Sentenza n. 124 del 1957
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SENTENZA N. 124

ANNO 1957

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. GAETANO AZZARITI, Presidente

Avv. GIUSEPPE CAPPI

Prof. TOMASO PERASSI

Prof. GASPARE AMBROSINI

Prof. ERNESTO BATTAGLINI

Dott. MARIO COSATTI

Prof. FRANCESCO PANTALEO GABRIELI

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. MARIO BRACCI

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 13 giugno 1957 recante "sospensione dell'imposta di consumo sui vini, mosti ed uve da vino e provvedimenti in materia d'imposta generale sull'entrata per il commercio dei prodotti stessi", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 21 giugno 1957, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il successivo giorno 26 ed iscritto al n. 12 del Registro ricorsi 1957.

Visto l'atto di costituzione in giudizio, con deposito nella cancelleria delle deduzioni in data 11 luglio 1957, del Presidente della Regione siciliana, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Guarino e Camillo Ausiello Orlando;

udita nell'udienza pubblica del 16 ottobre 1957 la relazione del Giudice Antonino Papaldo;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Cesare Arias per il ricorrente e gli avvocati Giuseppe Guarino e Camillo Ausiello Orlando per la Regione siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

Il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha impugnato dinanzi alla Corte costituzionale la legge regionale siciliana concernente la "sospensione dell'imposta di consumo sui vini, mosti ed uve da vino e provvedimenti in materia di imposta generale sull'entrata per il commercio dei prodotti stessi".

La citata legge, al dichiarato scopo (art. 1) "di soddisfare alle particolari esigenze determinate dalla grave crisi creatasi in Sicilia nel settore vinicolo e di incrementare il consumo dei prodotti vinicoli", dispone (art. 2) che sui vini, sui mosti e sulle uve da vino venga sospesa, nel territorio della Regione siciliana, l'applicazione dell'imposta di consumo, e che (art. 3) a decorrere dal 1 novembre 1957, l'imposta generale sull'entrata per il commercio dei citati prodotti venga corrisposta una tantum all'atto della loro immissione in commercio, con aliquote non superiori al 12% del prezzo medio dei prodotti stessi ed in base a norme da emanarsi dall'Assessore regionale per le finanze.

Inoltre, il movimento dei citati prodotti nell'ambito regionale viene dichiarato esente dalle formalità previste negli articoli 89 e seguenti del regolamento per la riscossione delle imposte di consumo, approvato con R.D. 30 aprile 1936, n. 1138, disponendosi l'obbligo della bolletta d'accompagnamento solo per le spedizioni dei prodotti vinicoli fuori del territorio della Regione (art. 4).

Infine, per compensare i comuni siciliani del mancato introito della imposta di consumo, la legge (art. 5) pone a carico della Regione l'onere di corrispondere ai comuni stessi, fino al 31 dicembre 1957, delle integrazioni mensili commisurate al gettito dell'imposta per l'anno 1956 e, successivamente, fino alla regolamentazione della materia in sede nazionale, delle integrazioni pari alla metà del tributo riscosso dai comuni nel triennio 1954-56. Nella legge si precisa anche (art. 5, quarto e quinto comma) che agli oneri derivanti da tali disposizioni sarà provveduto con appositi stanziamenti da iscriversi nel bilancio 1957-58 e successivi, e si autorizza l'Assessore regionale per il bilancio ad apportare, con propri decreti, le variazioni di bilancio occorrenti. La legge é stata approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 13 giugno 1957.

Il Commissario dello Stato, cui il provvedimento fu comunicato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello Statuto siciliano, con nota del 15 giugno 1957, pervenutagli il giorno dopo, con ricorso del 21 dello stesso mese, ritualmente notificato nella medesima data e depositato nella cancelleria della Corte il successivo giorno 26, ha impugnato la citata legge dinanzi alla Corte costituzionale, chiedendone la dichiarazione di illegittimità costituzionale.

Del ricorso é stata data notizia nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 13 luglio, n. 174, e nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana del 6 dello stesso mese, n. 35.

Successivamente la legge impugnata é stata promulgata e pubblicata (legge 22 luglio 1957, n. 42, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione in data 23 luglio 1957, n. 39).

Il Presidente della Regione siciliana si é costituito in giudizio e nelle deduzioni depositate in Cancelleria addì 11 luglio 1957 e nella memoria depositata il 3 ottobre ha illustrato le ragioni per le quali intende resistere al ricorso.

Dal ricorso introduttivo del giudizio e dalla successiva memoria depositata il 27 settembre 1957, con la quale l'Avvocatura generale dello Stato riprende e sviluppa alcuni dei motivi del ricorso, questi si possono riassumere in quattro punti.

1) Violazione dell'art. 36 dello Statuto regionale siciliano.

Il primo motivo di censura parte dal presupposto che la legge impugnata abbia carattere finanziario e che quindi la potestà legislativa regionale, nella specie, vada disciplinata in base all'art. 36 dello Statuto siciliano. Secondo la difesa dello Stato, infatti, la competenza legislativa della Regione si deve determinare con riferimento ai "mezzi giuridici" di cui essa si serve per raggiungere determinati scopi; per cui se - come nella specie - per migliorare la situazione di un determinato settore agricolo, la Regione agisce mediante disposizioni di carattere fiscale (nel senso, ad esempio, di abolire o ridurre o modificare certe imposte), la potestà legislativa spettante all'Assemblea regionale sarà quella concernente i tributi e unicamente questa, e non quella riguardante il settore agricolo che si é inteso favorire.

Ciò premesso, il Commissario dello Stato sostiene che, avendo la Regione, in materia di tributi locali od erariali, una potestà normativa concorrente e sussidiaria, le leggi regionali relative devono rispettare non solo le leggi costituzionali ed i limiti territoriali, ma anche i limiti derivanti dai principi e dagli interessi generali cui si uniformano le leggi statali. In particolare, la legislazione regionale deve uniformarsi all'indirizzo ed ai principi fondamentali della legislazione statale per ogni singolo tributo anche per quanto attiene alle caratteristiche di esso, ai cespiti colpiti ed alle modalità di riscossione.

Ora, la legge impugnata, abolendo l'imposta di consumo sui vini, sui mosti e sulle uve da vino e sospendendo fino al 31 ottobre 1957 l'applicazione dell'imposta generale sull'entrata relativa al commercio di detti prodotti, contrasta sia col principio generale derivante dal testo unico delle leggi sulla finanza locale 14 settembre 1931, n. 1175, che pone le bevande vinose al primo posto fra i generi assoggettabili all'imposta di consumo; sia col principio, vigente nella legislazione statale, secondo il quale l'imposta generale sull'entrata sui vini é dovuta per il solo fatto del loro assoggettamento all'imposta di consumo, talché la "correlazione I.G.E. - imposta di consumo" costituisce un sistema tributario inscindibile in sede nazionale; sia, infine, con la legislazione dello Stato, in quanto si concedono ad un prodotto agevolazioni che non trovano, per il medesimo prodotto, riscontro nell'ordinamento in vigore. Ma, soprattutto, la legge impugnata viola i limiti della potestà normativa regionale che, essendo in questo caso concorrente e sussidiaria, non può spingersi fino ad abolire o sospendere l'applicazione di un tributo stabilito da leggi statali, a meno che tale esenzione non trovi riscontro nelle leggi statali e giustificazione in un particolare interesse regionale. Circostanze queste che non sussisterebbero nella specie: non la prima, perché l'esenzione totale del vino dall'imposta di consumo non trova alcun riscontro nella legislazione statale; non la seconda, perché quella vinicola é una crisi a carattere nazionale e, quindi, solo su tale piano può trovare la sua soluzione.

Infine, tenuto conto che "il gettito dell'imposta generale sull'entrata, che graverà una tantum all'atto dell'immissione al consumo dei vini, compenserà in parte notevole e, col tempo, supererà l'ammontare della sopprimenda imposta di consumo", é da dubitare che la legge in parola possa apportare degli effettivi benefici al settore vinicolo, in quanto il carico tributario gravante sui prodotti in questione, rimarrebbe in sostanza inalterato.

2) Violazione dell'art. 15 dello Statuto regionale siciliano.

Con il secondo motivo di ricorso si denunzia l'illegittimità costituzionale degli artt. 2, 3 e 5 della legge impugnata, per violazione dell'art. 15 dello Statuto regionale siciliano.

In base al citato articolo l'ordinamento degli enti locali in Sicilia si basa sui comuni e sui liberi consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria.

La legislazione esclusiva spetta alla Regione solo nel quadro di tali principi. Il che significa che la Regione siciliana non ha alcuna potestà di interferenza nella finanza locale perché, altrimenti, verrebbe a violare l'autonomia finanziaria dei comuni. La legge in questione, togliendo ai comuni dell'Isola il potere di imporre un tributo e di esercitare tale potere nel modo ritenuto più adatto e più rispondente alle esigenze locali, viola tale principio. Né vale obiettare che la Regione si assume l'onere di compensare i comuni siciliani del mancato introito dell'imposta di consumo, perché in questo modo si esclude qualsiasi miglioramento e qualsiasi iniziativa da parte dei comuni siciliani, i quali, privati del loro potere autonomo di imposizione, verrebbero a trovarsi in una situazione di inferiorità rispetto agli altri comuni italiani.

3) Con il terzo motivo di ricorso si denunzia, in via subordinata anche l'illegittimità costituzionale dell'art. 3 della legge, perché in violazione dei limiti della potestà legislativa regionale in materia tributaria ed in contrasto con l'art. 12 dello Statuto regionale siciliano.

Sotto il primo profilo si rileva che l'art. 3 della legge, prevedendo la corresponsione dell'imposta generale sull'entrata una tantum, istituirebbe un regime speciale d'imposizione di tale tributo, in contrasto con il D.L.L. 19 ottobre 1944, n. 348, e successive modificazioni, per il quale la determinazione di speciali regimi d'imposizione é demandata soltanto al Ministro per le finanze ed é limitata ad una serie di prodotti, che non comprende il vino, i mosti e le uve da vino, per i quali vige invece il principio - che risale all'epoca della soppressa tassa di scambio - per cui l'imposta generale sull'entrata é dovuta per il solo fatto dell'assoggettamento dei prodotti all'imposta di consumo.

Sotto il secondo profilo, poi, si lamenta la violazione dell'art. 12 dello Statuto regionale siciliano, nel senso che l'art. 3 della legge impugnata, demandando all'Assessore regionale per le finanze l'emanazione di norme - di natura regolamentare - relative alla corresponsione dell'imposta generale sull'entrata una tantum, sottrae al Governo la potestà regolamentare attribuitagli dall'art. 12 dello Statuto.

Sempre con lo stesso motivo di ricorso, si denunzia, inoltre, la violazione dell'art. 23 della Costituzione, perché l'art. 3 della legge in questione, demandando allo stesso Assessore per le finanze la fissazione dell'aliquota dell'imposta generale sull'entrata, sia pure nella misura massima del 12%, non fissa criteri idonei a delimitare la potestà discrezionale d'imposizione attribuita a detto organo.

4) Con l'ultimo motivo di ricorso, infine, si lamenta la violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, sotto il riflesso che l'art. 5, quarto comma, della legge impugnata, disponendo che agli oneri derivanti dalla sua applicazione sarà provveduto con appositi stanziamenti con carattere obbligatorio da iscriversi nel bilancio dell'esercizio finanziario 1957-58 e successivi, non rispetta il precetto costituzionale sancito nell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, per il quale ogni legge che importi nuove e maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte.

Per gli esposti motivi il Commissario dello Stato per la Regione siciliana chiede che la legge regionale 22 luglio 1957. n. 42, sia dichiarata costituzionalmente illegittima.

La difesa della Regione siciliana, dopo aver illustrato i motivi che hanno ispirato l'emanazione della legge impugnata, rileva quanto segue

1) In ordine al primo motivo di ricorso, con il quale si denunzia la violazione dell'art. 36 dello Statuto siciliano, la Regione eccepisce che tale articolo é erroneamente richiamato nella specie, perché la materia di cui alla legge in discussione rientra nella potestà legislativa esclusiva della Regione, e non già in quella sussidiaria e concorrente.

E ciò per due ordini di ragioni.

Anzitutto, l'art. 36 dello Statuto siciliano concerne esclusivamente il fabbisogno finanziario dello Stato e della Regione, ossia i tributi regionali e quelli statali, laddove la legge in questione, come si evince dai lavori preparatori, dal carattere provvisorio del provvedimento e dalle sue finalità, prevedendo la sospensione di una imposta e non già la creazione di nuovi tributi, mira esclusivamente a venire incontro alle necessità dell'agricoltura, dell'industria e del commercio siciliani nel settore vinicolo ed alla difesa dei relativi prodotti. E poiché in tale materia l'art. 14, lett. e, dello Statuto conferisce alla Regione siciliana una potestà legislativa esclusiva, la denunziata illegittimità non sussiste.

Comunque, rileva la Regione, anche volendo ricondurre la legge impugnata nell'ambito dell'art. 36 dello Statuto siciliano, dovrebbe ugualmente dichiararsi infondata la censura di illegittimità costituzionale mossale, sotto il riflesso che trattasi di un provvedimento a carattere temporaneo e provvisorio, che non abolisce o sostituisce alcun tributo, ma dispone soltanto un complessivo alleggerimento fiscale, mediante una semplice sospensione dell'applicazione dell'imposta di consumo ed una modifica del regime d'imposizione dell'imposta generale sull'entrata, del tipo di quelli che la legislazione statale ha introdotto per tutta una serie di svariati prodotti. Nella specie, dunque, la legge avrebbe rispettato i limiti posti al potere normativo della Regione in materia tributaria, e cioè: l'esistenza di un particolare interesse regionale che giustifichi la norma, e la rispondenza della sospensione e del provvisorio sgravio fiscale a criteri e tipi "generali" di esenzioni o agevolazioni ammesse dalla legislazione statale. Ora, poiché tali limiti sarebbero stati rispettati e nessuna sperequazione di trattamento tributario la legge in parola creerebbe tra i consumatori dell'Isola e quelli del rimanente territorio nazionale, la Regione conclude perché il ricorso del Commissario dello Stato, anche sotto tale riflesso, sia dichiarato infondato.

2) Sul secondo motivo di ricorso, concernente la violazione dell'art. 15 dello Statuto siciliano, la Regione sostiene che la denunziata violazione non sussiste, non solo perché la legge impugnata, dato il suo carattere provvisorio, non può considerarsi come norma tale da abolire il potere impositivo dei comuni, ma anche e soprattutto perché, essendo questo non un potere autonomo e intangibile, bensì derivato dalla Regione, spetta a questa, a norma dell'art. 15 dello Statuto, così il porre come il modificare l'ordinamento dei comuni e quindi anche disciplinare le finanze e la potestà tributaria dei comuni stessi. Né, in tal modo, si viola il principio dell'autonomia sancita nell'art. 15 dello Statuto, perché questa deve essere intesa nel senso che, pur spettando alla Regione il potere di disciplinare con leggi la finanza comunale, queste leggi devono lasciare ampia possibilità di scelta e di autoregolamentazione ai comuni.

Sulla base di tali considerazioni, contesta la Regione quanto si afferma in ricorso e cioè che con la soppressione dell'imposta di consumo sui vini, la legge leda l'autonomia finanziaria dei comuni, perché se dall'imposta sono esclusi i vini, rimangono pur sempre assoggettabili all'imposta i numerosi altri prodotti, elencati nell'art. 10 della legge 2 luglio 1952, n. 703. Elenco questo che non ha carattere vincolante, ma assolutamente elastico, nel senso che i comuni, come non sono tenuti ad assoggettare all'imposta tutti i prodotti e beni in esso indicati, così hanno la scelta dei beni sui quali far pesare il tributo.

Ai fini della legittimità o meno della legge impugnata, invero, l'indagine da fare non é quella di vedere se per i vini sia prevista nella legislazione statale un'esenzione del tipo di quella introdotta dalla legge regionale, ma di stabilire se la Regione abbia o meno il potere di modificare il precetto dell'art. 10 della citata legge n. 703 del 1952, nel senso di includere o meno nell'elenco qualche singolo prodotto. Ora, purché venga rispettato il principio generale che l'elenco comprenda un gran numero di prodotti di largo consumo, tale potere si deve ammettere. E poiché la Regione, nella specie, ha rispettato il limite sopra accennato, non può parlarsi di illegittimità della legge impugnata.

Inoltre va anche considerato che non é infrequente, nella legislazione statale, il caso di esenzione dall'imposta di consumo concessa in vista di situazioni del tutto straordinarie ed eccezionali, come, da ultimo, si é verificato per il decreto legge statale 14 settembre 1957, n. 812. Per cui anche sotto tale riflesso vi sarebbe corrispondenza con un particolare tipo di esenzione.

3) In ordine al terzo motivo di ricorso, la Regione contesta che l'art. 3 della legge impugnata abbia ecceduto i limiti della potestà legislativa regionale in materia tributaria.

E ciò, oltre che per le ragioni poco prima esposte a proposito dell'esenzione dall'imposta di consumo, anche per la considerazione - particolare dell'I.G.E. - che la determinazione di speciali regimi di imposizione dell'imposta generale sull'entrata, per singoli prodotti, come quello del pagamento una tantum all'atto dell'immissione del prodotto al consumo non é nuova nella legislazione statale. E questo basta per legittimare la potestà tributaria della Regione, che nell'esercizio di tale suo potere ha rispettato l'unico limite impostole e cioè l'osservanza dei principi fondamentali della legislazione statale per ogni singolo tributo. Infatti, termine di riferimento del giudizio di uniformità devono essere non le singole disposizioni contenute nelle leggi statali, bensì e soltanto gli indirizzi e i criteri desumibili dal complesso della legislazione statale relativa ad un dato tributo. Ora, poiché nella legislazione statale esistono molti esempi di pagamento della I.G.E. una tantum e considerato, d'altra parte, che la "correlazione I.G.E. - imposta di consumo" non ha alcun carattere di necessità, tanto vero che esistono molti prodotti, elencati nell'art. 10 della legge 2 luglio 1952, n. 703, sui quali i comuni possono stabilire l'imposta di consumo, mentre, per quel che attiene all' I.G.E., continuano ad essere soggetti alle comuni norme di riscossione, se ne deve dedurre che, anche sotto tale riguardo, la legge impugnata non é incorsa in alcuna violazione di principi costituzionali.

Per quanto attiene poi alle altre censure mosse - in via subordinata - con lo stesso motivo di ricorso, la Regione contesta la sussistenza delle denunziate violazioni.

In merito alla lamentata violazione dell'art. 12 dello Statuto siciliano, infatti, la Regione sostiene che il potere conferito dal l'art. 3 della legge impugnata all'Assessore per le finanze di emanare norme relative alla corresponsione dell'I.G.E. una tantum, é un potere autonomo ed ha natura diversa dal potere regolamentare per l'esecuzione delle leggi di cui all'art. 12 dello Statuto siciliano. Pertanto in tale conferimento non può ravvisarsi alcuna violazione dello Statuto, trattandosi di poteri distinti e separati.

Quanto, poi, alla denunziata violazione dell'art. 23 della Costituzione, la Regione rileva che l'esercizio del potere demandato all'Assessore regionale per le finanze di fissare le aliquote dell'I.G.E. da corrispondere una tantum non può dirsi lasciato alla piena ed incontrollata discrezionalità dell'organo esecutivo, perché la fissazione dell'aliquota nella misura massima del 12% é un criterio già di per sé sufficiente ed idoneo a delimitare il potere attribuito in materia all'Assessore per le finanze.

4) Sull'ultimo motivo di ricorso, infine, la Regione osserva che il precetto di cui all'ultimo comma dell'art. 81 della Costituzione - di cui si assume la violazione - é erroneamente richiamato nella specie, perché detto articolo si riferisce alle nuove e maggiori spese occasionate da una legge e che non trovino copertura nel bilancio già approvato, ma non riguarda le ipotesi di spesa per la cui copertura la legge rimandi, come nel caso che ne occupa, a stanziamenti da iscriversi in bilanci futuri.

Per gli esposti motivi la Regione chiede che il ricorso del Commissario dello Stato sia respinto e la legge 22 luglio 1957, n. 42, sia dichiarata costituzionalmente legittima.

All'udienza i difensori delle parti hanno illustrato le rispettive deduzioni e conclusioni.

 

Considerato in diritto

 

La difesa della resistente sostiene che la Regione non abbia esercitato il suo potere a norma dell'art. 36, bensì a norma dell'art. 14, lett. e, dello Statuto speciale per la Sicilia. Secondo questa ultima disposizione, alla Regione spetterebbe una potestà legislativa esclusiva al fine di perseguire i seguenti obbiettivi: l'incremento della produzione agricola ed industriale, la valorizzazione, la distribuzione e la difesa dei prodotti agricoli ed industriali e delle attività commerciali. La Regione con la legge in esame non avrebbe avuto lo scopo di aumentare o di alleggerire il carico tributario, ma avrebbe avuto esclusivamente la finalità di venire incontro alle necessità di un settore dell'agricoltura, quello vinicolo, che, nell'ambito del territorio regionale, si era venuto a trovare in uno stato di grave crisi. La urgenza di provvedere - prosegue la difesa della Regione - era tanto impellente che gli stessi organi centrali dello Stato hanno di recente provveduto ad emanare provvedimenti d'urgenza atti a fronteggiare la situazione nello stesso settore.

La tesi della Regione non é fondata. La disposizione contenuta nella lett. e dell'art. 14 non può essere interpretata in senso finalistico, nel senso, cioè, che la norma consentirebbe alla Regione l'esercizio della potestà legislativa tutte le volte che essa fosse giustificata dall'intento di raggiungere quei determinati scopi. Già la semplice enunciazione di una tesi siffatta ne mostra tutta l'insostenibilità, non essendo concepibile che, nell'ambito dello Stato sovrano, siano stati concessi alla Regione poteri tanto ampi da sfuggire ad una ben definibile delimitazione, quale può essere offerta unicamente dalla precisa identificazione della materia legislativa.

L'art. 14, lett. e, a giudizio di questa Corte, non fa che specificare alcuni aspetti, particolarmente rilevanti agli effetti economici, delle materie contemplate dalle lettere a e d dello stesso articolo.

Ma anche se, in non concessa ipotesi, si potesse accedere ad una diversa interpretazione, le conclusioni non cambierebbero, perché, in ogni caso, i limiti dei poteri esercitati dalla Regione, specialmente ai fini della demarcazione della competenza nei rapporti con lo Stato, dovrebbero sempre essere ricavati dal contenuto obbiettivo della legge regionale, il che vale quanto dire dalla materia regolata dalla legge stessa. E pertanto, se, per esempio, la Regione, per il raggiungimento di scopi indicati dall'art. 14, lett. e, esercita poteri di carattere tributario, tali poteri non possono non sottostare ai limiti tracciati dalle disposizioni dello Statuto che si riferiscono alla materia tributaria.

L'urgenza di provvedere non ha alcun rilievo in questa sede, anche ammesso che in Sicilia la crisi del mercato vinicolo fosse più grave o avesse aspetti diversi in confronto dell'intero territorio della Repubblica (circostanza, questa, della quale é lecito dubitare: proprio l'emanazione del decreto legge 14 settembre 1957, n. 812, indica che il problema siciliano del vino non aveva caratteristiche peculiari, rispetto alla situazione nazionale). Il fatto che gli organi della Regione siciliana abbiano più sollecitamente avvertito l'urgenza di provvedere é circostanza che può avere rilievo politico, ma non vale a spostare la linea di demarcazione tra la competenza dello Stato e quella della Regione.

La questione si riduce ad una sola, ed é quella di stabilire se la Regione abbia esercitato un potere in materia tributaria o se, come la difesa della Regione sostiene, le agevolazioni concesse con la legge in questione siano equiparabili più ad una sovvenzione che ad una esenzione fiscale. Neppure questa tesi può essere accolta. Non importa se, dal punto di vista economico, la sospensione di una imposta o la sua esenzione possa equivalere ad una sovvenzione pecuniaria, giacché, sotto l'aspetto giuridico, la differenza é rilevante. In altri termini, una sovvenzione pecuniaria ed una esenzione fiscale, di importo corrispondente, potrebbero anche arrecare, nella stessa misura, una diminuzione delle disponibilità finanziarie dell'ente pubblico ed un miglioramento di quelle del beneficiario; nondimeno il carattere giuridico resta profondamente diverso sotto molteplici ed essenziali aspetti, riguardanti la competenza, le modalità, i limiti del potere.

Ora, che la Regione, sospendendo a tempo indeterminato la imposta di consumo sulle bevande vinose, sospendendo per un tempo determinato l'imposta generale sull'entrata e trasformando il regime dell'imposta stessa in relazione alle predette bevande, abbia esercitato poteri in materia tributaria, é constatazione del tutto ovvia.

A questo punto la Corte non ha che da riportarsi alla sua giurisprudenza che é ormai costante e dalla quale non ci sono ragioni di discostarsi. Ond'é che, per giungere ad una conclusione nella causa odierna, basterà un breve richiamo ai precedenti.

É da premettere che la Corte non ha ravvisato alcuna distinzione, e molto meno alcuna contrapposizione, fra la sfera dei tributi erariali e quella dei tributi locali. Il problema é stato espressamente risolto con la sentenza n. 58 del 13 aprile 1957, la quale, appunto nei riguardi delle imposte di consumo, ha dichiarato che per la legislazione regionale in materia di tributi locali valgono quegli stessi limiti che, per i tributi erariali, erano stati delineati con la sentenza n. 9 del 17 gennaio 1957. La sentenza n. 113 del 28 giugno 1957 ribadiva uguali principi, mettendo in rilievo che, nella materia della finanza locale, la Regione incontra, oltre che gli stessi limiti esistenti per la legislazione sui tributi erariali, un ulteriore limite derivante dall'art. 15 dello Statuto speciale, il quale impone il rispetto della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria dei comuni e dei liberi consorzi comunali.

Che la legge regionale in esame abbia oltrepassato i limiti ai quali era vincolata, é facilmente dimostrabile. Sospendere a tempo indeterminato l'imposta di consumo sulle bevande vinose e sospendere a tempo determinato l'imposta generale sull'entrata non trova riscontro nei principi generali della legislazione tributaria statale né in quelli delle leggi che regolano la materia delle due imposte, non esistendo nel nostro sistema tributario un principio, né trovandosi nelle singole leggi alcun apprezzabile precedente, che porti sospensione di imposte a causa della crisi commerciale di un prodotto.

Ma é anche manifesta la illegittimità costituzionale della disposizione concernente il nuovo regime dell'imposta generale sull'entrata relativa alla materia in esame.

Il criterio stabilito dalla legge statale (art. 14 della legge 19 giugno 1940, n. 762, che converte in legge il decreto legge 9 gennaio 1940, n. 2) consiste nell'ancorare il regime della imposta generale sull'entrata in materia di bevande vinose al regime delle imposte di consumo. La dissociazione tra le due imposte, adottata con la legge regionale, creando un grave squilibrio tra il sistema statale e quello regionale, pone in essere, tra i due sistemi, un contrasto fondamentale, che é causa di illegittimità per la norma regionale.

Questa considerazione basta a giustificare la dichiarazione di illegittimità della intera disposizione contenuta nell'art. 3 della legge in esame; e la considerazione é perentoria ed assorbente, tanto da togliere rilievo, nell'attuale controversia, ad ogni altra questione relativa al punto se la Regione possa, in linea generale, stabilire, con sue leggi, regimi particolari per la imposta sull'entrata e all'altro punto se, con la legge impugnata, si potessero conferire all'Assessore per le finanze i poteri indicati nello stesso art. 3.

La dichiarazione di illegittimità degli artt. 2 e 3 della legge travolge l'art. 1, che ha carattere introduttivo, e tutti gli articoli successivi, i quali non sono altro che uno sviluppo delle disposizioni dichiarate illegittime, insieme con le quali, inscindibilmente, vengono meno. Per questo, non c'é ragione di prendere in esame i motivi di ricorso che investono in particolare gli artt. 4 e seguenti della stessa legge.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale della legge regionale siciliana 22 luglio 1957, n. 42, approvata dall'Assemblea regionale nella seduta del 13 giugno 1957 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione del 23 luglio 1957, n. 39, recante "sospensione dell'imposta di consumo sui vini, mosti ed uve da vino e provvedimenti in materia di imposta generale sull'entrata per il commercio dei prodotti stessi", in riferimento agli artt. 15 e 36 dello Statuto della Regione siciliana.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 31 ottobre 1957.

Gaetano AZZARITI – Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA – Aldo SANDULLI.

 

Depositata in Cancelleria il 5 novembre 1957