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Corte di Giustizia delle Comunità europee (Terza Sezione), 21 giugno 2007

 

C-424/05 P, Commissione delle Comunità europeeSonja Hosman-Chevalier

 

 

 

 

Nel procedimento C-424/05 P,

avente ad oggetto il ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposto il 29 novembre 2005,

 

Commissione delle Comunità europee,

rappresentata dal sig. H. Kraemer e dalla sig.ra M. Velardo, in qualità di agenti,

con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

 

procedimento in cui l’altra parte è:

 

Sonja Hosman-Chevalier,

rappresentata dai sigg. J.-R. García-Gallardo Gil‑Fournier,

A. Sayagués Torres e D. Dominguez Pérez, abogados,

ricorrente in primo grado,

 

 

LA CORTE (Terza Sezione),

 

 

composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. A. Tizzano, J. Malenovský (relatore), U. Lõhmus e A. Ó Caoimh, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 13 settembre 2006,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 marzo 2007,

ha pronunciato la seguente

 

 

Sentenza

 

1        Con l’impugnazione in esame la Commissione delle Comunità europee chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 13 settembre 2005, causa T‑72/04, Hosman‑Chevalier/Commissione (Racc. pag. II‑3265; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale quest’ultimo ha annullato le decisioni della Commissione 8 aprile e 29 ottobre 2003 con cui veniva rifiutato alla sig.ra Hosman‑Chevalier il beneficio dell’indennità di dislocazione nonché dell’indennità di prima sistemazione.

 Contesto normativo

2        L’art. 69 dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto»), nella formulazione che si applica alla presente fattispecie, stabilisce che l’indennità di dislocazione è pari al 16% dell’ammontare complessivo dello stipendio base, dell’assegno di famiglia e dell’assegno per figli a carico ai quali il dipendente ha diritto.

3        L’art. 4. n. 1, dell’allegato VII dello Statuto dispone che l’indennità di dislocazione è concessa:

«a)      al funzionario

      che non ha e non ha mai avuto la nazionalità dello Stato nel cui territorio è situata la sede di servizio e

      che non ha, abitualmente, abitato o svolto la sua attività professionale principale sul territorio europeo di detto Stato durante il periodo di cinque anni che scade sei mesi prima della sua entrata in servizio. Per l’applicazione della presente disposizione, non si tiene conto delle situazioni risultanti da servizi effettuati per un altro Stato o per un’organizzazione internazionale;

b)      al funzionario che, avendo o avendo avuto la cittadinanza dello Stato sul cui territorio è situata la sede di servizio, ha abitato, durante il periodo di dieci anni che scade al momento della sua entrata in servizio, fuori del territorio europeo di detto Stato per motivi diversi dall’esercizio di funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale.

(…)».

 Fatti

4        I fatti all’origine della controversia sono stati riassunti dal Tribunale ai punti 4-10 della sentenza impugnata:

«4      La ricorrente, cittadina austriaca, ha studiato e lavorato in Austria fino al 14 maggio 1995. Dal 15 maggio 1995 al 17 marzo 1996, la stessa ha lavorato in Belgio per il Verbindungsbüro des Landes Tyrol, l’ufficio del Land del Tirolo, situato a Bruxelles.

5      Dal 18 marzo 1996 al 15 novembre 2002, la ricorrente ha lavorato per la Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria presso l’Unione europea a Bruxelles [in prosieguo: la “Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria”]. In tale qualità, essa ha svolto la sua attività, innanzi tutto, per la Verbindungstelle der Bundesländer (in prosieguo: la “VB”), l’ufficio di collegamento dei Länder, e successivamente per l’Österreichischer Gewerkschaftsbund (in prosieguo: l’“OGB”), la federazione dei sindacati austriaci.

6      Il 16 novembre 2002 la ricorrente è entrata in servizio presso la Commissione come dipendente di ruolo. Il periodo di cinque anni menzionato all’art. 4, n. 1, lett. a), secondo trattino, dell’allegato VII dello Statuto, ai fini del beneficio dell’indennità di dislocazione, denominato il “periodo di riferimento”, è stato fissato tra il 16 maggio 1997 e il 15 maggio 2002.

7      Con nota 8 aprile 2003, alla ricorrente è stato comunicato dalla direzione generale (DG) dell’amministrazione e del personale della Commissione che il beneficio dell’indennità di dislocazione non poteva esserle concesso.

8      Il 7 luglio 2003 la ricorrente ha presentato un reclamo, ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto, contro questa nota dell’8 aprile 2003. Con messaggio di posta elettronica 14 agosto 2003 e con fax dell’11 settembre 2003, essa ha trasmesso due integrazioni a questo reclamo.

9      Con nota 29 ottobre 2003, di cui la ricorrente ha avuto conoscenza il 3 novembre 2003, l’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’“APN”) ha respinto il reclamo della ricorrente.

10      Da questa decisione risulta che l’indennità di dislocazione e le indennità ad essa collegate sono state rifiutate alla ricorrente per il motivo principale che l’attività professionale che essa aveva esercitato a Bruxelles durante il periodo di riferimento non poteva essere considerata come “servizi effettuati per un altro Stato” ai sensi della deroga prevista all’art. 4, n. 1, lett. a), dell’allegato VII dello Statuto. L’APN ha ritenuto che, anche se la VB aveva sede nei locali della Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria, essa costituisse tuttavia un ente autonomo distinto, di emanazione dei Länder e incaricato di tutelare i loro interessi e non quelli del Bund (Stato federale). Per quanto riguarda l’OGB, dai documenti trasmessi dalla ricorrente e, in particolare, dal suo contratto di lavoro non risulterebbe alcun legame con la Repubblica d’Austria, ragion per cui nemmeno il lavoro svolto per l’OGB poteva essere equiparato a servizi effettuati per tale Stato».

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

5        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 febbraio 2004, la sig.ra Hosman-Chevalier ha proposto un ricorso diretto ad ottenere l’annullamento della decisione della Commissione 29 ottobre 2003, con cui le erano state negate l’indennità di dislocazione e le indennità ad essa collegate.

6        Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che il ricorso fosse diretto non solo all’annullamento della decisione della Commissione 29 ottobre 2003, bensì anche della decisione 8 aprile 2003. Tali decisioni sono state annullate dal Tribunale.

7        Il Tribunale ha infatti accolto il secondo motivo sollevato dalla sig.ra Hosman-Chevalier, vertente sulla violazione dell’art. 4, n. 1, lett. a), dell’allegato VII dello Statuto.

8        Secondo il Tribunale, la questione che si poneva era quella intesa a determinare se i servizi che la sig.ra Hosman-Chevalier aveva fornito nell’ambito della Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria durante il periodo di riferimento dovessero essere considerati come servizi effettuati per uno Stato ai sensi dell’art. 4, n. 1, lett. a), dell’allegato VII dello Statuto. Peraltro, il Tribunale ha precisato che la nozione di «Stato» prevista in questo articolo riguarda solo lo Stato come persona giuridica e soggetto unitario di diritto internazionale, nonché i suoi organi di governo.

9        Il Tribunale ha innanzitutto sottolineato, al punto 30 della sentenza impugnata, che era pacifico che i servizi forniti per organismi quali la rappresentanza permanente di uno Stato membro presso l’Unione europea o le ambasciate di uno Stato dovevano essere considerati servizi effettuati per uno Stato ai sensi dell’art. 4, n. 1, lett. a), dell’allegato VII dello Statuto.

10      Ai punti 31-36 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato vari elementi che lo hanno indotto a constatare che la sig.ra Hosman-Chevalier era dipendente della Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria, che era assoggettata all’autorità gerarchica dell’ambasciatore, rappresentante permanente della Repubblica d’Austria presso l’Unione europea, e che il suo status era lo stesso degli altri dipendenti in servizio presso la detta Rappresentanza.

11      Il Tribunale ne ha dedotto che i servizi che la sig.ra Hosman-Chevalier aveva fornito alla Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria durante tutto il periodo di riferimento dovevano essere considerati come servizi effettuati per tale Stato.

12      Ai punti 38-41 della sentenza impugnata, il Tribunale ha poi respinto l’argomento della Commissione secondo cui la sig.ra Hosman‑Chevalier, pur lavorando nell’ambito della Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria, non aveva effettuato i suoi servizi per tale Stato membro, bensì per la VB e l’OBG, organismi che non avrebbero come compito la tutela degli interessi dello Stato.

13      Al punto 42 della sentenza impugnata, il Tribunale ha invece riconosciuto che era sufficiente che una persona avesse esercitato la sua attività professionale per un organismo che fa parte dello Stato nel senso indicato, quale una rappresentanza permanente, per rientrare pienamente nell’eccezione di cui all’art. 4, n. 1, lett. a), dell’allegato VII dello Statuto, indipendentemente dalle funzioni particolari e specifiche da essa svolte nell’ambito del detto organismo. In caso contrario, sarebbe stato necessario effettuare un’analisi dettagliata dei compiti e delle funzioni esercitate dal punto di vista del diritto interno, cosa che sarebbe incompatibile con la necessità di applicazione uniforme del diritto comunitario e con i dettami del principio di uguaglianza. E questo a maggior ragione in quanto spetta esclusivamente a ciascuno Stato membro organizzare i suoi servizi come ritiene più opportuno e determinare così gli obiettivi e le funzioni che assegna a coloro che lavorano alle sue dipendenze.

14      Il Tribunale è quindi giunto alla conclusione che la sig.ra Hosman-Chevalier soddisfaceva le condizioni previste dall’art. 4, n. 1, lett. a), dell’allegato VII dello Statuto, così da poter beneficiare dell’indennità di dislocazione.

15      Al punto 51 della sentenza impugnata il Tribunale ha considerato che, poiché l’indennità di prima sistemazione prevista dall’art. 5, n. 1, dell’allegato VII dello Statuto è dovuta al dipendente che soddisfa le condizioni per beneficiare dell’indennità di dislocazione, la sig.ra Hosman-Chevalier poteva legittimamente chiedere di ottenere il beneficio della detta indennità di prima sistemazione. Il Tribunale non le ha però riconosciuto il beneficio dell’indennità giornaliera per i motivi esposti al punto 52 della sentenza impugnata.

 Procedimento dinanzi alla Corte

16      Nella presente impugnazione la Commissione chiede che la Corte voglia:

        annullare la sentenza impugnata e rinviare la causa dinanzi al Tribunale;

        condannare la sig.ra Hosman-Chevalier alle spese del procedimento, comprese le proprie spese nel procedimento dinanzi al Tribunale.

17      La sig.ra Hosman-Chevalier chiede che la Corte voglia:

        dichiarare il ricorso di impugnazione manifestamente irricevibile o, in subordine, respingerlo in quanto infondato;

        condannare la Commissione alle spese di entrambi i procedimenti.

 Sull’impugnazione

 Argomenti delle parti

18      Con il suo unico motivo la Commissione addebita al Tribunale di avere commesso un errore di diritto nell’applicazione delle disposizioni dell’art. 4, n. 1, lett. a), dell’allegato VII dello Statuto, relative alla concessione dell’indennità di dislocazione, interpretando in modo errato la nozione di «servizi effettuati per un altro Stato» cui si riferiscono tali disposizioni.

19      Ad avviso della Commissione, da una serie di elementi di fatto, considerati ai punti 31-36 e 42 della sentenza impugnata, emergerebbe che il Tribunale ha erroneamente ritenuto sufficiente che ai fini del soddisfacimento della condizione relativa ai servizi effettuati per un altro Stato, stabilita dalle dette disposizioni, che la persona interessata fosse integrata nel contesto funzionale e/o organizzativo di un organismo di tale Stato, quale una rappresentanza permanente presso l’Unione europea.

20      Al contrario, la Commissione ritiene che la detta condizione debba essere interpretata nel senso che richiede l’esistenza di un legame giuridico diretto tra il dipendente interessato e lo Stato in questione, che non può essere costituto dal solo elemento dell’integrazione di tale persona nel detto contesto.

21      Secondo la Commissione, la deroga prevista dall’art. 4, n. 1, lett. a), secondo trattino, seconda frase, dell’allegato VII dello Statuto, in forza della quale i funzionari in questione hanno diritto all’indennità di dislocazione, è giustificata in quanto non si può ritenere che questi ultimi abbiano stabilito un nesso durevole con il paese della sede di servizio (sentenza 2 maggio 1985, causa 246/83, De Angelis/Commissione, Racc. pag. 1253, punto 13). Ebbene, tale ratio legis presupporrebbe proprio che la persona interessata sia direttamente legata ad un altro Stato, o ad un’organizzazione internazionale, in forza di un rapporto statutario e/o contrattuale. Solo un rapporto del genere, infatti, sarebbe idoneo ad implicare il diritto, per l’altro Stato o per l’organizzazione internazionale, di ingiungere a tale persona di effettuare taluni servizi, per un periodo limitato, nel territorio dello Stato in cui si trova la sua successiva sede di servizio (in prosieguo: il «paese della sede di servizio») in qualità di dipendente delle Comunità europee.

22      La Commissione ricorda che la disposizione dell’art. 4, n. 1, lett. a), secondo trattino, seconda frase, dell’allegato VII dello Statuto costituisce un’eccezione alle condizioni per la concessione dell’indennità di dislocazione e dovrebbe quindi, a tale titolo, essere oggetto di un’interpretazione restrittiva. Inoltre, poiché si tratterebbe anche di una disposizione che ha ad oggetto il conferimento di vantaggi finanziari, siffatta interpretazione si imporrebbe (v. sentenze della Corte 6 maggio 1982, cause riunite 146/81, 192/81 e 193/81, BayWa e a., Racc. pag. 1503, punto 10, e del Tribunale 8 marzo 1990, causa T‑41/89, Schwedler/Parlamento, Racc. pag. II‑79, punto 23, confermata in sede di impugnazione dalla sentenza della Corte 28 novembre 1991, causa C‑132/90 P, Schwedler/Parlamento, Racc. pag. I‑5745).

23      Peraltro, l’interpretazione dell’art. 4, n. 1, lett. a), secondo trattino, seconda frase, dell’allegato VII dello Statuto proposta dal Tribunale ai punti 31-36 e 42 della sentenza impugnata si discosterebbe dalla stessa giurisprudenza di quest’ultimo, ai sensi della quale sarebbe richiesto un legame giuridico diretto (v. sentenze del Tribunale 30 giugno 2005, causa T‑190/03, Olesen/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑181 e II‑805, punti 49-51; 25 ottobre 2005, causa T‑205/02, Salvador García/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑285 e II‑1311, punto 55; Salazar Brier/Commissione, causa T‑83/03, Racc. PI pagg. I‑A‑311 e II‑1407, punto 45; Herrero Romeu/Commissione, causa T‑298/02, Racc. pag. II‑4599, e Racc. PI pagg. I‑A‑295 e II‑1349, punto 41, nonché De Bustamante Tello/Consiglio, causa T‑368/03, Racc. PI pagg. I‑A‑321 e II‑1439, punto 42).

24      Inoltre, secondo la giurisprudenza del Tribunale, per quanto riguarda la condizione prevista alla detta disposizione, relativa ai «servizi effettuati per (…) un’organizzazione internazionale», un legame giuridico diretto con l’organizzazione internazionale in questione sarebbe stato ugualmente richiesto (v., sentenze del Tribunale 22 marzo 1995, causa T‑43/93, Lo Giudice/Parlamento, Racc. PI pagg. I‑A‑57 e II‑189, punto 36, nonché 11 settembre 2002, causa T‑127/00, Nevin/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑149 e II‑781, punto 51). Ebbene, sarebbe incoerente, se non addirittura arbitrario, richiedere siffatto legame giuridico per una parte dell’eccezione, ma non per l’altra.

25      A parere della Commissione, il Tribunale avrebbe omesso di verificare se esistesse un legame giuridico diretto tra la sig.ra Hosman-Chevalier e la Repubblica d’Austria. Orbene, nel caso di specie siffatto legame non esisteva, dato che l’interessata è stata impiegata in successione, nel periodo di riferimento, dalla VB e dall’OGB.

26      La sig.ra Hosman-Chevalier chiede che il ricorso di impugnazione sia dichiarato irricevibile sostenendo che la Commissione cerca, in realtà, di ottenere dalla Corte una nuova valutazione dei fatti.

27      Per quanto riguarda il merito, la sig.ra Hosman-Chevalier sostiene che, avendo verificato l’esistenza di un legame giuridico tra la persona interessata e lo Stato, senza richiedere necessariamente che tale legame fosse diretto, il Tribunale avrebbe agito nel rispetto del diritto comunitario.

28      A suo avviso, a partire dal momento in cui il lavoro per una rappresentanza permanente come quella in oggetto è considerato un lavoro per uno Stato, la questione del legame giuridico tra la sig.ra Hosman-Chevalier e lo Stato è soddisfatta.

29      A tale riguardo, la giurisprudenza del Tribunale non sarebbe formalista e l’esistenza di un siffatto legame non implicherebbe strettamente o solamente un legame «giuridico» di dipendenza. Tale legame potrebbe essere stabilito alla luce di circostanze proprie di ogni causa. Così, nel caso di specie, poiché emergeva dal fascicolo che la sig.ra Hosman-Chevalier apparteneva al personale della Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria, non era necessario spingersi oltre, né indicare esplicitamente l’esistenza di un legame giuridico o di qualsiasi altra natura.

 Giudizio della Corte

 Sulla ricevibilità

30      È necessario rammentare che, in forza degli artt. 225, n. 1, CE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, il ricorso di impugnazione può essere fondato unicamente su motivi riguardanti la violazione di regole di diritto, ad esclusione di qualsiasi valutazione dei fatti.

31      Secondo tali disposizioni, solo il Tribunale è competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dai documenti del fascicolo ad esso sottoposto e, dall’altro, a valutare tali fatti. Quando il Tribunale ha accertato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi dell’art. 225 CE, ad effettuare il controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto (v., segnatamente, sentenze 16 marzo 2000, causa C-284/98 P, Parlamento/Bieber, Racc. pag. I‑1527, punto 31, e 27 novembre 2001, causa C‑270/99 P, Z/Parlamento, Racc. pag. I‑9197, punto 37).

32      Nel caso di specie occorre constatare che la Commissione non contesta che la sig.ra Hosman-Chevalier era un membro del personale della Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria nel corso del periodo di riferimento. A sostegno del suo ricorso, la Commissione afferma solo che tale circostanza non è idonea a consentire all’interessata di beneficiare dell’indennità di dislocazione, poiché non esiste un legame giuridico diretto tra la sig.ra Hosman-Chevalier e la Repubblica d’Austria.

33      Pertanto, contrariamente a quanto sostiene la sig.ra Hosman-Chevalier, il ricorso di impugnazione della Commissione non verte sulla valutazione dei fatti, bensì sulla loro qualificazione giuridica. Di conseguenza, l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla sig.ra Hosman-Chevalier deve essere respinta.

 Nel merito

34      Al fine di rispondere al motivo sollevato dalla Commissione, è necessario procedere all’analisi della nozione di «servizi effettuati per un altro Stato», alla luce dell’insieme delle disposizioni dell’art. 4, n. 1, lett. a), dell’allegato VII dello Statuto che disciplinano la concessione dell’indennità di dislocazione e di cui fa parte tale nozione.

35      Si deve infatti ricordare che, per una giurisprudenza consolidata della Corte, la concessione dell’indennità di dislocazione ha lo scopo di compensare gli oneri e gli svantaggi particolari cui sono soggetti i dipendenti che, in conseguenza dell’entrata in servizio presso le Comunità, sono obbligati a trasferirsi dal paese di residenza al paese della sede di servizio e ad integrarsi in un nuovo ambiente. La nozione di dislocazione dipende anche dalla situazione soggettiva del dipendente, vale a dire dal suo grado di integrazione nel suo nuovo ambiente, provato, ad esempio, dalla sua dimora abituale o dallo svolgimento di un’attività lavorativa principale (v. sentenze 10 ottobre 1989, causa 201/88, Atala-Palmerini/Commissione, Racc. pag. 3109, punto 9, e 15 settembre 1994, causa C‑452/93 P, Magdalena Fernández/Commissione, Racc. pag. I‑4295, punto 20).

36      In tal modo, la concessione dell’indennità di dislocazione è diretta a rimediare alle disuguaglianze di fatto che si verificano tra i dipendenti pienamente integrati nella società del paese della sede di servizio e quelli che non lo sono.

37      Dall’art. 4, n. 1, lett. a), secondo trattino, seconda frase, dell’allegato VII dello Statuto si evince che il legislatore comunitario ha necessariamente inteso considerare che si trova in una tale situazione di dislocazione anche il dipendente che, pur avendo abitato o svolto la sua attività professionale sul territorio europeo dello Stato in cui è situata la sua sede di servizio durante il periodo di cinque anni che scade sei mesi prima della sua entrata in servizio, ha effettuato servizi per un altro Stato o per un’organizzazione internazionale.

38      Il legislatore comunitario ha pertanto presunto che lo svolgimento di tali servizi determini il mantenimento di uno specifico nesso dell’interessato con tale altro Stato o con tale organizzazione internazionale, ostacolando in tal modo il sorgere di un nesso durevole con il paese della sede di servizio e quindi impedendo una sufficiente integrazione del detto interessato nella società di tale paese (v., in questo senso, sentenze 15 gennaio 1981, causa 1322/79, Vutera/Commissione, Racc. pag. 127, punto 8, e De Angelis/Commissione, cit., punto 13).

39      Nel paese della sede di servizio del dipendente interessato gli altri Stati sono rappresentati dalle ambasciate o dalle missioni diplomatiche, nonché dalle rappresentanze permanenti presso le organizzazioni internazionali, come risulta dalle norme di diritto internazionale consuetudinario, codificate, in particolare, dalla Convenzione di Vienna del 18 aprile 1961 sulle relazioni diplomatiche, nonché dalla Convenzione di Vienna del 14 marzo 1975 sulla rappresentanza degli Stati nelle loro relazioni con organizzazioni internazionali di carattere universale.

40      Pertanto, la nozione di «Stato», di cui all’art. 4, n. 1, lett. a), secondo trattino, ultima frase, dell’allegato VII dello Statuto include necessariamente la rappresentanza permanente di uno Stato membro presso l’Unione europea, il che, del resto, non è stato rimesso in discussione nell’ambito della presente impugnazione.

41      Di conseguenza, il personale di siffatta rappresentanza permanente, compreso il suo personale amministrativo e tecnico, dev’essere considerato, vista la sua appartenenza alle strutture di tale rappresentanza, al servizio dello Stato membro in questione e, pertanto, in una situazione di «dislocazione» ai sensi dell’art. 4, n. 1, lett. a), secondo trattino, dell’allegato VII dello Statuto.

42      Ebbene, nel caso di specie, come ha constatato il Tribunale, la sig.ra Hosman‑Chevalier, pur non essendo dipendente dell’amministrazione centrale austriaca, era membro del personale della Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria, era assoggettata all’autorità gerarchica dell’ambasciatore di quest’ultima e il suo status era lo stesso degli altri dipendenti in servizio presso la detta Rappresentanza. Dalla sentenza impugnata emerge inoltre che, a tale titolo, essa ha beneficiato di vari privilegi e immunità, ossia, tra l’altro, dell’esenzione dalle imposte regionali sugli immobili. Pertanto, occorre considerare che essa ha effettuato servizi per lo Stato austriaco.

43      Il particolare status della sig.ra Hosman-Chevalier, come descritto al punto precedente, è stato all’origine del suo specifico legame con la Repubblica d’Austria. Tale legame, di per sé, crea un ostacolo alla sua possibilità di legarsi in maniera durevole al paese della sua sede di servizio e, quindi, alla sua sufficiente integrazione nella società del detto paese.

44      Pertanto, considerata la ratio legis dell’art. 4, n. 1, lett. a), secondo trattino, seconda frase, dell’allegato VII dello Statuto, il Tribunale, al punto 42 della sentenza impugnata, ha giustamente considerato sufficiente, per beneficiare dell’indennità di dislocazione, il fatto che la sig.ra Hosman‑Chevalier abbia esercitato la sua attività professionale per la Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria, indipendentemente dalle funzioni particolari e specifiche che ha svolto nell’ambito del detto organismo.

45      Di conseguenza, l’argomento della Commissione secondo cui il beneficio dell’indennità di dislocazione sarebbe soggetto alla condizione dell’esistenza di un legame giuridico diretto tra la persona interessata e lo Stato in questione è privo di qualsiasi fondamento.

46      Siffatta interpretazione, del resto, è conforme all’autonomia di cui devono godere gli Stati membri nell’organizzazione interna delle loro rappresentanze permanenti. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 89 delle sue conclusioni, spetta allo Stato membro selezionare gli organismi deputati a far parte della rappresentanza permanente e identificare gli interessi pubblici della cui tutela le diverse istanze che convivono all’interno di tale rappresentanza devono farsi portatrici nei rapporti con le istituzioni comunitarie.

47      Alla luce di quanto precede, occorre dichiarare che il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto annullando, al punto 47 della sentenza impugnata, le decisioni della Commissione 8 aprile e 29 ottobre 2003, in quanto rifiutano alla sig.ra Hosman-Chevalier il beneficio dell’indennità di dislocazione.

48      Da quanto sopra risulta che il ricorso di impugnazione della Commissione deve essere respinto in quanto infondato.

 Sulle spese

49      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, che si applica al procedimento d’impugnazione ai sensi del successivo art. 118, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la sig.ra Hosman-Chevalier ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso contro la sentenza del Tribunale di primo grado è respinto.

2)      La Commissione delle Comunità europee è condannata alle spese.

 

                     (Seguono le firme)