CONSULTA ONLINE 

 

Corte di Giustizia delle Comunità europee, 15 maggio 1986

 

C-222/84, Marguerite JohnstonChief Constable of the Royal Ulster Constabulary

 

 

Nel procedimento 222/84,

 

avente ad oggetto la domanda di pronunzia pregiudiziale presentata alla Corte, a norma dell’art. 177 del Trattato CEE, dall’Industrial Tribunal of Northern Ireland, avente sede in Belfast, nella causa dinanzi ad esso pendente tra

 

Marguerite Johnston

 

e

 

Chief Constable of the Royal Ulster Constabulary

 

Oggetto della causa

 

Domanda vertente sull’interpretazione della direttiva 76/207/CEE del Consiglio, del 9 febbraio 1976, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento fra uomini e donne ( GU l 39 , pag. 40 ), e dell’art. 224 del Trattato CEE,

 

Motivazione della sentenza

 

1 Con provvedimento 8 agosto 1984, pervenuto in cancelleria il 4 settembre successivo, l  Industrial Tribunal of Northern Ireland, avente sede in Belfast, ha sottoposto a questa Corte, in base all’art. 177 del Trattato CEE, varie questioni pregiudiziali sull’ interpretazione della direttiva 76/207 del Consiglio, del 9 febbraio 1976, relativa all ' attuazione del principio della parità di trattamento fra uomini e donne ( GU l 39 , pag. 40 ), e dell ' art. 224 del Trattato CEE.

 

2 Dette questioni sono state sollevate nell’ambito di una controversia tra la sig . ra Johnston e il Chief Constable della Royal Ulster Constabulary ( in prosieguo : ' RUC ' ). Quest’ultimo è l’autorità competente a nominare ausiliari di polizia nella RUC Reserve nell ' Irlanda del Nord , in particolare a posti di servizio a tempo pieno, in base a contratti triennali e rinnovabili, nella RUC full-time Reserve. La controversia verte sul rifiuto del Chief Constable di rinnovare il contratto di lavoro della Johnston nella RUC full-time Reserve e di consentirle di seguire corsi di addestramento al maneggio e all’uso di armi da fuoco.

 

3 Dal provvedimento di rinvio emerge che il regolamento che stabilisce le modalità della nomina e le condizioni di lavoro nel corpo di polizia ausiliario - Royal Ulster Constabulary Reserve ( appointment and conditions of service ) regulations ( NI ) 1973 - non fa alcuna distinzione tra uomini e donne rilevante nella fattispecie. Dagli artt. 10 e 19 del Sex discrimination ( Northern Ireland ) Order 1976 - si 1976, n. 1042 ( ni 15 ) - il quale contiene norme intese ad abolire le discriminazioni basate sul sesso e ad attuare il principio della parità di trattamento per quanto riguarda l ' accesso al lavoro, all ' addestramento e all ' avanzamento professionale e le condizioni di lavoro - emerge che il divieto di discriminazione vale anche per il lavoro nella polizia e che uomini e donne non devono essere , in proposito , trattati diversamente, prescindendo dai requisiti relativi alla statura, all ' uniforme , all ' equipaggiamento oppure alle indennità per l ' uniforme o l ' equipaggiamento. Tuttavia, a tenore dell’art. 53, n. 1, del Sex discrimination Order, nessuna delle disposizioni dello stesso che vietano le discriminazioni

' puo avere l ' effetto di rendere illegittimo un atto adottato per salvaguardare la sicurezza dello Stato o per tutelare la pubblica sicurezza o l ' ordine pubblico '

e , a termini del n. 2 dello stesso articolo,

' un certificato firmato dal ministro o a suo nome ed attestante che un atto specificato nel certificato e stato adottato per uno degli scopi menzionati nel n. 1 costituisce la prova inoppugnabile che detto atto e stato adottato per detto scopo '.

 

4 Nel Regno Unito gli agenti di polizia non portano, in generale, armi da fuoco nell ' esercizio delle loro funzioni , tranne che nel corso di operazioni specifiche , e sotto questo profilo non viene fatta alcuna differenza tra uomini e donne. Dato l ' elevato numero di attentati che da vari anni mietono vittime fra gli agenti di polizia nell ' Irlanda del Nord , il Chief Constable della RUC riteneva opportuno abbandonare la prassi suddetta. Egli stabiliva pertanto che il personale maschile della RUC e della RUC Reserve avrebbe portato armi da fuoco nell ' esercizio delle sue funzioni, mentre il personale femminile non ne sarebbe stato dotato e non sarebbe stato addestrato al maneggio e all ' uso delle stesse.

 

5 Nel 1980 il Chief Constable considerava che il numero di donne in servizio nella RUC era sufficiente a consentire lo svolgimento degli specifici compiti di regola affidati agli agenti di sesso femminile. Tenuto conto del fatto che i compiti generali di polizia rendono spesso necessario il porto d ' armi da fuoco, egli stabiliva che detti compiti non avrebbero più dovuto essere affidati ad agenti di sesso femminile e decideva di non rinnovare offrire più contratti a donne nella RUC full-time Reserve , a meno che non si trattasse di svolgere compiti riservati al personale femminile. Tranne che in un caso, a seguito di detta decisione non venivano più rinnovati o offerti contratti a donne nella RUC full-time reserve.

 

6 Secondo il provvedimento di rinvio, la Johnston faceva parte della RUC full-time Reserve dal 1974 al 1980. Essa svolgeva con efficienza i compiti generali dell ' agente di polizia in uniforme, come restare di turno nel posto di polizia, uscire in servizio di pattugliamento, guidare il veicolo della pattuglia e collaborare alla perquisizione delle persone condotte al posto di polizia. Nello svolgimento di detti compiti non era armata, ma quando era di servizio all ' esterno era di regola accompagnata da un agente armato della RUC full-time Reserve. Nel 1980 il Chief Constable le negava il rinnovo del contratto in ragione della sua nuova politica nei confronti del personale femminile della RUC full-time Reserve.

 

7 La Johnston proponeva, dinanzi all’Industrial Tribunal, ricorso avverso il rifiuto di rinnovare il suo contratto e di addestrarla al maneggio di armi da fuoco, sostenendo di essere vittima di una discriminazione illegittima, vietata dal Sex discrimination Order.

 

8 Nel corso del procedimento dinanzi all’Industrial Tribunal il Chief Constable produceva un certificato del Secretary of State, nel quale questo ministro del governo del Regno Unito attestava, conformemente all’art. 53 del Sex discrimination Order, che ' l ' atto col quale la Royal Ulster Constabulary si è rifiutata di offrire alla sig. ra Marguerite I. Johnston un nuovo posto a tempo pieno nella Royal Ulster Constabulary Reserve è stato adottato allo scopo : a ) di salvaguardare la sicurezza dello Stato ; e b ) di tutelare la pubblica sicurezza e l ' ordine pubblico '.

 

9 Dal canto suo, la Johnston si richiamava alla direttiva 76/207, che , com’è stabilito nell’ art. 1, della stessa, è intesa all’attuazione del principio della parità di trattamento fra uomini e donne per quanto riguarda l ' accesso al lavoro, ivi compreso l ' avanzamento , ed all ' addestramento professionale, nonchè le condizioni di lavoro. A tenore dell’art. 2 , n. 1 , detto principio implica l ' assenza di qualsiasi discriminazione basata sul sesso, con riserva, tuttavia, delle deroghe contemplate dai nn. 2 e 3. Ai fini dell’attuazione dello stesso principio nei vari settori, gli artt. da 3 a 5 impongono agli Stati membri, in particolare, l ' abolizione delle disposizioni di legge, di regolamento e amministrative con detto principio contrastanti e il riesame delle disposizioni di legge, di regolamento e amministrative originariamente ispirate da motivi di protezione non più giustificati. A norma dell’art. 6, chiunque si ritenga vittima di una discriminazione deve poter far valere i suoi diritti per via giudiziaria.

 

10 L’Industrial Tribunal, onde poter essere messo in grado di definire la controversia, ha sollevato le seguenti questioni pregiudiziali :

' 1 ) se , secondo la corretta interpretazione della direttiva 76/207 del Consiglio e nelle circostanze di cui alla presente causa , uno Stato membro possa escludere dalla sfera d ' applicazione della direttiva atti costituenti discriminazione in base al sesso per quanto riguarda l ' accesso al lavoro , compiuti allo scopo di salvaguardare la sicurezza nazionale o di tutelare la pubblica sicurezza o l ' ordine pubblico.

2 ) se , secondo la corretta interpretazione della direttiva e nelle circostanze di cui alla presente causa, il lavoro a tempo pieno come membro armato di un corpo di polizia di riserva, o l ' addestramento al maneggio e all ' uso di armi da fuoco per detto lavoro , possano costituire una delle attività professionali e eventualmente delle relative formazioni per le quali , in considerazione della loro natura o delle condizioni per il loro esercizio , il sesso rappresenti una condizione determinante , ai sensi dell’art. 2, n. 2.

3 ) quali siano i principi e i criteri in base ai quali gli Stati membri devono stabilire se  “il sesso rappresenti una condizione determinante” ai sensi dell ' art. 2 , n. 2 , in relazione a  alle “attività professionali” di un membro armato di detto corpo di polizia e b ) alle “relative formazioni”; se essi debbano prendere in considerazione la loro natura oppure tener conto delle condizioni per il loro esercizio.

4 ) se , nelle circostanze di cui alla presente causa, la politica applicata dal comandante di un corpo di polizia, responsabile, per legge, della direzione e del controllo di detto corpo, contraria a che i membri di sesso femminile del corpo di polizia portino armi da fuoco possa costituire una “disposizione relativa alla protezione della donna” ai sensi dell’art. 2 , n. 3 , o una “disposizione amministrativa” ispirata da “motivi di protezione” ai sensi dell ' art. 3 , n. 2 , lett. c ), della direttiva.

5 ) in caso di soluzione affermativa della questione sub 4 , quali siano i principi ed i criteri in base ai quali gli Stati membri devono stabilire se i “motivi di protezione” siano  “giustificati” ai sensi dell’art. 3 , n. 2 , lett. c ).

6 ) se nelle circostanze della fattispecie la ricorrente possa invocare dinanzi ai giudici nazionali di Stati membri il principio della parità di trattamento concretizzato nelle pertinenti disposizioni della direttiva.

7 ) in caso di soluzione affermativa della questione sub 6

a ) se l ' art. 224 del Trattato CEE, correttamente interpretato, consenta agli Stati membri , in caso di gravi agitazioni interne che turbino l ' ordine pubblico, di derogare a qualsiasi obbligo che altrimenti sarebbe imposto dalla direttiva a loro o ai datori di lavoro soggetti alla loro giurisdizione.

b ) in caso affermativo se, allo scopo di evitare che uno Stato membro si avvalga dell ' art. 224 del Trattato CEE, un singolo possa invocare il fatto che detto Stato membro non si è consultato con altri Stati membri. '

 

11 Onde poter fornire all’Industrial Tribunal soluzioni utili per la decisione della causa principale , è opportuno precisare la situazione sulla quale esso e chiamato a statuire. Come emerge dal provvedimento di rinvio, il Chief Constable ha ammesso dinanzi all’Industrial Tribunal che fra le disposizioni del Sex discrimination Order solo l’art. 53 poteva giustificare la sua posizione. Dal canto suo, la Johnston ha ammesso che il certificato emesso dal Secretary of State la priverebbe di qualsiasi rimedio giuridico ove venisse applicato il solo diritto nazionale e che essa si è richiamata alla direttiva per neutralizzare l ' efficacia dell’art. 53 del Sex discrimination Order.

 

12 Risulta pertanto che le questioni sollevate dall’Industrial Tribunal mirano innanzitutto a stabilire se il diritto comunitario e la direttiva 76/207 consentano che al giudice nazionale venga impedito da una norma come l’art. 53 , n. 2, del Sex discrimination Order di esercitare pienamente il suo sindacato giurisdizionale ( parte della sesta questione ). Le questioni dell’Industrial Tribunal sono poi intese ad accertare se e in quali casi la direttiva consenta, in una situazione come quella che sussiste nel caso di specie, di trattare diversamente gli uomini e le donne che lavorano nella polizia per i motivi di tutela della pubblica sicurezza menzionati nell’art. 53, n. 1, del Sex discrimination Order ( questioni dalla prima alla quinta ). Le questioni sollevate hanno inoltre lo scopo di chiarire se la direttiva possa eventualmente essere invocata avverso una norma di diritto nazionale con essa confliggente ( parte restante della sesta questione ). Infine , a seconda della soluzione fornita a detti problemi, potrebbe porsi la questione se sia lecito a uno Stato membro richiamarsi all’art. 224 del Trattato CEE per sottrarsi agli obblighi che la direttiva gli impone in casi come quello di specie ( settima questione ).

 

Sul diritto ad un rimedio giurisdizionale effettivo

 

13 E’ opportuno, pertanto, esaminare innanzitutto la sesta questione nella parte in cui mira a stabilire se il diritto comunitario - e in particolare la direttiva 76/207 - obblighi gli Stati membri a far sì che i loro giudici nazionali possano effettivamente controllare il rispetto della direttiva e delle norme nazionali intese ad attuarla.

 

14 Secondo la Johnston, le disposizioni come l ' art. 53 , n. 2, del Sex discrimination Order contrastano con l ' art. 6 della direttiva poichè ostano all’esercizio del sindacato giurisdizionale da parte del giudice nazionale competente.

 

15 Il Governo del Regno Unito rileva che l ' art . 6 della direttiva non fa obbligo agli Stati membri di assoggettare al sindacato del giudice qualsiasi questione che possa sorgere nell ' applicazione della direttiva, comprese quelle attinenti alla sicurezza nazionale e alla pubblica sicurezza. Norme in materia di prova come l ' art. 53 , n. 2 , del Sex discrimination Order sarebbero frequenti nel diritto processuale nazionale. Esse sarebbero giustificate dal fatto che le questioni di sicurezza nazionale e di pubblica sicurezza potrebbero essere utilmente valutate solo dalla competente autorità politica , cioè dal ministro che emette il certificato di cui trattasi.

 

16 La Commissione assume che attribuire al certificato di un ministro l’efficacia contemplata dall’art. 53, n. 2 , del Sex discrimination Order si risolverebbe nell’escludere completamente il sindacato giurisdizionale e sarebbe pertanto in contrasto con un principio fondamentale di diritto comunitario e con l ' art . 6 della direttiva.

 

17 A questo proposito si deve innanzitutto ricordare che l ' art. 6 della direttiva fa obbligo agli Stati membri di introdurre nei rispettivi ordinamenti giuridici interni i provvedimenti necessari per consentire a chiunque si ritenga vittima di una discriminazione ' di far valere i propri diritti per via giudiziaria '. Da detta disposizione deriva che gli Stati membri sono tenuti ad adottare provvedimenti sufficientemente efficaci per raggiungere lo scopo della direttiva e a garantire che i diritti in tal modo attribuiti possano essere effettivamente fatti valere dagli interessati dinanzi ai giudici nazionali.

 

18 Il sindacato giurisdizionale che il succitato articolo vuole sia garantito costituisce espressione di un principio giuridico generale su cui sono basate le tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri. Detto principio è stato del pari sancito dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, stipulata il 4 novembre 1950. Come si riconosce nella Dichiarazione comune 5 aprile 1977 del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione ( GU c 103, pag. 1 ), e come è dichiarato nella giurisprudenza della Corte, si deve tener conto, nell’ambito del diritto comunitario, dei principi ai quali è ispirata la Convenzione suddetta.

 

19 A norma dell’art. 6 della direttiva, interpretato alla luce del predetto principio generale, qualsiasi persona ha il diritto di esperire un ricorso effettivo dinanzi a un giudice competente avverso gli atti che essa ritenga contrastanti col principio della parità di trattamento fra uomini e donne stabilito dalla direttiva 76/207. Tocca agli Stati membri garantire un sindacato giurisdizionale effettivo sul rispetto delle vigenti disposizioni del diritto comunitario e della normativa nazionale destinata ad attuare i diritti contemplati dalla direttiva.

 

20 La disposizione che, come l’art. 53, n. 2, del Sex discrimination Order, attribuisca ad un certificato come quello di cui trattasi nella fattispecie valore di prova inoppugnabile della sussistenza dei presupposti di una deroga al principio della parità di trattamento consente all’autorità competente di privare il singolo della possibilità di far valere per via giudiziaria i diritti attribuiti dalla direttiva. Siffatta disposizione è pertanto in contrasto col principio del sindacato giurisdizionale effettivo sancito dall’art. 6 della direttiva.

 

21 Questa parte della sesta questione sollevata dall’Industrial Tribunal deve essere pertanto risolta nel senso che il principio del sindacato giurisdizionale effettivo sancito dall’art. 6 della direttiva 76/207 del Consiglio, del 9 febbraio 1976, osta a che venga attribuito valore di prova inoppugnabile, che escluda l’esercizio del potere di controllo da parte del giudice, al certificato di un’autorità nazionale in cui si dichiari che sussistono i presupposti per derogare al principio della parità di trattamento tra uomini e donne ai fini della tutela della pubblica sicurezza.

 

Sull’applicabilità della direttiva 76/207 a provvedimenti intesi a tutelare la pubblica sicurezza

 

22 Occorre poi esaminare la prima questione, con la quale l’Industrial Tribunal chiede se, tenuto conto dell’assenza nella direttiva 76/207 di un’espressa disposizione riguardante provvedimenti adottati allo scopo di salvaguardare la sicurezza dello Stato o di tutelare l ' ordine pubblico e in particolare la pubblica sicurezza, detta direttiva si applichi a siffatti provvedimenti.

 

23 Secondo la Johnston, non vige, a tale scopo, alcuna deroga generale al principio fondamentale della parità di trattamento che prescinda da attività lavorative particolari, dalla loro natura e dalle condizioni del loro esercizio. Una deroga siffatta, motivata dalla sola considerazione che un atto discriminatorio persegue scopi come la tutela della pubblica sicurezza, darebbe agli Stati membri la possibilità di sottrarsi unilateralmente agli obblighi imposti loro dalla direttiva.

 

24 Il Governo del Regno Unito considera che le clausole di salvaguardia di cui agli artt. 36 , 48 , 56 , 66 , 223 e 224 del Trattato CEE dimostrano che il Trattato , di conseguenza, il diritto derivato si applicano nelle materie cui si riferisce la questione del giudice nazionale e limitano il potere degli Stati membri di adottare i provvedimenti che essi ritengano utili o necessari agli scopi di cui trattasi. Pertanto, i provvedimenti menzionati nella prima questione esulerebbero dalla sfera d ' applicazione della direttiva.

 

25 La Commissione suggerisce di interpretare la direttiva alla luce dell’art. 224 del Trattato CEE, nel senso che considerazioni di pubblica sicurezza potrebbero, nei casi specificamente contemplati da detto articolo e con riserva del controllo giurisdizionale, giustificare deroghe al principio della parità di trattamento anche qualora non sussistano i rigorosi presupposti stabiliti dall’art. 2, nn. 2 e 3, della direttiva.

 

26 A questo proposito si deve rilevare che il Trattato contempla deroghe da applicare in situazioni che possano compromettere la pubblica sicurezza soltanto negli artt. 36 , 48 , 56 , 223 e 224, che riguardano ipotesi eccezionali, chiaramente delimitate. In ragione del loro carattere limitato, detti articoli non si prestano ad un ' interpretazione estensiva , ne è lecito dedurne una riserva generale , inerente al Trattato, per qualsiasi provvedimento adottato per motivi di pubblica sicurezza. Qualora si considerasse ogni disposizione di diritto comunitario soggetta ad una riserva generale , prescindendo dai presupposti specifici stabiliti dal Trattato, si rischierebbe di compromettere la forza cogente e l ' applicazione uniforme del diritto comunitario.

 

27 Ne consegue che l ' attuazione del principio della parità di trattamento fra uomini e donne non è soggetta ad alcuna riserva generale con riguardo a provvedimenti motivati dalla tutela della pubblica sicurezza , prescindendo dall ' eventuale applicazione dell ' art. 224 del Trattato, che riguarda una situazione affatto eccezionale e costituisce oggetto della settima questione. I fatti che hanno indotto l’autorità competente a richiamarsi alle esigenze della tutela della pubblica sicurezza devono pertanto, se necessario, essere presi in considerazione innanzitutto nel contesto dell’applicazione delle specifiche disposizioni della direttiva.

 

28 La prima questione deve pertanto essere risolta nel senso che le discriminazioni basate sul sesso e operate per motivi attinenti alla tutela della pubblica sicurezza devono essere esaminate alla luce delle deroghe al principio della parità di trattamento tra uomini e donne contemplate dalla direttiva 76/207.

 

Sulle deroghe consentite in ragione delle condizioni di esercizio dell’attività lavorativa

 

29 Con la seconda e con la terza questione l’Industrial Tribunal chiede l ' interpretazione della deroga al principio della parità di trattamento contemplata dall’art. 2 , n. 2, della direttiva onde poter stabilire se una disparità di trattamento come quella di cui trattasi rientri in detta deroga. A questo proposito esso chiede che gli vengano indicati i criteri e i principi secondo cui si deve giudicare se un’attività come quella di cui trattasi nella fattispecie faccia parte delle attività per le quali, ' in considerazione della loro natura o delle condizioni per il loro esercizio, il sesso rappresenti una condizione determinante '.

 

30 La Johnston osserva che non è possibile risolvere detta questione in termini così generali. Ella avrebbe svolto le mansioni di agente di polizia in maniera soddisfacente. Le donne sarebbero pienamente idonee ad essere addestrate al maneggio delle armi da fuoco. Spetterebbe all’Industrial Tribunal stabilire, tenuto conto dei compiti concreti assegnatile , se sia lecita una deroga in base all’art. 2, n. 2, della direttiva. Detta disposizione non consentirebbe di escluderla totalmente da qualsiasi posto nella RUC full-time Reserve.

 

31 Secondo il Governo del Regno Unito, gli Stati membri sono liberi di decidere se, tenuto conto delle esigenze della sicurezza nazionale e della pubblica sicurezza o dell ' ordine pubblico, le condizioni di esercizio di un’attività lavorativa nella polizia ostino a che dette attività siano svolte da una donna munita di armi da fuoco. Gli Stati membri potrebbero prendere in considerazione, a questo proposito, criteri come la differenza tra i due sessi quanto alla forza fisica, la probabile reazione del pubblico dinanzi ad agenti di polizia di sesso femminile armati ed il rischio che questi diventino obiettivo di attentati. La decisione del Chief Constable, adottata in base a siffatti criteri, rientrerebbe nella riserva contemplata dall’art. 2 , n. 2, della direttiva.

 

32 La Commissione considera che, in ragione delle condizioni del suo esercizio, e non della sua natura , l’attività dell’agente di polizia armato può essere considerata attività per la quale il sesso costituisce requisito determinante. Tuttavia, le deroghe dovrebbero essere giustificate relativamente a compiti specifici, non al posto considerato nel suo complesso. In particolare, si dovrebbe rispettare il principio di proporzionalità. Spetterebbe al giudice nazionale giudicare la discriminazione di cui trattasi sotto questo profilo.

 

33 A questo proposito si deve innanzitutto osservare che la decisione, adottata dalle autorità di polizia dell’Irlanda del Nord in ragione delle esigenze della tutela della pubblica sicurezza, di scostarsi dal principio, generalmente applicato in altre parti del Regno Unito, secondo cui gli agenti di polizia non devono essere armati nel normale esercizio delle loro funzioni non implica nessuna distinzione fra uomini e donne e non rientra pertanto nella sfera d’applicazione del principio della parità di trattamento. Solo in quanto il Chief Constable ha deciso che le donne non sarebbero state dotate di armi da fuoco addestrate al maneggio delle stesse, che i compiti generali di polizia sarebbero stati in futuro riservati agli uomini armati e che i contratti delle donne della RUC full-time Reserve alle quali, come nel caso della Johnston, erano prima affidati compiti generali di polizia non sarebbero stati rinnovati, la valutazione di tali provvedimenti alla luce della direttiva entra in considerazione.

 

34 Poichè, come emerge dal provvedimento di rinvio, il Sex discrimination Order si applica espressamente ai posti di lavoro nella polizia e poichè a questo proposito nelle specifiche disposizioni in materia non si fa alcuna distinzione fra uomini e donne, la natura dell’attività lavorativa nella polizia non è pertinente per giustificare la discriminazione controversa. Si deve invece accertare se, in ragione delle specifiche condizioni d ' esercizio dell’attività descritta nel provvedimento di rinvio, il sesso costituisca un requisito determinante per detta attività.

 

35 Come emerge dal provvedimento di rinvio, l’atteggiamento adottato dal Chief Constable nei confronti del personale femminile della RUC full-time Reserve è motivato dalla considerazione che, se le donne fossero munite di armi da fuoco, aumenterebbero le probabilità che esse costituiscano obiettivo di attentati e che le loro armi cadano nelle mani degli aggressori, che il porto di armi da parte delle donne, eccessivamente contrastante con l ' ideale costituito della polizia disarmata, sarebbe malvisto dal pubblico e che dotare le donne di armi renderebbe meno efficace il lavoro, particolarmente prezioso, da esse svolto nel settore sociale, in cui hanno a che fare con famiglie e con minori. I motivi esposti dal Chief Constable si riferiscono alle particolari condizioni in cui la polizia si trova a dover operare nell’Irlanda del Nord, tenuto conto delle esigenze della tutela della pubblica sicurezza in una situazione di gravi disordini interni.

 

36 Per quanto riguarda il se tale motivazione possa trovare avallo nell ' art. 2 , n. 2 della direttiva, si deve innanzitutto rilevare che quest ' ultima disposizione , in quanto contempla una limitazione di un diritto individuale sancito dalla direttiva, dev ' essere interpretata in senso restrittivo. Occorre però ammettere che le condizioni di esercizio dell’attività professionale dei componenti di un corpo di polizia armato sono determinate dall ' ambiente nel quale detta attivita viene svolta . a questo proposito , non si puo escludere la possibilità che, in una situazione di gravi disordini interni, il porto di armi da fuoco da parte di donne poliziotto le esponga a un più grave rischio di attentati e sia pertanto in contrasto con le esigenze della pubblica sicurezza.

 

37 Di conseguenza, le condizioni di esercizio di talune attività di polizia possono essere tali da rendere il sesso requisito determinante per lo svolgimento delle stesse attività. In tal caso, uno Stato membro può riservare agli uomini detti compiti e il relativo addestramento. Esso è però tenuto, in base all’art. 9 , n. 2 , della direttiva, ad esaminare periodicamente le attività di cui trattasi per accertare se, tenuto conto dell’evoluzione sociale, la deroga al sistema generale della direttiva possa essere ancora tenuta ferma.

 

38 Si deve inoltre ricordare che, nel determinare la portata di qualsiasi limitazione di un diritto individuale, come quello alla parità di trattamento fra uomini e donne stabilito dalla direttiva, occorre rispettare il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi giuridici generali sui quali e basato l ' ordinamento giuridico comunitario. Il suddetto principio esige che siffatte limitazioni non eccedano quanto è adeguato e necessario per raggiungere lo scopo perseguito e prescrive di conciliare, per quanto possibile, il principio della parità di trattamento con le esigenze della pubblica sicurezza che sono determinanti per le condizioni di esercizio dell’attività di cui trattasi.

 

39 Nell ' ambito della ripartizione delle competenze stabilita dall’art. 177 del Trattato CEE, spetta al giudice nazionale accertare se i motivi su cui il Chief Constable si è basato siano effettivamente fondati e giustifichino il provvedimento concreto adottato nei confronti della Johnston. Spetta inoltre al giudice nazionale controllare se il principio di proporzionalità sia rispettato e stabilire se il rifiuto di rinnovare il contratto della Johnston non possa essere evitato attribuendo alle donne compiti che, senza che venga compromesso il raggiungimento degli scopi perseguiti, possano essere svolti senza il porto d’armi.

 

40 La seconda e la terza questione dell’Industrial Tribunal devono pertanto essere risolte come segue : l’art. 2 , n. 2 , della direttiva 76/207 dev’essere interpretato nel senso che uno Stato membro, nel giudicare se, in ragione delle condizioni di esercizio dell’attività di agente di polizia, il sesso costituisca un requisito determinante per detta attività lavorativa, può tener conto delle esigenze della tutela della pubblica sicurezza per riservare, in una situazione interna caratterizzata da frequenti attentati, i compiti generali di polizia a uomini dotati di armi da fuoco.

 

Sulle deroghe consentite per motivi di protezione della donna

 

41 Con la quarta e con la quinta questione l’Industrial Tribunal chiede poi alla Corte l ' interpretazione delle nozioni ' protezione della donna ' ai sensi dell’art. 2, n. 3, della direttiva e ' motivi di protezione ' ai sensi dell’ art. 3 , n. 2 , lett. c ), criteri cui sono ispirate talune disposizioni nazionali, onde poter giudicare se la disparità di trattamento controversa possa rientrare nelle deroghe al principio della parità di trattamento contemplate in base ai criteri suddetti.

 

42 Secondo la Johnston, le disposizioni di cui sopra devono essere interpretate in senso restrittivo e sono intese unicamente a garantire alle donne un trattamento speciale per tutelarne la salute e la sicurezza in caso di gravidanza o di maternità. Non sarebbe pertinente invocarle per giustificare la totale esclusione delle donne dal servizio in un corpo di polizia armato.

 

43 Il Governo del Regno Unito sostiene che l’atteggiamento tenuto nei confronti delle donne nella RUC full-time Reserve è dovuto all’intento di proteggerle, cioè di evitare che esse diventino bersaglio di attentati. La nozione ' protezione della donna ' potrebbe ricomprendere detto scopo in periodi di gravi disordini. La Commissione è anch ' essa dell ' avviso che una situazione eccezionale come quella esistente nell’Irlanda del Nord ed i pericoli che essa comporta per gli agenti di polizia di sesso femminile dotati di armi da fuoco possano essere presi in considerazione sotto il profilo della protezione della donna.

 

44 A questo proposito si deve rilevare che, al pari del n. 2, dell’art. 2 della direttiva, il n. 3 dello stesso, che determina del pari la portata dell’art. 3 , n. 2 , lett. c ), va interpretato in senso restrittivo. Dall’espressa menzione della gravidanza e della maternità emerge che la direttiva mira a garantire la protezione della condizione biologica della donna e delle relazioni particolari tra la donna e il figlio. La suddetta disposizione della direttiva non consente pertanto di escludere le donne da un determinato posto di lavoro per il motivo che l ' opinione pubblica esigerebbe che esse siano più protette degli uomini contro rischi che riguardano allo stesso modo gli uomini e le donne e che sono diversi dalle esigenze specifiche di protezione della donna come quelle espressamente menzionate.

 

45 Non risulta che i rischi e i pericoli ai quali le donne sono esposte nell ' esercizio delle loro funzioni nella polizia, in una situazione come quella esistente nell’Irlanda del Nord, siano diversi da quelli cui qualsiasi uomo e del pari esposto nell ' esercizio delle stesse funzioni. La totale esclusione delle donne da detta attività lavorativa in ragione di un rischio di carattere generale e non peculiare alle donne per motivi di tutela della pubblica sicurezza non rientra nell’ambito delle disparità di trattamento che l ' art. 2 , n. 3, della direttiva consente ai fini della protezione della donna.

 

46 La quarta e la quinta questione dell’Industrial Tribunal devono pertanto essere risolte nel senso che le disparità di trattamento fra uomini e donne consentite dall’art. 2 , n. 3 , della direttiva 76/207 ai fini della protezione della donna non comprendono rischi e pericoli, come quelli ai quali qualsiasi agente di polizia armato e esposto nell’esercizio delle sue funzioni in una determinata situazione, che non riguardino specificamente le donne in quanto tali.

 

Sull’efficacia della direttiva 76/207

 

47 L’Industrial Tribunal chiede ancora, con la sesta questione, se nell’ambito di giudizi instaurati dinanzi a giudici nazionali i singoli possano prevalersi della direttiva. Tenuto conto di quanto precede, la questione si pone in particolare con riguardo agli artt. 2 e 6 della direttiva.

 

48 La Johnston osserva che l’art. 2 , n. 1, della direttiva è redatto in termini assoluti e sufficientemente chiari e precisi per aver efficacia diretta. Esso potrebbe essere invocato contro il Chief Constable in quanto autorità pubblica. Comunque, la direttiva avrebbe efficacia diretta orizzontale anche nei confronti dei privati.

 

49 Secondo il Governo del Regno Unito, l’art. 2 , n. 1 , della direttiva è una disposizione condizionata in quanto è subordinata a deroghe che gli Stati membri possono determinare discrezionalmente. Il Chief Constable sarebbe, sotto il profilo costituzionale, indipendente dallo Stato e sarebbe interessato nella fattispecie solo come datore di lavoro. La direttiva non avrebbe efficacia diretta in siffatti rapporti.

 

50 La Commissione considera che il caso può essere risolto in base al diritto nazionale e che non vi è motivo di pronunziarsi sull’efficacia diretta degli artt. 2 e 3 della direttiva.

 

51 A questo proposito si deve osservare innanzitutto che in tutti i casi in cui una direttiva sia attuata correttamente, i suoi effetti raggiungono i singoli per il tramite dei provvedimenti di attuazione emanati dallo Stato membro interessato. Pertanto, la questione se l’art. 2, n. 1 , possa essere invocato dinanzi ai giudici nazionali e priva d ' oggetto poichè è assodato che detta disposizione e stata recepita nel diritto nazionale.

 

52 La deroga al principio della parità di trattamento consentita, come si è detto, dall’art. 2, n. 2, costituisce solo una facoltà per gli Stati membri. Spetta al giudice nazionale competente accertare se lo Stato membro interessato si sia avvalso di detta facoltà in talune disposizioni nazionali e valutare il contenuto di queste. La questione se il singolo possa richiamarsi ad una disposizione della direttiva per ottenere la disapplicazione di una deroga contemplata dal diritto nazionale si porrebbe soltanto se detta deroga travalicasse i limiti delle eccezioni consentite dall’art. 2 , n. 2 , della direttiva.

 

53 In questo contesto si deve in primo luogo rilevare che, come la Corte ha gia affermato nelle sentenze 10 aprile 1984 ( causa 14/83 , Von Colson e Kamann , racc. pag. 1891 , e causa 79/83 , Harz, racc. pag. 1921 ), l’obbligo degli Stati membri, derivante da una direttiva, di conseguire il risultato da questa contemplato, come pure il dovere loro imposto dall’art. 5 del Trattato di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l’adempimento di detto obbligo, valgono per tutti gli organi degli Stati membri, ivi compresi, nell’ambito di loro competenza, quelli giurisdizionali. Ne consegue che nell ' applicare il diritto nazionale, e in particolare una legge nazionale espressamente adottata per l ' attuazione della direttiva 76/207 , il giudice nazionale deve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e dello scopo della direttiva onde conseguire il risultato contemplato dall’art. 189 , 3° comma , del Trattato CEE. Spetta pertanto all’Industrial Tribunal interpretare il Sex discrimination Order, e in particolare l’art. 53 , n. 1 , dello stesso, alla luce della direttiva, come interpretata sopra, per garantire la piena efficacia della stessa.

 

54 Per l ' ipotesi in cui, tenuto conto di quanto precede, la questione se il singolo possa richiamarsi alla direttiva per opporsi a una deroga stabilita dal diritto nazionale si ponesse ugualmente , occorre ricordare la costante giurisprudenza della Corte ( si veda segnatamente la sentenza 19 gennaio 1982 , causa 8/81 , Becker , racc. pag. 53 ). In particolare , la Corte ha affermato recentemente, nella sentenza 26 febbraio 1986 ( causa 152/84 , Marshall , racc. 1986 , pag. 723 ), che talune disposizioni della direttiva 76/207 sono, dal punto di vista del contenuto, assolute e sufficientemente precise e che i singoli possono invocarle nei confronti dello Stato membro che non le abbia attuate correttamente.

 

55 Detto rilievo è stato fatto, nella succitata sentenza 26 febbraio 1986, a proposito dell ' applicazione del principio della parità di trattamento - stabilito dall’art. 2 , n. 1 , della direttiva - alle condizioni inerenti al licenziamento , cui si riferisce l ' art. 5 , n. 1. Esso vale anche per quanto riguarda l ' applicazione del principio suddetto, alle condizioni relative all’accesso al lavoro ed all’accesso, all’addestramento e al perfezionamento professionale , di cui trattano gli artt. 3 , n. 1, e 4 e di cui trattasi nella fattispecie.

 

56 Sempre nella sentenza 26 febbraio 1986 la Corte ha dichiarato che i singoli possono invocare la direttiva nei confronti di un organo dello Stato, indipendentemente dal se detto organo agisca come datore di lavoro o come autorità pubblica. Per quanto riguarda un ' autorità come il Chief Constable, si deve rilevare come dal provvedimento di rinvio emerga che trattasi di un funzionario responsabile della direzione dei servizi di polizia. Tale autorità pubblica, incaricata dallo Stato di garantire l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza, non agisce come privato, quali che siano i suoi rapporti con altri organi dello Stato. Essa non può avvalersi dell’inosservanza del diritto comunitario da parte dello Stato da cui emana.

 

57 La sesta questione deve pertanto essere risolta nel senso che i singoli possono esigere, nei confronti di un’autorità statale incaricata del mantenimento dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza, la quale agisca in qualità di datore di lavoro, l’applicazione del principio della parità di trattamento fra uomini e donne sancito dall’art. 2, n. 1, della direttiva 76/207 alle condizioni di accesso al lavoro e di accesso all’addestramento e al perfezionamento professionali, di cui trattano gli artt. 3 , n. 1 , e 4, perchè venga disapplicata una deroga a detto principio stabilita dal diritto nazionale e che travalichi i limiti delle eccezioni consentite dall’art. 2 , n. 2.

 

58 A proposito dell’art. 6 della direttiva, il quale - come si è detto - si applica anch’esso nella fattispecie, la Corte ha già affermato nelle succitate sentenze 10 aprile 1984 che esso non implica - per quanto riguarda le sanzioni dell’eventuale discriminazione - alcun obbligo assoluto e sufficientemente preciso che possa esser fatto valere dai singoli. Per contro, in quanto da detto articolo, interpretato alla luce del principio generale ivi espresso, risulta che chiunque si ritenga leso da una discriminazione basata sul sesso deve poter esperire un rimedio giurisdizionale effettivo, tale disposizione è sufficientemente precisa e assoluta per poter essere fatta valere nei confronti dello Stato membro che non abbia provveduto a darle piena attuazione nel suo ordinamento giuridico interno.

 

59 Questa parte della sesta questione dev’essere pertanto risolta nel senso che la disposizione dell’art. 6 secondo la quale chiunque si ritenga leso da una discriminazione in base al sesso deve poter esperire un rimedio giurisdizionale effettivo può essere fatta valere dai singoli nei confronti dello Stato membro che non abbia provveduto a darle piena attuazione nel suo ordinamento giuridico interno.

 

Sull’art. 224 del Trattato CEE

 

60 A proposito della settima questione, vertente sull’interpretazione dell’art. 224, da quanto precede emerge che l’art. 2, n. 2, della direttiva 76/207 consente agli Stati membri di prendere in considerazione le esigenze della tutela della pubblica sicurezza in un caso come quello di specie. Per quanto riguarda l’esigenza di garantire il sindacato giurisdizionale nel rispetto delle norme stabilite dalla direttiva, nessun dato del fascicolo e nessuna delle osservazioni presentate alla Corte autorizzano a ritenere che la situazione esistente nell ' Irlanda del Nord renda impossibile il sindacato giurisdizionale o che dei provvedimenti necessari per la tutela della pubblica sicurezza possano essere resi inefficaci dal controllo esercitato dai giudici nazionali. Di conseguenza, la questione se l’art. 224 del Trattato CEE possa essere invocato da uno Stato membro per sottrarsi agli obblighi impostigli dal diritto comunitario e segnatamente dalla direttiva non si pone nella fattispecie.

 

61 La settima questione è pertanto priva d’oggetto, tenuto conto della soluzione delle altre questioni.

 

Decisione relativa alle spese

 

Sulle spese

 

62 Le spese sostenute dai governi del Regno Unito e della Danimarca e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento ha il carattere di un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

 

Dispositivo

 

Per questi motivi, la Corte,

 

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dall’Industrial Tribunal of Northern Ireland, con provvedimento 8 agosto 1984, dichiara :

 

1 ) il principio del sindacato giurisdizionale effettivo sancito dall’art. 6 della direttiva 76/207 del Consiglio, del 9 febbraio 1976, osta a che venga attribuito valore di prova inoppugnabile, che escluda l’esercizio del potere di controllo da parte del giudice, al certificato di un’autorità nazionale in cui si dichiari che sussistono i presupposti per derogare al principio della parità di trattamento tra uomini e donne ai fini della tutela della pubblica sicurezza. La disposizione dell’art. 6 secondo cui chiunque si ritenga leso da una discriminazione in base al sesso deve poter esperire un rimedio giurisdizionale effettivo può essere fatta valere dai singoli nei confronti dello Stato membro che non abbia provveduto a darle piena attuazione nel suo ordinamento giuridico interno.

 

2 ) le discriminazioni basate sul sesso e operate per motivi attinenti alla tutela della pubblica sicurezza devono essere esaminate alla luce delle deroghe al principio della parità di trattamento tra uomini e donne contemplate dalla direttiva, 76/207.

 

3 ) L’art. 2 , n. 2 , della direttiva 76/207 dev’essere interpretato nel senso che uno Stato membro, nel giudicare se, in ragione delle condizioni di esercizio dell’attività di agente di polizia, il sesso costituisca un requisito determinante per detta attività lavorativa, può tener conto delle esigenze della tutela della pubblica sicurezza per riservare, in una situazione interna caratterizzata da frequenti attentati, i compiti generali di polizia a uomini dotati di armi da fuoco.

 

4 ) le disparità di trattamento fra uomini e donne consentite dall’art. 2 , n. 3 , della direttiva 76/207 ai fini della protezione della donna non comprendono rischi e pericoli, come quelli ai quali qualsiasi agente di polizia armato e esposto nell’esercizio delle sue funzioni in una determinata situazione, che non riguardino specificamente le donne in quanto tali.

 

5 ) i singoli possono esigere, nei confronti di un’autorità statale incaricata del mantenimento dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza, la quale agisca in qualità di datore di lavoro, l’applicazione del principio della parità di trattamento fra uomini e donne sancito dall’art. 2 , n. 1, della direttiva 76/207 alle condizioni di accesso al lavoro e di accesso all’addestramento e al perfezionamento professionali, di cui trattano gli artt. 3 , n. 1 e 4, perchè venga disapplicata una deroga a detto principio stabilita dal diritto nazionale e che travalichi i limiti delle eccezioni consentite dall’art. 2 , n. 2.

 

              (Seguono le firme)