Sentenza n. 36 del 1957
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SENTENZA N. 36

ANNO 1957

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Avv. Enrico DE NICOLA, Presidente

Dott. Gaetano AZZARITI

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Mario BRACCI

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA,

ha pronunziato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 4, n. 2, della legge regionale siciliana 14 luglio 1950, n. 55, in relazione all'art. 3 della medesima legge, e dell'art. 4 della legge regionale siciliana 18 agosto 1951, n. 45, in riferimento all'art. 14, lett. a, dello Statuto speciale della Regione siciliana, promossi con le seguenti ordinanze:

1. - Ordinanza 20 aprile - 19 giugno 1956 della Corte di cassazione, Sezioni unite civili, pronunziata nel procedimento vertente fra Catalano Filippo e La Cara Rosario, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 188 del 28 luglio 1956 ed iscritta al n. 228 del Reg. ord. 1956.

2. - Ordinanza 14 giugno 1956 della Corte di appello di Caltanissetta, Sezione agraria specializzata, pronunziata nel procedimento vertente fra Aiello Angelo e Costa Luigi, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 213 del 25 agosto 1956 ed iscritta al n. 241 del Reg. ord. 1956.

3. - Ordinanza 4 agosto 1956 del Tribunale di Sciacca, Sezione agraria specializzata, pronunziata nel procedimento vertente fra Carlino Maria e altri e la Società mutua cooperativa agricola "G. Aurora", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 266 del 20 ottobre 1956 ed iscritta al n. 307 del Reg. ord. 1956.

Vista la costituzione in giudizio del Presidente della Regione siciliana;

udita nell'udienza pubblica del 19 dicembre 1956 la relazione del Giudice Giovanni Cassandro;

uditi gli avvocati Carlo Arturo Jemolo e Vezio Crisafulli.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nella causa dibattuta davanti alla Corte di cassazione, Sezioni unite, a seguito di ricorso proposto contro una sentenza della Corte di appello di Caltanissetta, il ricorrente Catalano Filippo eccepì, come già nei precedenti gradi di giudizio, l'illegittimità costituzionale delle leggi regionali siciliane 14 luglio 1950, n. 55; 18 agosto 1951, n. 45; 26 giugno 1952, n. 16; lamentando che queste leggi, regolanti, tra l'altro, la proroga dei contratti agrari, incidono su rapporti di diritto privato in contrasto con l'art. 14, lett. a, dello Statuto siciliano, che non riconoscerebbe una competenza legislativa della Regione in tale materia. Più precisamente, sosteneva il Catalano che le leggi regionali e quelle statali delineano un diverso regime della proroga dei contratti agrari. Infatti, mentre la legge regionale 14 luglio 1950, n. 55, all'art. 4, n. 2, stabilisce che la proroga dei contratti agrari non é ammessa se il concedente, che sia o sia stato coltivatore diretto, dichiari di voler coltivare il fondo e disponga della capacità lavorativa indicata nell'art. 3 della stessa legge e cioè non inferiore al terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo stesso, senza alcun riferimento al tempo nel quale il concedente sia diventato proprietario del fondo; la legge statale, invece, distingue tra i fondi che siano stati acquistati per atto fra vivi dopo il 31 dicembre 1950 e i fondi acquistati anteriormente a tale data e laddove per i primi stabilisce che la proroga non é ammessa se il concedente, che sia o sia stato coltivatore diretto, dichiari di voler coltivare il fondo e la capacità lavorativa della sua famiglia sia all'uopo proporzionata, per i secondi chiede che la famiglia del concedente non abbia alcun altro fondo in conduzione o abbia altri fondi che assorbano soltanto la metà della capacità lavorativa familiare (D.L.C.P.S. 1 aprile 1947, n. 273, art. l, lett. a; legge 15 luglio l950, n. 505, art. 1, comma terzo; legge 16 giugno 1951, n. 435, art. 2; legge 11 luglio 1952, n. 765, art. 2).

Il resistente La Cara Rosario oppose l'irrilevanza, ai fini della causa, della eccepita questione di legittimità costituzionale, assumendo che, avendo egli acquistato il fondo coi benefici concessi per la formazione della piccola proprietà contadina, ai sensi del D.P.R. 24 febbraio 1948, n. 114, la Corte di cassazione avrebbe dovuto, semmai, sostituire la motivazione della Sezione specializzata agraria della Corte di appello di Caltanissetta, fondando il diritto di esso concedente a rientrare nel possesso del proprio fondo sul citato decreto legge, art. 8, e non sulle leggi regionali siciliane.

La Corte di cassazione non ha ritenuto di accogliere l'eccezione. La rilevanza della questione ai fini della decisione deriva, come é detto nell'ordinanza, dal fatto che, anche in tema di formazione della piccola proprietà contadina, legge statale e legge regionale divergono, dato che, mentre la legge regionale riconosce efficacia, per la cessazione della proroga, agli acquisti avvenuti entro il 31 dicembre 1950 (legge regionale 18 agosto 1951, n. 45, art. 4), le leggi dello Stato stabiliscono, invece, che il concedente coltivatore diretto, che abbia acquistato il fondo ai fini della formazione della piccola proprietà contadina e che si trovi in determinate condizioni, può ottenere la risoluzione del contratto di affitto durante il periodo di tempo entro il quale hanno efficacia i benefici concessi dalla legge, periodo, che, da ultimo, é stato fissato, con l'art. 6 della legge 1 febbraio 1956, n. 53, al 30 giugno 1960 (D.P.R. 24 febbraio 1948, n. 114, art. 8; legge 11 dicembre 1952, n. 2362, art. 1; legge 6 agosto 1954, n. 604, art. 6).

Sicché, avendo il La Cara acquistato il fondo nel 1951, soltanto la dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge regionale n. 45 del 1951 potrebbe consentire l'invocata sostituzione della motivazione della sentenza impugnata e aprire l'ingresso all'applicazione delle leggi statali.

2. - Ammessa la rilevanza della proposta questione di legittimità costituzionale, la Corte di cassazione ha ritenuto che essa non fosse manifestamente infondata. Afferma, infatti, la Corte che le leggi regionali siciliane in materia di contratti agrari siano incostituzionali nei punti nei quali differiscono dalle leggi dello Stato, dato che l'art. 14, lett. a, dello Statuto regionale contempla una competenza della Regione in materia di agricoltura e foreste che "non si estenderebbe alle norme incidenti sui rapporti di diritto privato, che costituiscono materia riservata soltanto alle leggi della Repubblica".

3. - Questa, dunque, la motivazione dell'ordinanza 20 aprile-19 giugno 1956 della Corte di cassazione, con la quale é stata sollevata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, n. 2, in relazione all'art. 3, della legge regionale siciliana 14 luglio 1950, n. 55, prorogata dalle leggi 18 agosto 1951, n. 45, e 26 giugno 1952, n. 16, e dell'art. 4 della legge regionale siciliana 18 agosto 1951, n. 45, prorogata dalla legge 26 giugno 1952, n. 16, perché in contrasto tutti e tre con l'art. 14, lett. a, dello Statuto della Regione siciliana e inoltre i primi due anche con l'art. 1, lett. a, del D.L.C.P.S. 1 aprile 1947, n. 273, l'art. 1 della legge 15 luglio 1950, n. 505, e l'art. 2 delle leggi 16 giugno 1951, n. 435, e 11 luglio 1952, n. 765, il terzo con il D.P.R. 24 febbraio 1948, n. 114, e le successive leggi 11 dicembre 1952, n. 236, 5 giugno 1954, n. 380, e 6 agosto 1954, n. 604.

4. - L'ordinanza é stata notificata al Presidente della Giunta regionale siciliana il 23 giugno 1956 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 28 luglio 1956 e in quella della Regione siciliana del 27 dello stesso mese.

5. - La Regione siciliana si é costituita depositando le sue deduzioni il 12 luglio 1956 e ha chiesto che la Corte affermi la legittimità dell'art. 4, n. 2, della legge regionale 14 luglio 1950, n. 55, in relazione con l'art. 3 della medesima legge, nonché dell'art. 4 della legge regionale 18 agosto 1951, n. 45. Sostiene la difesa della Regione che lo Statuto, nel conferire alla Regione competenza legislativa in materia di agricoltura e foreste (art. 14, lett. a), non ha voluto limitare codesta competenza alle "semplici leggi amministrative". Tale limitazione non é compresa nei limiti che espressamente pone all'inizio il medesimo art. 14 e risulta esclusa dall'art. 17 del medesimo Statuto che, non considerando punto la materia dell'agricoltura, confermerebbe che questa é in toto conferita alla Regione col richiamato art. 14. Se può essere esatto affermare - prosegue la difesa della Regione - che le regioni non hanno competenza a legiferare in materia di diritto privato, é altrettanto esatto però che non é più possibile far coincidere la sfera del diritto privato con l'altra dei rapporti intersubiettivi.

Vi sarebbero "ambiti" nei quali si dà una normazione che attiene agli interessi generali raggiungibili tanto con leggi amministrative o fiscali - amministrative, quanto con norme che disciplinano rapporti tra soggetti di diritto privato, modificando il regolamento che a questi si é dato in via generale e in rapporto ad interessi particolari. Tra le norme di questa specie andrebbero ricomprese quelle relative alla proroga dei contratti agrari, che non possono essere considerate modificatrici del diritto civile, così come la difesa regionale lo definisce e limita.

La difesa della Regione esclude poi che nel caso ricorrano questioni di diritto intertemporale. O la legge regionale é stata fin dal principio fuori della competenza normativa della Regione o essa é posteriore alla legge nazionale del 1947 sulla proroga dei contratti agrari o del 1948 sulla piccola proprietà contadina. Non occorre perciò ricorrere a quanto sarebbe pacifico circa il punto che ogni legge nazionale o regionale deve intendersi emanata sul presupposto che non voglia invadere l'ambito che non sia il suo, né occorre insistere sulla impossibilità di ritenere recepite dalla Regione, anche in mancanza di esplicita impugnazione, leggi nazionali che non dichiarassero espressamente la loro applicabilità in tutto il territorio dello Stato, invadendo così la sfera della legislazione esclusiva regionale.

6. - Con memoria depositata il 6 dicembre 1956 la Regione ha insistito su questi argomenti e in particolare sul punto che la competenza legislativa anche in rapporti di diritto privato in materia di agricoltura é confermata, argomentando a contrario, dalla lett. d del medesimo art. 14 dello Statuto regionale, che relativamente alla legislazione in materia di industria e commercio fa salva la disciplina dei rapporti privati, e dalla lett. e sempre dall'art. 14, dove veramente sarebbe contemplata la legislazione "propriamente amministrativistica", ed ha respinto l'obiezione che le norme sulla proroga dei contratti sarebbero solo apparentemente norme regolanti la materia dell'agricoltura e conterrebbero provvidenze di natura speciale, dato, invece, che quelle norme avrebbero il fine di proteggere la produzione nell'interesse generale.

7. - La questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, n. 2, della legge regionale 14 luglio 1950, n. 55, é stata sollevata anche nel corso di un giudizio davanti alla Corte di appello di Caltanissetta, Sezione agraria specializzata, tra Aiello Angelo e Costa Luigi e la Corte l'ha ritenuta rilevante per la causa e non manifestamente infondata.

Con una elaborata ordinanza la Corte di appello, constatata la diversità del regime della proroga dei contratti agrari stabilita dalla legge statale e da quella regionale, ha ricordato il contrasto che é in dottrina e giurisprudenza intorno ai limiti della competenza legislativa della Regione ex articolo 14, lett. a, dello Statuto speciale, quale si é venuto delineando prima dell'entrata in funzione della Corte costituzionale. Ha poi riaffermato che la competenza di questa Corte a decidere le questioni di legittimità sorte in via incidentale delle leggi siciliane o statali, ai fini dell'efficacia di queste ultime nel territorio della Regione, non é contestabile e che non vi é possibilità di conflitto tra il giudizio che sia per emanare la Corte costituzionale con l'altro dell'Alta Corte per la Sicilia, dato che questa non si é pronunciata per difetto di impugnativa da parte del Commissario dello Stato, né potrà mai pronunciarsi per essere decorsi i termini per una tale impugnativa. Ha infine, ex officio, sollevata la questione sulla legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge regionale 18 agosto 1951, n. 45, affermando la rilevanza di questo altro giudizio di legittimità, stante che l'affermata ipotesi di incostituzionalità di detto articolo porterebbe con sé l'applicabilità anche in Sicilia dell'art. 1 della legge 1 febbraio 1956, n. 53, che ha prorogato il termine di efficacia dei benefici concessi per la formazione della piccola proprietà contadina dal D.L. 24 febbraio 1948, n. 114, al 30 giugno 1960.

8. - L'ordinanza della Corte di appello di Caltanissetta, che reca la data 14 - 21 giugno 1956, é stata notificata al Presidente della Giunta regionale siciliana il 2 luglio 1956 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 25 agosto 1956 e in quella della Regione siciliana del 16 dello stesso mese.

9. - Anche in questo secondo giudizio la Regione siciliana si é costituita depositando le sue deduzioni il 22 luglio 1956 e ha chiesto la dichiarazione di legittimità costituzionale delle norme impugnate. Gli argomenti addotti a sostegno della richiesta sono i seguenti:

1) la potestà legislativa, primaria o esclusiva della Regione, é in condizione di parità con quella dello Stato che trova limite soltanto nell'osservanza delle leggi costituzionali;

2) nelle materie di cui all'art. 14 le leggi regionali escludono le leggi statali "senza limitazione di sorta, fatta eccezione della materia di industria e commercio di cui alla lettera d";

3) la disciplina dei rapporti privati dettata dalle leggi regionali impugnate é disciplina fondamentalmente pubblicistica posta in funzione dello sviluppo dell'agricoltura isolana e rappresenterebbe un caso di "amministrazione pubblica del diritto privato, che non può non essere di competenza della Regione".

10. - Con memoria depositata il 6 dicembre 1956 la difesa della Regione, sottolineate le differenze che passano tra potestà regolamentare e potestà legislativa, richiamata la importanza che la materia di agricoltura e foreste ha nel quadro della forma particolare di autonomia riconosciuta alla Sicilia, ha sostenuto che un limite alla potestà legislativa delle regioni in materia di regolamento di rapporti privati non sussiste nemmeno per le regioni a statuto comune. L'art. 117 della Costituzione infatti si limiterebbe a fissare alla competenza legislativa regionale due limiti, oltre quello oggettivo delle materie: un primo rappresentato dall'interesse nazionale o da quello delle altre regioni e un secondo segnato dai principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato. E poiché quest'ultimo limite deve essere posto dalle cosiddette leggi cornici, soltanto queste potrebbero interdire alla Regione di derogare alla disciplina dei rapporti privati posta dal Codice civile. Tanto meno perciò una riserva legislativa statale dei rapporti privati può invocarsi per la Regione siciliana, la quale é la sola ad avere, nelle materie indicate nell'art. 14, una potestà legislativa esclusiva e quindi piena, essendo la pienezza della competenza una nota essenziale dell'esclusività.

11. - Il Tribunale di Sciacca, nel corso di un giudizio tra Carlino Maria ed altri contro la cooperativa "Aurora", ha sollevato d'ufficio con una diffusa ordinanza 4 agosto - 5 settembre 1956 la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, n. 2, in relazione all'art. 3 della legge siciliana 14 luglio 1950, n. 55, e dell'art. 4 della legge regionale siciliana 18 agosto 1951, n. 45, assumendo che queste norme siano in contrasto, oltre che con lo Statuto siciliano, con le leggi dello Stato in materia di proroga di contratti agrari, e ha proposto la questione di legittimità costituzionale nei medesimi termini in cui essa era stata proposta dalla ordinanza della Corte di cassazione sopra riferita.

12. - L'ordinanza fu notificata al Presidente della Giunta regionale siciliana il 14 settembre 1956 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e in quella della Regione siciliana rispettivamente il 20 e il 30 ottobre 1956.

13. - La Regione siciliana si é costituita anche in questo giudizio mediante deposito di deduzioni il 30 ottobre 1956 ed ha chiesto alla Corte di dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme regionali impugnate.

Affermato il carattere esclusivo della competenza legislativa della Regione siciliana in materia di agricoltura ex articolo 14, lett. a, in riferimento anche alla lettera d del medesimo articolo e all'art. 17 dello Statuto, la difesa della Regione sostiene in via subordinata che legiferare in materia di agricoltura significa "certamente, ed almeno, disciplinare l'economia agraria della regione, incidendo perciò con norme speciali su quegli aspetti della disciplina generale dei rapporti privati che sono strettamente connessi con la tutela di interessi generali di dimensione regionale, attinenti alla situazione e allo sviluppo dell'agricoltura in Sicilia", che sarebbe appunto il caso delle leggi regionali di cui si discute: "leggi speciali, temporanee, di innegabile impronta pubblicistica, le quali intervengono nel regime amministrativo della proprietà agraria e di altri rapporti contrattuali ad essa attinenti".

14. - Nella memoria illustrativa depositata il 6 dicembre 1956 la difesa della Regione ha svolto ampiamente anche la tesi seguente.

Pur concessa in teoria la legittimità dell'esigenza di un regolamento uniforme per tutto il territorio nazionale dei rapporti di diritto privato, perché un limite in tal senso al potere legislativo delle regioni abbia valore cogente di diritto positivo, deve essere possibile rinvenire nel sistema un principio di ordine costituzionale che quel limite renda effettivo. Ora altro limite non si ricaverebbe dal sistema se non quello che la materia dei rapporti privati é sottratta, come tale, alla legislazione regionale e che invece sottratta non é quella dei rapporti privati inerenti alle singole materie di competenza legislativa delle regioni. In relazione a questi rapporti e per quello che riguarda particolarmente la Sicilia e la materia dell'agricoltura e foreste, un esame della Costituzione e dello Statuto speciale e il confronto di questo con gli altri statuti speciali, chiarisce che un limite, se ci fosse, dovrebbe essere anche esso di ordine costituzionale.

Ora, se é vero che la Costituzione concede guarantigia costituzionale agli istituti della proprietà privata e dell'autonomia contrattuale, é anche vero che la stessa Costituzione consente alla legge di intervenite ponendo limiti all'uno e all'altro "con riguardo al rispetto della sicurezza della libertà e della dignità umana".

Questo rinvio alla legge non sarebbe un rinvio alla sola legge statale, ma anche alla legge regionale - legge formale come la prima -, dato che la materia da regolare é, nel caso, attribuita alla competenza esclusiva della Regione.

Il Presidente avvalendosi della facoltà prevista dall'art. 15 delle Norme integrative per i giudizi davanti a questa Corte, ha disposto che le tre cause promosse con le sopra indicate ordinanze e chiamate alla stessa udienza siano congiuntamente discusse.

 

Considerato in diritto

 

La Corte ha ravvisato l'opportunità della riunione delle tre cause per la loro decisione con unica sentenza, dato che identico é, in sostanza, l'oggetto della questione di legittimità costituzionale che é stata sollevata.

Il quesito fondamentale sottoposto al giudizio della Corte concerne la determinazione dei limiti della competenza legislativa della Regione siciliana in materia di agricoltura e foreste. Osservano le Sezioni unite della Corte di cassazione nella ordinanza, con la quale é stata proposta la questione di legittimità costituzionale, che la Cassazione ha più volte ritenuto "che siffatta potestà legislativa di quella Assemblea regionale (siciliana) in materia di agricoltura e foreste non possa comprendere la regolamentazione dei rapporti di diritto privato sostanziale, che continuano ad essere uniformemente regolati per tutto il territorio nazionale dalle leggi dello Stato"; proseguono tuttavia che "può anche ammettersi che la questione meriti un nuovo esame e che possa anche essere suscettibile di diversa soluzione".

Chiamata a procedere a tale esame, la Corte costituzionale deve anzitutto ricordare i principi da essa fermati in materia di competenza legislativa regionale con la precedente sentenza n. 7 del 15 giugno 1956, ancorché tale decisione concernesse oggetti diversi e persino una regione diversa. In tale occasione la Corte affermò la massima che "i limiti della competenza regionale. . . vanno ricercati, più che nella natura delle norme da emanare, nelle finalità per cui l'ente regione é stato creato. E poiché non é da dubitare che il decentramento regionale é in funzione del soddisfacimento di interessi pubblici, le finalità che la Regione deve perseguire qualificano la competenza legislativa attribuitale; la quale quindi deve limitarsi alla disciplina dell'agricoltura per quanto attiene a detti interessi".

A ulteriore chiarimento del criterio che si é adottato in via di principio, salvo adeguarlo ai particolari aspetti dei singoli casi, come fu fatto appunto in occasione di quel giudizio, nel quale esso venne applicato in due sensi diversi, in relazione a due diverse specie, si può aggiungere che il riferimento alle finalità per cui l'ente regione é stato creato e che esso deve perseguire implica la conseguenza che il limite da osservare non é segnato dal fatto che una data materia sia tradizionalmente compresa nell'ambito del diritto privato, le cui norme sono sempre esposte evidentemente ad essere sostituite da altre norme di carattere pubblico, ma dalla rilevanza che i rapporti intersubiettivi da regolare presentano rispetto alle specifiche finalità che l'ente dotato di autonomia deve perseguire e, si intende, perseguire in modi propri, diversi da quelli adottati da altri enti consimili o dallo Stato.

I rapporti intersubiettivi fra singoli, che presentano in minor misura tale rilevanza, sono indubbiamente quelli solitamente regolati da norme di diritto privato, quali sono la maggior parte delle norme del Codice civile (escluse le norme di ordine pubblico e quelle che fanno sempre più frequente rinvio a leggi speciali), addotte quale tipico esempio nella sentenza sopra menzionata, tanto che il regolamento giuridico di quei rapporti tende essenzialmente ad attuare non già fini specifici di un ente, fosse pure lo Stato, ma esigenze più generali di giustizia commutativa fra i soggetti dei rapporti stessi, e di garanzia di pacifica convivenza, né si presterebbe a differenziazioni regionali, come si presta sempre meno anche a diversità nazionali. Ma non si possono escludere a priori e apoditticamente nelle ipotesi che altri tipi di rapporti meritino un analogo regolamento giuridico unitario, e quindi sottratto alla competenza legislativa regionale, né l'altra ipotesi che alcuni tipi dei primi consentano invece il riconoscimento di tale competenza, sempre entro i limiti stabiliti dalle norme costituzionali, ove si dimostri che il perseguimento delle finalità assegnate alle regioni lo rende giustificato.

Venendo alla applicazione dei criteri adottati alla specie di norme sottoposte all'odierno giudizio della Corte, sembra esatto ritenere che l'attribuzione alla Regione siciliana di una competenza primaria in materia di agricoltura e foreste, così come é disposta dall'art. 14 dello Statuto regionale, implica il riconoscimento che a tale Regione sono stati assegnati dal legislatore costituente compiti di particolare rilievo, in considerazione di circostanze ambientali equiparabili a quelle, che indussero già la Corte, nella sentenza n. 7 del 1956, a dichiarare costituzionalmente legittima la legge regionale sarà 6 marzo 1950.

La ricorrente necessità di ricomporre il turbato equilibrio di fattori essenziali dell'ordine economico, equilibrio indispensabile alla tipica economia agricola di una regione meno favorita in confronto di altra, non é propria esclusivamente della Sardegna, ma deve analogamente essersi imposta all'attenzione del Costituente anche nei riguardi della Sicilia; ed offre una esauriente spiegazione del fatto, che l'art. 14, lett. a, dello Statuto speciale della Regione siciliana attribuisce a questa la così detta "legislazione esclusiva" in materia di agricoltura e foreste, nell'ambito della Regione e nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato, e senza pregiudizio delle riforme agrarie e industriali deliberate dalla Costituente del popolo italiano (la quale riserva non avrebbe neppure senso, se la legislazione regionale non potesse in alcun caso disciplinare rapporti intersubiettivi fra singoli), come pure del fatto, che nella disposizione citata non sia formulata la riserva "salva la disciplina dei rapporti privati" contenuta nella lett. d dello stesso articolo, concernente la materia dell'industria e del commercio.

Poste queste premesse, la Corte ritiene di dover limitare l'esame ad essa demandato dalla Cassazione e dalle altre autorità giurisdizionali con le ordinanze in epigrafe alla indagine sulla conformità delle norme denunciate alle leggi costituzionali dello Stato, essendo chiaro a sufficienza che le norme stesse non possono recare pregiudizio a riforme agrarie di carattere nazionale. A proposito di tali norme é stato posto in rilievo dalla Corte di cassazione e da alcune magistrature di merito che esse divergono da quelle contenute nelle analoghe leggi dello Stato; ma si osserva che queste ultime non hanno carattere di leggi costituzionali e che, per quanto concerne il rispetto delle garanzie concesse dalla Costituzione della Repubblica alla proprietà privata, non risultano essere sempre più riguardose delle leggi regionali in discussione, le quali, al contrario, tendono, se mai, a limitare certe restrizioni e certi oneri a carico dei proprietari.

E poiché tutto fa ritenere che le disposizioni particolari adottate dalla Regione siano intese ad adeguare l'attuazione dei principi stessi posti a base della legislazione statuale alle particolari circostanze ambientali dell'isola, perseguendo in tal modo proprio le finalità specifiche assegnate all'Ente regione, la Corte non ravvisa elementi sufficienti per considerarle viziate di illegittimità costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

pronunziando con unica sentenza nei giudizi riuniti indicati in epigrafe:

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, n. 2, della legge regionale siciliana 14 luglio 1950, n. 55, in relazione all'art. 3 della medesima legge, e dell'art. 4 della legge regionale siciliana 18 agosto 1951, n. 45, in riferimento all'art. 14, lett. a, dello Statuto speciale della Regione siciliana, proposto con le ordinanze 20 aprile - 19 giugno 1956 della Corte di cassazione, Sezioni unite civili, 14 giugno 1956 della Corte di appello di Caltanissetta, Sezione agraria specializzata, e 4 agosto - 5 settembre 1956 del Tribunale di Sciacca, Sezione agraria specializzata.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 gennaio 1957.

 

 Enrico DE NICOLA - Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO

Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA

 

Depositata in cancelleria il 26 gennaio 1957.