Messaggio del
Presidente Ciampi alle Camere sull’Ordinamento Giudiziario
Il
Presidente della Repubblica
Roma,
16 dicembre 2004
Signori
Parlamentari,
in data 3 dicembre
Il
relativo disegno di legge, presentato dal Governo al Senato della Repubblica il
29 marzo 2002, è stato approvato il 21 gennaio 2004; modificato dalla Camera dei
Deputati il 30 giugno 2004; nuovamente modificato dal Senato il 10 novembre 2004
e, quindi, approvato in via definitiva dalla Camera dei Deputati il 1 dicembre
2004.
La legge in esame -
preordinata com'è a dare attuazione alla VII disposizione
transitoria, primo comma, della Costituzione - rappresenta un atto normativo
di grande rilievo costituzionale e di notevole
complessità, come è confermato anche dalla ampiezza del dibattito cui ha dato
luogo.
La riforma tocca punti
cruciali e nevralgici dell'ordinamento giurisdizionale, il che mi ha imposto un
attento confronto con i parametri fissati dalle norme e dai principi
costituzionali che lo disciplinano.
Ciò premesso, espongo
qui di seguito quanto da me rilevato.
Questa norma, laddove
prevede che le comunicazioni del Ministro della giustizia alle Camere
comprendono le "linee di politica
giudiziaria per l'anno in corso", si pone in evidente contrasto con le
seguenti disposizioni costituzionali: con l'articolo 101, in base al
quale i giudici "sono soggetti soltanto alla legge"; con l'articolo 104, secondo
cui la magistratura "costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro
potere"; con l'articolo
110, che, nel definire le attribuzioni del Ministro della giustizia, le
limita - "ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura" - alla
"organizzazione" e al "funzionamento dei servizi relativi alla
giustizia".
La norma approvata
dalle Camere configura un potere di indirizzo in capo
al Ministro della giustizia, che non trova cittadinanza nel titolo IV della
Costituzione, in base al quale l'esercizio autonomo e indipendente della
funzione giudiziaria è pienamente tutelato, sia nei confronti del potere
esecutivo, sia rispetto alle attribuzioni dello stesso Consiglio superiore della
magistratura.
Aggiungo che
l'indicazione di obiettivi primari che l'attività
giudiziaria dovrebbe perseguire nel corso dell'anno ("linee di politica giudiziaria")
determina di per sé la violazione anche dell'articolo 112 della
Costituzione, in base al quale "il pubblico ministero ha l'obbligo di
esercitare l'azione penale": il carattere assolutamente generico della
formulazione della norma in esame crea uno spazio di discrezionalità politica
destinato ad incidere sulla giurisdizione.
2. Strettamente connessa
a quella appena esaminata è la questione posta dal criterio direttivo della
delega indicato dall'articolo 2, comma 14, lettera c): "istituzione presso ogni direzione generale regionale o
interregionale dell'organizzazione giudiziaria dell'ufficio per il monitoraggio dell'esito
dei procedimenti, in tutte le fasi o gradi del giudizio, al fine di verificare l'eventuale
sussistenza di rilevanti livelli di infondatezza giudiziariamente accertata della pretesa punitiva
manifestata con l'esercizio
dell'azione penale o con mezzi di impugnazione ovvero di annullamento di
sentenze per carenze o distorsioni della motivazione, ovvero di altre situazioni
inequivocabilmente rivelatrici di carenze professionali.".
Anche questa disposizione si
pone in palese contrasto con gli articoli 101, 104 e 110
della Costituzione. Infatti, se si considera la finalità espressamente
indicata dalla norma, risulta evidente che il
monitoraggio dell'esito dei procedimenti - fase per fase, grado per grado -
affidato a strutture del Ministero della giustizia, esula dalla "organizzazione" e dal 'funzionamento dei servizi relativi alla
giustizia", che costituiscono il contenuto e il limite costituzionale delle
competenze del Ministro.
Inoltre, da questa
forma di monitoraggio, avente ad oggetto il contenuto dei provvedimenti
giudiziari, deriva un grave condizionamento dei magistrati nell'esercizio delle
loro funzioni; in particolare, il riferimento alla possibilità di verificare
livelli di infondatezza "della pretesa punitiva manifestata con
l'esercizio dell'azione penale" integra una ulteriore violazione del citato
articolo 112 della
Costituzione.
3. Parimenti riferita
alla posizione del Ministro della Giustizia è l'altra questione riguardante la
facoltà di impugnativa a lui attribuita dall'articolo
1, comma 1, lettera m), a norma del quale lo stesso Ministro è "legittimato a
ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere (del Consiglio
superiore della magistratura) concernenti il conferimento o la proroga di
incarichi direttivi adottate in contrasto con il concerto o con il parere
previsto al n. 3)".
Tale previsione
contrasta palesemente con l'articolo 134 della
Costituzione nella parte in cui stabilisce che è
Sul punto
Ne consegue che, in
tema di conferimento o di proroga degli incarichi direttivi, il rapporto tra
Consiglio e Ministro implica soltanto un "vincolo di
metodo". Tale vincolo impedisce il ricorso agli ordinari mezzi di impugnazione, una volta che il "confronto" - per usare
l'espressione della Corte Costituzionale - sia avvenuto "a seguito di un esame
effettivo ed obiettivo, dialetticamente svolto". In caso contrario, il Ministro assumerebbe il ruolo di titolare di
un interesse legittimo contrapposto a quello del Consiglio superiore,
parificabile a quello del controinteressato che si
dolga di essere stato escluso.
La Corte Costituzionale
nelle citate sentenze ha affermato che "il Ministro deve dare corso al
procedimento non essendo investito di particolari poteri di rinvio o di
riesame, ricadendo su di lui il dovere di
adottare l'atto di propria competenza"; ed ancora, che "non spetta al Ministro
della giustizia non dare corso alla controfirma del decreto del Presidente della
Repubblica di conferimento di ufficio direttivo (ed ora anche di proroga) sulla
base di deliberazione del Consiglio superiore della magistratura".
4. Altra questione di
fondamentale importanza è quella della menomazione dei poteri del Consiglio superiore della magistratura risultante da
diverse disposizioni della legge delega.
A tale proposito, ricordo che, in base all'articolo 105 della Costituzione
"Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati".