Sentenza n. 156 del 2021

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SENTENZA N. 156

ANNO 2021

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giancarlo CORAGGIO

Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 5, 6, 12, comma 1, lettere a), b) e d), e 15 della legge della Regione Siciliana 19 luglio 2019, n. 13 (Collegato al DDL n. 476 ‘Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2019. Legge di stabilità regionale’) e dell’art. 2 della legge della Regione Siciliana 14 ottobre 2020, n. 23 (Modifiche di norme in materia finanziaria), promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorsi notificati il 23 settembre 2019 e il 15 dicembre 2020, depositati in cancelleria il 25 settembre 2019 e il 22 dicembre 2020, iscritti, rispettivamente, al n. 99 del registro ricorsi 2019 e al n. 103 del registro ricorsi 2020 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell’anno 2019 e n. 2, prima serie speciale, dell’anno 2021.

Visti gli atti di costituzione della Regione Siciliana;

udito nell’udienza pubblica dell’8 giugno 2021 il Giudice relatore Luca Antonini;

uditi gli avvocati dello Stato Ettore Figliolia e Danilo Del Gaizo per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Giuseppa Mistretta e Maria Carmela Mineo per la Regione Siciliana, questi ultimi in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2021;

deliberato nella camera di consiglio del 9 giugno 2021.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 23 settembre 2019 e depositato il 25 settembre 2019 (reg. ric. n. 99 del 2019), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale, tra gli altri, degli artt. 5, 6, 12, comma 1, lettere a), b) e d), e 15 della legge della Regione Siciliana 19 luglio 2019, n. 13 (Collegato al DDL n. 476 ‘Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2019. Legge di stabilità regionale’), in riferimento complessivamente agli artt. 81, terzo comma, e 117, commi secondo, lettera e), e terzo, della Costituzione.

1.1.– L’art. 5 della legge regionale disciplina gli interventi finanziari, in favore delle Città metropolitane e dei liberi consorzi comunali, connessi alla previsione statale – contenuta nell’art. 1, comma 883, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021) – che «[i]n applicazione del punto 9 dell’Accordo firmato il 19 dicembre 2018 tra il Ministro dell’economia e delle finanze ed il Presidente della Regione siciliana [ha] attribuito alla regione l’importo complessivo di euro 540 milioni da destinare ai liberi consorzi e alle città metropolitane per le spese di manutenzione straordinaria di strade e scuole, da erogare in quote di euro 20 milioni per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e di euro 100 milioni per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025».

Nella formulazione originaria il citato art. 5, al comma 1, autorizza il ragioniere generale «ad effettuare operazioni finanziarie per l’attualizzazione dell’importo massimo di 250 milioni di euro attribuito alla Regione siciliana» dalla richiamata disposizione statale «entro il 31 dicembre 2019, da trasferire ai liberi Consorzi comunali ed alle Città metropolitane, per le finalità definite dalla medesima legge, entro il 30 settembre 2019». Stabilisce altresì che «[i] liberi Consorzi comunali e le Città metropolitane possono utilizzare fino al 20 per cento delle somme ad essi attribuite per il pagamento di rate di mutui accesi, per opere di manutenzione di strade e scuole». Quantifica, infine, al successivo comma 2, gli oneri derivanti dalle disposizioni del comma 1 «in 50 milioni di euro per ciascuno degli esercizi finanziari dal 2021 al 2025, di cui euro 45.812.754,53 quale rimborso della quota capitale, ed euro 4.187.245,47 per il pagamento della quota interessi nell’esercizio finanziario 2021».

1.1.1.– Ad avviso del ricorrente gli oneri derivanti dalle operazioni autorizzate sarebbero coperti a valere sulle somme attribuite dallo Stato ai sensi dell’art. 1, comma 883, della legge n. 145 del 2018; la previsione regionale, pertanto, contrasterebbe «con lo spirito della norma statale» – la quale, invece, sarebbe rivolta a favorire nuovi investimenti – e comporterebbe «un impatto negativo sul debito e sull’indebitamento netto». Di qui la ravvisata violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost.

1.2.– Della stessa legge reg. Siciliana n. 13 del 2019 è impugnato l’art. 6, che, al comma 1, demanda alla Giunta regionale la promozione di «un piano straordinario di valorizzazione e/o dismissione del patrimonio immobiliare disponibile delle aziende sanitarie […] da attuare anche mediante conferimenti, ove previsto, a fondi immobiliari esistenti istituiti ai sensi delle disposizioni statali o regionali vigenti». Ciò al dichiarato fine di «ridurre l’impatto finanziario sul sistema sanitario regionale delle disposizioni di cui all’articolo 6 della legge regionale 17 marzo 2016, n. 3, che ha posto a carico del Fondo sanitario gli oneri del mutuo sottoscritto ai sensi dell’articolo 2, comma 46, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 tra il Ministero dell’Economia e la Regione siciliana».

Il comma 2 della stessa disposizione prevede inoltre che le aziende sanitarie, entro il 31 dicembre 2019, «definiscono la ricognizione e la valutazione del patrimonio immobiliare non strettamente destinato alle attività sanitarie, oggetto del piano di cui al comma 1».

1.2.1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che la norma impugnata, pur avendo «lo scopo di attenuare l’onere del mutuo posto in capo al risultato di gestione corrente», utilizzerebbe i ricavi delle vendite del patrimonio immobiliare delle aziende sanitarie per coprire disavanzi di gestione.

Si porrebbe pertanto in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione a quanto prevede l’art. 29, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), che prescrive l’obbligatoria iscrizione dei proventi delle cessioni delle immobilizzazioni degli enti del Servizio sanitario regionale (SSR) in una riserva del patrimonio netto, escludendo che questi possano influenzare il risultato economico dell’esercizio coprendo un onere corrente quale quello considerato dall’art. 6 della legge della Regione Siciliana 17 marzo 2016, n. 3 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2016. Legge di stabilità regionale), richiamato dalla disposizione impugnata.

1.3.– Il ricorso impugna anche l’art. 12 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019, che reca modifiche all’art. 4 della legge della Regione Siciliana 29 novembre 2018, n. 21 (Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2018 e per il triennio 2018-2020); quest’ultimo, prima della novella in esame, prevedeva al comma 1 che «l’ulteriore disavanzo come determinato al 31 dicembre 2017, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 2015 e del decreto ministeriale 4 agosto 2016, risulta pari a complessivi euro 536.511.791,91» e disponeva, al comma 2, le modalità del relativo ripiano negli esercizi 2018, 2019 e 2020.

Il richiamato art. 12 è censurato nelle parti in cui:

– sostituisce, al comma 1 del citato art. 4, la cifra «536.511.791,91» con la cifra «2.143.208.802,38» (comma 1, lettera a);

– sostituisce, al comma 2 dello stesso art. 4, le parole «negli esercizi finanziari 2018, 2019 e 2020» con le parole «negli esercizi finanziari 2018, 2019, 2020 e 2021» (comma 1, lettera b);

– dispone l’utilizzo, a copertura di nuovi oneri, delle maggiori risorse rese disponibili dalla rimodulazione del ripiano del disavanzo già operato dalla deliberazione della Giunta regionale della Regione Siciliana 22 gennaio 2019, n. 30, avente ad oggetto «Approvazione disegno di legge: ‘Nota di variazioni al DDL n. 475 concernente il Bilancio di previsione della Regione Siciliana per l’anno finanziario 2019 e per il triennio 2019/2021’» (comma 1, lettera d).

1.3.1.– Ad avviso del ricorrente le richiamate previsioni violerebbero gli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 81, terzo comma, Cost.

Sotto un primo profilo, l’art. 12 impugnato contrasterebbe con il principio di annualità del bilancio, giacché interverrebbe sull’esercizio finanziario 2018, già chiuso.

Inoltre, quanto alle specifiche previsioni, il ricorso argomenta che:

– la rideterminazione dell’ulteriore disavanzo operata dalla lettera a) del comma 1 non risulterebbe coerente con quanto dispongono le successive lettere b) e c) dello stesso comma, per effetto delle quali l’ammontare complessivo ripianato è pari al diverso importo di euro 2.202.865.575,46;

– la previsione che il disavanzo derivante dalla gestione dell’esercizio 2017 sia recuperato, oltre che negli esercizi 2018, 2019 e 2020, anche in quello 2021, contrasterebbe con quanto dispone l’art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011, essendo quello del 2021 un esercizio non considerato nel bilancio di previsione 2018-2020, approvato con la legge regionale di bilancio 2018;

– le maggiori risorse rese disponibili dalla rimodulazione del ripiano del disavanzo, già disciplinato dalla richiamata deliberazione della Giunta regionale n. 30 del 2019, non troverebbero di fatto riscontro in bilancio in quanto sarebbero correlate alla previsione di minori quote annuali di disavanzo da recuperare, da ritenere «deliberate in contrasto con la disciplina armonizzata di cui al d.lgs. n. 118 del 2011».

1.4.– Da ultimo, il ricorso impugna l’art. 15 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019, il quale introduce «[n]ello stato di previsione dell’entrata e della spesa per il triennio 2019-2021 […] le variazioni di cui alle allegate tabelle “A” e “B”, comprensive delle variazioni discendenti dall’applicazione delle disposizioni della presente legge».

1.4.1.– Il ricorrente ritiene che tali variazioni al bilancio regionale esorbiterebbero dalle competenze previste dal regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 e si porrebbero in contrasto con gli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 81, terzo comma, Cost.

Delle previsioni impugnate sarebbe evidente la conseguenzialità rispetto alle precedenti disposizioni della stessa legge regionale impugnata, dovendo perciò ritenersi illegittimo anche l’art. 15.

2.– Con atto depositato il 28 ottobre 2019 si è costituita in giudizio la Regione Siciliana, la quale si è limitata a eccepire l’inammissibilità del ricorso per un vizio relativo alla notifica dello stesso, effettuata esclusivamente a mezzo PEC.

3.– In data 5 ottobre 2020 il ricorrente ha depositato una memoria, ribadendo quanto evidenziato nel merito nell’atto introduttivo del giudizio.

4.– Con ordinanza n. 243 del 2020, questa Corte ha valutato, rigettandola, la sola eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dalla Regione Siciliana, affermando che la notifica dei ricorsi introduttivi dei giudizi di legittimità costituzionale in via principale può essere validamente effettuata mediante PEC. Con la medesima ordinanza, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo al fine di consentire alle parti di depositare eventuali memorie illustrative e di discutere il merito del ricorso in una successiva udienza pubblica, poi fissata per l’8 giugno 2021.

5.– La Regione resistente ha depositato la propria memoria in data 17 maggio 2021.

5.1.– Ad avviso della difesa regionale sarebbe anzitutto superata la questione promossa nei confronti dell’art. 5 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019 che, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 2 della legge della Regione Siciliana 14 ottobre 2020, n. 23 (Modifiche di norme in materia finanziaria) così dispone:

«1. Il Ragioniere generale è autorizzato ad effettuare operazioni finanziarie per l’attualizzazione dell’importo massimo di 250 milioni di euro attribuito alla Regione siciliana, ai sensi dell’articolo 1, comma 883, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, entro il 15 dicembre 2020, da trasferire ai liberi Consorzi comunali ed alle Città metropolitane, per le finalità definite dalla medesima legge.

2. Gli oneri derivanti dalle disposizioni del comma 1, sono quantificati in 50 milioni di euro per ciascuno degli esercizi finanziari dal 2021 al 2025».

Secondo la resistente nella formulazione originaria la norma «non [avrebbe] trovato alcuna applicazione» entro i termini dalla stessa previsti per l’attuazione, dovendo da ciò conseguire la cessazione della materia del contendere.

5.2.– Non sarebbero poi fondate le censure all’art. 6 della stessa legge reg. Siciliana n. 13 del 2019, che non destinerebbe le risorse derivanti dalle dismissioni né al bilancio regionale né al pagamento del prestito sottoscritto con il Ministero dell’economia e delle finanze, assegnandole bensì «alle aziende sanitarie che le impiegherebbero in conformità alla disciplina statale».

In ogni caso, la difesa regionale chiede di dichiarare la cessazione della materia del contendere anche della questione relativa al suddetto art. 6; richiamando in proposito l’attestazione dell’assessorato regionale allegata alla memoria, segnala che la norma impugnata non avrebbe avuto concreta applicazione, non avendo le aziende sanitarie svolto l’attività propedeutica all’attuazione del piano di dismissione del patrimonio immobiliare, da compiere entro il 31 dicembre 2019 ai sensi del comma 2 dello stesso art. 6.

5.3.– Quanto alle questioni promosse nei confronti dell’art. 12 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019 la memoria segnala che, al fine di pervenire alla formalizzazione della rinuncia dell’impugnativa, il legislatore regionale con l’art. 1 della legge reg. Siciliana n. 23 del 2020 avrebbe «proceduto a ridefinire l’ammontare complessivo del disavanzo al 31 dicembre 2018 ed il relativo piano pluriennale» sulla base sia delle indicazioni contenute nella decisione n. 6/2019/SS.RR./PARI della Corte dei conti, sezioni riunite per la Regione Siciliana, nel giudizio di parificazione sul rendiconto per l’esercizio 2018, sia della normativa in materia di ripiano del disavanzo prevista dall’art. 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli) e dall’art. 1, comma 886, della legge n. 145 del 2018.

Lo stesso ius superveniens avrebbe altresì chiarito – introducendo il comma 2-bis all’art. 4 della legge della Regione Siciliana 28 dicembre 2019, n. 30 (Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2019 e per il triennio 2019/2021) – che, «per gli esercizi finanziari 2019 e successivi, cessano di avere vigore» le disposizioni di cui all’art. 4, comma 2 della legge reg. Siciliana n. 21 del 2018, come modificate dalla norma impugnata.

Sarebbero pertanto superate tutte le relative censure, «come tra l’altro confermato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, compulsato al fine di pervenire alla formalizzazione della cessazione della materia del contendere ante causam».

5.4.– Da ultimo, la resistente eccepisce l’inammissibilità delle questioni che attingono l’art. 15 della stessa legge reg. Siciliana n. 13 del 2019: il ricorrente si sarebbe limitato a rinviare alle censure formulate nello stesso ricorso per altre disposizioni, mancando perciò di assolvere all’onere di fornire un’adeguata motivazione a fondamento dell’impugnazione.

6.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha rinunciato all’impugnativa limitatamente all’art. 12 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019, depositando l’atto il 28 maggio 2021. Nelle motivazioni della rinuncia sono richiamati il descritto ius superveniens e la dichiarazione della Regione Siciliana circa la mancata applicazione medio tempore dalla disposizione impugnata.

Con atto depositato il 31 maggio 2021, la resistente ha accettato la rinuncia.

7.– Con successivo ricorso notificato il 15 dicembre 2020 e depositato il 22 dicembre 2020 (reg. ric. n. 103 del 2020), il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 2 della legge reg. Siciliana n. 23 del 2020, in riferimento all’art. 81, terzo comma, Cost., in relazione agli artt. 17 e 19 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), nonché agli artt. 14 e 17 dello statuto per la Regione Siciliana.

7.1.– Il ricorrente richiama l’impugnativa già promossa nei confronti dell’art. 5 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019 e i relativi motivi di censura, per poi evidenziare che l’art. 2, comma 1, lettera a), della legge reg. Siciliana n. 23 del 2020, nel novellare tale disposizione, rinnovando al 15 dicembre 2020 il termine originariamente previsto entro il quale il ragioniere generale è autorizzato ad effettuare le operazioni finanziarie descritte dalla norma modificata, distoglierebbe risorse dalle finalità previste dall’art. 1, comma 883, della legge n. 145 del 2018. Quest’ultimo, infatti, imporrebbe un espresso vincolo di destinazione dell’importo complessivo assegnato alla Regione Siciliana a specifiche spese di investimento; invece, l’utilizzazione per l’operazione finanziaria di attualizzazione, consistente «nell’acquisizione di un’anticipazione di somme a titolo oneroso», sottrarrebbe le predette risorse al vincolo, «destinandole anche alla copertura di oneri di parte corrente della stessa operazione finanziaria […] comportando, peraltro, un impatto negativo sul debito e sull’indebitamento netto».

A sostegno della censura, il ricorrente richiama le voci del bilancio finanziario gestionale per l’esercizio 2020 e il triennio 2020-2022 della Regione Siciliana – allegato all’atto di promovimento – che dimostrerebbero la natura di anticipazione di somme a titolo oneroso della descritta operazione finanziaria.

Pertanto, la norma impugnata violerebbe l’art. 81, terzo comma, Cost., in attuazione del quale l’art. 17, comma 1, lettera c), della legge n. 196 del 2009 – applicabile anche alle Regioni e alle Province autonome ai sensi del successivo art. 19 – precisa che tra le modalità di copertura finanziaria delle leggi che comportino nuovi o maggiori oneri, ovvero minori entrate, «resta in ogni caso esclusa la copertura di nuovi o maggiori oneri di parte corrente attraverso l’utilizzo dei proventi derivanti da entrate in conto capitale».

Secondo il ricorrente, infine, la suddetta violazione non sarebbe sanata dalle altre due modifiche apportate dallo stesso art. 2 impugnato al testo originario dell’art. 5 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019, volte a sopprimere, da un lato, la previsione che autorizzava i liberi consorzi comunali e le Città metropolitane a utilizzare parte delle risorse in questione per il pagamento di rate di mutui accesi e, dall’altro, quella che ripartiva gli oneri derivanti dall’applicazione della norma tra rimborso della quota capitale e della quota interessi per l’esercizio 2021. Resterebbe infatti ferma «la natura onerosa dell’operazione finanziaria prorogata», che risulterebbe dimostrata anche dalle tabelle del bilancio gestionale regionale, depositato insieme al ricorso.

7.2.– L’art. 81, terzo comma, Cost. sarebbe inoltre violato sotto un ulteriore profilo, poiché la norma impugnata determinerebbe anche un impatto negativo sul debito e sull’indebitamento netto a carico del bilancio pubblico, «accelerando la spesa esterna a quest’ultimo nel periodo di ammortamento dell’operazione finanziaria».

7.3.– Il ricorso denuncia, da ultimo, che la previsione denunciata eccederebbe la competenza legislativa regionale definita dagli artt. 14 e 17 dello statuto di autonomia, rispettivamente disciplinanti la potestà legislativa esclusiva e quella concorrente della Regione Siciliana; la detta competenza, infatti, non comprenderebbe né il ricorso all’indebitamento, né le modalità di copertura degli oneri di parte corrente mediante utilizzo di proventi derivanti da entrate di parte capitale, né, infine, il mutamento di destinazione di somme per investimenti erogate a valere sul bilancio statale.

8.– Con atto depositato il 25 gennaio 2021 la Regione Siciliana si è costituita in giudizio chiedendo di «dichiarare cessata la materia del contendere e/o inammissibile e/o infondato» il ricorso.

La resistente premette anzitutto che l’art. 2 della legge reg. Siciliana n. 23 del 2020 avrebbe la finalità di superare le censure mosse con l’impugnazione dell’art. 5 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019, poiché non distoglierebbe più risorse dalla destinazione originaria: le stesse sarebbero «volte esclusivamente a sostenere la realizzazione di nuove opere o il finanziamento di nuove progettualità».

Infatti, la disposizione regionale avrebbe l’obiettivo di accelerare l’erogazione delle predette risorse, per avviare con immediatezza un programma di investimenti che gli enti territoriali beneficiari non sarebbero in grado di sostenere autonomamente. Inoltre, non sussisterebbe il contrasto con l’art. 81, terzo comma, Cost., «dovendosi escludere la copertura di nuovi e maggiori oneri».

La Regione resistente contesta anche la dedotta violazione delle disposizioni dello statuto di autonomia, poiché l’operazione finanziaria autorizzata dalla norma non comporterebbe il superamento da parte del legislatore regionale dei limiti normativamente previsti per l’indebitamento, consentendo invece un’accelerazione e un incremento della spesa per investimenti da parte degli enti territoriali con effetti positivi sull’economia regionale, attualmente in stagnazione.

Da ultimo, la difesa regionale evidenzia che la previsione impugnata non avrebbe avuto «concreta attuazione entro il termine indicato al primo comma», poiché Cassa depositi e prestiti, investita dell’operazione, non avrebbe completato l’istruttoria preliminare né dato seguito alla procedura avviata.

9.– Con memoria depositata in prossimità dell’udienza la resistente, evidenziando che «la norma non [avrebbe] avuto concreta attuazione entro il termine indicato al primo comma e, cioè, il 15 dicembre 2020», ha chiesto di dichiarare la cessazione della materia del contendere.

Al riguardo la memoria richiama due allegate note del ragioniere generale regionale dalle quali risulterebbe che nel citato termine «non sono state effettuate operazioni finanziarie correlate» alla norma impugnata e che nessuna somma risulterebbe «accertata […] né impegnata nelle annualità già trascorse per importi superiori al cronoprogramma dei trasferimenti dallo Stato» di cui all’art. 1, comma 883, della legge n. 145 del 2018.

10.– La difesa statale ha depositato in udienza l’atto di rinuncia all’impugnativa dell’art. 15 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019, in conformità alla delibera del Consiglio dei ministri 4 giugno 2021, e si è invece opposta alle richieste della resistente di dichiarazione della cessazione della materia del contendere.

Considerato in diritto

1.– Con ricorso notificato il 23 settembre 2019 e depositato il 25 settembre 2019 (reg. ric. n. 99 del 2019), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale, tra gli altri, degli artt. 5, 6, 12, comma 1, lettere a), b) e d), e 15 della legge della Regione Siciliana 19 luglio 2019, n. 13 (Collegato al DDL n. 476 ‘Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2019. Legge di stabilità regionale’), in riferimento complessivamente agli artt. 81, terzo comma, e 117, commi secondo, lettera e), e terzo, della Costituzione.

2.– Le ulteriori questioni promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, relative ad altre disposizioni della medesima legge reg. Siciliana n. 13 del 2019, sono state decise con la sentenza n. 16 del 2021.

3.– Con successivo ricorso notificato il 15 dicembre 2020 e depositato il 22 dicembre 2020 (reg. ric. n. 103 del 2020), il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 2 della legge della Regione Siciliana 14 ottobre 2020, n. 23 (Modifiche di norme in materia finanziaria), in riferimento all’art. 81, terzo comma, Cost., in relazione agli artt. 17 e 19 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), nonché agli artt. 14 e 17 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2.

4.– I due giudizi hanno oggetti e questioni parzialmente comuni, in quanto la norma impugnata con il secondo ricorso modifica l’art. 5 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019, già denunciato nel primo atto di promovimento. Essi vanno pertanto riuniti per essere trattati congiuntamente e decisi con un’unica pronuncia.

5.– Quanto all’art. 5, nella formulazione originaria prevedeva che:

«1. Il Ragioniere generale è autorizzato ad effettuare operazioni finanziarie per l’attualizzazione dell’importo massimo di 250 milioni di euro attribuito alla Regione siciliana, ai sensi dell’articolo 1, comma 883, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, entro il 31 dicembre 2019, da trasferire ai liberi Consorzi comunali ed alle Città metropolitane, per le finalità definite dalla medesima legge, entro il 30 settembre 2019. I liberi Consorzi comunali e le Città metropolitane possono utilizzare fino al 20 per cento delle somme ad essi attribuite per il pagamento di rate di mutui accesi, per opere di manutenzione di strade e scuole.

2. Gli oneri derivanti dalle disposizioni del comma 1, sono quantificati in 50 milioni di euro per ciascuno degli esercizi finanziari dal 2021 al 2025, di cui euro 45.812.754,53 quale rimborso della quota capitale, ed euro 4.187.245,47 per il pagamento della quota interessi nell’esercizio finanziario 2021».

A sua volta, la norma statale richiamata dal comma 1 della suddetta previsione regionale stabilisce che «[i]n applicazione del punto 9 dell’Accordo firmato il 19 dicembre 2018 tra il Ministro dell’economia e delle finanze ed il Presidente della Regione siciliana è attribuito alla regione l’importo complessivo di euro 540 milioni da destinare ai liberi consorzi e alle città metropolitane per le spese di manutenzione straordinaria di strade e scuole, da erogare in quote di euro 20 milioni per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e di euro 100 milioni per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025».

5.1.– Ad avviso del ricorrente la norma regionale coprirebbe gli oneri derivanti dalle operazioni autorizzate a valere sulle somme attribuite dallo Stato attraverso l’art. 1, comma 883, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021); essa, pertanto, contrasterebbe «con lo spirito della norma statale» – la quale, invece, sarebbe rivolta a favorire nuovi investimenti – e comporterebbe «un impatto negativo sul debito e sull’indebitamento netto». Di qui la ravvisata violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost.

5.2.– La Regione Siciliana ha chiesto di dichiarare la cessazione della materia del contendere della questione promossa, da ritenere superata per effetto dello ius superveniens recato dall’art. 2 della legge reg. Siciliana n. 23 del 2020. Nel testo in vigore, infatti, la norma impugnata prevede che:

«1. Il Ragioniere generale è autorizzato ad effettuare operazioni finanziarie per l’attualizzazione dell’importo massimo di 250 milioni di euro attribuito alla Regione siciliana, ai sensi dell’articolo 1, comma 883, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, entro il 15 dicembre 2020, da trasferire ai liberi Consorzi comunali ed alle Città metropolitane, per le finalità definite dalla medesima legge.

2. Gli oneri derivanti dalle disposizioni del comma 1, sono quantificati in 50 milioni di euro per ciascuno degli esercizi finanziari dal 2021 al 2025».

Inoltre la resistente sostiene che nella formulazione originaria la norma «non [avrebbe] trovato alcuna applicazione» entro i termini dalla stessa previsti per l’attuazione.

5.2.1.– La sollecitazione della resistente a dichiarare la cessazione della materia del contendere non può essere accolta, in quanto la modifica sopravvenuta non è satisfattiva delle ragioni avanzate con il ricorso.

Infatti, anche nella formulazione vigente, la norma, da un lato, rinnova l’operatività dell’autorizzazione al ragioniere regionale a effettuare le operazioni finanziarie; dall’altro, non prevede che gli oneri conseguenti a queste ultime siano coperti con risorse proprie del bilancio regionale.

Ciò posto non assume sostanziale rilievo l’avvenuta scadenza del termine indicato al comma 1, perché permane in ogni caso l’interesse del ricorrente alla pronuncia sul motivo d’impugnazione, comunque incentrato sulla violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost. a causa della previsione dell’utilizzo delle somme attribuite dallo Stato per impieghi diversi dagli investimenti degli enti beneficiari.

5.3.– Nel merito, la questione è fondata.

Con la disposizione impugnata la Regione Siciliana mira a ottenere, già nell’anno 2019, l’anticipata disponibilità di risorse attribuite dall’art. 1, comma 883, della legge n. 145 del 2018 secondo una precisa e diversa scansione temporale di erogazione, ovvero «in quote di euro 20 milioni per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e di euro 100 milioni per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025». A tale scopo, infatti, la norma regionale autorizza il ragioniere generale a effettuare operazioni finanziarie per attualizzare fino a 250 milioni di euro l’importo di 540 milioni di euro riconosciuto alla Regione, determinando quindi nuovi oneri necessariamente connessi alla suddetta anticipazione temporale ed espressamente quantificati nel comma 2 del censurato art. 5.

5.3.1.– Ciò considerato, la norma impugnata non indica un’esplicita copertura dei predetti oneri, né a questo fine provvedono altre disposizioni della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019.

Risulta allora avvalorata l’affermazione del ricorrente secondo cui gli oneri derivanti dalla richiamata operazione finanziaria sarebbero «coperti a valere sulle somme di cui al citato comma 883»: invero, non utilizzando per tale copertura risorse proprie del bilancio regionale, l’art. 5 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019 mette in diretto collegamento le somme che la Regione conseguirà dallo Stato con quelle che essa dovrà restituire all’istituto che gliene anticiperà l’erogazione.

Dai lavori preparatori della legge regionale impugnata emerge, del resto, che gli oneri dell’operazione finanziaria autorizzata «sono a carico dei liberi Consorzi, ed in particolare sulle somme riconosciute dallo Stato» (Assemblea regionale siciliana, II Commissione – Bilancio, sommario della seduta del 7 marzo 2019).

Tale effetto si pone però in contrasto con il vincolo impresso dalla norma statale di destinare l’intero importo «ai liberi consorzi e alle città metropolitane per le spese di manutenzione straordinaria di strade e scuole», che costituiscono investimenti ai sensi di quanto previsto dall’art. 3, comma 18, lettere a), b) e g), della legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)».

Pertanto, in assenza di una diversa copertura fornita dalla legge regionale agli oneri finanziari necessari a ottenere in via anticipata l’importo di 250 milioni di euro, per un verso, gli enti beneficiari si vedrebbero attribuire un importo nominale inferiore rispetto a quello assicurato dalla norma statale; per altro verso, e più significativo, la differenza mancante verrebbe impiegata non per investimenti ma per spese correnti.

5.3.2.– Si verifica quindi il denunciato contrasto con l’art. 81, terzo comma, Cost. perché la copertura della spesa difetta di un legittimo «fondamento giuridico» (sentenza n. 197 del 2019), in quanto ha considerato parte del contributo destinato agli enti territoriali siciliani per spese di investimenti come valida copertura di una spesa diversa, modificando unilateralmente la destinazione soggettiva e, soprattutto, qualitativa delle risorse attribuite dallo Stato.

5.3.3.– Va, pertanto, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019, nel testo vigente prima delle modifiche apportate dall’art. 2 della legge reg. Siciliana n. 23 del 2020.

Sono assorbiti gli ulteriori profili di censura.

6.– L’esame del successivo ricorso avente ad oggetto l’art. 2 della legge reg. Siciliana n. 23 del 2020, che ha modificato il suddetto art. 5, richiede di considerare, anche in questo caso, la richiesta della resistente di dichiarare la cessazione della materia del contendere perché la previsione impugnata non avrebbe avuto «concreta attuazione entro il termine indicato al primo comma», in quanto Cassa depositi e prestiti, investita dell’operazione, non avrebbe completato l’istruttoria preliminare né dato seguito alla procedura avviata.

La richiesta non può essere accolta: la situazione evidenziata dalla Regione non determina, infatti, un sopravvenuto difetto di interesse del ricorrente a coltivare l’impugnativa, atteso che «“il giudizio promosso in via principale è giustificato dalla mera pubblicazione di una legge che si ritenga lesiva della ripartizione di competenze, a prescindere dagli effetti che essa abbia prodotto (ex multis, sentenze n. 195 del 2017, n. 262 del 2016 e n. 118 del 2015)”» (sentenza n. 166 del 2019).

6.1.– La questione è fondata, in riferimento all’art. 81, terzo comma, Cost., in relazione agli artt. 17 e 19 della legge n. 196 del 2009, espressamente evocati dal ricorrente in questo secondo ricorso.

L’impugnato art. 2 ha infatti operato un innesto nel tessuto normativo del previgente art. 5 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019 “rinnovando” al 15 dicembre 2020 il termine ivi previsto per effettuare le operazioni finanziarie di attualizzazione dell’importo del contributo attribuito alla Regione dallo Stato.

Non sono quindi venute meno né la natura onerosa dell’operazione finanziaria di attualizzazione del contributo statale, né la sottrazione delle risorse di tale contributo alla destinazione vincolata agli investimenti impressa dalla legge n. 145 del 2018: la norma censurata, infatti, continua a non fornire una effettiva copertura agli oneri per interessi conseguenti alle operazioni finanziarie.

Essa si pone quindi in contrasto con il principio per cui «resta esclusa la copertura di nuovi o maggiori oneri di parte corrente attraverso l’utilizzo dei proventi derivanti da entrate in conto capitale», stabilito dall’art. 17, comma 1, lettera c), della legge n. 196 del 2009, che è attuativo dell’art. 81, terzo comma, Cost. e che risulta applicabile anche alle Regioni in forza del successivo art. 19.

6.2.– Deve pertanto dichiararsi l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 della legge reg. Siciliana n. 23 del 2020, che modifica l’art. 5 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019.

Sono assorbiti gli ulteriori profili di censura.

7.– È poi impugnato l’art. 6 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019, che, al comma 1, demanda alla Giunta regionale la promozione di «un piano straordinario di valorizzazione e/o dismissione del patrimonio immobiliare disponibile delle aziende sanitarie […] da attuare anche mediante conferimenti, ove previsto, a fondi immobiliari esistenti istituiti ai sensi delle disposizioni statali o regionali vigenti». La norma regionale ha il dichiarato fine di «ridurre l’impatto finanziario sul sistema sanitario regionale delle disposizioni di cui all’articolo 6 della legge regionale 17 marzo 2016, n. 3, che ha posto a carico del Fondo sanitario gli oneri del mutuo sottoscritto ai sensi dell’articolo 2, comma 46, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 tra il Ministero dell’Economia e la Regione siciliana».

Il comma 2 della stessa disposizione prevede inoltre che le aziende sanitarie, entro il 31 dicembre 2019, «definiscono la ricognizione e la valutazione del patrimonio immobiliare non strettamente destinato alle attività sanitarie, oggetto del piano di cui al comma 1».

7.1.– Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la norma impugnata, pur avendo «lo scopo di attenuare l’onere del mutuo posto in capo al risultato di gestione corrente», utilizzerebbe i ricavi delle vendite del patrimonio immobiliare delle aziende sanitarie per coprire disavanzi di gestione, con ciò violando l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione a quanto prevede l’art. 29, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42).

Quest’ultimo, infatti, stabilirebbe l’obbligatoria iscrizione dei proventi delle cessioni delle immobilizzazioni degli enti del Servizio sanitario regionale (SSR) in una riserva del patrimonio netto, escludendo così che questi possano influenzare il risultato economico dell’esercizio coprendo un onere corrente quale il finanziamento delle quote residue di capitale e interessi del prestito richiamato dalla norma impugnata.

7.2.– Va anzitutto disattesa la richiesta di dichiarare la cessazione della materia del contendere della questione motivata dalla resistente con l’assenza di concreta applicazione della norma regionale, non avendo le aziende sanitarie svolto l’attività propedeutica all’attuazione del piano di dismissione patrimoniale nel termine previsto dal comma 2 dell’impugnato art. 6.

Valgono al riguardo gli stessi motivi già illustrati al punto 6. in riferimento ad analoga istanza.

7.3.– La questione è fondata.

La norma impugnata introduce un piano di dismissione straordinario espressamente destinato alla riduzione degli oneri, gravanti sul bilancio regionale, del mutuo a suo tempo contratto per estinguere i debiti sanitari anteriori al 2006; non è pertanto in alcun modo sostenibile l’argomento della difesa regionale secondo cui la suddetta norma destinerebbe, invece, «nuove risorse alle aziende sanitarie che le impiegherebbero in conformità alla disciplina statale».

7.3.1.– Ciò premesso, la descritta finalità della norma impugnata contrasta con uno dei «[p]rincipi di valutazione specifici del settore sanitario» individuati dall’art. 29 del d.lgs. n. 118 del 2011 e, in particolare, con le disposizioni, evocate dal ricorrente, contenute nella lettera c) del comma 1.

Queste prescrivono l’iscrizione dei contributi in conto capitale assegnati dalla Regione agli enti sanitari in un’apposita voce del patrimonio netto e, laddove impiegati per l’acquisizione di cespiti ammortizzabili, ne prevedono lo storno «a proventi con un criterio sistematico, commisurato all’ammortamento dei cespiti cui si riferiscono, producendo la sterilizzazione dell’ammortamento stesso».

La stessa norma prevede inoltre che, nel caso di cessione di beni acquisiti tramite contributi in conto capitale, le disponibilità generate dalla dismissione sono destinate a reinvestimenti, ai quali parimenti si applica il metodo della sterilizzazione dei relativi ammortamenti; se la cessione genera una plusvalenza, questa viene direttamente iscritta in una riserva del patrimonio netto, senza influenzare il risultato economico dell’esercizio.

Ai fini che qui rilevano, va infine segnalato che l’ultimo periodo della norma in esame estende l’applicazione delle disposizioni ora richiamate «anche ai contributi in conto capitale dallo Stato e da altri enti pubblici, a lasciti e donazioni vincolati all’acquisto di immobilizzazioni, nonché a conferimenti, lasciti e donazioni di immobilizzazioni da parte dello Stato, della regione, di altri soggetti pubblici o privati».

Può pertanto affermarsi che, in forza delle modalità di rappresentazione contabile indicate dall’art. 29, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 118 del 2011, la dismissione dei beni immobili degli enti sanitari genera disponibilità che non costituiscono proventi di gestione e che devono essere mantenute nel patrimonio netto.

La disciplina di cui all’art. 29 del d.lgs. n. 118 del 2011 è infatti volta a «riservare – per preservare gli equilibri di parte corrente – l’utilizzazione del fondo sanitario alle spese per i LEA e per gli altri servizi sanitari, ove risulti ulteriore disponibilità, e, al contrario, [ad] attribuire alla programmazione nazionale e regionale la determinazione e l’impiego dei finanziamenti a fondo perduto per investimenti e acquisizioni di beni durevoli» (sentenza n. 157 del 2020).

L’inserimento, operato dalla norma censurata, del cespite dell’ente sanitario nel piano straordinario di valorizzazione o dismissione ne comporta, invece, l’uscita dal circuito del finanziamento degli investimenti sanitari facendo sì che le disponibilità generate dalla sua dismissione vengano sviate dalla destinazione al reinvestimento per essere utilizzate in maniera non consentita a coprire spese correnti quali sono, nella specie, le rate di un mutuo.

7.3.2.– D’altro canto, laddove il legislatore statale ha ravvisato specifiche esigenze, ha provveduto a derogare espressamente alle norme di cui all’art. 29, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 118 del 2011, così confermandone, però, in via ordinaria, il carattere di principi di coordinamento della finanza pubblica.

In questo senso, l’art. 6, comma 2-sexies, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, nella legge 24 febbraio 2012, n. 14, ha consentito alle Regioni non assoggettate a piano di rientro di procedere, in parziale deroga alla richiamata previsione e fino al 31 maggio 2012, «al ripiano del disavanzo sanitario maturato al 31 dicembre 2011 anche con la vendita di immobili»; un ulteriore utilizzo delle plusvalenze derivanti dalle ora citate operazioni di vendita di immobili è stato poi autorizzato, sempre in parziale deroga all’art. 29, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 118 del 2011, dall’art. 6-bis, comma 1, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute), convertito, con modificazioni, nella legge 8 novembre 2012, n. 189.

7.3.3.– La disposizione impugnata vìola quindi l’art. 117, terzo comma, Cost., ponendosi in contrasto con il principio espresso dall’evocato parametro interposto.

L’art. 6 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019 va, pertanto, dichiarato costituzionalmente illegittimo.

8.– Quanto alle residue questioni, relative agli artt. 12, comma 1, lettere a), b) e d), e 15 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri ha rinunciato all’impugnativa con due distinti atti depositati: il primo, il 28 maggio 2021, in conformità alla delibera del Consiglio dei ministri del 12 maggio 2021, limitatamente all’art. 12, comma 1, lettere a), b) e d); il secondo, direttamente in udienza, in conformità alla delibera del Consiglio dei ministri del 4 giugno 2021, limitatamente all’art. 15.

La Regione Siciliana ha accettato la rinuncia all’impugnativa del richiamato art. 12, comma 1, lettere a), b) e d), mentre ha preso atto in udienza di quella relativa all’art. 15.

8.1.– Ciò premesso, limitatamente alla questione promossa nei confronti dell’art. 12 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019, il processo deve dichiararsi estinto, ai sensi dell’art. 23, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Invece, in difetto di accettazione ma anche di un interesse da parte della Regione Siciliana a coltivare il giudizio, va dichiarata la cessazione della materia del contendere della questione promossa nei confronti dell’art. 15 della stessa legge impugnata.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 della legge della Regione Siciliana 19 luglio 2019, n. 13 (Collegato al DDL n. 476 ‘Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2019. Legge di stabilità regionale’), nel testo vigente prima delle modifiche apportate dall’art. 2 della legge della Regione Siciliana 14 ottobre 2020, n. 23 (Modifiche di norme in materia finanziaria);

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 della legge reg. Siciliana n. 23 del 2020, che modifica l’art. 5 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019;

3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 6 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019;

4) dichiara estinto il processo limitatamente alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 1, lettere a), b) e d), della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019, promosse, in riferimento agli artt. 81, terzo comma, e 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso n. 99 del 2019 indicato in epigrafe;

5) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 15 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019, promosse, in riferimento agli artt. 81, terzo comma, e 117, secondo comma, lettera e), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso n. 99 del 2019 indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 2021.

F.to:

Giancarlo CORAGGIO, Presidente

Luca ANTONINI, Redattore

Filomena PERRONE, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2021.