Sentenza n. 71 del 1957
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SENTENZA N. 71

ANNO 1957

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. GAETANO AZZARITI, Presidente

Prof. TOMASO PERASSI

Prof. GASPARE AMBROSINI

Prof. ERNESTO BATTAGLINI

Dott. MARIO COSATTI

Prof. FRANCESCO PANTALEO GABRIELI

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. MARIO BRACCI

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 18 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, promosso dall'ordinanza 25 maggio 1956 della Corte di appello di Bari, pronunciata nel procedimento civile vertente fra Romanazzi Carducci Guglielmo e la Sezione speciale per la riforma fondiaria dell'Ente Puglia e Lucania, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 227 dell'8 settembre 1956 ed iscritta al n. 255 del Registro ordinanze 1956.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 27 marzo 1957 la relazione del Giudice Nicola Jaeger;

uditi gli avvocati Arturo Carlo Jemolo, Francesco Santoro Passarelli, M. S. Giannini e Saverio Nisio, per l'Ente di riforma, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Attilio Inglese, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con atti di citazione 19 novembre 1951 e 26 aprile e 5 maggio 1952 il principe Guglielmo Romanazzi Carducci di Santo Mauro conveniva l'Ente Puglia e Lucania davanti al Tribunale di Bari per rivendicare i terreni a lui espropriati per oltre 400 ettari in varie tenute, contestando la legittimità di due decreti presidenziali 30 agosto 1951, n. 838, e 2 aprile 1952, n. 293 (pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 210 del 13 settembre 1951 e n. 93 del 19 aprile 1952).

Le cause ebbero varie vicende e furono decise dal Tribunale con tre sentenze: 29 aprile-21 maggio 1952, 30 dicembre 1952-5 febbraio 1953 (n. 101) e 30 dicembre 1952-5 febbraio 1953 (n. 102).

Contro dette sentenze, l'attore propose appello; e la Corte di appello di Bari, con sentenza 25 maggio-13 luglio 1956, non definitiva, riunì i gravami e dichiarò manifestamente infondate varie questioni di legittimità sollevate dall'attore, fatta eccezione per le seguenti, che rimise poi a questa Corte con l'ordinanza emessa il 25 maggio 1956:

a) se le disposizioni dell'art. 18 della legge stralcio, in virtù delle quali l'indennità di espropriazione non si determina in base al valore venale dei beni espropriati, ma in base al valore accertato per l'imposta sul patrimonio, né viene pagata in contanti, ma in titoli di Stato redimibili in 25 anni, siano compatibili con le norme contenute negli artt. 42 e 44 della Costituzione;

b) se, ancora, le indicate disposizioni, per aver fatto riferimento ai valori del 1946, siano compatibili con la norma dello art. 73, terzo comma, della Costituzione.

Tale ordinanza, regolarmente notificata e comunicata a norma di legge, fu pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica dell'8 settembre 1956.

Nel giudizio davanti alla Corte si sono costituite le parti ed ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri.

L'Ente di riforma, rappresentato e difeso dall'avv. Nisio, ha chiesto che si dichiarino infondate le suddette questioni e ha dedotto a riguardo:

a) che i criteri per la liquidazione dell'indennità, adottati dalla legge stralcio, si giustificano in relazione alla natura e alla portata della riforma agraria;

b) che il principio dell'irretroattività della legge civile non é sancito né nell'art. 73 né in altro articolo della Costituzione.

L'Avvocatura dello Stato, nell'interesse del Presidente del Consiglio dei Ministri, ha chiesto che le questioni siano dichiarate improponibili o, subordinatamente infondate. Tutte le parti hanno illustrato più ampiamente le loro deduzioni in memorie e nella discussione orale dell'udienza.

 

Considerato in diritto

 

La Corte ha avuto già occasione di pronunciare sulla eccezione pregiudiziale proposta dall'Avvocatura generale dello Stato, con la sentenza n. 59 del 13 maggio 1957 e non rileva ragioni sufficienti per indurla a modificare il proprio convincimento.

In quanto alle due questioni di legittimità costituzionale della legge, 21 ottobre 1950, n. 841, sollevate dalla Corte di appello di Bari con l'ordinanza di rinvio, si osserva che la prima di esse, concernente i criteri adottati dalla legge per la determinazione delle indennità di espropriazione, forma oggetto della sentenza n. 61 del 13 maggio 1957, alla quale si fa espresso riferimento.

Nella presente pronuncia la Corte deve pertanto risolvere solamente la questione, se la disposizione dell'art. 18 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, la quale fa riferimento al valore definitivo accertato ai fini dell'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio istituita con decreto legislativo 29 marzo 1947, n. 143, per determinare la indennità per i terreni espropriati, debba considerarsi costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 73 della Costituzione "per quanto concerne" - secondo il testo dell'ordinanza della Corte di appello di Bari - "la determinazione delle indennità di espropriazione e la irretroattività della loro commisurazione".

La Corte costituzionale ritiene che tale questione non possa essere considerata fondata, perché nel caso della disposizione denunciata il problema della retroattività della legge non si pone neppure. Si può quindi prescindere dall'esame della questione se la esclusione della efficacia retroattiva delle leggi in materia penale, disposta espressamente nell'art. 25, secondo comma, della Costituzione, costituisca manifestazione di un principio costituzionale più generale avverso alla retroattività di tutte le leggi, anche su materie non penali; e si può anche omettere il rilievo, che comunque siffatto principio non potrebbe essere ricavato dall'art. 73, menzionato nell'ordinanza, perché il terzo comma di tale disposizione disciplina semplicemente il momento della entrata in vigore delle leggi, e più precisamente la vacatio legis, ponendo la regola del termine di quindici giorni dalla loro pubblicazione e ammettendo la possibilità di eccezioni.

Nella specie il problema della retroattività della legge é del tutto fuori luogo, perché la disposizione dell'art. 18 della legge stralcio non disciplina situazioni od eventi trascorsi, non dispone per il passato, ma per il presente e l'avvenire, secondo la formulazione dell'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al Codice civile; essa fa bensì riferimento ad atti, di dichiarazione e di accertamento di valori, compiuti in tempo precedente, e alle situazioni giuridiche ad essi conseguenti, però non già per disciplinarli nuovamente e in modo diverso, ma per assumerli quali elementi di fatto rilevanti per la determinazione di certe conseguenze.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

respinta la eccezione pregiudiziale proposta dall'Avvocatura generale dello Stato;

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 18 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, in riferimento alle norme contenute negli artt. 42, 44 e 73, terzo comma, della Costituzione, proposte con la ordinanza 25 maggio 1956 della Corte di appello di Bari pronunciata nella causa civile vertente fra Romanazzi Carducci Guglielmo e la Sezione speciale per la riforma fondiaria dell'Ente Puglia e Lucania.

 

Così deciso in Roma, nella Sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 maggio 1957.

Gaetano AZZARITI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA.

 

Depositata in Cancelleria il 25 maggio 1957.