Sentenza n. 43 del 1957
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SENTENZA N. 43

ANNO 1957

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Avv. Enrico DE NICOLA, Presidente

Dott. Gaetano AZZARITI

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI,

ha pronunziato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale delle norme contenute negli artt. dal 180 al 189 del T.U. delle leggi di p. s. 18 giugno 1931, n. 773, proposti con le seguenti ordinanze:

1. - Ordinanza 21 giugno 1956 del Pretore di Stigliano nel procedimento penale a carico di Brodu Cosimo, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 227 dell'8 settembre 1956 ed iscritta al n. 260 del Reg. ord. 1956;

2. - Ordinanza 10 settembre 1956 del Tribunale di Palermo nel procedimento penale a carico di Ditta Ciro, Minio Giuseppe, Spatoliatore Raffaele, Ciaramitaro Mariano, Di Maria Angelo, Terrasona Santo, Macaluso Giuseppe, Provenzano Giovanni e Buscemi Giuseppe, rappresentati e difesi nel presente giudizio dagli avvocati Vezio Crisafulli, Giuliano Vassalli, Ellenio Ambrogi, Achille Battaglia, Agostino Puma, Vittorio Ambrosini, Francesco Berna e Filippo Sanfilippo, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 286 del 10 novembre 1956 ed iscritta al n. 305 del Reg. ord. 1956;

3. - Ordinanza 8 ottobre 1956 del Tribunale di Rossano nel procedimento penale a carico di Aliotta Enrico, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 286 del 10 novembre 1956 ed iscritta al n. 317 del Reg. ord. 1956;

4. - Ordinanza 20 settembre 1956 del Pretore di Palermo nel procedimento penale a carico di Messina Armando, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 316 del 15 dicembre 1956 ed iscritta al n. 319 del Reg. ord. 1956.

Udita nell'udienza pubblica del 13 febbraio 1957 la relazione del giudice Giuseppe Castelli Avolio;

uditi gli avvocati Vittorio Ambrosini, Franco Berna, Ellenio Ambrogi e Giuliano Vassalli.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso di quattro procedimenti penali, rispettivamente pendenti davanti ai Tribunali di Palermo e Rossano e alle Preture di Palermo e Stigliano, promossi a carico di persone assegnate al confino di polizia, imputate di aver trasgredito alle disposizioni ad esse impartite con l'ordinanza della Commissione di cui all'art. 166 del T.U. 18 giugno 1931, n. 773, delle leggi di p.s., fu sollevata, da parte dei difensori degli imputati, l'eccezione di illegittimità costituzionale degli articoli dal 180 al 189 del citato T.U., sul riflesso che queste norme contrastavano con l'art. 13 della Costituzione. In conseguenza era chiesta la sospensione dei procedimenti penali e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

In accoglimento di queste istanze, il Tribunale e il Pretore di Palermo, nonché il Tribunale di Rossano e il Pretore di Stigliano hanno proposto a questa Corte, con altrettante ordinanze, la questione di legittimità costituzionale delle norme sul confino di polizia secondo l'ordinamento di cui al T.U. del 1931.

Le dette ordinanze sono state regolarmente notificate al Presidente del Consiglio dei Ministri, comunicate ai Presidenti dei due rami del Parlamento e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale.

Nelle ordinanze si osserva che l'istituto del confino di polizia é caratterizzato da tutta una serie di limitazioni alla libertà personale dei cittadini disposte senza l'intervento dell'autorità giudiziaria, come é invece prescritto dall'art. 13 della Costituzione; che la Corte costituzionale, con la sua sentenza del 19 giugno 1956, n. 11, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 7 luglio 1956, n. 168, ha dichiarato - in tema di ammonizione - l'illegittimità costituzionale delle disposizioni contenute negli articoli dal 164 al 176 del T.U. delle leggi di p.s. ; che pertanto la questione circa la legittimità delle disposizioni sul confino (che in molti punti rinviano alle norme sull'ammonizione) non poteva considerarsi manifestamente infondata.

Dinanzi a questa Corte, solo nel giudizio promosso con la ordinanza 10 settembre 1956 del Tribunale di Palermo vi é stata costituzione delle parti, con il patrocinio degli avvocati Ellenio Ambrogi, Vittorio Ambrosini, Agostino Puma, Francesco Berna, Achille Battaglia, Vezio Crisafulli, Filippo Sanfilippo e Giuliano Vassalli.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri non é intervenuto in nessuno dei giudizi.

La difesa delle parti costituite, con deduzioni presentate in cancelleria il 7 e il 30 novembre 1956, richiamando i principi enunciati da questa Corte nella ricordata sentenza del 19 giugno 1956, ha chiesto che sia dichiarata la illegittimità costituzionale degli articoli dal 180 al 189 del T.U. delle leggi di p.s. del 1931, nonché, eventualmente, di quelle altre disposizioni legislative la cui illegittimità derivi come conseguenza dalla decisione da adottare.

Nell'udienza di discussione, del 13 febbraio 1957, ha poi oralmente svolto le ragioni che riteneva confortassero tale richiesta, in riferimento anche alla sopravvenuta legge 27 dicembre 1956, n. 1423. In particolare, l'avvocato Giuliano Vassalli, dopo di essersi soffermato sul carattere restrittivo della libertà personale del confino di polizia, quale risulta dalle norme contenute nel T.U. delle leggi di p.s., senza specifiche garanzie delle norme costituzionali, ha sostenuto che la Corte, dichiarando incostituzionali quelle norme, dovrebbe dichiarare incostituzionale anche la disposizione dell'art. 8 della citata legge 27 dicembre 1956, e ciò in virtù dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87.

Il Presidente, avvalendosi della facoltà prevista dall'art. 15 delle Norme integrative per i giudizi davanti a questa Corte, ha disposto che le cause promosse con le sopra indicate ordinanze e chiamate alla stessa udienza siano congiuntamente discusse.

 

Considerato in diritto

 

Data la identità della controversia, i giudizi cui hanno dato luogo le menzionate ordinanze devono essere riuniti e su di essi può emettersi un'unica decisione.

Ai fini della delimitazione dell'oggetto della impugnazione, devesi precisare che questa, come risulta dalle ordinanze dei Tribunali di Palermo e di Rossano e delle Preture di Palermo e di Stigliano, si riferisce agli articoli dal 180 al 189 del T.U. delle leggi di p.s., approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773, ossia a tutto il capo V del tit. VI, che contiene le disposizioni riguardanti il confino di polizia.

Queste disposizioni, peraltro, nelle more del giudizio dinanzi a questa Corte, sono state sostituite, nella denominazione e nel contenuto, da quelle della legge 27 dicembre 1956, n. 1423. Ora, se oggetto del giudizio di questa Corte é il sindacato di legittimità costituzionale delle leggi (art. 134 della Costituzione), con l'effetto che, quando la Corte dichiari la illegittimità costituzionale di una norma di legge, la norma stessa cessi di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione (art. 136 della Costituzione) e non possa essere più applicata (art. 30, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87), venute a cadere le norme impugnate di illegittimità costituzionale per effetto di successive disposizioni che quelle norme hanno sostituito - come é avvenuto nel caso in esame -, cessa la stessa materia che dovrebbe formare oggetto del giudizio della Corte. Pertanto la Corte non può che limitarsi a dichiarare cessata la materia del proposto giudizio di legittimità costituzionale.

Vero é che, nella discussione orale, i patroni delle parti costituite dinanzi alla Corte, prendendo occasione da alcuni accenni a talune norme della sopravvenuta legge 27 dicembre 1956, n. 1423, hanno sollevato dubbi sulla legittimità costituzionale delle disposizioni dell'art. 8, riguardanti la convalida o la cessazione degli effetti dei provvedimenti di confino precedentemente adottati, e di queste disposizioni hanno chiesto la eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale in virtù del disposto dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Ma devesi osservare che tale richiesta esula dai limiti dell'impugnativa, quali sopra si sono precisati, e non é affatto conseguenziale alla attuale decisione di questa Corte, che deve solo dichiarare cessata la materia del giudizio alla medesima proposto. L'invocato art. 27, infatti, non altrimenti stabilisce che la Corte costituzionale, quando accoglie una istanza o un ricorso relativo a questione di legittimità costituzionale, dichiara, nei limiti della impugnazione, quali sono le disposizioni legislative illegittime, e dichiara altresì quali sono le altre disposizioni legislative la cui illegittimità derivi, come conseguenza, dalla decisione adottata. Questa ulteriore pronuncia, quindi, ovviamente non può farsi se non nel caso di accoglimento dell'istanza proposta e per effetto, appunto, della dichiarazione di incostituzionalità delle norme denunciate.

Deve essere rilevato, infine, che la presente pronuncia, in quanto la Corte giudica in via definitiva, deve essere adottata con sentenza art. 18, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, non trovando qui luogo la pronuncia con ordinanza, che potrebbe essere giustificata, come in altri casi, dal rinvio al giudice che ha emesso l'ordinanza di proposizione del giudizio di legittimità costituzionale, qualora questo giudizio, dopo un nuovo esame della rilevanza della questione di legittimità da parte del giudice stesso possa eventualmente proseguire.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

pronunciando con unica sentenza sopra i quattro procedimenti di cui in epigrafe:

dichiara che, per effetto della sopravvenuta legge 27 dicembre 1956, n. 1423, é cessata la materia del giudizio di legittimità costituzionale delle norme contenute negli articoli dal 180 al 189 del T.U. delle leggi di p.s. 18 giugno 1931, n. 773, proposto con le sopra indicate ordinanze dei Tribunali di Palermo e di Rossano e delle Preture di Palermo e di Stigliano, in riferimento all'art. 13 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1 marzo 1957.

 

Enrico DE NICOLA - Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI

 

Depositata in cancelleria il 11 marzo 1957.