. Costantino Mortati, ed é intervenuto il Presidente del Consiglio rappresentato e difeso, come per legge, dall'Avvocatura dello Stato.

Il deposito delle deduzioni é stato fatto rispettivamente il 20 febbraio e il 7 gennaio 1959.

La difesa del Pastena sostiene la tesi che le lievi differenze che la nuova legge presenta nei confronti di quella dichiarata costituzionalmente illegittima da questa Corte non sono tali da eliminare il contrasto con la norma costituzionale e precisamente col principio di eguaglianza consacrato dall'art. 3;

La riduzione del 25% si attua ope legis e con carattere generale a tutti i canoni siano o non conformi alle tabelle disposte dalla Commissione provinciale. Di più la nuova legge rivela con maggiore evidenza il suo carattere di incostituzionalità in quanto, pur riconoscendo l'efficacia e la funzionalità degli istituti della nostra legislazione diretti a rettificare i canoni fissati contrattualmente per adeguarli alla realtà delle varie situazioni, ne limita poi l'intervento soltanto all'applicabilità o meno della riduzione di un ulteriore 5%. Dice la difesa del Pastena che qui ci sarebbe "contraddizione logica tra parte e parte della disciplina tale da rendere questa invalida". Aggiunge che il diseguale trattamento risulterebbe anche dalla circostanza che la legge non comprende fra i canoni, ai quali deve essere applicata coattivamente la riduzione, quelli convenuti in misura fissa di denaro.

In secondo luogo avere eliminato dalla legge la espressione "comunque determinati" non serve se non a "occultare" la permanenza del proposito ispiratore della precedente norma, di trattare in modo eguale rapporti riconosciuti dallo stesso legislatore sostanzialmente differenti fra loro. In realtà aver sottratto alla riduzione i canoni per i quali sia intervenuta una pronuncia delle Sezioni specializzate passata in giudicato é una eliminazione meramente apparente dato che la norma si riferisce all'annata agraria 1957 - 58 e nei confronti dei canoni relativi a questa annata non é possibile che si fosse formato alcun giudicato al momento dell'entrata in vigore della legge. E se, continua la difesa del Pastena, l'aver escluso dalla riduzione dei canoni quelli determinati con pronuncia delle Sezioni agrarie specializzate ha fatto salvo il principio del rispetto del giudicato, non ha viceversa eliminato là disuguaglianza del trattamento dei cittadini dato che ha sottoposto alla riduzione canoni di ammontare eguale o addirittura inferiori, a parità di condizione, di quelli oggetto delle decisioni rese dalle Sezioni specializzate.

6. - La tesi dell'Avvocatura dello Stato é che con la nuova legge, eliminando la rigidità della riduzione dei canoni e rimettendo al magistrato ordinario la riduzione dal 25 al 30% sarebbe pienamente rispettato il precetto é costituzionale. Né varrebbe opporre che tale elasticità nell'applicazione della riduzione, tenuta com'é tra il 25 e il 30%, sia troppo limitata per consentire di ridurre "a equiparazione equitativa" canoni che nella realtà divergono assai più di quel 5%, perché tale divario dipenderebbe dalla libera stipulazione dei contraenti, che a sua volta discende dalla varia produttività dei fondi e dalle diverse situazioni e condizioni aziendali. Il legislatore non avrebbe voluto se non correggere l'eccessività iniziale dei canoni in tutta la zona considerata, lasciando inalterate le differenze derivanti dalla diversità obiettiva delle Varie situazioni. La misura della riduzione stabilita dal 25 al 30% é frutto dell'apprezzamento discrezionale del legislatore al quale é parso che tale riduzione corrisponda al divario che nel fatto esiste nella misura dei canoni corrisposti in canapa, o con riferimento alla canapa, nelle Province di Caserta e di Napoli.

Né si potrebbe dedurre la violazione del principio dell'eguaglianza dal fatto che la legge non considera i canoni determinati in misura fissa di danaro: nelle Province campane una determinazione siffatta del canone costituisce una eccezione irrilevante agli scopi che la legge si é proposti, sicché sarebbe pienamente giustificato che essi non siano stati presi in considerazione.

Anche irrilevante, che siano stati esclusi dalla riduzione i canoni perequati con pronuncia passata in giudicato delle Sezioni agrarie specializzate. Vero é che le Sezioni possono esercitare la loro competenza soltanto quando nel corso del contratto siano venuti fatti nuovi a turbare l'iniziale equilibrio contrattuale; é vero però che, quando ciò avvenga, il giudice prende in considerazione tutte le condizioni del rapporto e non soltanto le conseguenze del nuovo evento. Nessun significato può attribuirsi alla circostanza meramente casuale di una coincidenza tra canoni fissati tra le Sezioni agrarie specializzate e quelli liberamente convenuti tra le parti.

7. - L'8 febbraio 1959 l'Avvocatura ha depositato due tabelle dell'equo canone per la Provincia di Napoli e per la Provincia di Caserta, nonché un estratto degli usi e consuetudini di quest'ultima Provincia, che dovrebbero dimostrare l'infondatezza della tesi affacciata nell'ordinanza del Pretore, dell'esistenza di canoni "fissati in danaro per terreni coltivati prevalentemente a canapa".

8. - Nel giudizio di legittimità introdotto con l'ordinanza del Pretore di Marcianise non ci é stata costituzione di parte privata. É intervenuto invece il Presidente del Consiglio rappresentato e difeso, come per legge, dall'Avvocatura dello Stato, depositando le sue deduzioni il 1 luglio 1959, nelle quali si sostiene la tesi della non fondatezza della questione di legittimità costituzionale e la si svolge coi medesimi argomenti addotti nel precedente giudizio.

9. - Nel giudizio di legittimità introdotto con l'ordinanza del Pretore di S. Maria Capua Vetere si é costituito il sig. Giovanni Giuseppe Fossataro, attore nel giudizio a quo, rappresentato e difeso dall'avv. Costantino Mortati. É intervenuto il Presidente del Consiglio rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato. Le deduzioni sono state depositate rispettivamente il 17 novembre e il 1 luglio 1959.

La difesa del Fossataro riproduce con svolgimenti e approfondimenti le tesi già prospettate nel primo di questi tre giudizi di legittimità costituzionale e in particolare sottolinea che la legge, escludendo dalla riduzione i canoni per i quali siano intervenute pronunce delle Sezioni specializzate passate in giudicato al momento dell'entrata in vigore della legge, violerebbe l'esigenza di giustizia perché ammetterebbe o escluderebbe la tutela giurisdizionale del diritto sulla base di un evento del tutto accidentale quale quello dell'esaurimento di un giudizio pendente davanti alle Sezioni stesse.

La norma contenuta nell'art. 3 della legge che estende, come si é visto, la riduzione dei canoni alle annate agrarie dal 1955 al 1957 con alcune esclusioni, violerebbe anche essa l'art. 3, perché pone tra i casi ai quali l'applicazione della riduzione non ha luogo casi che é impossibile si siano realizzati, come quelli dei rapporti relativi alle annate agrarie regolate dalla legge del 1956 sotto il cui impero non avrebbe avuto senso formulare riserva, e per di più per iscritto, e anche perché sarebbe illogico attribuire significato di acquiescenza all'accettazione da parte del locatore della prestazione effettuata in misura diversa da quella pattuita, quando poi questa misura era imposta dalla legge.

La violazione dell'art. 24 della Costituzione si avrebbe per il fatto che la legge rende in pratica inoperante il rimedio dei ricorsi in perequazione per i canoni dei fondi rustici. Vero é che, sotto l'impero della legge del 1956 codesta limitazione della difesa giudiziaria era stata esplicitamente stabilita dalla legge n. 601 del 1957, legge pur essa dichiarata incostituzionale; ma é vero anche che codesta limitazione sussiste con la legge attuale, perché non può essere considerata eliminata dal fatto che sia possibile ammettere la difesa giudiziaria nel limite dell'applicabilità dell'ulteriore riduzione del 5%.

10. - Nelle sue deduzioni l'Avvocatura, mentre riconferma la sua tesi della non fondatezza della questione di legittimità costituzionale di questa legge in relazione all'art. 3 della Costituzione, assume che egualmente infondate sono le lamentate violazioni degli artt. 24 e 136 della Costituzione. Secondo l'Avvocatura dello Stato l'impedimento della difesa giudiziaria non dipenderebbe dalla legge, ma dal fatto che le Sezioni agrarie specializzate sarebbero competenti soltanto a risolvere quei casi in cui la riduzione a equità dei canoni sia richiesta in conseguenza di eventi successivi alla stipulazione del contratto che ne abbiano modificato l'iniziale equilibrio, mentre non sarebbero competenti, come ha stabilito la Cassazione, per la riduzione a equità di canoni contrattuali inizialmente "eccessivi": incompetenza che a detta dell'Avvocatura avrebbe provocato la presente legge. Non sussiste nemmeno la violazione dell'art. 136 della Costituzione, che, secondo la tesi dell'ordinanza, si avrebbe in quanto la nuova legge esclude dalla riduzione quei canoni delle annate 1955 - 56 e 1956 - 57 definiti irrevocabilmente, per tali intendendo anche quelli il cui proprietario o locatore abbia accettato il canone ridotto al 70% giusta la legge dichiarata illegittima, perché l'art. 136 stabilisce che la norma dichiarata incostituzionale cessa di avere effetto dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza nella Gazzetta Ufficiale, salvi tutti gli effetti prodottisi anteriormente in modo definitivo.

11. - Nei giudizi introdotti con le ordinanze del Pretore di Aversa e di S. Maria Capua Vetere la difesa dei signori Pastena e Fossataro ha depositato il 18 febbraio 1960 una memoria nella quale, in primo luogo, precisa quale sia, a suo avviso, l'esatta portata della sentenza di questa Corte che dichiarò l'illegittimità costituzionale della legge n. 1422 del 1956, che sarebbe da ritrovare nel fatto che la legge avrebbe diminuito nella stessa misura l'ammontare dei canoni di affitto "pur nella chiara consapevolezza che tale riduzione veniva a incidere su canoni diversamente determinati".

Assume la difesa che le modifiche che la nuova legge ha apportate non hanno tolto fondamento a questa principale censura, che resterebbe insuperabile anche se fosse fondata la tesi dell'Avvocatura che considera il margine di oscillazione del 5% esattamente rispondente al divario medio esistente di fatto nell'entità dei canoni e ritiene comunque insindacabile il giudizio del legislatore sulla sufficienza di codesto margine per sanare eventuali sperequazioni esistenti tra contratto e contratto. La difesa sostiene, viceversa, che la violazione lamentata é resa più grave dal riferimento espresso alla funzione perequatrice delle Sezioni specializzate, che l'eliminazione dell'inciso "comunque determinati" non impedisce di far gravare oneri eguali su rapporti che la legislazione vigente fa presumere diseguali, e che non é esatto presumere una generale eccessività dei canoni in una zona dove hanno funzionato o hanno funzionato parzialmente codesti congegni perequativi.

Quanto all'esclusione dall'obbligo della riduzione del 25% dei casi in cui sia intervenuta una pronuncia passata in giudicato la difesa delle parti private, ribadita la sua tesi che codesta esclusione violerebbe il principio dell'eguaglianza e la norma dell'art. 24 della Costituzione, fa l'ipotesi che la norma in questione possa essere interpretata come a suo dire l'interpreta l'Avvocatura dello Stato, nel senso che essa lascerebbe aperta agli interessati in ogni tempo "la possibilità di ricorrere alle Sezioni specializzate per ottenere le perequazioni dei canoni per l'intero e non già solo per il 5%, con l'effetto di sottrarre questo alla riduzione ope legis". Peraltro la difesa dà atto del richiamo che l'Avvocatura fa alla giurisprudenza della Cassazione secondo la quale la competenza delle Sezioni specializzate sarebbe limitata ai casi di mutamenti dell'equilibrio contrattuale iniziale, ma aggiunge che, a parte il giudizio da dare della validità e della costanza di questa giurisprudenza, sta di fatto che le Sezioni specializzate hanno giudicato e continuano a giudicare nel merito i ricorsi promossi per ottenere l'adeguazione dei canoni anche fuori dei casi di sopraggiunti cambiamenti e che questa interpretazione dovrebbe comunque essere valida nel caso della legge impugnata, che così appunto stabilisce, sia pure nei limiti tra il 25 e 30%, con la conseguenza che "per ovvie ragioni sistematiche" non può non riferirsi a compiti analoghi il primo comma dell'art. 1 quando si richiama ai giudicati emessi dalle Sezioni specializzate.

12. - Il 18 febbraio 1960 l'Avvocatura dello Stato ha depositato memorie in tutti e tre i giudizi ribadendo e svolgendo gli argomenti che, a suo avviso, provano la infondatezza della proposta questione di costituzionalità.

Inoltre, in risposta alle tesi avversarie, l'Avvocatura:

1) nega che l'esclusione dalla riduzione, che la nuova legge fa, dei canoni già perequati dall'autorità giudiziaria sia priva di concreto significato, dato che la legge della quale si discute si applica in virtù della norma dell'art. 3 anche ai rapporti delle annate agrarie dal 1955 al 1957;

2) nega che la nuova legge sveli la sua incostituzionalità anche per il fatto che, pur riconoscendo gli istituti stabiliti dalla legge per la perequazione dei canoni, limiti poi, contraddicendosi, il ricorso a tali istituti soltanto per l'applicazione di una riduzione dei canoni nei ristretti limiti dal 25 al 30%, dato che codesta censura non tiene conto del fatto che la riduzione, che può essere stabilita dalle Sezioni agrarie specializzate, deve muovere dalla sopravvenienza di un fatto nuovo che sconvolga l'equilibrio contrattuale, mentre quella imposta dalla legge in esame muove da tutt'altra considerazione e cioè da un iniziale squilibrio contrattuale generalmente esistente nelle Province campane;

3) nega, infine, che l'esclusione dalla riduzione dei canoni fissati con sentenza passata in giudicato delle Sezioni specializzate, dia luogo a una violazione del principio di eguaglianza rispetto agli altri canoni di eguale ammontare stabiliti dalle parti dato che le due situazioni apparentemente identiche, tali nella sostanza non sono, dovendosi presumere per quelli "perequati" dalle Sezioni specializzate l'eliminazione dell'esosità che, invece, sarebbe dei canoni liberamente pattuiti, secondo la valutazione che il legislatore ha fatto delle condizioni economico - sociali delle Province campane.

13. - Alla pubblica udienza del 2 marzo 1960, nella quale il Presidente ha disposto che le tre cause fossero discusse congiuntamente, le parti hanno confermato le tesi e svolto le argomentazioni già avanzate negli scritti difensivi.

 

Considerato in diritto

 

1. - I tre giudizi che sono relativi alla medesima questione di legittimità costituzionale devono essere decisi con unica sentenza.

2. - Il quesito fondamentale al quale la Corte deve rispondere può essere formulato nei termini seguenti, nei quali, del resto, le parti costituite nei giudizi l'hanno formulato. Si tratta di stabilire se la legge 6 agosto 1958, n. 790, disponendo nelle Province campane una riduzione coattiva dei canoni in canapa o commisurati al prezzo della canapa nella misura dal 25 al 30%, consentendo il ricorso alle Sezioni specializzate per la determinazione, nei limiti ora detti, della esatta misura della riduzione ed escludendo da codesta riduzione i canoni fissati dalle Sezioni agrarie specializzate con pronunzia passata in giudicato, viola, tuttavia, così come la legge precedente 20 dicembre 1956, n. 1422, il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge.

Gli altri quesiti, infatti, che risultano dalle ordinanze e dagli atti difensivi delle parti, non hanno il rilievo di questo primo ai fini della decisione della causa e, ch'è più, a giudizio della Corte, possono essere risolti negativamente anche dopo un sommario esame.

Così quello che propongono tutte e tre le ordinanze e che le partì private ripropongono, dell'illegittimità della esenzione dalla riduzione coattiva di quei canoni determinati in misura fissa in danaro, ma relativi a terreni coltivati prevalentemente a canapa, che sarebbero a volte più onerosi di quelli che la legge assoggetta, viceversa, a riduzione.

In verità il legislatore, ponendo questa norma di esclusione, ha inteso propriamente di adeguare la disciplina normativa dei canoni di affitto dei terreni coltivati a canapa nelle Province campane, alla diversa realtà dei rapporti esistenti. Né, nell'accertamento di questa fattispecie particolare nell'ambito di quella più generale dei canoni fissati in canapa o con riferimento al prezzo della canapa, si possono rilevare quei tratti che, trasformando la discrezionalità legislativa in manifesto arbitrio, consentono, a giudizio della Corte, di affermare violato il principio dell'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge.

3. - Pure senza fondamento la censura mossa dall'ordinanza del Pretore di Aversa alla legge per il fatto che ha escluso dalla riduzione quei canoni per i quali sia intervenuta pronuncia delle Sezioni agrarie specializzate passata in giudicato. La tesi prospettata dall'ordinanza che, cioè, con questa norma sono sottratti alla riduzione canoni di misura identica a quella di canoni liberamente contrattati dalle parti e invece soggetti a riduzione, é una tesi errata. L'identità della misura dei canoni non significa, in sé considerata, identità di rapporti o di situazioni, potendo quella medesima misura essere espressione di rapporti o situazioni affatto diversi. La riprova é nella circostanza che la difesa delle parti private, pur riprendendo la censura dell'ordinanza, si é affrettata ad aggiungere che la violazione del principio di eguaglianza si avrebbe soltanto a parità di tutte le altre condizioni dei rapporti, coeteris paribus. Ma, pur così specificata, la censura é da respingere. Il legislatore, anche qui, anziché pareggiare e confondere con un medesimo trattamento situazioni che possono presumersi non identiche, ha voluto regolare ciascuna di esse con diversa disciplina, nell'intento appunto di rispettare il principio di eguaglianza secondo la Corte lo ha interpretato e definito nelle sue precedenti pronunzie.

Il fatto che possano, ciononostante, darsi casi in cui quell'identica misura del canone sia espressione di rapporti, anche sotto ogni altro aspetto, identici, non può invocarsi contro la legge, essendo evidente che questi casi, eccezionali o casuali, non rendono illegittima la determinazione di una categoria di rapporti contraddistinta dal fatto che i canoni relativi siano stati stabiliti con pronunzie passate in giudicato. Né la rende illegittima la circostanza, messa in rilievo nelle ordinanze o dalle parti private, che difficilmente si possono dare casi nei quali si sia già formato il giudicato al 20 luglio 1958 per rapporti relativi all'annata agraria 1957 - 1958, e nemmeno infine l'altra che la tutela di un diritto dipenderebbe dal fatto meramente accidentale che sia esaurito oppure non, il giudizio pendente davanti alle Sezioni specializzate. Si tratta anche qui di circostanze che, appunto per la loro casualità o accidentalità, non possono condurre alla dichiarazione di illegittimità di una norma, il cui intento é stato correttamente quello di escludere dall'ambito della sua efficacia i rapporti coperti dal giudicato.

4. - La Corte non ritiene giustificata nemmeno la censura mossa dall'ordinanza del Pretore di S. Maria Capua Vetere e ripresa dalla difesa del sig. Fossataro, secondo la quale la legge, escludendo la possibilità del ricorso al giudice per la tutela del diritto alla "effettiva perequazione" del canone, avrebbe violato l'art. 24 della Costituzione.

É evidente che il contrasto che così si assume esistente, della legge con questa norma costituzionale, é, più esattamente, da porre col primo comma di quell'articolo, secondo il quale "tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi". Ora la Corte, pur lasciando impregiudicata la questione dell'esatta interpretazione e della portata di questo precetto costituzionale, ritiene evidente che il riferimento a "diritti" o "interessi legittimi", che sono da intendere nella loro accezione tecnica, vieta che esso possa dirsi violato quando l'ordinamento non riconosca a una pretesa la qualifica di diritto o interesse legittimo, che é il caso del presunto diritto alla "effettiva perequazione" che si lamenta escluso dalla tutela giurisdizionale. D'altra parte, la legge impugnata non vieta il ricorso alle Sezioni specializzate per la perequazione dei canoni, come invece stabiliva la legge 9 luglio 1957, n. 601, dichiarata incostituzionale da questa Corte, ma lo consente, con l'ovvia limitazione che esso potrà essere proposto ed accolto nei limiti nei quali le leggi in vigore in questa materia ne consentono proponibilità e accoglimento: determinare, poi, quali essi siano, tutte le volte che non urtino contro un precetto della Costituzione, é questione di interpretazione della legge e non già questione di costituzionalità, di competenza di questa Corte.

5. - Né può accogliersi la censura che si trova formulata nell'ordinanza del Pretore di S. Maria Capua Vetere e che per altro la difesa del sig. Fossataro non ha fatto propria, giusta la quale la legge avrebbe violato l'art. 136 della Costituzione perché ha escluso dalla riduzione coattiva, considerandoli "esauriti", quei rapporti regolati a norma della legge dichiarata costituzionalmente illegittima da questa Corte. L'invocato articolo della Costituzione stabilisce che quando la Corte dichiara l'illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. Ne consegue che una norma come quella impugnata, la quale fa salvi gli effetti di una legge dichiarata incostituzionale fino al giorno successivo alla pubblicazione della decisione (che nel caso era il 20 luglio 1958), lungi dal violare il precetto costituzionale, questo ha puntualmente applicato. Il discorso potrebbe essere diverso, se si assumesse che la legge, in frode alla Costituzione, considerasse esauriti rapporti che invece tali non fossero, ma questo l'ordinanza non dice e non può dire di quei canoni che, senza contestazione da parte del locatore, furono ridotti al 70% in applicazione della legge in vigore.

6. - Ma neppure il quesito, che si é detto principale di questa controversia, può essere risolto positivamente.

Vero é che la riduzione dal 30 al 25% dei canoni in canapa o commisurati in canapa può apparire di così lieve entità da non rimuovere gli ostacoli che si opponevano alla legittimità costituzionale della precedente legge. Ma é altrettanto vero, come riconoscono concordemente le parti costituite nei giudizi davanti alla Corte, che la sentenza n. 53 del 9 luglio 1958 non ritrovò la ragione dell'illegittimità della norma impugnata nella misura della riduzione coattiva del canone, bensì nel fatto che essa si applicava a rapporti che la legge medesima prima riconosceva diversi e poi, contraddittoriamente, sottoponeva all'identica disciplina. Non ritiene la Corte che si possa dire lo stesso della legge impugnata e perché essa ha fatto salvi i canoni determinati con pronunzia passata in giudicato delle Sezioni agrarie specializzate, e perché consente alle parti di concordare l'esatta misura della riduzione, sia pure nei limiti ricordati, e di rivolgersi al giudice in caso di mancato accordo. Il legislatore ha tenuto presente, così, la varietà dei rapporti, che ha cercato di individuare e di regolare con differenziata disciplina. Né la Corte ritiene che, così operando, abbia mutato la discrezionalità in quel manifesto arbitrio, in quella patente irragionevolezza, il cui esercizio é tra i modi in cui si può concretare la violazione del principio dell'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge.

E nemmeno si può dire che abbia posto in essere un sistema di norme internamente contraddittorio e perciò invalido, giusta quanto afferma la difesa dei signori Pastena e Fossataro. Lasciando da parte l'ideale disciplina di questi rapporti, che non può essere oggetto di considerazione in questa sede, non é fondato sostenere che qui una riduzione dei canoni ope legis sia in insanabile contrasto con una riduzione del canone ope iurisdictionis, potendo la prima trovare giustificazione in una valutazione della generale situazione del mercato dei fitti dei terreni a canapa delle Province campane, e l'altra invece in quella delle particolari situazioni di questa o quella zona, di questo o quel fondo ricompresi nel territorio delle ricordate Province, che richiedono determinazioni caso per caso, ispirate ai criteri imposti dalla legge alle Sezioni agrarie specializzate e contenute nella misura dal 25 al 30% del canone originario. Valutazioni tutte che la Corte non può fare o rifare al posto del legislatore al quale devono essere, invece, riservate nei limiti sopra segnati.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della legge 6 agosto 1958, n. 790, recante "Disposizioni sui canoni di affitto di fondi rustici composti in canapa nelle province della Campania" in riferimento agli articoli 3, 24 e 136 della Costituzione, proposta con ordinanze dei Pretori di Aversa, Marcianise e S. Maria Capua Vetere, rispettivamente del 29 novembre 1958, 10 giugno 1959 e 27 maggio 1959.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 marzo 1960.

Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA.                                                                              

 

Depositata in Cancelleria il 29 marzo 1960.