Sentenza n. 55 del 1957
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SENTENZA N. 55

ANNO 1957

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 509, primo comma, del Codice penale, promosso con l'ordinanza 27 giugno 1956 del Pretore di Fermo nel procedimento penale a carico di Marilungo Nazareno, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 247 del 29 settembre 1956 ed iscritta al n. 299 del Registro ordinanze 1956.

Udita nell'udienza pubblica del 13 marzo 1957 la relazione del Giudice Ernesto Battaglini;

udito il difensore del Marilungo avv. Mirella Del Bello.

 

Ritenuto in fatto

 

Marilungo Nazareno fu condannato con decreto penale del Pretore di Fermo del 3 maggio 1956 alla pena di lire 5.000 di multa, quale colpevole del reato previsto e punito dall'art. 509 Cod. pen. per violazione del contratto collettivo di mezzadria (omessa corresponsione, nella sua qualità di mezzadro, della prescritta quantità di uova e pollame al concedente).

Il Marilungo propose opposizione e, nella udienza del 27 giugno 1956 dinanzi al Pretore di Fermo, sollevò la questione di legittimità costituzionale dell'art. 509 Cod. pen. in relazione all'art. 39 della Costituzione, deducendo che l'art. 509 Cod. pen. é ispirato al sistema corporativo e deve ritenersi abrogato insieme al sistema stesso.

Il Pretore, con ordinanza di pari data, ritenne la questione relativa alla legittimità costituzionale dell'art. 509, primo comma, Cod. pen. pertinente e non manifestamente infondata; trasmise perciò gli atti a questa Corte costituzionale.

A cura dello stesso Pretore l'ordinanza venne notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri in data 31 agosto 1956 e comunicata nella stessa data alla Presidenza della Camera dei Deputati e a quella del Senato.

Pervenuti gli atti a questa Corte, il Presidente di essa dispose la pubblicazione della predetta ordinanza nella Gazzetta Ufficiale, ciò che avvenne in data 29 settembre 1956.

Si é costituito in giudizio soltanto l'imputato Marilungo mediante deposito di deduzioni sottoscritte anche dall'avv. Mirella Del Bello, regolarmente delegato dall'imputato stesso a rappresentarlo.

In tali deduzioni, confermate nella discussione orale, si insisteva nel chiedere la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 509 Cod. pen. in relazione all'art. 39 della Costituzione. In via subordinata la stessa difesa invocava la esclusione della mezzadria dall'ambito della regolamentazione collettiva dei rapporti di lavoro.

 

Considerato in diritto

 

La difesa del Marilungo Nazareno sostiene la tesi della illegittimità costituzionale dell'art. 509 Cod. pen., relativo alla inosservanza delle norme disciplinanti i rapporti di lavoro, riportandosi, in via principale, ai principi della libertà sindacale quali sono enunciati nell'art. 39 della Carta costituzionale, nonché, sussidiariamente, ai principi della libertà del lavoro, del diritto di sciopero e della libera iniziativa individuale economica (artt. 2, 4, 35, 40 e 41 della Costituzione).

Viene anche dedotto che nel progetto del nuovo Codice penale sono state eliminate, insieme alle disposizioni che puniscono lo sciopero, anche quelle relative alla inosservanza dei contratti collettivi, mentre, in contrario, non ha rilevanza la disposizione dell'art. 43 del D.L. L. 23 novembre 1944, n. 369, concernente la sopravvivenza dei contratti collettivi corporativi.

Osserva la Corte che siffatte argomentazioni non valgono a confortare l'assunto della dedotta illegittimità costituzionale nei limiti precisati nella ordinanza di rinvio, assunto che, sotto qualunque aspetto si consideri, appare privo di fondamento.

Deve essere anzitutto rilevato che ragione e fondamento della norma penale contenuta nel citato art. 509, primo comma, non é già la tutela dell'ordine corporativo nel suo sistema ideologico oramai superato e contrastante col nuovo sistema di organizzazione sindacale e di libertà sindacale instaurato dalla Costituzione; invece l'obiettività della norma penale di cui trattasi va ricercata nel processo formativo dei contratti collettivi allora stipulati e soprattutto nella loro efficacia cogente nei confronti di tutti gli appartenenti alle categorie rappresentate dalle organizzazioni sindacali partecipanti alla stipulazione. Si ha perciò riguardo alla imperatività e alla inderogabilità dei contratti stessi e all'interesse collettivo collegato alla loro attuazione.

Ne consegue che la disposizione dell'art. 43 del D.L.L. 23 novembre 1944, n. 369, che sancisce la sopravvivenza dei contratti collettivi formati prima della soppressione dell'ordinamento corporativo, porta come effetto la sopravvivenza della norma penale diretta a garantire la osservanza dei contratti stessi; ed in questo senso si é orientata l'unanime giurisprudenza della Cassazione. Ma occorre aggiungere che, anche secondo l'art. 39 della Carta costituzionale, i contratti collettivi e la loro efficacia erga omnes sono considerati come lo strumento più idoneo a comporre i conflitti di interessi fra imprenditori e prestatori d'opera.

Non é inutile osservare che, nella riforma della organizzazione sindacale predisposta in attuazione dell'art. 39 della Costituzione (progetto Rubinacci), era inserita una disposizione contenente sanzione penale per l'inosservanza dei contratti collettivi aventi la impronta pubblicistica riconosciuta ai contratti stessi. D'altra parte, non va dimenticato che la omissione, nel progetto del 1949 del nuovo Codice penale, di una disposizione analoga all'art. 509, primo comma, non deriva, come per le disposizione relative allo sciopero, da una incompatibilità con la Carta costituzionale, bensì - come é detto nella relazione - dalla opportunità di inserire la disposizione suddetta nella nuova legge sindacale. Naturalmente l'art. 509, primo comma, non é applicabile ai contratti collettivi post-corporativi, cosiddetti di diritto privato, per i quali, nel periodo di transizione anteriore all'attuazione della riforma sindacale, manca ogni possibilità di efficacia assimilabile a quella normativa e ogni ragione perciò della speciale tutela penale, pur essendo evidente nella pratica sindacale e nella giurisprudenza la tendenza a dare, almeno in parte, ai contratti collettivi, anche nell'attuale periodo di transizione, quei caratteri pubblicistici che dovranno assumere con la riforma.

Per quanto riguarda la domanda proposta in via subordinata, e relativa alla esclusione della mezzadria dall'ambito della regolamentazione collettiva, deve rilevarsi che essa é del tutto estranea alla questione di legittimità costituzionale quale é stata proposta nell'ordinanza, e, che sola può essere oggetto del giudizio di questa Corte.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la Questione sollevata con l'ordinanza 27 giugno 1956 del Pretore di Fermo, relativa alla legittimità costituzionale dell'art. 509, primo comma, Cod. pen. in riferimento all'art. 39 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 aprile 1957.

 

Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA

 

Depositata in cancelleria il 17 aprile 1957.