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SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

24 aprile 2012

Nella causa C‑571/10,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale di Bolzano, con decisione del 24 novembre 2010, pervenuta in cancelleria il 7 dicembre 2010, nel procedimento

Servet Kamberaj

contro

Istituto per l’Edilizia sociale della Provincia autonoma di Bolzano (IPES),

Giunta della Provincia autonoma di Bolzano,

Provincia autonoma di Bolzano,

con l’intervento di:

Associazione Porte Aperte/Offene Türen,

Human Rights International,

Associazione Volontarius,

Fondazione Alexander Langer,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J. Malenovský e U. Lõhmus, presidenti di sezione, dai sigg. A. Rosas, E. Levits, A. Ó Caoimh (relatore), L. Bay Larsen, T. von Danwitz, A. Arabadjiev e E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: sig. Y. Bot

cancelliere: sig.ra A. Impellizzeri, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 18 ottobre 2011,

considerate le osservazioni presentate:

– per S. Kamberaj, da F. Pinton e D. Simonato, avvocati;

– per la Provincia autonoma di Bolzano, da R. von Guggenberg, S. Beikircher, C. Bernardi e D. Ambach, Rechtsanwälte;

– per il governo belga, da J-C. Halleux e C. Pochet, in qualità di agenti;

– per il governo francese, da E. Belliard, G. de Bergues e B. Beaupère‑Manokha, in qualità di agenti;

– per il governo austriaco, da C. Pesendorfer, in qualità di agente;

– per la Commissione europea, da M. Condou‑Durande e C. Cattabriga, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 dicembre 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 2 TUE, 6 TUE, 18 TFUE, 45 TFUE e 49 TFUE, 21 e 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), nonché delle disposizioni delle direttive 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (GU L 180, pag. 22), e 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (GU 2004, L 16, pag. 44). Il giudice del rinvio solleva altresì questioni relative all’articolo 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), e all’articolo 1 del Protocollo n. 12 annesso alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Roma il 4 novembre 2000 (in prosieguo: il «Protocollo n. 12»).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia insorta tra il sig. Kamberaj, da un lato, e l’Istituto per l’Edilizia sociale della Provincia autonoma di Bolzano (in prosieguo: l’«IPES»), la Giunta della Provincia autonoma di Bolzano (in prosieguo: la «Giunta»), nonché la Provincia autonoma di Bolzano, dall’altro, a seguito del rigetto opposto dall’IPES alla richiesta di detto interessato diretta ad ottenere un sussidio per l’alloggio (cosiddetto «sussidio casa») per l’anno 2009, e motivato con il fatto che lo stanziamento della Provincia autonoma di Bolzano previsto per la concessione di tale sussidio ai cittadini di paesi terzi era esaurito.

Contesto normativo

La normativa dell’Unione

La direttiva 2000/43

3 Ai sensi del suo articolo 1, la direttiva 2000/43 «mira a stabilire un quadro per la lotta alle discriminazioni fondate sulla razza o l’origine etnica, al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento».

4 L’articolo 2, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva prevede quanto segue:

«1. Ai fini della presente direttiva, il principio della parità di trattamento comporta che non sia praticata alcuna discriminazione diretta o indiretta a causa della razza o dell’origine etnica.

2. Ai fini del paragrafo 1:

a) sussiste discriminazione diretta quando, a causa della sua razza od origine etnica, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga;

b) sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere persone di una determinata razza od origine etnica in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone, a meno che tale disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari».

5 L’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2000/43 dispone che essa «non riguarda le differenze di trattamento basate sulla nazionalità e non pregiudica le disposizioni e le condizioni relative all’ingresso e alla residenza di cittadini di paesi terzi e di apolidi nel territorio degli Stati membri, né qualsiasi trattamento derivante dalla condizione giuridica dei cittadini dei paesi terzi o degli apolidi interessati».

6 L’articolo 15 della medesima direttiva è redatto come segue:

«Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali di attuazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni[,] che possono prevedere un risarcimento dei danni [a favore della vittima,] devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione entro [il] 19 luglio 2003 e provvedono poi a notificare immediatamente le eventuali modificazioni successive».

La direttiva 2003/109

7 Il secondo, il terzo, il quarto, il sesto, il dodicesimo ed il tredicesimo considerando della direttiva 2003/109 sono così redatti:

«(2) Nella riunione straordinaria di Tampere del 15 e del 16 ottobre 1999, il Consiglio europeo ha affermato che occorre ravvicinare lo status giuridico dei cittadini di paesi terzi a quello dei cittadini degli Stati membri e che, alle persone che soggiornano regolarmente in un determinato Stato membro per un periodo da definirsi e sono in possesso di un permesso di soggiorno di lunga durata, lo Stato membro dovrebbe garantire una serie di diritti uniformi e quanto più simili a quelli di cui beneficiano i cittadini dell’Unione europea.

(3) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente nella [CEDU] e nella Carta (…).

(4) L’integrazione dei cittadini di paesi terzi stabilitisi a titolo duraturo negli Stati membri costituisce un elemento cardine per la promozione della coesione economica e sociale, obiettivo fondamentale della Comunità enunciato nel [T]rattato [CE].

(…)

(6) La condizione principale per ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo dovrebbe essere la durata del soggiorno nel territorio di uno Stato membro. Dovrebbe trattarsi di un soggiorno legale ed ininterrotto, a testimonianza del radicamento del richiedente nel paese in questione. (…)

(…)

(12) Per costituire un autentico strumento di integrazione sociale, lo status di soggiornante di lungo periodo dovrebbe valere al suo titolare la parità di trattamento con i cittadini dello Stato membro in una vasta gamma di settori economici e sociali[, in conformità alle] pertinenti condizioni definite dalla presente direttiva.

(13) Con riferimento all’assistenza sociale, la possibilità di limitare le prestazioni per soggiornanti di lungo periodo a quelle essenziali deve intendersi nel senso che queste ultime comprendono almeno un sostegno di reddito minimo, l’assistenza in caso di malattia, di gravidanza, l’assistenza parentale e l’assistenza a lungo termine. Le modalità di concessione di queste prestazioni dovrebbero essere determinate dalla legislazione nazionale».

8 Il capo II della direttiva 2003/109 riguarda il conferimento dello status di soggiornante di lungo periodo in uno Stato membro.

9 Conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, della medesima direttiva, incluso nel citato capo II, gli Stati membri conferiscono lo status di soggiornante di lungo periodo ai cittadini di paesi terzi che abbiano soggiornato legalmente e ininterrottamente nel loro territorio nei cinque anni immediatamente precedenti la presentazione della relativa domanda.

10 L’articolo 5 della direttiva 2003/109 stabilisce le condizioni per ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo. Conformemente al paragrafo 1, lettere a) e b), di tale articolo, gli Stati membri devono richiedere al cittadino di un paese terzo di comprovare che egli dispone, per sé e per i familiari a carico, da un lato, di risorse stabili, regolari e sufficienti al suo sostentamento e a quello dei suoi familiari, senza fare ricorso al sistema di assistenza sociale dello Stato membro interessato, e, dall’altro, di un’assicurazione malattia contro tutti i rischi solitamente coperti per i cittadini nazionali nello Stato membro interessato.

11 Il paragrafo 2 dello stesso articolo 5 dispone che gli Stati membri possono esigere altresì che i cittadini di paesi terzi soddisfino condizioni di integrazione conformemente al loro diritto nazionale.

12 Anche se gli Stati membri possono negare il conferimento dello status di soggiornante di lungo periodo per ragioni di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2003/109, il paragrafo 2 del medesimo articolo stabilisce che un simile diniego non può essere motivato da ragioni economiche.

13 In forza dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/109, per ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo, il cittadino del paese terzo interessato deve presentare una domanda alle autorità competenti dello Stato membro in cui risiede, corredata dei documenti giustificativi, come determinati dal diritto nazionale, e comprovanti che egli soddisfa le condizioni indicate agli articoli 4 e 5 di questa stessa direttiva.

14 L’articolo 11, paragrafo 1, di detta direttiva è così redatto:

«Il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda:

(…)

d) [la previdenza sociale], l’assistenza sociale e la protezione sociale[, come definite dalla] legislazione nazionale;

(…)

f) l’accesso a beni e servizi [e l’erogazione di beni e servizi] a disposizione del pubblico (...), nonché [l’accesso] all[e] procedur[e] per l’ottenimento di un alloggio;

(…)».

15 L’articolo 11, paragrafo 4, della medesima direttiva dispone che «[g]li Stati membri possono limitare la parità di trattamento in materia di assistenza sociale e protezione sociale alle prestazioni essenziali».

16 L’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2003/109 dispone che gli Stati membri possono adottare una decisione di allontanamento nei confronti di un soggiornante di lungo periodo soltanto qualora egli costituisca una minaccia effettiva e sufficientemente grave per l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza. Il paragrafo 2 del medesimo articolo precisa che una decisione di allontanamento non può essere motivata da ragioni economiche.

17 Conformemente all’articolo 26, primo comma, della direttiva 2003/109, gli Stati membri dovevano mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a tale direttiva entro il 23 gennaio 2006.

La normativa nazionale

La Costituzione italiana

18 In forza dell’articolo 117 della Costituzione italiana, lo Stato ha potestà legislativa esclusiva, in materia di assistenza sociale, solo ai fini della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Al di là di tale obiettivo, la competenza spetta alle Regioni.

Il decreto legislativo n. 286/1998

19 Il decreto legislativo n. 3, dell’8 gennaio 2007, recante attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo (GURI n. 24, del 30 gennaio 2007, pag. 4), ha incorporato le disposizioni di tale direttiva nel testo del decreto legislativo n. 286, del 25 luglio 1998, recante il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (Supplemento ordinario alla GURI n. 191, del 18 agosto 1998; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 286/1998»).

20 L’articolo 9, primo comma, del decreto legislativo n. 286/1998 così dispone:

«Lo straniero in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, che dimostra la disponibilità di un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale e, nel caso di richiesta relativa ai familiari, di un reddito sufficiente (…) e di un alloggio idoneo che rientri nei parametri minimi previsti dall[e pertinenti disposizioni del diritto nazionale], può chiedere al questore il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, per sé e per i [suoi] familiari (…)».

21 L’articolo 9, dodicesimo comma, del decreto legislativo n. 286/1998 così dispone:

«Oltre a quanto previsto per lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato, il titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo può:

(…)

c) usufruire delle prestazioni di assistenza sociale, di previdenza sociale, di quelle relative ad erogazioni in materia sanitaria, scolastica e sociale, di quelle relative all’accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico, compreso l’accesso alla procedura per l’ottenimento di alloggi di edilizia residenziale pubblica, salvo che sia diversamente disposto e sempre che sia dimostrata l’effettiva residenza dello straniero sul territorio nazionale (…)».

Il decreto del Presidente della Repubblica n. 670/1972

22 In forza dell’articolo 3, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 670, del 31 agosto 1972, relativo allo statuto speciale per la Regione Trentino‑Alto Adige (GURI n. 301, del 20 novembre 1972; in prosieguo: il «decreto del Presidente della Repubblica n. 670/1972»), che costituisce un decreto di rango costituzionale, la Provincia autonoma di Bolzano, a causa della composizione particolare della sua popolazione, che è suddivisa in tre gruppi linguistici, ossia i gruppi che si esprimono in italiano, in tedesco e in ladino (in prosieguo: i «tre gruppi linguistici»), beneficia di condizioni di autonomia particolari.

23 Ai sensi dell’articolo 8, punto 25, del decreto del Presidente della Repubblica n. 670/1972, tale autonomia comprende in particolare la potestà di adottare disposizioni a livello legislativo in materia di assistenza e beneficenza pubblica.

24 L’articolo 15, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 670/1972 dispone che, salvo casi straordinari, la Provincia autonoma di Bolzano utilizza i propri stanziamenti destinati a scopi assistenziali nonché a finalità sociali e culturali in proporzione diretta alla consistenza di ciascuno dei tre gruppi linguistici e in riferimento all’entità del bisogno di ciascuno di essi.

La legge provinciale

25 Un sussidio per l’alloggio è previsto all’articolo 2, primo comma, lettera k), della legge provinciale n. 13, del 17 dicembre 1998, nella versione vigente all’epoca dei fatti del procedimento principale (in prosieguo: la «legge provinciale»). Tale sussidio, che rappresenta un contributo al pagamento del canone di locazione dei conduttori meno abbienti per consentire loro di farvi fronte, è ripartito tra i tre gruppi linguistici conformemente all’articolo 15, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 670/1972.

26 L’articolo 5, primo comma, della legge provinciale dispone che i fondi destinati agli interventi di cui all’articolo 2, primo comma, lettera k), della medesima legge devono essere ripartiti tra i richiedenti dei tre gruppi linguistici in proporzione alla media ponderata tra la loro consistenza numerica ed il fabbisogno di ciascun gruppo. Ai sensi del secondo comma del medesimo articolo, il fabbisogno di ciascun gruppo linguistico è determinato annualmente in base alle domande presentate negli ultimi dieci anni.

27 Dall’ordinanza di rinvio risulta che il calcolo della consistenza numerica di ciascun gruppo linguistico è effettuato in base all’ultimo censimento generale della popolazione, nonché alle dichiarazioni di appartenenza ad uno dei tre gruppi linguistici che ogni cittadino italiano di età superiore ad anni quattordici e residente nella Provincia autonoma di Bolzano è tenuto a rendere.

28 I cittadini dell’Unione che risiedono nel territorio provinciale, ivi svolgono un’attività lavorativa e possiedono gli altri requisiti cui è subordinata la concessione dei sussidi in materia di alloggio, devono presentare una dichiarazione di appartenenza o di aggregazione ad uno dei tre gruppi linguistici, conformemente all’articolo 5, sesto comma, della legge provinciale.

29 In forza dell’articolo 5, settimo comma, della legge provinciale, la Giunta determina annualmente l’entità dei fondi da riservare ai cittadini di paesi terzi e agli apolidi soggiornanti, alla data della presentazione della loro domanda, continuativamente e regolarmente da almeno cinque anni nel territorio provinciale e che abbiano ivi svolto un’attività lavorativa per almeno tre anni. Il numero delle abitazioni in locazione che possono essere assegnate ai suddetti cittadini ed apolidi è del pari determinato in proporzione alla media ponderata tra, da un lato, la consistenza numerica di tali persone, in quanto rispondenti alle condizioni summenzionate, e, dall’altro, il loro fabbisogno.

La delibera n. 1885

30 Dalla delibera n. 1885 della Giunta, del 20 luglio 2009, relativa all’entità dei fondi da destinare per l’anno 2009 ai cittadini di paesi terzi e agli apolidi (in prosieguo: la «delibera n. 1885»), risulta che, nella media ponderata, alla consistenza numerica di tali persone è stato attribuito il coefficiente 5, mentre al loro fabbisogno è stato assegnato il coefficiente 1.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

31 Il sig. Kamberaj è un cittadino albanese, residente e stabilmente occupato nella Provincia autonoma di Bolzano dall’anno 1994. Risulta dall’ordinanza di rinvio che egli è titolare di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato.

32 Il ricorrente nel procedimento principale ha beneficiato, per gli anni 1998‑2008, del sussidio per l’alloggio previsto dall’articolo 2, primo comma, lettera k), della legge provinciale.

33 Con lettera del 22 marzo 2010 l’IPES ha comunicato al ricorrente nel procedimento principale il rigetto della sua domanda di sussidio per l’anno 2009, a motivo che lo stanziamento destinato ai cittadini di paesi terzi, determinato conformemente alla delibera n. 1885, era esaurito.

34 Con ricorso proposto l’8 ottobre 2010, il ricorrente nel procedimento principale ha chiesto al Tribunale di Bolzano di accertare che detta decisione di rigetto costituiva una discriminazione attuata nei suoi confronti dalle parti convenute. A suo avviso, una normativa nazionale come quella contenuta nella legge provinciale e nella delibera n. 1885 è in contrasto, in particolare, con le direttive 2000/43 e 2003/109, in quanto riserva ai cittadini di paesi terzi che sono soggiornanti di lungo periodo un trattamento meno favorevole rispetto a quello previsto per i cittadini dell’Unione in materia di sussidio per l’alloggio.

35 Dinanzi al giudice del rinvio, la Provincia autonoma di Bolzano sostiene che è necessario prevedere una distribuzione dei sussidi che sia proporzionale ai gruppi linguistici presenti in tale provincia, al fine di preservare la pace sociale fra le persone richiedenti un sostegno sociale.

36 Il giudice del rinvio fa presente che, in forza della legge provinciale, la popolazione residente della Provincia autonoma di Bolzano è ripartita in due categorie, vale a dire i cittadini dell’Unione, siano essi italiani o no, per i quali l’accesso al sussidio per l’alloggio è indistintamente subordinato alla produzione della dichiarazione di appartenenza ad uno dei tre gruppi linguistici, e i cittadini di paesi terzi, per i quali non è richiesta tale dichiarazione.

37 Detto giudice indica che, per soddisfare nell’anno 2009 le esigenze complessive dell’accesso alle abitazioni in locazione o in proprietà, sono stati approvati a favore della prima categoria summenzionata, vale a dire i cittadini dell’Unione, siano essi italiani o no, stanziamenti per un importo totale di EUR 90 812 321,57, di cui EUR 21 546 197,57 a titolo di sussidi per l’alloggio e EUR 69 266 124 a titolo di contributi per l’acquisto, la costruzione e il recupero di alloggi destinati a soddisfare il fabbisogno abitativo primario, mentre a favore della seconda categoria, ossia quella composta dai cittadini di paesi terzi, sono state approvate erogazioni per un importo totale di EUR 11 604 595, di cui EUR 10 200 000 a titolo di sussidi per l’alloggio e EUR 1 404 595 a titolo di contributi per l’acquisto, la costruzione e il recupero di alloggi destinati a soddisfare il fabbisogno abitativo primario.

38 Risulta dall’ordinanza di rinvio che il Tribunale di Bolzano ha riconosciuto al ricorrente nel procedimento principale, in via cautelare, il beneficio del sussidio per l’alloggio richiesto per i mesi da ottobre 2009 a giugno 2010, per un importo mensile di EUR 453,62.

39 Ritenendo che la soluzione della controversia dinanzi ad esso pendente dipendesse dall’interpretazione del diritto dell’Unione, il Tribunale di Bolzano ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se il principio di primazia (principe de primauté) del diritto dell’Unione impon[ga] al Giudice nazionale di dare piena ed immediata attuazione alle norme dell’Unione provviste di efficacia diretta, disapplicando norme interne in conflitto con il diritto dell’Unione anche se adottate in attuazione di principi fondamentali dell’assetto costituzionale dello Stato membro.

2) Se in caso di conflitto fra norma interna e CEDU il richiamo operato dall’articolo 6 TUE alla CEDU impon[ga] al Giudice nazionale di dare diretta applicazione all’articolo 14 della CEDU ed all’articolo 1 del [Protocollo n. 12], disapplicando la fonte interna incompatibile, senza dovere previamente sollevare questione di costituzionalità innanzi alla Corte Costituzionale nazionale.

3) Se il diritto dell’Unione – e, in particolare, gli articoli 2 [TUE] e 6 TUE, gli articoli 21 e 34 della Carta e le direttive 2000/43 (…) e 2003/109 (…) – ost[i] ad una normativa nazionale (rectius: provinciale) quale quella contenuta nel combinato disposto degli articoli 15, [secondo] comma, del [decreto del Presidente della Repubblica] n. 670/1972, degli articoli 1 e 5 della [legge provinciale] (...), nonché nella [delibera n. 1885], nella parte in cui per i benefici considerati ed in particolare per il c.d. “sussidio casa” attribuisce rilevanza alla nazionalità riservando ai lavoratori residenti soggiornanti di lungo periodo non appartenenti all’Unione ovvero agli apolidi un trattamento peggiorativo rispetto ai cittadini residenti comunitari (italiani e non).

Nel caso in cui le precedenti questioni vengano risolte affermativamente:

4) Se in caso di violazione di principi generali dell’Unione quali il divieto di discriminazione e l’esigenza di certezza del diritto, in presenza di una normativa nazionale attuativa che permette al giudice di “ordinare la cessazione del comportamento pregiudizievole e adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze[, a rimuovere] gli effetti della discriminazione” nonché impone di “ordinare la cessazione del comportamento, della condotta o dell’atto discriminatorio, ove ancora sussistente, nonché la rimozione degli effetti” e consente di ordinare “al fine di impedirne la ripetizione, entro il termine fissato nel provvedimento, un piano di rimozione delle discriminazioni accertate”, l’articolo 15 della direttiva 2000/43 (…), nella parte in cui prevede che le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive, de[bba] essere interpretato nel senso di ricomprendere, fra le discriminazioni accertate e gli effetti da rimuovere, anche al fine di evitare ingiustificate discriminazioni alla rovescia, tutte le violazioni incidenti sui destinatari della discriminazione, anche se non siano parti della controversia.

Nel caso in cui la precedente questione venga risolta affermativamente:

5) Se il diritto dell’Unione – e, in particolare, gli articoli 2 [TUE] e 6 TUE, gli articoli 21 e 34 della Carta e le direttive 2000/43 (…) e 2003/109 (…) – ost[i] ad una normativa nazionale (rectius: provinciale) che richiede ai soli cittadini extracomunitari e non anche ai cittadini comunitari (italiani e non), parificati solo in ordine all’obbligo di residenza nel territorio della provincia superiore a 5 anni, il possesso dell’ulteriore requisito di 3 anni di attività lavorativa per accedere al beneficio del sussidio casa.

6) Se il diritto dell’Unione – e, in particolare, gli articoli 2 [TUE] e 6 TUE e gli articoli 18 [TFUE], 45 [TFUE], 49 TFUE in combinato disposto con gli articoli l, 21, 34 della Carta – ost[i] ad una normativa nazionale (rectius: provinciale) che prevede per i cittadini comunitari (italiani e non) l’obbligo di rendere dichiarazione [di appartenenza] ovvero [di] aggregazione etnica ad uno dei tre gruppi linguistici presenti in Alto Adige/Südtirol per accedere al beneficio del sussidio casa.

7) Se il diritto dell’Unione – e, in particolare, gli articoli 2 [TUE] e 6 TUE e gli articoli 18 [TFUE], 45 [TFUE], 49 TFUE in combinato disposto con gli articoli 21 e 34 della Carta – ost[i] ad una normativa nazionale (rectius: provinciale) che impone ai cittadini comunitari (italiani e non) l’obbligo di residenza ovvero di lavoro nel territorio provinciale da almeno 5 anni per accedere al beneficio del sussidio casa».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla ricevibilità delle questioni prima, quarta, quinta, sesta e settima

40 Occorre, in limine, rammentare che, secondo costante giurisprudenza, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria decisione, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (v., segnatamente, sentenza del 4 luglio 2006, Adeneler e a., C‑212/04, Racc. pag. I‑6057, punto 41 e la giurisprudenza ivi citata).

41 Tuttavia, spetta alla Corte esaminare le condizioni in presenza delle quali essa viene adita dal giudice nazionale, al fine di verificare la propria competenza. Infatti, lo spirito di collaborazione che deve presiedere al funzionamento del rinvio pregiudiziale implica che il giudice nazionale, dal canto suo, tenga presente il compito affidato alla Corte, che è quello di contribuire all’amministrazione della giustizia negli Stati membri e non di esprimere pareri a carattere consultivo su questioni generali o ipotetiche (v. sentenza Adeneler e a., cit., punto 42).

42 Al riguardo, il rigetto di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione richiesta del diritto dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, oppure qualora la questione sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v. sentenza del 23 novembre 2006, Asnef‑Equifax e Administración del Estado, C‑238/05, Racc. pag. I‑11125, punto 17).

43 È alla luce di tali principi che la Corte deve esaminare la ricevibilità di alcune delle questioni sollevate dal giudice del rinvio.

Sulla prima questione

44 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede se il principio di primazia del diritto dell’Unione imponga al giudice nazionale di applicare le disposizioni del diritto dell’Unione dotate di efficacia diretta, disapplicando qualsiasi norma di diritto interno che sia in contrasto con esse, anche se tale norma nazionale sia stata adottata in attuazione dei principi fondamentali dell’assetto costituzionale dello Stato membro interessato.

45 Tale questione si ricollega al principio di tutela delle minoranze linguistiche, il quale rappresenta, secondo il giudice nazionale, un principio fondamentale dell’assetto costituzionale di detto Stato membro. Orbene, detto principio è rilevante nel procedimento principale unicamente per quanto riguarda i cittadini italiani ed i cittadini dell’Unione, per i quali, come risulta dai punti 26‑28 della presente sentenza, l’accesso al sussidio per l’alloggio è indistintamente subordinato alla presentazione di una semplice dichiarazione di appartenenza ad uno dei tre gruppi linguistici, mentre una dichiarazione siffatta non viene richiesta ai cittadini di paesi terzi, come il ricorrente nel procedimento principale.

46 Dal momento che la prima questione mira, in realtà, a indurre la Corte a formulare un parere a carattere consultivo su una questione generale relativa ad una situazione che non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio, occorre considerare tale questione irricevibile.

Sulla quarta questione

47 Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 15 della direttiva 2000/43 – il quale prevede che le sanzioni per le violazioni del principio di non discriminazione fondate sulla razza o sull’origine etnica devono essere effettive, proporzionate e dissuasive – imponga al giudice nazionale, ove accerti una simile violazione, di porre fine a tutte le violazioni incidenti sulle vittime della discriminazione, anche se queste ultime non sono parti della controversia.

48 Nel caso di specie, risulta chiaramente sia dall’ordinanza di rinvio sia dalle osservazioni presentate alla Corte che la differenza di trattamento di cui il ricorrente nel procedimento principale asserisce di essere vittima rispetto ai cittadini italiani si basa sul suo status di cittadino di un paese terzo.

49 Orbene, conformemente agli articoli 1 e 2, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2000/43, quest’ultima si applica unicamente alle discriminazioni dirette o indirette fondate sulla razza o sull’origine etnica. L’articolo 3, paragrafo 2, di tale direttiva precisa che essa non riguarda le differenze di trattamento basate sulla nazionalità e non pregiudica le disposizioni e le condizioni relative all’ingresso nonché alla residenza dei cittadini di paesi terzi e degli apolidi nel territorio degli Stati membri, né qualsiasi trattamento derivante dalla condizione giuridica dei cittadini dei paesi terzi e degli apolidi.

50 Ne deriva che la discriminazione asserita dal ricorrente nel procedimento principale non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/43 e che la quarta questione è irricevibile.

Sulla quinta questione

51 Con la sua quinta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni del diritto dell’Unione, e segnatamente quelle delle direttive 2000/43 e 2003/109, ostino ad una normativa nazionale o regionale che impone ai soli cittadini di paesi terzi, e non anche ai cittadini dell’Unione, siano essi italiani o no, un requisito ulteriore rispetto a quello relativo all’obbligo di residenza nel territorio della Provincia autonoma di Bolzano per oltre cinque anni, e cioè il requisito secondo cui i suddetti cittadini di paesi terzi devono esercitare un’attività lavorativa da tre anni per poter accedere al beneficio del sussidio per l’alloggio.

52 Occorre rammentare che, come risulta dall’ordinanza di rinvio, il procedimento principale riguarda la discriminazione asserita dal ricorrente in tale procedimento che deriverebbe dal meccanismo di distribuzione dei fondi destinati ai sussidi per l’alloggio previsto dalla legge provinciale e dalla delibera n. 1885.

53 È pacifico che, nel procedimento principale, il requisito imposto ai cittadini di paesi terzi dall’articolo 5, settimo comma, della legge provinciale, ossia quello relativo al necessario esercizio di un’attività lavorativa nella Provincia autonoma di Bolzano per almeno tre anni, era soddisfatto dal ricorrente nel medesimo procedimento e che la domanda di sussidio per l’alloggio da costui presentata non è stata respinta a motivo del mancato soddisfacimento di tale requisito.

54 Alla luce di tali considerazioni, occorre constatare che la quinta questione, che non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio, deve essere respinta in quanto irricevibile.

Sulle questioni sesta e settima

55 Con le sue questioni sesta e settima, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione, e segnatamente gli articoli 2 TUE, 6 TUE, 18 TFUE, 45 TFUE nonché 49 TFUE, letti in combinato disposto con gli articoli l, 21 e 34 della Carta, debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale o regionale la quale imponga ai cittadini dell’Unione, per beneficiare del sussidio per l’alloggio previsto da tale normativa, da un lato, l’obbligo di residenza o di lavoro nel territorio della Provincia autonoma di Bolzano da almeno cinque anni e, dall’altro, l’obbligo di rilascio di una dichiarazione di appartenenza o di aggregazione ad uno dei tre gruppi linguistici presenti in tale territorio.

56 Al riguardo occorre rammentare che, come risulta dai punti 31 e 52 della presente sentenza, il ricorrente nel procedimento principale è un cittadino di un paese terzo che risiede, da diversi anni, nel territorio della Provincia autonoma di Bolzano, e che il procedimento principale riguarda il rigetto opposto alla sua domanda di sussidio per l’alloggio a motivo dell’esaurimento degli stanziamenti previsti per i cittadini di paesi terzi e del fatto che i fondi necessari alla corresponsione di tale sussidio a detti cittadini non sono più disponibili.

57 Il giudice del rinvio non ha dimostrato la ragione per la quale l’invalidazione, sulla base del diritto dell’Unione, dei requisiti di residenza o linguistici imposti ai cittadini dell’Unione per poter beneficiare del sussidio per l’alloggio previsto dalla normativa adottata dalla Provincia autonoma di Bolzano potrebbe avere un rapporto con la realtà effettiva e con l’oggetto della controversia pendente dinanzi ad esso.

58 Alla luce di tali considerazioni, occorre considerare che le questioni sesta e settima sollevate da detto giudice sono irricevibili.

Nel merito

Sulla seconda questione

59 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se, in caso di conflitto tra una norma di diritto nazionale e la CEDU, il richiamo a quest’ultima effettuato dall’articolo 6 TUE imponga al giudice nazionale di dare diretta attuazione alle disposizioni di tale convenzione, nella fattispecie all’articolo 14 della medesima nonché all’articolo 1 del Protocollo n. 12, disapplicando la norma di diritto nazionale in conflitto, senza dovere previamente sollevare una questione di costituzionalità dinanzi alla Corte costituzionale.

60 Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, TUE, i diritti fondamentali, così come garantiti dalla CEDU e quali risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali.

61 Tale disposizione del Trattato UE consacra la giurisprudenza costante della Corte secondo la quale i diritti fondamentali sono parte integrante dei principi generali del diritto dei quali la Corte garantisce l’osservanza (v., segnatamente, sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 112).

62 Tuttavia, l’articolo 6, paragrafo 3, TUE non disciplina il rapporto tra la CEDU e gli ordinamenti giuridici degli Stati membri e nemmeno determina le conseguenze che un giudice nazionale deve trarre nell’ipotesi di conflitto tra i diritti garantiti da tale convenzione ed una norma di diritto nazionale.

63 Si deve pertanto rispondere alla seconda questione dichiarando che il rinvio operato dall’articolo 6, paragrafo 3, TUE alla CEDU non impone al giudice nazionale, in caso di conflitto tra una norma di diritto nazionale e detta convenzione, di applicare direttamente le disposizioni di quest’ultima, disapplicando la norma di diritto nazionale in contrasto con essa.

Sulla terza questione

64 Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione, in particolare le direttive 2000/43 e 2003/109, debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale o regionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale, per quanto riguarda la concessione di un sussidio per l’alloggio, riservi ai cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo un trattamento diverso da quello riservato ai cittadini dell’Unione, siano essi cittadini italiani o no, residenti nel territorio della Provincia autonoma di Bolzano.

65 Per i motivi già esposti ai punti 48‑50 della presente sentenza, la discriminazione asserita dal ricorrente nel procedimento principale non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/43.

66 Quanto alla direttiva 2003/109, occorre rammentare, in limine, che il sistema istituito da quest’ultima indica chiaramente che l’ottenimento dello status di soggiornante di lungo periodo conferito in forza di tale direttiva è subordinato ad una procedura particolare e soggiace inoltre all’obbligo di soddisfare le condizioni precisate nel capo II della direttiva medesima.

67 L’articolo 4 della direttiva 2003/109 prevede infatti che gli Stati membri riservino il conferimento dello status di soggiornante di lungo periodo ai cittadini di paesi terzi che abbiano soggiornato legalmente e ininterrottamente nel loro territorio nei cinque anni immediatamente precedenti la presentazione della relativa domanda. L’articolo 5 della medesima direttiva subordina l’ottenimento dello status suddetto alla prova che il cittadino di un paese terzo che chiede il beneficio di tale status dispone di risorse sufficienti nonché di un’assicurazione malattia. Infine, l’articolo 7 della citata direttiva precisa i requisiti procedurali per il conseguimento dello status in questione.

68 Date tali circostanze, spetta al giudice del rinvio accertare se il ricorrente nel procedimento principale sia titolare dello status di soggiornante di lungo periodo, cosicché egli possa pretendere, in forza della menzionata direttiva, il beneficio della parità di trattamento con i cittadini dello Stato membro interessato, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva medesima.

69 Occorre ora esaminare se un meccanismo di distribuzione dei fondi destinati ai sussidi per l’alloggio, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, sia conforme al principio di parità di trattamento sancito dall’articolo 11 della direttiva 2003/109.

– Sulla differenza di trattamento e sulla comparabilità delle situazioni in esame

70 Occorre in primo luogo osservare che, nel procedimento principale, sia per i cittadini dell’Unione, siano essi italiani o no, sia per i cittadini di paesi terzi, la legge provinciale distribuisce i fondi destinati ai sussidi per l’alloggio in proporzione alla media ponderata tra la consistenza numerica ed il fabbisogno di ciascuna categoria.

71 Tuttavia, mentre per i cittadini italiani ed i cittadini dell’Unione, per i quali, come risulta dai punti 26‑28 della presente sentenza, l’accesso al sussidio per l’alloggio è indistintamente subordinato alla presentazione di una dichiarazione di appartenenza ad uno dei tre gruppi linguistici, è stato attribuito un medesimo coefficiente ai due elementi presi in considerazione nel calcolo della media ponderata, ossia un coefficiente 1, per i cittadini di paesi terzi, in forza della delibera n. 1885, all’elemento relativo alla loro consistenza numerica è stato attribuito un coefficiente 5, mentre al loro fabbisogno è stato assegnato un coefficiente 1.

72 Dunque, come risulta dall’ordinanza di rinvio, a partire dall’anno 2009 la determinazione della quota di fondi concessi, a titolo di sussidio per l’alloggio, ai cittadini dell’Unione, da un lato, ed ai cittadini di paesi terzi, dall’altro, è stata oggetto di un metodo di calcolo diverso. L’applicazione di coefficienti diversi ha l’effetto di sfavorire la categoria composta da cittadini di paesi terzi, in quanto lo stanziamento disponibile per soddisfare le loro domande di sussidio per l’alloggio è più esiguo, e rischia pertanto di essere esaurito più rapidamente, rispetto a quello attribuito a detti cittadini dell’Unione.

73 Di conseguenza, occorre rilevare che la differenza tra i coefficienti relativi alla consistenza numerica dei cittadini di paesi terzi, da un lato, e dei cittadini dell’Unione, siano essi italiani o no, appartenenti ai tre gruppi linguistici, dall’altro, crea una disparità di trattamento tra queste due categorie di beneficiari.

74 Quanto al confronto tra i cittadini dell’Unione, siano essi italiani o no, ed i cittadini di paesi terzi, la Provincia autonoma di Bolzano sostiene che il ricorso a metodi diversi per accertare la consistenza numerica di queste due categorie o per quantificare il loro fabbisogno dimostra che esse non si trovano in una situazione comparabile.

75 Tuttavia, anche a supporre che esistano – come affermato dalla Provincia autonoma di Bolzano – difficoltà statistiche o amministrative per gestire le domande di sussidio per l’alloggio presentate in particolare dai cittadini di paesi terzi, tali difficoltà non spiegano la ragione per la quale tali cittadini, qualora abbiano acquisito lo status riconosciuto dalla direttiva 2003/109, abbiano soddisfatto sia la procedura sia le condizioni prescritte da tale direttiva e non dispongano di risorse sufficienti per far fronte alle spese relative all’alloggio, si trovino in una situazione che non è comparabile a quella di un cittadino dell’Unione avente il medesimo bisogno economico.

– Sulla differenza di trattamento alla luce dell’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2003/109

76 Occorre, in secondo luogo, verificare se la disparità di trattamento così accertata rientri – ciò che la Provincia autonoma di Bolzano contesta – nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/109, in particolare dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), di quest’ultima, il quale prevede per i soggiornanti di lunga durata il beneficio della parità di trattamento per quanto riguarda la previdenza sociale, l’assistenza sociale e la protezione sociale, così come tali nozioni sono definite dalla legislazione nazionale.

77 Al riguardo occorre rammentare che, qualora il legislatore dell’Unione abbia espressamente rinviato alla legislazione nazionale, come avvenuto all’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109, non spetta alla Corte dare delle parole di cui trattasi una definizione autonoma ed uniforme ai sensi del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 18 gennaio 1984, Ekro, 327/82, Racc. pag. 107, punto 14). Infatti, un rinvio siffatto implica che il legislatore dell’Unione abbia inteso rispettare le differenze che sussistono tra gli Stati membri riguardo alla definizione ed alla portata esatta delle nozioni di cui trattasi.

78 Tuttavia, l’assenza di una definizione autonoma ed uniforme, ai sensi del diritto dell’Unione, delle nozioni di previdenza sociale, di assistenza sociale e di protezione sociale, ed il rinvio al diritto nazionale, contenuto all’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109, relativamente a dette nozioni, non implicano che gli Stati membri possano pregiudicare l’effetto utile della direttiva 2003/109 al momento dell’applicazione del principio della parità di trattamento previsto da tale disposizione.

79 Risulta dal terzo considerando della direttiva 2003/109 che quest’ultima rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi che sono riconosciuti, segnatamente, dalla Carta, la quale ha, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, TUE, lo stesso valore giuridico dei trattati. In forza dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, le sue disposizioni si rivolgono agli Stati membri allorquando essi attuano il diritto dell’Unione.

80 Ne consegue che, allorché stabiliscono le misure di previdenza sociale, di assistenza sociale e di protezione sociale definite dalla loro legislazione nazionale e soggiacenti al principio della parità di trattamento sancito all’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109, gli Stati membri devono rispettare i diritti ed osservare i principi previsti dalla Carta, segnatamente quelli enunciati all’articolo 34 di quest’ultima. Ai sensi del paragrafo 3 di tale articolo 34, al fine di lottare contro l’esclusione sociale e la povertà, l’Unione – e dunque gli Stati membri quando attuano il diritto di quest’ultima – «riconosce e rispetta il diritto all’assistenza sociale e all’assistenza abitativa volte a garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti, secondo le modalità stabilite dal diritto dell’Unione e le legislazioni e prassi nazionali».

81 Dal momento che sia l’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109, sia l’articolo 34, paragrafo 3, della Carta si riferiscono al diritto nazionale, spetta al giudice del rinvio, tenendo conto dell’obiettivo di integrazione perseguito da tale direttiva, valutare se un sussidio per l’alloggio, come quello previsto dalla legge provinciale, rientri in una delle categorie contemplate da detto articolo 11, paragrafo 1, lettera d), ciò che viene contestato dalla Provincia autonoma di Bolzano.

– Sull’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2003/109

82 Poiché il giudice del rinvio potrebbe ritenere che il sussidio per l’alloggio di cui trattasi nel procedimento principale rientri nell’ambito dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109, occorre esaminare, in terzo luogo, se la Provincia autonoma di Bolzano sia legittimata, come sostiene, a limitare l’applicazione del principio della parità di trattamento sancito in detto articolo 11, paragrafo 1, avvalendosi del paragrafo 4 del medesimo articolo.

83 Al riguardo occorre rammentare che quest’ultima disposizione dispone che, in materia di assistenza sociale e di protezione sociale, gli Stati membri possono limitare l’applicazione di detto principio alle prestazioni essenziali. L’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2003/109 non consente, per contro, una deroga a detto principio per quanto riguarda le prestazioni rientranti nella previdenza sociale come definita dalla legislazione nazionale.

84 Risulta dal tredicesimo considerando di detta direttiva che la nozione di benefici o di prestazioni essenziali comprende almeno il sostegno di reddito minimo, l’assistenza in caso di malattia o di gravidanza, l’assistenza parentale e l’assistenza a lungo termine. Le modalità di concessione di tali benefici o prestazioni devono essere determinate, a mente di detto considerando, dalla legislazione nazionale.

85 Occorre anzitutto osservare che l’elenco contenuto in tale tredicesimo considerando e che illustra la nozione di «prestazioni essenziali» di cui all’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2003/109 non è esaustivo, come confermato dall’impiego del termine «almeno». Pertanto, il fatto che in tale considerando non venga effettuato alcun riferimento espresso ai sussidi per l’alloggio non implica che questi ultimi non costituiscano prestazioni essenziali alle quali il principio della parità di trattamento deve necessariamente essere applicato.

86 Inoltre, occorre rilevare che, dal momento che l’integrazione dei cittadini di paesi terzi stabilitisi a titolo duraturo negli Stati membri ed il diritto di tali cittadini al beneficio della parità di trattamento nei settori elencati all’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2003/109 costituiscono la regola generale, la deroga prevista dal paragrafo 4 di tale articolo deve essere interpretata restrittivamente (v., per analogia, sentenza del 4 marzo 2010, Chakroun, C‑578/08, Racc. pag. I‑1839, punto 43).

87 Al riguardo occorre rilevare che un’autorità pubblica, sia essa di livello nazionale, regionale o locale, può invocare la deroga prevista all’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2003/109 unicamente qualora gli organi competenti nello Stato membro interessato per l’attuazione di tale direttiva abbiano chiaramente espresso l’intenzione di avvalersi della deroga suddetta.

88 Dal fascicolo di causa a disposizione della Corte non risulta che la Repubblica italiana abbia manifestato la propria intenzione di ricorrere alla deroga al principio della parità di trattamento prevista dall’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2003/109.

89 Infine, occorre rilevare che il rinvio al diritto nazionale effettuato dal tredicesimo considerando di detta direttiva è limitato alle modalità di concessione delle prestazioni di cui trattasi, vale a dire alla determinazione delle condizioni di accesso e del livello di tali prestazioni nonché delle relative procedure.

90 Il senso e la portata della nozione di «prestazioni essenziali» di cui all’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2003/109 devono pertanto essere ricercati tenendo conto del contesto in cui s’iscrive tale articolo e della finalità perseguita da detta direttiva, ossia l’integrazione dei cittadini di paesi terzi che abbiano soggiornato legalmente e a titolo duraturo negli Stati membri.

91 L’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2003/109 deve essere interpretato nel senso che consente agli Stati membri di limitare la parità di trattamento della quale beneficiano i titolari dello status conferito dalla direttiva medesima, ad eccezione delle prestazioni di assistenza sociale o di protezione sociale concesse dalle autorità pubbliche, a livello nazionale, regionale o locale, che contribuiscono a permettere all’individuo di soddisfare le sue necessità elementari, come il vitto, l’alloggio e la salute.

92 Al riguardo occorre rammentare che, conformemente all’articolo 34 della Carta, l’Unione riconosce e rispetta il diritto all’assistenza sociale e all’assistenza abitativa volte a garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risorse sufficienti. Ne consegue che, nei limiti in cui il sussidio di cui trattasi nel procedimento principale risponde alla finalità enunciata nel citato articolo della Carta, esso non può essere considerato, nell’ambito del diritto dell’Unione, come non compreso tra le prestazioni essenziali ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2003/109. Spetta al giudice nazionale procedere agli accertamenti necessari, prendendo in considerazione la finalità di tale sussidio, il suo ammontare, i requisiti per la sua attribuzione e la posizione da esso occupata nel sistema di assistenza sociale italiano.

93 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109 deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale o regionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale, per quanto riguarda la concessione di un sussidio per l’alloggio, riservi ad un cittadino di un paese terzo, beneficiario dello status di soggiornante di lungo periodo conferito conformemente alle disposizioni di detta direttiva, un trattamento diverso da quello riservato ai cittadini nazionali residenti nella medesima provincia o regione nell’ambito della distribuzione dei fondi destinati al sussidio summenzionato, a condizione che tale sussidio rientri in una delle tre categorie contemplate dalla disposizione sopra citata e che il paragrafo 4 del medesimo articolo 11 non trovi applicazione.

Sulle spese

94 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1) Le questioni prima, quarta, quinta, sesta e settima sollevate dal Tribunale di Bolzano nella causa C‑571/10 sono irricevibili.

2) Il rinvio operato dall’articolo 6, paragrafo 3, TUE alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, non impone al giudice nazionale, in caso di conflitto tra una norma di diritto nazionale e detta convenzione, di applicare direttamente le disposizioni di quest’ultima, disapplicando la norma di diritto nazionale in contrasto con essa.

3) L’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale o regionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale, per quanto riguarda la concessione di un sussidio per l’alloggio, riservi ad un cittadino di un paese terzo, beneficiario dello status di soggiornante di lungo periodo conferito conformemente alle disposizioni di detta direttiva, un trattamento diverso da quello riservato ai cittadini nazionali residenti nella medesima provincia o regione nell’ambito della distribuzione dei fondi destinati al sussidio summenzionato, a condizione che tale sussidio rientri in una delle tre categorie contemplate dalla disposizione sopra citata e che il paragrafo 4 del medesimo articolo 11 non trovi applicazione.