Sentenza n. 47 del 1958
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SENTENZA N. 47

ANNO 1958

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA, 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 504 e 506 del Cod. pen., promosso con ordinanza 23 gennaio 1957 del Tribunale di Caltagirone emessa nel procedimento penale a carico di Vicino Francesco Paolo ed altri, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 90 del 6 aprile 1957 ed iscritta al n. 34 del Registro ordinanze 1957.

Udita nell'udienza pubblica dell'11 giugno 1958 la relazione del Giudice Francesco Pantaleo Gabrieli.

 

Ritenuto in fatto

 

Il Pretore di Caltagirone, con sentenza 11 novembre 1955, dichiarava Vicino, Failla ed altri colpevoli del delitto preveduto dagli artt. 504-506 Cod. pen., per avere sospeso collettivamente la macellazione delle carni al fine di costringere l'autorità comunale ad emanare un provvedimento di aumento del prezzo delle carni bovine. La serrata, deliberata il 31 agosto 1955 dalla Sezione macellai della delegazione di Caltagirone dell'Associazione dei commercianti della provincia di Catania, era stata attuata il 2 e 3 settembre successivo con l'astensione dalla macellazione di otto macellai tutti esercenti, in proprio e senza dipendenti, altrettanti negozi di vendita di carni in Caltagirone.

Proponevano appello gli imputati, deducendo la illegittimità costituzionale delle norme contenute negli artt. 504 e 506 Cod. pen., perché contrastanti con il principio sancito dall'art. 40 della Costituzione secondo il quale "il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano".

Il Tribunale di Caltagirone, con ordinanza 23 gennaio 1957, sospendeva il giudizio e disponeva la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, rilevando l'impossibilità di definire il giudizio indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale degli artt. 504 e 506 Cod. pen., in relazione agli artt, 40 e 41 della Costituzione, "dato che l'applicazione delle predette norme del Codice penale sarebbe incompatibile con il principio di libertà di autotutela sul piano del lavoro da un canto, ed il principio, altresì, di libertà di iniziativa economica dall'altro".

L'ordinanza, notificata il 31 gennaio 1957 al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata il 26 gennaio 1957 ai Presidenti delle Camere, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 6 aprile 1957, n. 90.

In questa sede non si sono costituiti né il Presidente del Consiglio, ne i ricorrenti.

 

Considerato in diritto

 

Secondo il combinato disposto degli artt. 502, primo comma, 504, 506 Cod. pen., gli esercenti di aziende commerciali, i quali, non avendo lavoratori alla loro dipendenza, in numero di tre o più sospendono collettivamente il lavoro "con lo scopo di costringere l'autorità a dare un provvedimento", incorrono nel delitto di serrata. I macellai di Caltagirone in numero di otto, il 2 e 3 settembre 1955, in esecuzione della precedente deliberazione della Sezione macellai dell'Associazione commercianti di Catania, si astenevano dalla macellazione per costringere il Commissario prefettizio di Caltagirone ad aumentare il prezzo delle carni. I detti macellai erano tutti esercenti - in proprio e senza dipendenti - di altrettanti negozi di vendita di carni.

Ciò posto, la disposizione dell'art. 506 Cod. pen. non é in contrasto con la norma dell'art. 40 della Costituzione, la quale parla soltanto del "diritto di sciopero", mentre lo stesso art. 506 esclude ogni rapporto di lavoro. E se anche dalla disposizione dell'art. 40 si volesse argomentare sulla liceità della serrata fatta al fine di risolvere con essa contrasti relativi a rapporti di lavoro, siffatta argomentazione non potrebbe mai essere utilizzata a proposito dell'art. 506 Cod. penale. Tale disposizione, richiamando l'art. 504 Cod. pen., prevede, tra l'altro, - la serrata fatta da esercenti di piccole aziende commerciali allo "scopo di costringere l'autorità a dare un provvedimento" - senza nessuna relazione con la norma dell'art. 40 della Costituzione.

Infine circa il preteso contrasto dell'art. 506 Cod. pen. con la norma dell'art. 41 della Costituzione, é da rilevare che il secondo comma di detto articolo, come ha ritenuto questa Corte con la sentenza n. 103 del 25 giugno 1957, pone limiti alla iniziativa economica privata nel senso che l'autorità può predisporre misure protettive del benessere sociale e contemporaneamente restrittive della privata iniziativa, tra cui é da comprendere la disciplina dei prezzi delle merci a largo consumo, come le carni bovine. E l'esercizio di tale potere da parte dell'autorità (R. D. 16 dicembre 1926, n. 2174: art. 4; D.L.C.P. S. 15 settembre 1947, n. 896: art. 18, terzo comma) non consente coazione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione proposta dal Tribunale di Caltagirone con l'ordinanza in data 23 gennaio 1957 sulla legittimità costituzionale delle norme contenute negli artt. 504 e 506 Cod. pen., che disciplinano la serrata di esercenti di piccole industrie o commerci, in riferimento alle norme degli artt. 40 e 41 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1958.

 

Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO -  Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA

 

 Depositata in cancelleria il 2 luglio 1958.