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Corte di Giustizia delle Comunità europee (Seconda Sezione), 5 marzo 2009

 

C-222/07, Unión de Televisiones Comerciales Asociadas (UTECA)Administración General del Estado

 

  

 

 

Nel procedimento C‑222/07,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Tribunal Supremo (Spagna), con decisione 18 aprile 2007, pervenuta in cancelleria il 3 maggio 2007, nel procedimento

 

 

Unión de Televisiones Comerciales Asociadas (UTECA)

 

contro

 

Administración General del Estado,

 

in presenza di:

 

Federación de Asociaciones de Productores Audiovisuales,

Radiotelevisión Española (RTVE),

Entidad de Gestión de Derechos de los Productores Audiovisuales (Egeda),

 

 

LA CORTE (Seconda Sezione),

 

 

composta dal sig. C.W.A. Timmermans (relatore), presidente di sezione, dai sigg. J.-C. Bonichot, J. Makarczyk, P. Kūris e L. Bay Larsen, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 luglio 2008,

viste le osservazioni presentate:

        per l’Unión de Televisiones Comerciales Asociadas (UTECA), dall’avv. S. Muñoz Machado, abogado, e dalla sig.ra M. Cornejo Barranco, procuradora;

        per la Federación de Asociaciones de Productores Audiovisuales, dagli avv.ti M.A. Albaladejo e E. Klimt, abogados, nonché dal sig. A. Blanco Fernández, procurador;

        per l’Entidad de Gestión de Derechos de los Productores Audiovisuales (Egeda), dagli avv.ti J. Suárez Lozano e M. Benzal Medina, abogados;

        per il governo spagnolo, dalla sig.ra N. Díaz Abad, in qualità di agente;

        per il governo belga, dalla sig.ra C. Pochet, in qualità di agente, assistita dagli avv.ti A. Berenboom e A. Joachimowicz, avocats;

        per il governo ellenico, dalle sig.re E.-M. Mamouna e O. Patsopoulou, in qualità di agenti;

        per il governo francese, dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra A.‑L. During, in qualità di agenti;

        per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. F. Arena, avvocato dello Stato;

        per il governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di agente;

        per il governo polacco, dal sig. P.T. Kozek, in qualità di agente;

        per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra E. Montaguti, nonché dai sigg. R. Vidal Puig e T. Scharf, in qualità di agenti;

        per l’Autorità di vigilanza AELS (EFTA), dal sig. B. Alterskjær e dalla sig.ra L. Young, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 4 settembre 2008,

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

 

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 12 CE e 87 CE, nonché dell’art. 3 della direttiva del Consiglio 3 ottobre 1989, 89/552/CEE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati Membri concernenti l’esercizio delle attività televisive (GU L 298, pag. 23), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 30 giugno 1997, 97/36/CE (GU L 202, pag. 60; in prosieguo la «direttiva»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un ricorso proposto dall’Unión de Televisiones Comerciales Asociadas (in prosieguo l’«UTECA») contro un regio decreto che impone agli operatori televisivi di destinare, da un lato, una quota del 5% dei loro ricavi dell’esercizio finanziario precedente al finanziamento della produzione di lungometraggi e di cortometraggi cinematografici e di film per la televisione europei e, dall’altro, il 60% di tale finanziamento a produzioni la cui lingua originale è una delle lingue ufficiali del Regno di Spagna.

 Ambito normativo

 La normativa comunitaria

3        Il ventiseiesimo ‘considerando’ della direttiva 89/552 è così formulato:

«(...) Per promuovere attivamente l’una o l’altra lingua, gli Stati membri devono avere la facoltà di stabilire norme più rigorose o più particolareggiate, secondo criteri linguistici, sempreché tali norme rispettino il diritto comunitario e non si applichino alla ritrasmissione di programmi originari di altri Stati membri».

4        A tenore del settimo ‘considerando’ della direttiva 97/36:

«(...) Qualunque quadro legislativo relativo ai nuovi servizi audiovisivi deve essere compatibile con l’obiettivo principale della presente direttiva, che è quello di creare il contesto giuridico per la libera circolazione dei servizi».

5        Il quarantaquattresimo ‘considerando’ della direttiva 97/36 recita:

«(...) Gli Stati membri conservano la facoltà di applicare, per le emittenti soggette alla loro giurisdizione, norme più dettagliate o più rigorose nei settori coordinati dalla presente direttiva ivi comprese, tra l’altro, norme riguardanti il conseguimento di obiettivi di politica linguistica (...)».

6        Il quarantacinquesimo ‘considerando’ della direttiva 97/36 è così formulato:

«(...) L’obiettivo di sostenere la produzione audiovisiva in Europa può essere perseguito negli Stati membri anche tramite la definizione di una missione di pubblico interesse per taluni enti televisivi comprendente l’obbligo di contribuire in misura rilevante all’investimento nella produzione nazionale locale».

7        L’art. 3, n. 1, della direttiva così dispone:

«Per ciò che si riferisce alle emittenti televisive soggette alla loro competenza, gli Stati membri hanno la facoltà di prevedere norme più rigorose o più particolareggiate nei settori inclusi nella presente direttiva».

8        L’art. 4, n. 1, della direttiva è così formulato:

«Gli Stati membri vigilano, ogniqualvolta sia possibile e ricorrendo ai mezzi appropriati, che le emittenti televisive riservino ad opere europee ai sensi dell’art. 6 la maggior parte del loro tempo di trasmissione, escluso il tempo dedicato a notiziari, manifestazioni sportive, giochi televisivi, pubblicità o servizi di teletext e televendite. Tenuto conto delle responsabilità dell’emittente televisiva verso il suo pubblico in fatto di informazione, educazione, cultura e svago, questa proporzione dovrà essere raggiunta gradualmente secondo criteri appropriati».

9        A tenore dell’art. 5 della direttiva:

«Gli Stati membri vigilano, ogniqualvolta sia possibile e ricorrendo ai mezzi appropriati, che le emittenti televisive riservino alle opere europee realizzate da produttori indipendenti dalle emittenti stesse il 10% almeno del loro tempo di trasmissione – escluso il tempo dedicato a notiziari, manifestazioni sportive, giochi televisivi, pubblicità o servizi di teletext e televendite – oppure, a scelta dello Stato membro, il 10% almeno del loro bilancio destinato alla programmazione. Tenuto conto delle responsabilità delle emittenti verso il loro pubblico in fatto di informazione, educazione, cultura e svago, questa percentuale deve essere raggiunta gradualmente secondo criteri appropriati; essa deve essere raggiunta assegnando una quota adeguata ad opere recenti, vale a dire quelle diffuse entro un termine di cinque anni dalla loro produzione».

 La normativa nazionale

10      Il regio decreto n. 1652/2004, recante disciplina dell’investimento obbligatorio per il finanziamento anticipato di lungometraggi e cortometraggi cinematografici e di film prodotti per la televisione, europei e spagnoli (Real decreto 1652/2004 por el que se aprueba el Reglamento que regula la inversión obligatoria para la financiación anticipada de largometrajes y cortometrajes cinematográficos y películas para televisión, europeos y españoles) del 9 luglio 2004 (BOE n. 174 del 20 luglio 2004, pag. 26264) dà parziale attuazione alla normativa spagnola in materia di televisione e di cinematografia. Tale normativa è costituita dalla legge 25/1994, che incorpora nell’ordinamento giuridico spagnolo la direttiva 89/552/CEE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive (Ley 25/1994 por la que se incorpora al ordenamiento jurídico español la Directiva 89/552/CEE del Consejo, sobre la coordinación de disposiciones legales, reglamentarias y administrativas de los Estados miembros relativas al ejercicio de la actividad de radiodifusión televisiva) del 12 luglio 1994 (BOE n. 166 del 13 luglio 1994, pag. 22342), come modificata dalla legge 7 giugno 1999, n. 22/1999 (BOE n. 136 dell’8 giugno 1999) e, successivamente, dalla seconda disposizione aggiuntiva della legge 15/2001, intesa a favorire e a promuovere la cinematografia nel settore audiovisivo (Ley 15/2001 de fomento y promoción de la cinematografía y el sector audiovisual) del 9 luglio 2001 (BOE n. 164 del 10 luglio 2001, pag. 24904).

11      A tenore dell’art. 5, n. 1, della legge n. 25/1994, come modificata dalla legge 22/1999:

«Gli operatori televisivi riservano il 51% del loro tempo di trasmissione annuale alla diffusione di opere audiovisive europee.

L’adempimento di tale obbligo implica che una quota pari ad almeno il 5% del totale delle entrate registrate nel corso dell’esercizio finanziario precedente, conformemente al proprio conto di gestione, venga destinato al finanziamento di lungometraggi cinematografici e di film prodotti per la televisione europei».

12      A seguito della modifica apportata dalla seconda disposizione aggiuntiva della legge 15/2001, l’art. 5, n. 1, secondo comma, della detta legge, è stato sostituito dalle seguenti disposizioni:

«Gli operatori televisivi che hanno la responsabilità editoriale di canali televisivi la cui programmazione includa lungometraggi cinematografici di produzione recente – ossia con un’età di produzione inferiore a sette anni – riservano annualmente una quota almeno pari al 5% del totale delle entrate registrate nel corso dell’esercizio finanziario precedente, conformemente al proprio conto di gestione, al finanziamento anticipato della produzione di lungometraggi e di cortometraggi cinematografici e di film per la televisione europei, compresi i casi contemplati dall’art. 5, n. 1, della legge sulla promozione e la diffusione dell’arte cinematografica e del settore audiovisivo. Il 60% di tale finanziamento è destinato a produzioni la cui lingua originale è una delle lingue ufficiali parlate in Spagna.

A tali effetti, per film per la televisione si intendono le opere audiovisive con caratteristiche simili ai lungometraggi cinematografici, ossia opere unitarie di durata superiore a sessanta minuti con una parte finale e caratterizzate dal fatto che il relativo piano di sfruttamento commerciale non include la loro proiezione nelle sale cinematografiche; per ricavi di esercizio si intendono quelli derivanti dalla programmazione e dalla gestione del canale o dei canali televisivi che danno luogo al suddetto obbligo, riportati sui conti di gestione sottoposti a verifica contabile.

Il governo, previa consultazione di tutti i settori interessati, può stabilire con decreto la durata richiesta affinché le opere audiovisive possano essere considerate film per la televisione».

 La controversia di cui alla causa principale e le questioni pregiudiziali

13      L’UTECA ha promosso un ricorso avverso il regio decreto 1652/2004 dinanzi al Tribunal Supremo. Nel suo ricorso chiede che sia tale regio decreto sia le disposizioni di legge sulle quali esso si fonda vengano dichiarati inapplicabili, sostenendo che gli obblighi di investimento da essi imposti violano non solo talune disposizioni della Costituzione spagnola, ma anche talune disposizioni di diritto comunitario.

14      Alla domanda dell’UTECA si opponevano contemporaneamente l’Administración General del Estado (Amministrazione generale dello Stato) nonché la Federación de Asociaciones de Productores Audiovisuales Españoles (Federazione delle associazioni dei produttori audiovisivi spagnoli) e l’Entidad de Gestión de Derechos de los Productores Audiovisuales (Ente di gestione dei diritti dei produttori audiovisivi), tutti intervenuti per difendere la validità delle disposizioni impugnate.

15      Il Tribunal Supremo, nutrendo dubbi, da un lato, circa i margini di manovra di cui gli Stati membri dispongono per imporre norme più restrittive nei settori coordinati dalla direttiva, considerato, in particolare, l’art. 3, n. 1, della stessa, nonché, dall’altro lato, circa la compatibilità con gli artt. 12 CE e 87 CE dell’obbligo di riservare il 60% del finanziamento obbligatorio a opere la cui lingua originale è una delle lingue ufficiali del Regno di Spagna, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’art. 3 della direttiva (...), consenta agli Stati membri di stabilire un obbligo in forza del quale gli operatori televisivi sono tenuti a destinare una percentuale dei ricavi di esercizio al finanziamento anticipato di film europei per il cinema e per la televisione.

2)      Nel caso in cui alla prima questione sia data una soluzione affermativa, se sia conforme alla citata direttiva e all’art. 12 CE, in combinato disposto con le altre disposizioni particolari cui esso si riferisce, una normativa nazionale che, oltre a prevedere il suddetto obbligo di finanziamento anticipato, riservi il 60% di quest’ultimo ad opere la cui lingua originale è una lingua spagnola.

3)      Se l’obbligo, imposto da una normativa nazionale agli operatori televisivi, di destinare al finanziamento anticipato di film per il cinema una parte dei ricavi di esercizio, di cui una quota pari al 60% dev’essere riservata appositamente ad opere la cui lingua originale è una lingua spagnola e che sono per la maggior parte prodotte dall’industria cinematografica spagnola, costituisca un aiuto di Stato a favore dell’industria medesima, ai sensi dell’art. 87 CE».

 Sulla prima e seconda questione

16      Con la prima e la seconda questione pregiudiziale, che vanno esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se la direttiva e, in particolare, il suo art. 3, nonché l’art. 12 CE debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una misura adottata da uno Stato membro, quale quella di cui trattasi nella causa principale, che fa obbligo agli operatori televisivi di destinare il 5% dei ricavi di esercizio al finanziamento anticipato di film europei per il cinema e per la televisione nonché, più specificamente, il 60% di tale 5% ad opere la cui lingua originale è una delle lingue ufficiali di tale Stato membro.

17      Si deve, innanzitutto, constatare che la direttiva non contiene alcuna disposizione che stabilisca in quale misura uno Stato membro può imporre agli operatori televisivi di destinare una parte dei ricavi di esercizio al finanziamento anticipato di film europei per il cinema e per la televisione o la cui lingua originale è una delle lingue ufficiali di tale Stato membro. In particolare, gli artt. 4 e 5 della direttiva non riguardano tale caso di specie.

18      A norma dell’art. 3, n. 1, della direttiva, inoltre, gli Stati membri hanno la facoltà, per quanto riguarda le emittenti televisive soggette alla loro competenza, di prevedere norme più rigorose o più particolareggiate nei settori inclusi in tale direttiva. Tuttavia una siffatta competenza deve essere esercitata nel rispetto delle libertà fondamentali garantite dal Trattato CE (v., in questo senso, sentenze 28 ottobre 1999, causa C‑6/98, ARD, Racc. pag. I‑7599, punto 49, e 17 luglio 2008, causa C‑500/06, Corporación Dermoestética, Racc. pag. I‑5785, punto 31).

19      Si deve infine ricordare che la direttiva non ha come obiettivo un’armonizzazione completa delle norme relative ai settori da essa coperti, ma stabilisce prescrizioni minime per le trasmissioni che sono trasmesse dalla Comunità europea e che devono essere captate nella medesima (v., in questo senso, sentenze 9 febbraio 1995, causa C‑412/93, Leclerc‑Siplec, Racc. pag. I‑179, punti 29 e 44, nonché 9 luglio 1997, cause riunite da C‑34/95 a C‑36/95, De Agostini e TV‑Shop, Racc. pag. I‑3843, punto 3).

20      Da ciò consegue che, a prescindere dalla questione se una misura adottata da uno Stato membro, quale quella in considerazione nella causa principale, rientri nei settori coperti dalla direttiva, gli Stati membri restano, in linea di principio, competenti ad adottare una siffatta misura a condizione che rispettino le libertà fondamentali garantite dal Trattato.

21      Ciò considerato, si deve esaminare se la detta misura rispetti tali libertà fondamentali.

22      Per quanto riguarda una misura adottata da uno Stato membro, quale quella di cui alla causa principale, in quanto obbliga gli operatori televisivi a destinare il 5% dei loro ricavi di esercizio al finanziamento anticipato di film europei per il cinema e per la televisione, gli atti sottoposti alla Corte non contengono alcun elemento per cui una siffatta misura costituirebbe, nella pratica, una restrizione a taluna delle libertà fondamentali garantite dal Trattato.

23      Si deve del resto sottolineare che da una lettura congiunta del settimo e del quarantacinquesimo ‘considerando’ della direttiva 97/36 risulta che l’obiettivo principale di quest’ultima è di creare un contesto giuridico per la libera circolazione dei servizi, e allo stesso tempo viene menzionato in particolare, «l’obbiettivo di sostenere la produzione audiovisiva in Europa» che può essere perseguito, tra l’altro, con «l’obbligo di contribuire in misura rilevante all’investimento nelle produzioni europee».

24      Per contro, per quanto riguarda una misura, quale quella considerata nella causa principale, laddove ha ad oggetto l’obbligo di destinare a opere la cui lingua originale è una delle lingue ufficiali dello Stato membro interessato il 60% del 5% dei ricavi di esercizio destinati al finanziamento anticipato di film europei per il cinema e per la televisione, una siffatta misura costituisce, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 78‑87 delle sue conclusioni, una restrizione a diverse libertà fondamentali, e cioè la libera prestazione dei servizi, la libertà di stabilimento, la libera circolazione dei capitali e la libera circolazione dei lavoratori.

25      Tuttavia, una siffatta limitazione a libertà fondamentali garantite dal Trattato può essere giustificata qualora risponda a ragioni imperative di interesse pubblico, purché sia idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vada oltre quanto è necessario per il raggiungimento di questo (sentenza 13 dicembre 2007, causa C‑250/06, United Pan‑Europe Communications Belgium e a., Racc. pag. I‑11135, punto 39, e la giurisprudenza ivi citata).

26      Secondo il governo spagnolo, la misura oggetto della causa principale è fondata su ragioni culturali di difesa del multilinguismo spagnolo.

27      Si deve a questo proposito ricordare che la Corte ha ammesso che costituisce una ragione imperativa di interesse pubblico l’obiettivo che uno Stato membro persegue di difendere e di promuovere una o più delle sue lingue ufficiali (v., in questo senso, sentenze 28 novembre 1989, causa C‑379/87, Groener, Racc. pag. 3967, punto 19, nonché United Pan‑Europe Communications Belgium e a., cit., punto 43).

28      Come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 91 delle conclusioni, un siffatto obiettivo è stato riconosciuto legittimo dal legislatore comunitario come dimostrato dal ventiseiesimo ‘considerando’ della direttiva 89/552 e dal quarantaquattresimo ‘considerando’ della direttiva 97/36.

29      Orbene, una misura adottata da uno Stato membro, quale quella di cui alla causa principale, in quanto istituisce un obbligo di investire nei film per il cinema e per la televisione la cui lingua originale è una delle lingue ufficiali di tale Stato membro, appare idonea a garantire la realizzazione di un siffatto obiettivo.

30      Parimenti, non risulta che, nelle circostanze di cui alla causa principale, una siffatta misura ecceda quanto è necessario per raggiungere siffatto obiettivo.

31      Infatti, imponendo agli operatori televisivi di destinare a opere la cui lingua originale è una delle lingue ufficiali dello Stato membro interessato il 60% del 5% dei ricavi di gestione destinati al finanziamento anticipato di film europei per il cinema e la televisione, una misura adottata da uno Stato membro, quale quella di cui alla causa principale, riguarda, in fin dei conti, il 3% dei ricavi di gestione di tali operatori. Orbene, gli atti sottoposti alla Corte non contengono alcun elemento che consenta di concludere che una siffatta percentuale avrebbe un carattere sproporzionato rispetto all’obiettivo la cui realizzazione viene perseguita.

32      Del resto, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione delle Comunità europee, una misura adottata da uno Stato membro, quale quella di cui alla causa principale, non eccede quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito per il solo fatto che non prevede criteri che consentano di classificare le opere di cui trattasi come «prodotti culturali».

33      Infatti, poiché la lingua e la cultura sono intrinsecamente legate, come tra l’altro ricordato dalla Convenzione sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali, adottata nel corso della conferenza generale dell’Unesco tenutasi a Parigi il 20 ottobre 2005 e approvata a nome della Comunità con decisione del Consiglio 18 maggio 2006, 2006/515/CE (GU L 201, pag. 15), la quale al quattordicesimo capoverso del preambolo sancisce che «la diversità linguistica è un elemento fondamentale della diversità culturale», non si può ritenere che l’obiettivo perseguito da uno Stato membro, consistente nel difendere e promuovere una o più delle sue lingue ufficiali, debba necessariamente essere corredato da altri criteri culturali affinché possa giustificare una restrizione a talune delle libertà fondamentali garantite dal Trattato. Del resto, la Commissione non ha potuto precisare, nell’ambito del presente procedimento, quali in concreto dovrebbero essere tali criteri.

34      Una misura adottata da uno Stato membro, quale quella oggetto della causa principale, non eccede quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito per il solo fatto che i beneficiari del finanziamento di cui trattasi sono per la maggioranza imprese cinematografiche stabilite in tale Stato membro.

35      Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 110 delle sue conclusioni, il criterio accolto da una siffatta misura è un criterio linguistico.

36      Orbene, il fatto che un tale criterio possa costituire un vantaggio per imprese cinematografiche, che operano nella lingua considerata dal detto criterio e che pertanto possono, in pratica, essere per la maggior parte originarie dello Stato membro di cui tale lingua costituisce una lingua ufficiale, appare inerente all’obiettivo perseguito. Una tale situazione non può costituire, di per sé, la prova del carattere sproporzionato della misura di cui trattasi nella causa principale, se non si vuole privare di senso il riconoscimento, come ragione imperativa di interesse pubblico, dell’obiettivo, perseguito da uno Stato membro, di difendere e di promuovere una o più delle sue lingue ufficiali.

37      Infine, per quanto riguarda l’art. 12 CE, di cui il giudice del rinvio chiede altresì l’interpretazione e che sancisce il principio generale di non discriminazione fondata sulla nazionalità, va ricordato che tale disposizione è destinata ad applicarsi in modo autonomo solo in situazioni disciplinate dal diritto comunitario per le quali il Trattato non prevede regole specifiche di non discriminazione (sentenza 11 gennaio 2007, causa C‑40/05, Lyyski, Racc. pag. I‑99, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

38      Orbene, al principio di non discriminazione è stata data attuazione nei settori della libera circolazione dei lavoratori, del diritto di stabilimento, della libera prestazione dei servizi e della libera circolazione dei capitali, rispettivamente, dagli artt. 39, n. 2, CE, 43 CE, 49 CE e 56 CE (v., per quanto riguarda l’art. 39, n. 2, CE, la sentenza Lyyski, cit., punto 34; per quanto riguarda l’art. 49 CE, la sentenza 11 dicembre 2003, causa C‑289/02, AMOK, Racc. pag. I‑15059, punto 26, nonché, per quanto riguarda gli artt. 43 CE e 56 CE, sentenza 10 gennaio 2006, causa C‑222/04, Cassa di Risparmio di Firenze e a., Racc. pag. I‑289, punto 99).

39      Dal momento che risulta da quanto sopra che una misura adottata da uno Stato membro, come quella oggetto della causa principale, non appare essere incompatibile con le dette disposizioni del Trattato, tale misura non può neppure essere considerata incompatibile con l’art. 12 CE.

40      Si deve di conseguenza risolvere la prima e la seconda questione dichiarando che la direttiva, e più in particolare il suo art. 3, nonché l’art. 12 CE devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una misura adottata da uno Stato membro, quale quella di cui alla causa principale, che fa obbligo agli operatori televisivi di destinare il 5% dei loro ricavi di esercizio al finanziamento anticipato di film europei per il cinema e per la televisione nonché, più specificamente, il 60% di tale 5% a opere la cui lingua originale è una della lingue ufficiali di tale Stato membro.

 Sulla terza questione pregiudiziale

41      Con la terza questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’art. 87 CE debba essere interpretato nel senso che una misura adottata da uno Stato membro, quale quella di cui alla causa principale, che obbliga gli operatori televisivi a destinare il 5% dei loro ricavi di esercizio al finanziamento anticipato di film europei per il cinema e per la televisione nonché, più specificamente, il 60% di tale 5% a opere la cui lingua originale è una delle lingue ufficiali di tale Stato membro, costituisca un aiuto di Stato a favore dell’industria cinematografica di quest’ultimo Stato membro.

42      Si deve ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, la qualificazione di aiuto richiede che sussistano tutti i presupposti previsti all’art. 87 CE e cioè, in primo luogo, deve trattarsi di un intervento dello Stato effettuato mediante risorse statali, in secondo luogo, deve poter incidere sugli scambi tra gli Stati membri, in terzo luogo, deve concedere un vantaggio al suo beneficiario e, in quarto luogo, deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza (sentenza 24 luglio 2003, causa C‑280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg, Racc. pag. I‑7747, punti 74 e 75 nonché la giurisprudenza ivi citata).

43      Più in particolare dalla giurisprudenza della Corte risulta che soltanto i vantaggi concessi direttamente o indirettamente mediante risorse statali vanno considerati aiuti ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE. Invero la distinzione stabilita da questa disposizione tra «gli aiuti concessi dagli Stati» e gli aiuti concessi «mediante risorse statali» non significa che tutti i vantaggi concessi da uno Stato costituiscano aiuti, che siano o meno finanziati mediante risorse statali, ma è intesa solamente a ricomprendere in tale nozione i vantaggi che sono direttamente concessi dallo Stato, nonché quelli concessi per il tramite di enti pubblici o privati designati o istituiti da tale Stato (sentenza 13 marzo 2001, causa C‑379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I‑2099, punto 58 e la giurisprudenza ivi citata).

44      Orbene, non risulta che il vantaggio che una misura adottata da uno Stato membro, quale quella oggetto della causa principale, procura all’industria cinematografica di questo stesso Stato membro costituisca un vantaggio che viene concesso direttamente dallo Stato o tramite un organismo pubblico o privato designato o istituito da tale Stato.

45      Infatti, un siffatto vantaggio deriva da una normativa generale che fa obbligo agli operatori televisivi, siano essi pubblici o privati, di destinare una parte dei loro ricavi di esercizio al finanziamento anticipato di film per il cinema e per la televisione.

46      Inoltre, nei limiti in cui una misura adottata da uno Stato membro, quale quella oggetto della causa principale, si applica a operatori di televisione pubblica, non risulta che il vantaggio di cui trattasi dipenda dal controllo esercitato dai pubblici poteri su siffatti operatori o da direttive date da questi stessi poteri a tali operatori (v., per analogia, sentenza 2 febbraio 1988; cause riunite 67/85, 68/85 e 70/85, Kwekerij van der Kooy e a./Commissione, Racc. pag. 219, punto 37).

47      La terza questione pregiudiziale va di conseguenza risolta dichiarando che l’art. 87 CE dev’essere interpretato nel senso che una misura adottata da uno Stato membro, quale quella oggetto della causa principale, che fa obbligo agli operatori televisivi di destinare il 5% dei loro ricavi di esercizio al finanziamento anticipato di film europei per il cinema e per la televisione nonché, più specificamente, il 60% di tale 5% a opere la cui lingua originale è una delle lingue ufficiali di tale Stato membro, non costituisce un aiuto di Stato a favore dell’industria cinematografica di questo stesso Stato membro.

 Sulle spese

48      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La direttiva del Consiglio 3 ottobre 1989, 89/552/CEE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 30 giugno 1997, 97/36/CE e, più in particolare, il suo art. 3 nonché l’art. 12 CE devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una misura adottata da uno Stato membro, quale quella di cui trattasi nella causa principale, che fa obbligo agli operatori televisivi di destinare il 5% dei loro ricavi di esercizio al finanziamento anticipato di film europei per il cinema e la televisione nonché, più specificamente, il 60% di tale 5% a opere la cui lingua originale è una delle lingue ufficiali di tale Stato membro.

2)      L’art. 87 CE dev’essere interpretato nel senso che una misura adottata da uno Stato membro, quale quella oggetto della causa principale, che fa obbligo agli operatori televisivi di destinare il 5% dei loro ricavi di esercizio al finanziamento anticipato di film europei per il cinema e la televisione nonché, più specificamente, il 60% di tale 5% a opere la cui lingua originale è una delle lingue ufficiali di tale Stato membro, non costituisce un aiuto di Stato a favore dell’industria cinematografica di questo stesso Stato membro.

 

                          (Seguono le firme)