Sentenza n. 21 del 1959
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SENTENZA N. 21

ANNO 1959

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

ha deliberato in camera di consiglio la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale delle norme contenute negli artt. 2 del D.L.C.P.S. 12 agosto 1947, n. 975; 3 della legge 18 agosto 1948, n. 1940; 1 della legge 3 agosto 1949, n. 476; 3, comma primo, della legge 15 luglio 1950, n. 505; 1, terzo comma, della legge 16 giugno 1951, n. 435; e 1, terzo comma, della legge 11 luglio 1952, n. 765; promosso con ordinanza 18 aprile 1958 emessa dal Tribunale di Palermo nel procedimento civile vertente tra Mauro Giuseppe e Alesi Giuseppe, iscritta al n. 35 del Registro ordinanze 1958 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 253 del 18 ottobre 1958.

Udita nella camera di consiglio del 17 febbraio 1959 la relazione del Giudice Tomaso Perassi.

 

Ritenuto in fatto

 

Giuseppe Alesi, proprietario di un fondo tenuto in affitto da Giuseppe Mauro, citò quest'ultimo dinanzi al Tribunale di Palermo per ottenere la condanna al pagamento del canone di locazione. Il Mauro eccepì in compensazione il suo credito per i premi di coltivazione relativi alle annate precedenti (1946-52) che l'Alesi non gli aveva corrisposto. Il Tribunale di Palermo, sezione specializzata per l'adeguamento dei canoni agrari, con sentenza 12 luglio 1954, accolse la domanda e respinse l'eccezione del convenuto, ritenendo applicabile l'art. 5 della legge regionale 14 luglio 1950, n. 54, secondo il quale non spetta all'affittuario il premio di coltivazione quando il concedente possegga (ipotesi che ricorreva nel caso in esame) un'estensione di terreno inferiore ai dodici ettari.

A seguito di ricorso del Mauro, la Corte di cassazione, con sentenza 15 ottobre 1955, cassò la sentenza del Tribunale di Palermo, al quale rinviò la causa per nuovo esame, affermando il principio di diritto che la legge regionale 14 luglio 1950, n. 54, doveva ritenersi incostituzionale e che andavano applicate invece le leggi nazionali, le quali stabiliscono che il premio di coltivazione spetta all'affittuario senza alcuna limitazione.

Ricomparse le parti dinanzi al Tribunale, il Mauro chiese che la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge regionale 14 luglio 1950, n. 54, fosse deferita alla Corte costituzionale, che frattanto era entrata in funzione. La questione, però, era stata già rimessa alla Corte costituzionale con ordinanza 14 giugno 1956 della Corte di appello di Caltanisetta. Il Tribunale si limitò quindi a sospendere il giudizio, in attesa della pronuncia della Corte costituzionale.

La Corte costituzionale, con sentenza n. 35 del 24 gennaio 1957, dichiarò non fondata la questione di legittimità del suddetto art. 5 della legge regionale 14 luglio 1950, n. 54.

Trovatosi di fronte alle due pronunce, quella della Corte di cassazione (sentenza 15 ottobre 1955), che ha ritenuto incostituzionale la legge regionale e applicabili quindi, al caso di specie, le leggi statali, e quella della Corte costituzionale che ha ritenuto invece infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge regionale, concernente l'esclusione del premio di coltivazione, il Tribunale di Palermo é stato dell'avviso che spetti in definitiva alla stessa Corte costituzionale dichiarare, a complemento della sua precedente pronuncia, che le leggi statali in materia di affitto di fondi rustici non si applicano alla Regione siciliana.

Le conclusioni dell'ordinanza, con cui il Tribunale di Palermo ha rimesso gli atti alla Corte costituzionale, sono le seguenti: "Le considerazioni svolte dimostrano la rilevanza, ai fini della decisione del presente processo, e la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale delle seguenti leggi della Repubblica, nei riflessi della loro applicabilità nell'ambito della Regione siciliana: art. 2 D.L.C.P.S. 12 agosto 1947, n. 975; art. 3 legge 18 agosto 1948, n. 1940; art. 1 legge 3 agosto 1949, n. 476; art. 3, comma primo, legge 15 luglio 1950, n. 505; art. 1 comma terzo, legge 16 giugno 1951, n. 435; art. 1, comma terzo, legge 11 luglio 1952, n. 765".

Il Tribunale di Palermo ha adottato questa soluzione, ritenendo che solo una pronuncia della Corte costituzionale che, con la sua efficacia erga omnes, dichiari che le norme di leggi statali, indicate nell'ordinanza, non sono applicabili nel territorio della Regione siciliana, potrà esimerlo dall'osservanza del principio di diritto affermato nella sentenza 15 ottobre 1955 della Corte di cassazione, al quale, altrimenti, come giudice di rinvio, sarebbe tenuto ad attenersi.

L'ordinanza, debitamente notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera e del Senato, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 253 del 18 ottobre 1958.

Non essendosi costituita nessuna delle parti, il Presidente, avvalendosi della facoltà prevista dall'articolo 9, primo comma, delle Norme integrative, ha sottoposto la causa all'esame della Corte in camera di consiglio nella seduta del 17 febbraio 1959.

 

Considerato in diritto

 

Con l'ordinanza 18 aprile 1958 il Tribunale di Palermo, sezione specializzata per l'adeguamento dei canoni agrari, ha, d'ufficio, proposto al giudizio della Corte costituzionale la questione dell'applicabilità nell'ambito della Regione siciliana di alcune norme di leggi dello Stato concernenti la riduzione del 30% dei canoni di affitto di fondi rustici a titolo di premio di coltivazione al produttore.

L'articolo 35 dello Statuto della Regione siciliana, attribuiva all'Alta Corte per la Sicilia la competenza di giudicare sull'efficacia delle leggi dello Stato entro la Regione in riferimento allo Statuto, su impugnativa del Presidente regionale e del Commissario dello Stato proposta nei termini stabiliti dagli articoli 28 e 30 dello stesso Statuto. In conformità ai criteri affermati da questa Corte con la sentenza n. 38 del 1957, tale competenza dell'Alta Corte per la Sicilia é da ritenersi assorbita nella competenza generale della Corte costituzionale, che può esercitarla sia in via principale su ricorso del Commissario dello Stato o del Presidente regionale, sia in via incidentale.

Le leggi dello Stato, per le quali é stata posta, in relazione allo Statuto siciliano, la questione costituzionale della loro applicabilità nell'ambito della Regione siciliana, rientrano nella materia dell'agricoltura, rispetto alla quale, secondo l'art. 14, lett. a, dello Statuto della Regione siciliana (D.L. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2) la Regione, nell'ambito del suo territorio e nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato, senza pregiudizio delle riforme agrarie ed industriali deliberate dalla Costituente del popolo italiano, ha la "legislazione esclusiva".

É un principio univocamente affermato dalla giurisprudenza che le leggi dello Stato, comprese quelle relative a materie per le quali la Regione ha legislazione esclusiva, hanno efficacia di pieno diritto anche nel territorio della Sicilia senza che occorra un atto di recezione da parte dell'organo legislativo della Regione. Ma la c.d. esclusività di legislazione, attribuita dall'art. 14 dello Statuto della Sicilia all'Assemblea regionale nelle materie in esso elencate, fra le quali é compresa quella dell'agricoltura e delle foreste (lett. a), sarebbe priva di valore giuridico se non si intendesse nel senso che le leggi dello Stato concernenti una di dette materie non hanno efficacia nell'ambito della Regione siciliana qualora su tale materia siano state emanate in Sicilia norme legislative che, rispettando i limiti posti dallo Statuto anche alla potestà di legislazione esclusiva attribuita alla Regione dall'art. 14 dello Statuto speciale, abbiano regolato la materia in modo diverso dalle leggi dello Stato. In quanto non eccedano tali limiti, le leggi regionali relative a materie attribuite alla legislazione esclusiva della Regione siciliana, assumono rispetto alle leggi dello Stato sulla stessa materia la posizione di leggi speciali di fronte a quelle generali, e come tali prevalgono su queste ultime per le parti in cui ne divergano.

In materia di riduzione degli affitti dei fondi rustici a titolo di premio di coltivazione al produttore, la Regione siciliana emanò la legge 14 luglio 1950, n. 54, la quale, dopo aver disposto che i canoni di affitto relativi all'annata agraria 1949-50 sono ridotti del 30 % a favore degli affittuari conduttori diretti, degli affittuari coltivatori diretti e delle cooperative, qualunque sia la forma di conduzione o di cessione ai propri soci, ha stabilito nell'art. 5 che "non si applicano le riduzioni stabilite nella presente legge allorquando il concedente possegga, a qualsiasi titolo, complessivamente una estensione di terra non superiore ai 12 ettari di terreno seminativo" e che "per quanto riguarda i terreni prevalentemente pascolativi, il limite per la esclusione della riduzione dell'estaglio viene fissato in otto ettari". Con successivi atti legislativi della Regione (D. Pres. Reg. 30 agosto 1951, n. 26, e legge reg. 25 luglio 1952, n. 47) l'applicazione delle norme della legge 14 luglio 1950, n. 54, fu estesa alle annate agrarie 1950-51 e 1951-52 e fino al termine dell'annata agraria in corso al momento della entrata in vigore di una nuova legge contenente norme di riforma dei contratti agrari, con talune modifiche che non riguardano però l'art. 6 della legge regionale 14 luglio 1950, n. 54.

L'esclusione dal beneficio della riduzione del canone di affitto disposta dall'art. 5 della legge regionale siciliana 14 luglio 1950, n. 54, non é, invece, stabilita dalle leggi dello Stato indicate nell'ordinanza del Tribunale di Palermo, secondo le quali la riduzione del 30% del canone di affitto dei fondi rustici spetta all'affittuario senza alcuna limitazione.

Con ordinanza in data 14 giugno 1956 della Corte d'appello di Caltanisetta, era stata proposta avanti la Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge regionale siciliana 14 luglio 1950, n. 54.

La Corte costituzionale con sentenza 26 gennaio 1957, n. 35 dichiarò non fondata tale questione, avendo ritenuto che le disposizioni particolari adottate dalla Regione siciliana siano intese ad adeguare l'attuazione dei principi stessi posti a base della legislazione statuale, perseguendo in tal modo proprio le finalità specifiche assegnate all'Ente regione.

Sulla base di detta pronuncia, con la quale la Corte costituzionale, dichiarando non fondata la questione sulla legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge regionale siciliana 14 luglio 1950, n. 54, ha riconosciuto che tale norma é stata adottata dalla Regione nei limiti della sua competenza, la Corte ritiene che, per conseguenza, in applicazione degli artt. 14, lett. a, e 25 dello Statuto della Regione siciliana, debbano dichiararsi inefficaci nell'ambito della Regione siciliana, durante il vigore della legge regionale siciliana 14 luglio 1950, n. 54, le norme di leggi dello Stato, indicate nell'ordinanza del Tribunale di Palermo, per le parti in cui esse divergono dall'art. 5 della legge regionale siciliana 14 luglio 1950, n. 54, in quanto applicano la riduzione del 30% del canone di affitto a favore dell'affittuario senza alcuna limitazione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

visti gli artt. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma primo, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

dichiara, in riferimento all'art. 14, lett. a, e 25 dello Statuto della Regione siciliana, l'inefficacia, nel territorio della Regione siciliana, delle norme contenute negli artt. 2 del D.L.C.P.S. 18 agosto 1947, n. 975; 3 della legge 18 agosto 1948, n. 1940; 1 della legge 3 agosto 1949, n. 476; 3, comma primo, della legge 15 luglio 1950, n. 505; 1, terzo comma, della legge 16 giugno 1951, n. 435; e 1, terzo comma, della legge 11 luglio 1952, n. 765, per le parti in cui divergono dall'art. 5 della legge regionale siciliana 14 luglio 1950, n. 54.

 

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 marzo 1959.

Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA.

 

Depositata in cancelleria il 18 marzo 1959.