Decisione 23 gennaio 1953 - 31 marzo 1953, n. 60

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Alta Corte per la Regione siciliana

 

Decisione 23 gennaio 1953 - 31 marzo 1953, n. 60

sul ricorso del Presidente della Regione contro la legge nazionale 2 luglio 1952, n. 703, concernente:« Disposizioni in materia di finanza locale

 

Presidente: PERASSI: Estensore: BRACCI; P. M.: EULA. Regione Siciliana (AVV. SCADUTO) Presidenza Consiglio (Avv. ST. ARIAS).

 

(omissis)

 

La legge 2 luglio 1952, n. 703, pubblicata nella Gazzetta ufficiale 5 luglio 1952 supplemento n. 154, sintitola: «Disposizioni in materia di finanza locale . Lart. 1 dispone che a decorrere dal 1 gennaio 1952 attribuita ai comuni, che eccedono il primo limite delle sovrimposte fondiarie, una quota pari al 7,50% del provento complessivo dellimposta generale sullentrata riscossa nellesercizio finanziario precedente.

Tale ammontare sar ripartito tra i comuni di cui al comma precedente proporzionalmente alla popolazione residente, in base ai dati del censimento demografico. I versamenti verranno effettuati con modalit da stabilirsi con decreti del Ministro per le finanze dintesa con quello per il tesoro.

Lart 2 abroga lart. 1 del D.L. 26 marzo 1948, n. 261 (attribuzione ai Comuni dei 9/10 dellI.G.E, sul bestiame e sul vino) e sancisce che se il provento previsto dallo articolo precedente sia inferiore alla somma riscossa dal comune nellanno 1951, per i nove decimi sullentrata sul bestiame e sui vini, la differenza per il primo biennio di applicazione della legge sar integrata a carico dello Stato e le modalit della applicazione saranno stabilite con gli stessi decreti previsti nellarticolo 1.

Lart.3 dispone che a decorrere dal 1 gennaio 1952 ai comuni montani e a quelli situati nelle piccole isole attribuita una quota pari all 1% del provento complessivo dellimposta generale sullentrata riscossa nellesercizio finanziario precedente. Anche tale ammontare sar ripartito tra i comuni con criteri e con le modalit dellart. 1.

Lart. 4 attribuisce alle provincie, a decorrere dal 1 gennaio 1952, una quota pari al 2,50% del provento complessivo dellimposta generale riscossa nellesercizio finanziario precedente. Tale ammontare sar ripartito tra le provincie proporzionalmente alla popolazione residente, in base ai dati del censimento ufficiale demografico.

Con ricorso 4 agosto 1952 il Presidente della Regione Siciliana ha impugnato le norme suddette: per violazione dello Statuto siciliano e in particolare dellart. 36 in relazione allart. 3 della legge regionale 1 luglio 1947, n. 2; per violazione dellart.1 dello Statuto della Regione Siciliana in relazione agli artt. 5 e 119, commi 2 e 3 della Costituzione; per violazione delle disposizioni suddette sotto diverso profilo.

La difesa dello Stato ha resistito al ricorso sostenendo linfondatezza dei motivi dellimpugnazione e affermando il difetto di giurisdizione dellAlta Corte.

Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

IN DIRITTO

 

La Regione Siciliana ha rilevato in primo luogo che essendo limposta generale sullentrata compresa fra i tributi che lart. 36 dello Statuto siciliano destina al fabbisogno finanziario della Regione, lo Sato non poteva disporre del 7,50% del provento complessivo di questa imposta per attribuirlo ai Comuni che versino in particolari condizioni finanziarie e tributarie.

Ma la legge 2 luglio 1952, n. 703, non ha attribuito ai comuni nessuna aliquota dellI.G.E. riscossa e da riscuotere dalla Regione Siciliana. Le norme impugnate si limitano a disporre la ripartizione fra i comuni « di una quota pari al 7,50% del provento complessivo dellimposta generale riscossa nellesercizio finanziario precedente .

Poich la legge statale e poich fatto espresso riferimento alla riscossione e non alla titolarit del tributo, non sembra dubbio che il provento dellimposta sul quale deve calcolarsi la percentuale destinata ai comuni sia quello effettivamente riscosso dallo Stato, con esclusione cio dei proventi I.G.E. riscossi dalla Regione Siciliana. Ne deriva che sotto questo profilo la legge impugnata non viola n lart. 36 dello Statuto siciliano, n alcunaltra norma costituzionale.

In realt la Regione Siciliana, piuttosto che paventare linclusione del provento I.G.E. destinato al fabbisogno regionale nellaliquota nazionale da ripartirsi tra i comuni che si trovino in particolari condizioni finanziarie, teme proprio lopposto, che cio lo Stato non si interessi dellI.G.E. riscossa dalla Regione e che invece escluda i comuni siciliani dai benefici previsti dalla norma statale impugnata.

Difatti la Regione offre addirittura di partecipare con lI.G.E. riscossa alla formazione del coacervo della quota di tale imposta per una ripartizione fra tutti i comuni, compresi naturalmente quelli siciliani, e prospetta lillegittimit costituzionale di uneventuale interpretazione delle norme pi volte ricordate che escluda i comuni siciliani dai benefici della legge. Lillegittimit costituzionale consisterebbe nella violazione dellart. 1 dello Statuto siciliano che, secondo la ricorrente, afferma in relazione agli artt. 5 e 119, secondo e terzo comma della Costituzione leguaglianza di tutti i soggetti sia di diritto pubblico che di diritto privato di fronte alla legge e il principio di solidariet e delleguale trattamento di tutti i comuni dItalia.

Ora, a prescindere dal rilievo, fatto in linea astratta, non dato desumere dallart. 1 dello Statuto siciliano, sia pure in relazione con le norme della Costituzione, i principi invocati dalla ricorrente e che comunque il sistema delle autonomie pu giustificare talora le disuguaglianze della disciplina legislativa, non vha dubbio che questa Alta Corte diletta di giurisdizione sulle questioni sollevate dalla Regione.

Difatti, la Regione sostiene che linterpretazione corretta del testo legislativo porta a comprendere i comuni della Sicilia nella ripartizione della quota I.G.E. riscossa dallo Stato, ma chiede al tempo stesso che sia accertata lincostituzionalit di ogni eventuale interpretazione difforme da questa.

In tal modo la Regione non lamenta un vizio dincostituzionalit della legge. ma chiede piuttosto una preventiva interpretazione della legge stessa che possa essere obbligatoria per tutti. Questa per, in sostanza, la cosiddetta interpretazione autentica riservata esclusivamente al potere legislativo e comunque lAlta Corte pu interpretare le leggi dello Stato soltanto al fine di decidere sullimpugnazione che, come ovvio, deve avere per oggetto la legge che si afferma viziata di illegittimit costituzionale e non le eventuali interpretazioni di essa. LAlta Corte giudica sulla costituzionalit della legge statale ai fini della sua efficacia entro la Regione, ma non pu n limitare la libert dinterpretazione delle norme giuridiche da parte della Magistratura, n vincolare lamministrazione dello Stato al riguardo.

 

P. Q. M.

 

LAlta Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto dalla Regione Siciliana avverso gli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 2 luglio 1952 n. 703, recante « disposizioni in materia di finanza locale .