Sentenza n. 82 del 2021

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SENTENZA N. 82

ANNO 2021

Commento alla decisione di

Lucilla Conte

Trattamento dei rifiuti e ruolo delle Regioni: quando è “vietato vietare?

per. g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente: Giancarlo CORAGGIO

Giudici : Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 38, comma 2, della legge della Regione Valle d’Aosta 11 febbraio 2020, n. 1, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (Legge di stabilità regionale per il triennio 2020/2022). Modificazioni di leggi regionali», e dell’art. 10 della legge della Regione Valle d’Aosta 13 luglio 2020, n. 8 (Assestamento al bilancio di previsione della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste per l’anno 2020 e misure urgenti per contrastare gli effetti dell’emergenza epidemiologica da COVID-19), promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorsi notificati il 10-17 aprile e l’11-17 settembre 2020, depositati in cancelleria il 17 aprile e il 21 settembre 2020, iscritti, rispettivamente, ai numeri 42 e 85 del registro ricorsi 2020 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 20 e 45, prima serie speciale, dell’anno 2020.

Visti gli atti di costituzione della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste;

udito nell’udienza pubblica del 23 marzo 2021 il Giudice relatore Luca Antonini;

uditi l’avvocato dello Stato Alfonso Peluso per il Presidente del Consiglio dei ministri, in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 16 marzo 2021, e l’avvocato Francesco Saverio Marini per la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste;

deliberato nella camera di consiglio del 24 marzo 2021.

 

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 10-17 aprile e depositato il 17 aprile 2020 (reg. ric. n. 42 del 2020), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 38, comma 2, della legge della Regione Valle d’Aosta 11 febbraio 2020, n. 1, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (Legge di stabilità regionale per il triennio 2020/2022). Modificazioni di leggi regionali», in riferimento agli artt. 3, 41, 117, secondo comma, lettere e) ed s), 119, secondo comma, e 120 della Costituzione, nonché agli artt. 2 e 3 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta).

La disposizione impugnata sostituisce, con decorrenza dal 1° gennaio 2021, la Tabella di cui all’Allegato A della legge della Regione Valle d’Aosta 3 dicembre 2007, n. 31 (Nuove disposizioni in materia di gestione dei rifiuti), richiamato dall’art. 23, comma 1, della stessa legge regionale, che fissa gli importi del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, istituito ai sensi dell’art. 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica).

1.1.– Il ricorrente premette che, per costante giurisprudenza costituzionale, la disciplina dei rifiuti sarebbe riconducibile in via prevalente alla materia «tutela dell’ambiente», appartenente alla competenza esclusiva statale, abilitata a dettare livelli di tutela uniforme valevoli sull’intero territorio nazionale, in grado di imporsi nei confronti delle Regioni, anche ad autonomia speciale.

Rileva poi che l’anzidetta Tabella, come sostituita dalla disposizione impugnata, introdurrebbe sostanziali differenze per i «rifiuti speciali non pericolosi ammessi allo smaltimento in discarica per inerti», a seconda che la loro provenienza sia regionale o extraregionale. Infatti, la nuova Tabella prevede un tributo speciale per il deposito in discarica, nel primo caso, di euro 10 per tonnellata e, nel secondo caso, di euro 25,82 per tonnellata.

Secondo l’Avvocatura generale tale previsione si porrebbe in contrasto con l’art. 3, comma 29, della legge n. 549 del 1995, che, in relazione ai «rifiuti ammissibili al conferimento in discarica per i rifiuti inerti», fissa l’ammontare del tributo speciale regionale in misura non superiore a euro 0,01 per kg (pari a 10 euro/tonnellata), così violando la competenza esclusiva statale nella materia della tutela dell’ambiente di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

La difesa statale aggiunge che, disponendo «una imposizione tributaria superiore due volte e mezza la misura massima» prevista dalla norma interposta statale, la previsione impugnata si tradurrebbe di fatto in «un ostacolo alla libera circolazione delle cose», con effetto discriminatorio nei confronti di soggetti collocati fuori dal territorio regionale.

Pertanto, si realizzerebbe un contrasto con «i parametri di cui agli artt. 3, 41 e 120 Cost., atteso che la norma regionale censurata, rispettivamente»:

i) determinerebbe «un trattamento sfavorevole per le imprese esercenti l’attività di smaltimento operanti al di fuori del territorio regionale»;

ii) restringerebbe la libertà di iniziativa economica «in assenza di concrete e giustificate ragioni attinenti alla tutela della sicurezza, della libertà e della dignità umana, valori che non [potrebbero] ritenersi posti in pericolo dall’attività di smaltimento controllato e ambientalmente compatibile dei rifiuti»;

iii) introdurrebbe «un ostacolo alla libera circolazione delle cose tra le Regioni senza che sussistano ragioni giustificatrici, neppure di ordine sanitario e ambientale».

A tale ultimo proposito, per l’Avvocatura, nella specie non sussisterebbe nessuno degli elementi che, secondo quanto precisato da questa Corte nella sentenza n. 51 del 1991, permetterebbero di valutare la ragionevolezza delle legge regionali che limitano i diritti garantiti dall’art. 120 Cost., ovverosia che: «a) […] si sia in presenza di un valore costituzionale in relazione al quale possano essere posti limiti alla libera circolazione delle cose o degli animali; b) […] nell’ambito del suddetto potere di limitazione, la regione possegga una competenza che la legittimi a stabilire una disciplina differenziata a tutela di interessi costituzionalmente affidati alla sua cura; c) […] il provvedimento adottato in attuazione del valore suindicato e nell’esercizio della predetta competenza sia stato emanato nel rispetto dei requisiti di legge e abbia un contenuto dispositivo ragionevolmente commisurato al raggiungimento delle finalità giustificative dell’intervento limitativo della regione, così da non costituire in concreto un ostacolo arbitrario alla libera circolazione delle cose fra regione e regione».

1.2.– Il ricorrente deduce, poi, l’illegittimità costituzionale dello stesso art. 38, comma 2, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia del sistema tributario statale, e dell’art. 119, secondo comma, Cost., che subordina la possibilità per le Regioni e gli enti locali di stabilire e applicare tributi ed entrate propri al rispetto dei «principi (statali) di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» di cui alla legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), e all’art. 8 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario).

Osserva al riguardo l’Avvocatura che non spetterebbe al legislatore regionale «introdurre modifiche alla normativa statale che non siano da essa espressamente consentite […] pena l’invasione della competenza esclusiva in materia di tributi statali».

Sulla base di tali premesse l’Avvocatura ritiene che la norma censurata sia frutto dell’illegittimo esercizio della potestà legislativa regionale «in una materia in cui lo Stato ha competenza esclusiva» e che, inoltre, essa ecceda anche le competenze affidate alla Regione dagli artt. 2 e 3 dello statuto di autonomia.

2.– Con atto depositato il 22 maggio 2020 si è costituita la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

2.1.– In merito alla prospettata violazione degli artt. 117, secondo comma, lettere s) ed e), e 119 Cost., la difesa regionale sostiene che le censure sarebbero inammissibili e, comunque, infondate, in quanto muoverebbero da un presupposto interpretativo errato. La resistente ritiene infatti che l’impugnato art. 38, comma 2, della legge reg. Valle d’Aosta n. 1 del 2020, non contrasti «affatto» con i limiti previsti dal legislatore statale, poiché gli importi del tributo oggetto di censura non riguarderebbero «i rifiuti inerti tout court, ma i rifiuti speciali non pericolosi cui sia riconosciuta la conferibilità in discariche per inerti ai sensi della normativa vigente (d.m. 27.9.2020)».

Le misure del prelievo fissate dal legislatore regionale per i rifiuti speciali non pericolosi (ammessi alle discariche per inerti), pur differenziate in ragione della provenienza dall’interno o dall’esterno della Regione, sarebbero pertanto rispettose delle soglie massime stabilite dal legislatore statale con il citato art. 3, comma 29, della legge n. 549 del 1995.

Da qui – per la Regione autonoma – discenderebbe l’infondatezza di tutte le censure mosse alla disposizione impugnata in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettere s) ed e), e 119, secondo comma, Cost.

2.2.– Ad avviso della resistente sarebbero altresì infondate le ulteriori doglianze riferite alla disciplina regionale nella parte in cui, differenziando l’importo dell’imposta sul conferimento in discarica a seconda della provenienza, intra o extra regionale, violerebbe gli artt. 3, 41 e 120 Cost.

L’interpretazione di tale disciplina sarebbe infatti «strettamente connessa, e complementare» a quella dell’art. 21 della legge della Regione Valle d’Aosta 11 febbraio 2020, n. 3 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità regionale per il triennio 2020/2022. Modificazioni di leggi regionali e altre disposizioni), recante una norma «sottoposta al vaglio di questa Corte con il ricorso R.R. 40/2020». Con tale articolo il legislatore regionale, preso atto della capacità degli impianti esistenti nel territorio valdostano di garantire lo smaltimento di «rifiuti inerti speciali non pericolosi» prodotti sia all’interno che all’esterno della Regione, avrebbe disincentivato la costruzione di nuovi impianti, altrimenti «inevitabilmente destinati all’importazione di rifiuti da fuori Regione».

In questa prospettiva, la differenziazione tariffaria prevista dall’impugnato art. 38, comma 2, della legge reg. Valle d’Aosta n. 1 del 2020 per detta tipologia di rifiuti, limitata agli impianti attualmente esistenti e in esercizio, concorrerebbe ad evitare un significativo disequilibrio tra i volumi di rifiuti prodotti nel territorio, relativamente esigui e agevolmente «smaltibili a livello interno», e quelli provenienti da altre Regioni, preservando dal rischio che la capacità degli impianti stessi non garantisca agli operatori regionali lo smaltimento nell’impianto più vicino al luogo di produzione. Ciò consentirebbe di non vanificare «la pianificazione territoriale e impiantistica perseguita dal legislatore regionale nell’esercizio delle proprie competenze in materia di governo del territorio, nonché delle competenze pianificatorie riconosciute» dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale» (d’ora in poi cod. ambiente).

In particolare, dagli artt. 182 e 182-bis, cod. ambiente, si ricaverebbe che il legislatore statale, «pur non affermando rigidamente il principio dell’autosufficienza regionale» per lo smaltimento dei rifiuti speciali (previsto invece per i rifiuti urbani), individuerebbe «comunque nel principio di prossimità il criterio cardine nello smaltimento di rifiuti speciali, nell’ambito di una rete integrata di impianti».

Per questi motivi, secondo la Regione autonoma, la disposizione impugnata sarebbe coerente con i principi stabiliti dalle richiamate disposizioni statali e perseguirebbe, «nel legittimo esercizio delle competenze regionali di governo del territorio e di tutela della salute ex art. 117, comma 3, Cost., e 10, l. cost. n. 3 del 2001, l’obiettivo di disincentivare la movimentazione di rifiuti oltre quanto necessario».

La stessa giurisprudenza di questa Corte avrebbe, del resto, precisato che la disciplina dei rifiuti si colloca nell’ambito della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di competenza esclusiva statale, ferma restando però la competenza delle Regioni «alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali» (vengono citate le sentenze n. 231 del 2019, n. 249 del 2009 e n. 62 del 2008), sempre che siano garantite condizioni di tutela dell’ambiente più elevate (sentenze n. 285 del 2013 e n. 61 del 2009). Pertanto l’impugnata disciplina differenziata atterrebbe ad aspetti che pertengono alle prerogative regionali in materia di governo del territorio e tutela della salute, in coerenza con la normativa statale in materia di ambiente.

2.2.1.– In questo contesto – osserva ancora la difesa regionale – sarebbe dunque infondata la dedotta violazione dell’art. 3 Cost., in quanto la differenziazione dell’importo dell’imposta a seconda della provenienza del rifiuto non sarebbe né irragionevole, né discriminatoria, poiché finalizzata a disincentivare il conferimento del rifiuto in discarica, in accordo con lo scopo istitutivo dello stesso tributo. La modificazione tariffaria avrebbe, peraltro, lo scopo di «preservare la capacità recettiva degli impianti esistenti e in esercizio», tutelando un territorio «che sotto il profilo orografico», è caratterizzato da spazi molto esigui, «spesso soggetti a vincoli di tipo idrogeologico», e dove quindi risulta fortemente limitata la disponibilità di siti idonei alla localizzazione di impianti di discarica per i rifiuti speciali non pericolosi.

2.2.2.– Non sarebbe, inoltre, violata neppure la libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, la lesione della libertà dell’iniziativa economica non sarebbe configurabile laddove l’apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio corrisponda all’utilità sociale, purché essa non appaia arbitraria e gli interventi del legislatore non la perseguano mediante misure palesemente incongrue.

Pertanto, la norma regionale impugnata, essendo funzionale agli obiettivi, di utilità sociale, di «preservare la capacità recettiva impiantistica esistente» e disincentivare il collocamento in discarica dei rifiuti, in linea con quanto prescritto dalla disciplina europea, sarebbe conforme ai principi dell’art. 41 Cost.

2.2.3.– Per analoghe ragioni non sussisterebbe la paventata violazione dell’art. 120, primo comma, Cost.

Secondo la difesa regionale, dalla giurisprudenza di questa Corte si evincerebbe che il divieto di ostacolare in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose non è assoluto, ma consistente «unicamente in limiti che senza alcun fondamento costituzionale» finiscano per restringerla, senza perciò pregiudicare il potere normativo delle Regioni «connaturato allo svolgimento dell’autonomia politica e amministrativa» a esse riconosciuta.

Da qui l’infondatezza della censura, in quanto la norma impugnata: a) perseguirebbe i valori costituzionali di tutela ambientale e tutela della salute, anche ottemperando all’obiettivo costituzionale di preservare e governare ragionevolmente il territorio della Valle d’Aosta; b) sarebbe espressione di specifiche competenze statutariamente e costituzionalmente riconosciute alla Regione autonoma; c) avrebbe un contenuto dispositivo ragionevolmente commisurato al raggiungimento delle finalità giustificative dell’intervento limitativo.

D’altro canto, aggiunge la resistente, la disposizione oggetto di censura sarebbe analoga ad altre mai impugnate, come, ad esempio, l’art. 53, comma 8, della legge della Regione Lombardia 24 luglio 2003, n. 10 (Riordino delle disposizioni legislative regionali in materia tributaria – Testo unico della disciplina dei tributi regionali), e successive modificazioni, e non inciderebbe sulla libera circolazione delle cose (cioè sul loro transito), ma costituirebbe solo una «limitazione inerente alla destinazione del rifiuto speciale extraregionale all’interno di una Regione che poi deve assumere l’onere dello smaltimento».

Osserva, infine, la Regione che il divieto posto dall’art. 120, primo comma, Cost. dovrebbe essere interpretato congiuntamente all’art. 117, secondo e terzo comma, Cost. e ai vincoli derivanti dalla normativa europea, ex art. 117, primo comma, Cost., affinché la libera circolazione dei rifiuti speciali sia contemperata dai principi di autosufficienza e prossimità di matrice euro-unitaria, recepiti dalla legislazione statale. Diversamente, essa si tramuterebbe «nell’incentivazione dell’importazione di rifiuti da luoghi di produzione lontani dall’impianto di conferimento», precludendo alle Regioni qualsiasi pianificazione ragionevole del territorio e qualsiasi programmazione della gestione dei rifiuti stessi.

3.– Con ricorso notificato l’11-17 settembre 2020 e depositato il 21 settembre 2020 (reg. ric. n. 85 del 2020), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato, unitamente ad altre disposizioni della medesima legge regionale, l’art. 10 della legge della Regione Valle d’Aosta 13 luglio 2020, n. 8 (Assestamento al bilancio di previsione della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste per l’anno 2020 e misure urgenti per contrastare gli effetti dell’emergenza epidemiologica da COVID-19), ritenendo che tale disposizione ecceda le competenze stabilite dallo statuto di autonomia e violi gli artt. 3, 41, 97, 117, secondo comma, lettera s), e 120 Cost.

L’impugnato art. 10 dispone la sostituzione del comma 2 dell’art. 38 della legge reg. Valle d’Aosta n. 1 del 2020 (oggetto del ricorso iscritto al n. 42 reg. ric. del 2020), novellando, con decorrenza dal 1° gennaio 2021, la Tabella di cui all’Allegato A della già citata legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2007, recante gli importi tariffari per il tributo speciale di deposito in discarica di rifiuti solidi.

Le censure statali s’incentrano sulle voci della nuova Tabella, le quali stabiliscono che, per i «Rifiuti speciali non pericolosi ammessi allo smaltimento in discariche per rifiuti non pericolosi prodotti in Regione», il tributo è dovuto nella misura di euro 10,00 per tonnellata e che, per i «Rifiuti speciali non pericolosi ammessi allo smaltimento in discarica per rifiuti non pericolosi provenienti da fuori Regione», il tributo è dovuto nella misura di euro 25,82 per tonnellata.

L’Avvocatura generale richiama preliminarmente la disciplina statale del tributo speciale di deposito in discarica stabilita dall’art. 3, comma 29, della legge n. 549 del 1995, ai sensi del quale il relativo ammontare è fissato con legge regionale «per chilogrammo di rifiuti conferiti: […] in misura non inferiore ad euro 0,00517 [pari a euro 5,17 per tonnellata] e non superiore ad euro 0,02582 [pari a euro 25,82 per tonnellata] per i rifiuti ammissibili al conferimento in discarica per rifiuti non pericolosi e pericolosi ai sensi degli articoli 3 e 4 del medesimo decreto».

Secondo il ricorrente, «in assenza» di una specifica previsione della disciplina statale, che, in relazione ai rifiuti ammissibili al conferimento in discarica per rifiuti non pericolosi, determini l’entità del tributo «in base alla provenienza del rifiuto stesso», la predetta differenza di tassazione, stabilita dalla Regione, oltre a violare il suddetto parametro statale interposto, comporterebbe «di fatto» un ostacolo allo smaltimento dei rifiuti speciali prodotti fuori Regione, «delineando un sistema che viola il principio della libera circolazione sul territorio nazionale dei rifiuti speciali ponendosi, perciò, in contrasto con gli articoli 182 e 182-bis del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 che non ammettono alcuna limitazione alla circolazione dei rifiuti speciali da e verso altre Regioni».

L’Avvocatura generale conclude che da ciò deriverebbe il contrasto della norma impugnata con gli artt. 3, 41, 117, secondo comma, lettera, s), e 120 Cost.

A tale ultimo proposito viene precisato, con argomentazioni analoghe a quelle addotte a sostegno del precedente ricorso (reg. ric. n. 42 del 2020), che nella specie non sussisterebbe nessuno dei già ricordati elementi che, secondo la sentenza di questa Corte n. 51 del 1991, permetterebbero di «vagliare la ragionevolezza delle leggi regionali che limitano i diritti […] garantiti» dall’art. 120 Cost.

4.– Con atto depositato il 15 ottobre 2020 si è costituita la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

4.1.– La Regione premette che la Tabella di cui all’Allegato A in questione era già stata modificata dall’art. 38, comma 2, della legge reg. Valle d’Aosta n. 1 del 2020, poi impugnato dal Governo con il ricorso iscritto al n. 42 reg. ric. del 2020, che sarebbe però basato su un erroneo presupposto interpretativo relativo alla voce «rifiuti speciali non pericolosi ammessi allo smaltimento in discarica per inerti». Secondo la difesa regionale, l’impugnato art. 10 sarebbe quindi stato emanato solo «[p]er chiarezza», prevedendo, in luogo della dizione rifiuti speciali non pericolosi «ammessi allo smaltimento in discarica per inerti», quella specifica di «ammessi allo smaltimento in discariche per rifiuti non pericolosi».

4.2.– Ciò chiarito, la Regione eccepisce in via preliminare l’inammissibilità delle doglianze fondate sulla violazione dei limiti delle competenze statutarie, in quanto l’Avvocatura non si sarebbe premurata «di individuare le competenze normative regionali che rilevano in materia, né le motivazioni per cui il legislatore regionale le avrebbe travalicate».

Sarebbero altresì inammissibili, per genericità, le censure riferite all’art. 97 Cost., menzionato unicamente nella rubrica del motivo, senza alcuna argomentazione a sostegno della sua violazione.

4.3.– Tutte le censure sarebbero, secondo la Regione, comunque infondate.

La resistente afferma che l’importo del tributo fissato dal legislatore regionale non travalicherebbe i limiti minimi e massimi stabiliti dalla legge statale e che, conseguentemente, non sussisterebbe la lesione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione all’art. 3, comma 29, della legge n. 549 del 1995, evocato quale norma interposta.

Ribadisce inoltre argomenti analoghi a quelli spesi nell’atto di costituzione depositato in relazione al ricorso iscritto al n. 42 reg. ric. del 2020, incentrati sull’esigenza di preservare la capacità recettiva degli «impianti attualmente esistenti» e sulla complementarità della norma impugnata con l’art. 21 della legge reg. Valle d’Aosta n. 3 del 2020, che «disincentiva la costruzione di nuovi impianti», «inevitabilmente destinati» a rispondere «a un’offerta esogena».

In particolare, la difesa regionale rimarca che il dedotto vulnus all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. non potrebbe nemmeno dipendere «dal fatto che la disposizione di legge regionale differenzia l’importo dell’ecotassa a seconda della provenienza regionale o extra regionale». E, infatti, la disposizione impugnata non esorbiterebbe dai limiti fissati dal legislatore statale relativamente al quantum del tributo, cosicché al legislatore valdostano non solo non sarebbe precluso «ma anzi [sarebbe] "suggerito”» di disciplinare – in coerenza con la normativa statale in materia di ambiente e, in particolare, con i principi di autosufficienza e di prossimità di cui ai citati artt. 182 e 182-bis, cod. ambiente – relativamente ad aspetti che attengono alla competenza regionale del governo del territorio e della tutela della salute.

Infine, con argomenti del tutto coincidenti a quelli già dedotti nel primo ricorso, la Regione sostiene l’infondatezza delle censure formulate in riferimento agli artt. 3, 41 e 120 Cost.

5.– In relazione al primo ricorso (reg. ric. n. 42 del 2020), la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha depositato memoria per chiederne la declaratoria di «improcedibilità» per sopravvenuto difetto di interesse del Governo alla decisione. La difesa regionale motiva tale richiesta osservando che, nelle more del giudizio: a) l’impugnato art. 38, comma 2, della legge reg. Valle d’Aosta n. 1 del 2020 è stato sostituito dall’art. 10 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020; b) tale art. 10 è stato a sua volta censurato dal Governo con ricorso (reg. ric. n. 85 del 2020), fissato in pari data per la pubblica udienza; c) entrambe le disposizioni censurate hanno novellato la Tabella di cui all’Allegato A alla legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2007 con la medesima decorrenza giuridica, ovverosia dal 1° gennaio 2021.

Subordinatamente, la Regione insiste per l’inammissibilità o comunque l’infondatezza delle questioni.

6.– L’Avvocatura generale ha depositato memoria solo in relazione al secondo ricorso (reg. ric. n. 85 del 2020), deducendo preliminarmente l’infondatezza dell’eccezione d’inammissibilità per omessa individuazione delle competenze statutarie rilevanti e per carente motivazione delle ragioni dell’asserita eccedenza di competenza, formulata dalla Regione autonoma.

L’Avvocatura ritiene che l’esclusione, sostenuta nella premessa del ricorso, dell’esistenza di una competenza regionale prevista dallo statuto speciale e la motivata lesione della competenza legislativa dello Stato sarebbero sufficienti a soddisfare l’onere di motivazione, di carattere sostanziale e non formalistico, in ordine alla lesione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

In ogni caso, prosegue la difesa statale, il ricorso denuncerebbe altresì la violazione dei principi di uguaglianza e di libertà di iniziativa economica, nonché del divieto di limitazione alla circolazione delle cose tra le Regioni, rispetto ai quali non si porrebbe l’esigenza di alcun raffronto con le competenze statutarie.

Nel merito, l’Avvocatura insiste per l’accoglimento del ricorso in riferimento a tutti i parametri evocati.

In particolare, secondo la difesa statale, non sarebbe condivisibile la tesi della resistente per cui l’impugnato art. 10 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020, in quanto «complementare» al menzionato art. 21 della legge reg. Valle d’Aosta n. 3 del 2020, sarebbe giustificabile in forza di un asserito principio di autosufficienza regionale nello smaltimento dei rifiuti.

Infatti, per l’Avvocatura, non solo tale principio non sarebbe riferibile ai rifiuti speciali (come sarebbe dimostrato dal d.lgs. n. 152 del 2006 e dalle sentenze n. 10 del 2009 e n. 335 del 2001), ma questa Corte si sarebbe già espressa, in fattispecie analoghe a quella di cui alla norma denunciata, nel senso che siffatte differenze tariffarie pregiudicherebbero il conseguimento delle finalità di smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti più vicini, integrando un ostacolo alla libera circolazione delle cose tra Regioni, in contrasto con l’art. 120 Cost., senza che possano essere ricondotte al legittimo esercizio delle competenze normative regionali in materia di governo del territorio e di tutela della salute (è citata la sentenza n. 244 del 2011).

Ripercorrendo l’ampia giurisprudenza in materia di smaltimento di rifiuti speciali, in particolare in relazione ai principi di autosufficienza e prossimità, la difesa statale afferma poi che «non è affatto vero», come invece sostiene la Regione, che le limitazioni all’ingresso nel territorio regionale dei rifiuti speciali sarebbero ispirate a un fine di utilità sociale, coerente con gli obiettivi del legislatore europeo, inteso a limitare il conferimento in discarica dei rifiuti: tale disciplina risponderebbe, al contrario, a un interesse «meramente locale e, in fondo, egoistico (not in my backyard)».

Inoltre, la norma regionale impugnata, restringendo considerevolmente la generale fruibilità delle discariche valdostane, determinerebbe «inevitabilmente» una maggiore movimentazione dei rifiuti sul territorio nazionale. Ciò sarebbe in contrasto con i suddetti principi, con conseguente violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto detta norma regionale interverrebbe nella materia della «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema», attribuita in via esclusiva alla competenza legislativa dello Stato, nella quale rientra la disciplina della gestione dei rifiuti, anche quando interferisca con altri interessi e competenze, ove sia diretta a fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale.

A ulteriore sostegno della censura formulata in riferimento all’art. 120 Cost., l’Avvocatura generale precisa, inoltre, che questa Corte avrebbe già da tempo affermato che «anche alla luce della normativa comunitaria il rifiuto è pur sempre considerato un "prodotto”» (è citata la sentenza n. 335 del 2001).

Infine, sempre ad avviso della difesa statale, sarebbe privo di pregio il generico riferimento della Regione ad altre discipline regionali che avrebbero differenziato la misura del tributo speciale, poiché, per costante giurisprudenza costituzionale, «l’omessa impugnazione da parte dello Stato di precedenti norme regionali, analoghe a quelle oggetto di ricorso, non ha alcun rilievo, atteso che la norma impugnata ha comunque l’effetto di reiterare la lesione da cui deriva l’interesse a ricorrere dello Stato» (sono citate le sentenze n. 198 del 2019, n. 41 del 2017 e n. 231 del 2016).

7.– Anche la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha depositato memoria in relazione al secondo ricorso (reg. ric. n. 85 del 2020), insistendo per il rigetto integrale di tutte le questioni articolate in riferimento all’impugnato art. 10 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020.

In particolare, la difesa regionale motiva ulteriormente sull’infondatezza della dedotta illegittimità costituzionale della norma per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. in relazione agli artt. 182 e 182-bis, cod. ambiente, ribadendo che la scelta di innalzare l’importo del tributo speciale per i rifiuti speciali provenienti da fuori Regione sarebbe «volta al buon governo di un territorio con caratteristiche territoriali e orografiche del tutto peculiari». Infatti, siccome «l’importo della ecotassa fissato in precedenza dal legislatore valdostano era nettamente inferiore a quello praticato dalle Regioni limitrofe», si era «incentivato il conferimento in Valle d’Aosta di rifiuti provenienti anche da zone molto distanti», al punto che la quasi totalità dei rifiuti conferiti nelle discariche regionali sarebbero di provenienza extraregionale, come comproverebbe l’allegata relazione sui dati di conferimento in discariche di rifiuti speciali non pericolosi. La resistente conclude pertanto nel senso che la norma impugnata non configurerebbe un ostacolo alla libera circolazione dei rifiuti, essendo piuttosto legittima espressione di una «congrua e ragionevole gestione del territorio», diretta a «evitare il sovra-conferimento di rifiuti esterni rispetto a quelli regionali».

Considerato in diritto

1.– Con ricorso notificato il 10-17 aprile e depositato il 17 aprile 2020 (reg. ric. n. 42 del 2020), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 38, comma 2, della legge della Regione Valle d’Aosta 11 febbraio 2020, n. 1, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (Legge di stabilità regionale per il triennio 2020/2022). Modificazioni di leggi regionali», in riferimento agli artt. 3, 41, 117, secondo comma, lettere e) ed s), 119, secondo comma, e 120 della Costituzione, nonché agli artt. 2 e 3 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta).

La disposizione impugnata sostituisce, con decorrenza dal 1° gennaio 2021, la Tabella di cui all’Allegato A della legge della Regione Valle d’Aosta 3 dicembre 2007, n. 31 (Nuove disposizioni in materia di gestione dei rifiuti), richiamato dall’art. 23, comma 1, della stessa legge regionale, che fissa gli importi del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, istituito ai sensi dell’art. 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica).

Le censure statali s’incentrano sulle voci della nuova Tabella con le quali viene stabilito che per i «Rifiuti speciali non pericolosi ammessi allo smaltimento in discariche per inerti prodotti in Regione» il tributo è dovuto nella misura di euro 10,00 per tonnellata e che per i «Rifiuti speciali non pericolosi ammessi allo smaltimento in discarica per inerti provenienti da fuori Regione» il tributo è dovuto nella misura di euro 25,82 per tonnellata.

Secondo il ricorrente, l’impugnato comma 2 dell’art. 38 della legge reg. Valle d’Aosta n. 1 del 2020, così disponendo, si porrebbe in contrasto con l’art. 3, comma 29, della legge n. 549 del 1995, che, in relazione ai «rifiuti ammissibili al conferimento in discarica per i rifiuti inerti», fissa l’ammontare dell’imposta da applicare a livello regionale in misura non inferiore a euro 0,001 per kg (pari a l euro/tonnellata) e non superiore a euro 0,01 per kg (pari a 10 euro/tonnellata), così violando la competenza legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

La disciplina regionale, dunque, stabilendo per i soli rifiuti provenienti da fuori Regione «una imposizione tributaria superiore due volte e mezza la misura massima» prevista dalla norma interposta statale, si tradurrebbe di fatto in «un ostacolo alla libera circolazione delle cose», con effetto discriminatorio nei confronti di soggetti collocati fuori dal territorio regionale, in violazione degli artt. 3, 41 e 120 Cost.

In particolare, nella specie non sussisterebbe nessuno degli elementi indicati nella sentenza n. 51 del 1991 di questa Corte che, in riferimento all’art. 120 Cost., permetterebbero di valutare la ragionevolezza delle leggi regionali limitative dei diritti garantiti da tale parametro, ovverosia che: 1) vi sia un valore costituzionale in relazione al quale possano essere posti limiti alla libera circolazione delle cose e degli animali; 2) la Regione abbia competenza per una disciplina differenziata a tutela di interessi costituzionali affidati alla sua cura; 3) il provvedimento emanato sia stato emanato nel rispetto di tale competenza nonché dei requisiti di legge e sia ragionevolmente commisurato al raggiungimento delle finalità giustificative dell’intervento limitativo, così da non costituire un ostacolo arbitrario alla libera circolazione delle cose tra Regione e Regione.

Il ricorrente afferma, altresì, che la norma impugnata violerebbe gli artt. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia del «sistema tributario statale», e 119, secondo comma, Cost., che subordina la possibilità per le Regioni e gli enti locali di stabilire e applicare tributi ed entrate propri al rispetto dei «principi (statali) di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», in relazione agli interposti parametri statali individuati nella legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), e nell’art. 8 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario). Ciò in quanto, in materia di tributi statali – al cui novero dovrebbe essere ascritto il tributo speciale di deposito in discarica – non spetterebbe al legislatore regionale introdurre modifiche alla normativa statale che non siano da essa espressamente consentite.

2.– Con successivo ricorso notificato l’11-17 settembre 2020 e depositato il 21 settembre 2020 (reg. ric. n. 85 del 2020), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato, unitamente ad altre disposizioni della medesima legge regionale, l’art. 10 della legge della Regione Valle d’Aosta 13 luglio 2020, n. 8 (Assestamento al bilancio di previsione della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste per l’anno 2020 e misure urgenti per contrastare gli effetti dell’emergenza epidemiologica da COVID-19), in quanto eccederebbe le competenze stabilite dallo statuto di autonomia e violerebbe gli artt. 3, 41, 97, 117, secondo comma, lettera s), e 120 Cost.

La disposizione impugnata dispone la sostituzione del comma 2 dell’art. 38 della legge reg. Valle d’Aosta n. 1 del 2020 (oggetto del precedente ricorso, iscritto al n. 42 reg. ric. del 2020), modificando, con decorrenza dal 1° gennaio 2021, la Tabella di cui all’Allegato A della già citata legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2007, recante gli importi tariffari per il tributo speciale di deposito in discarica di rifiuti solidi.

Le censure statali s’incentrano sulle novellate voci di Tabella recanti gli importi tariffari per il deposito in discarica dei «Rifiuti speciali non pericolosi ammessi allo smaltimento in discariche per rifiuti non pericolosi prodotti in Regione», per i quali il tributo viene stabilito nella misura di euro 10,00 per tonnellata, e dei «Rifiuti speciali non pericolosi ammessi allo smaltimento in discarica per rifiuti non pericolosi provenienti da fuori Regione», relativamente ai quali esso viene fissato nella misura di euro 25,82 per tonnellata.

Ad avviso del ricorrente, la predetta differenza di tassazione stabilita dalla Regione, da un lato violerebbe il parametro statale interposto di cui all’art. 3, comma 29, della legge n. 549 del 1995, che individua, senza riferimenti al criterio di provenienza dei rifiuti, nel minimo e nel massimo gli importi del tributo rimessi alla competenza regionale; dall’altro comporterebbe «di fatto» un ostacolo allo smaltimento dei rifiuti speciali prodotti fuori Regione, «delineando un sistema che viola il principio della libera circolazione sul territorio nazionale dei rifiuti speciali ponendosi, perciò, in contrasto con gli articoli 182 e 182-bis del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 che non ammettono alcuna limitazione alla circolazione dei rifiuti speciali da e verso altre Regioni».

L’Avvocatura generale afferma che da ciò deriverebbe il contrasto della norma impugnata con gli artt. 3, 41, 117, secondo comma, lettera s), e 120 Cost.

A tale ultimo proposito viene precisato, con argomentazione analoghe a quelle addotte a sostegno del precedente ricorso (reg. ric. n. 42 del 2020), che nella specie non sussisterebbe nessuno dei già ricordati elementi che, secondo la sentenza di questa Corte n. 51 del 1991, permetterebbero di «vagliare la ragionevolezza delle leggi regionali che limitano i diritti […] garantiti» dall’art. 120 Cost.

3.– Riservata a separate pronunce la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso iscritto al n. 85 del registro ricorsi 2020, i giudizi vanno riuniti in ragione della stretta connessione che lega le disposizioni oggetto dei due ricorsi qui in esame e l’ampia sovrapponibilità delle censure prospettate.

4.– Quanto al giudizio di cui al ricorso iscritto al n. 42 reg. ric. del 2020, concernente le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 38, comma 2, della legge reg. Valle d’Aosta n. 1 del 2020, va dichiarata la cessazione della materia del contendere.

Nelle more del giudizio, infatti, la citata disposizione è stata sostituita dall’art. 10 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020, anch’esso modificativo, con la medesima decorrenza dal 1° gennaio 2021, della menzionata Tabella di cui all’Allegato A alla legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2007, recante gli importi del tributo speciale di deposito in discarica.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la modifica normativa, intervenuta nel corso del giudizio, della disposizione oggetto della questione di legittimità costituzionale promossa in via principale, determina la cessazione della materia del contendere quando si verificano, nel contempo, due condizioni: «il carattere satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso e il fatto che la disposizione censurata non abbia avuto medio tempore applicazione (ex plurimis, da ultimo, sentenze n. 200, n. 70 e n. 25 del 2020; n. 287 e n. 56 del 2019)» (sentenza n. 7 del 2021).

Nella specie, ricorrono ambedue i requisiti appena detti.

La circostanza che la suddetta sostituzione normativa sia intervenuta prima della decorrenza della data (1° gennaio 2021) da cui la norma oggetto di impugnazione avrebbe prodotto effetti comprova difatti, con certezza, che quest’ultima non ha mai potuto trovare applicazione (per un caso simile, sentenza n. 78 del 2020).

Quanto poi al carattere satisfattivo delle pretese avanzate nel primo ricorso, esso è determinato dalla circostanza che la più recente disposizione ha abrogato ab origine la norma impugnata, introducendo una nuova norma, che è oggetto del secondo ricorso statale qui considerato.

È, del resto, significativo che, nel corso della trattazione in pubblica udienza, l’Avvocatura generale non si sia espressamente opposta alla richiesta di «improcedibilità» del ricorso formulata della Regione autonoma, anzi osservando che per una pronuncia di «cessazione della materia del contendere» non sarebbe necessaria la previa accettazione da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri.

5.– Quanto al secondo ricorso (reg. ric. n. 85 del 2020) debbono essere preliminarmente vagliate le eccezioni di inammissibilità delle questioni sollevate dalla Regione.

5.1.– Secondo la resistente, tali questioni sarebbero inammissibili in quanto, pur avendo il Governo contestato la violazione dei limiti delle competenze statutarie, non sarebbero state individuate «le competenze normative regionali che rilevano in materia, né le motivazioni per cui il legislatore regionale le avrebbe travalicate».

L’eccezione non è fondata.

Nessun raffronto con le competenze statutarie si rende, infatti, necessario con riguardo ai parametri di costituzionalità di cui agli artt. 3, 41 e 120 Cost., evocati, rispettivamente, in riferimento al principio di uguaglianza, a quello di libertà di iniziativa economica privata e al divieto di limitazione alla circolazione delle cose tra le Regioni, trattandosi di principi che si impongono a tutti i soggetti dell’ordinamento, ivi comprese le autonomie speciali (da ultimo, sentenza n. 52 del 2021).

Quanto poi alla censura prospettata in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., va ricordato che questa Corte ha precisato che «[l]a Regione Valle d’Aosta difetta tanto di una competenza statutaria generale in materia di tutela dell’ambiente quanto di un titolo statutario specifico in materia di rifiuti, sicché qualsiasi motivazione del ricorrente in proposito sarebbe stata ultronea, essendo peraltro evidente che questo tipo di valutazione fuoriesce dall’ambito dell’ammissibilità» (sentenza n. 61 del 2009; analogamente, sentenza n. 118 del 2019).

Anche sotto tale profilo, pertanto, il ricorso supera il vaglio di ammissibilità, giacché risulta «intrinsecamente coerente» che la difesa statale, assumendo che la disposizione impugnata rientri per giurisprudenza consolidata nella materia «tutela dell’ambiente», ometta di illustrare le ragioni dell’applicabilità alla Regione delle norme del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, anziché di quelle dello statuto speciale (sentenza n. 153 del 2019).

5.2.– La resistente eccepisce inoltre l’inammissibilità della censura riferita all’art. 97 Cost. in quanto tale parametro viene solo evocato, senza essere corredato di alcuna motivazione.

L’eccezione è fondata.

Questa Corte anche di recente ha ribadito che il vaglio di ammissibilità nei ricorsi in via principale «richiede una motivazione adeguata e non meramente apodittica» e che tale esigenza si pone «in termini ancora più rigorosi nei giudizi proposti in via principale rispetto a quelli instaurati in via incidentale» (sentenza n. 78 del 2021). Siccome nel caso in esame difetta un qualsiasi impianto argomentativo va dunque dichiarata inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020, promossa in riferimento all’art. 97 Cost.

6.– Nel merito va premesso che in relazione all’art. 10 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020 deve essere prioritariamente esaminata, per economia di giudizio, la questione promossa in riferimento all’art. 120, primo comma, Cost.

Fermo restando che la Corte può discrezionalmente e insindacabilmente decidere l’ordine delle questioni da affrontare (ex plurimis, sentenze n. 246 del 2020; n. 258 del 2019; n. 148 del 2018), proprio la natura tributaria della norma censurata rende, infatti, opportuno, ai fini del vaglio di legittimità, il preliminare confronto con il suddetto parametro, introdotto nell’ordinamento costituzionale quale deterrente all’insorgere di un uso improprio dell’autonomia impositiva regionale.

Va, infatti, precisato che, nell’originaria formulazione proposta in sede di seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione, il divieto di istituire dazi di importazione, di esportazione o di transito veniva stabilito subito dopo un primo comma che riconosceva l’autonomia finanziaria delle Regioni, in modo da chiarire, come sostenuto dall’on. Ezio Vanoni nella seduta del 28 novembre 1946, che non potesse essere mai adottato da parte di queste «alcun provvedimento, né di natura fiscale né di qualsiasi altra natura, che possa creare ostacoli alla libera circolazione dei beni fra una Regione e l’altra».

Il suddetto divieto quindi presuppone logicamente (risultando altrimenti del tutto superfluo) il riconoscimento dell’autonomia impositiva delle Regioni, alle quali, per quanto qui interessa, non sono precluse né la possibilità di intervenire negli spazi di manovra ad esse consentiti dai tributi erariali ambientali, né quella di istituire, nel rispetto dei principi di coordinamento, tributi propri autonomi in relazione a fenomeni in cui l’effetto inquinante è prevalentemente limitato al proprio territorio (produzione di rifiuti, impatti da flussi turistici, emissioni degli impianti di riscaldamento, eccetera).

Si tratta di una prospettiva che – radicata nella doverosità, sul piano costituzionale, di una diffusa tutela dell’ambiente quale bene comune – è stata consapevolmente accolta dal legislatore ordinario: l’art. 8 del d.lgs. n. 68 del 2011, ad esempio, ha inserito un tributo ambientale in senso stretto (l’imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili civili) tra quelli ceduti alle Regioni e ha poi configurato come parzialmente ceduto un tributo ambientale solo in senso funzionale quale è la tassa automobilistica. L’art. 2, comma 2, lettera q), numero 1), della legge n. 42 del 2009, ha inoltre previsto, in via generale e residuale, che la legge regionale possa istituire tributi propri autonomi «con riguardo ai presupposti non assoggettati ad imposizione da parte dello Stato»; tra questi, come è ormai tipico di altri ordinamenti regionali europei, possono appunto rientrare anche quelli funzionali alla tutela (tassandone il consumo) dei beni comuni di carattere ambientale.

Attraverso queste forme impositive si può certo sviluppare, sul territorio nazionale, una differenziazione fisiologicamente connessa al perimetro operativo dell’autonomia impositiva regionale (sentenza n. 2 del 2006); quest’ultima non può, però, mai degenerare in un’ulteriore differenziazione stabilita solo in ragione del mero transito di un determinato bene attraverso il confine regionale. Si tratterebbe, infatti, proprio di quell’uso patologico dell’autonomia impositiva che il Costituente ha inteso scongiurare con l’art. 120 della Carta fondamentale.

In altri termini, l’esercizio dell’autonomia finanziaria regionale consistente nel differenziare l’entità del tributo speciale per il deposito in discarica di quella speciale "merce” (o "prodotto”) a rilevanza ambientale costituita dai rifiuti non è sufficiente di per sé a garantire la legittimità costituzionale di una differenziazione del prelievo a seconda della provenienza regionale o extraregionale del rifiuto da smaltire. Ciò neppure se l’entità del tributo speciale sia stata fissata (come nella specie) nel rispetto dei limiti della manovra quantitativa consentita alla Regione dalla normativa statale di cui all’art. 3, comma 29, della legge n. 549 del 1995, in forza del quale il relativo ammontare è fissato con legge regionale «per chilogrammo di rifiuti conferiti: […] in misura non inferiore ad euro 0,00517 [pari a euro 5,17 per tonnellata] e non superiore ad euro 0,02582 [pari a euro 25,82 per tonnellata] per i rifiuti ammissibili al conferimento in discarica per rifiuti non pericolosi e pericolosi ai sensi degli articoli 3 e 4 del medesimo decreto».

6.1.– Su queste premesse, occorre dunque verificare se la limitazione prevista dalla norma impugnata presenti margini di tollerabilità costituzionale, dovendosi, in ogni caso, vagliare, secondo il test che la giurisprudenza di questa Corte ha elaborato con riguardo all’art. 120, primo comma, Cost., «la ragionevolezza delle leggi regionali che limitano i diritti con esso garantiti» (sentenza n. 107 del 2018).

Tale scrutinio, come già anticipato, richiede di valutare: «a) se si sia in presenza di un valore costituzionale in relazione al quale possano essere posti limiti alla libera circolazione delle cose o degli animali; b) se, nell’ambito del suddetto potere di limitazione, la regione possegga una competenza che la legittimi a stabilire una disciplina differenziata a tutela di interessi costituzionalmente affidati alla sua cura; c) se il provvedimento adottato in attuazione del valore suindicato e nell’esercizio della predetta competenza sia stato emanato nel rispetto dei requisiti di legge e abbia un contenuto dispositivo ragionevolmente commisurato al raggiungimento delle finalità giustificative dell’intervento limitativo della regione, così da non costituire in concreto un ostacolo arbitrario alla libera circolazione delle cose fra regione e regione» (sentenza n. 51 del 1991).

Va aggiunto, tuttavia, che la suddetta verifica deve essere particolarmente rigorosa in presenza di una disposizione regionale che appare sussumibile nella categoria del dazio, dal momento che l’art. 120, primo comma, Cost. ne fa oggetto di un precipuo divieto, distinguendolo dalla più generale ipotesi di «provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni».

6.2.– Nello svolgimento del suddetto test occorre innanzitutto considerare che la norma impugnata interviene a disciplinare aspetti del tributo speciale per il deposito in discarica e in impianti di incenerimento senza recupero energetico dei rifiuti solidi, meglio noto come "ecotassa”, tributo proprio derivato istituito dall’art. 3, commi da 24 a 40, della legge n. 549 del 1995.

Si tratta di un tributo ambientale che mira a correggere, tassandole, le esternalità negative date dall’incidenza ambientale ritenuta indesiderabile (discariche e rifiuti ivi sversati): il prelievo, infatti, è istituito «[a]l fine di favorire la minore produzione di rifiuti e il recupero dagli stessi di materia prima e di energia» (comma 24 del citato art. 3 della legge n. 549 del 1995).

6.3.– Rispetto a tale tributo la difesa della Regione sostiene che la scelta di innalzarne l’importo per i rifiuti speciali provenienti da fuori Regione sarebbe giustificabile sotto un triplice profilo.

In primo luogo perché «volta al buon governo di un territorio con caratteristiche territoriali e orografiche del tutto peculiari», dove spazi esigui e vincoli idrogeologici limitano la disponibilità di siti idonei alla localizzazione di impianti di discarica per i rifiuti speciali non pericolosi. In tali impianti, inoltre, siccome «l’importo della ecotassa fissato in precedenza dal legislatore valdostano era nettamente inferiore a quello praticato dalle Regioni limitrofe», si era «incentivato il conferimento in Valle d’Aosta di rifiuti provenienti anche da zone molto distanti».

Di qui il secondo argomento, incentrato sui principi di autosufficienza e, in particolare, di prossimità di cui agli artt. 182 e 182-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale» (d’ora in poi cod. ambiente): la maggiorazione del tributo per i rifiuti prodotti fuori dai confini regionali sarebbe diretta a «evitare il sovra-conferimento di rifiuti esterni» e quindi la probabile maggiore movimentazione degli stessi.

Infine, la Regione autonoma adduce, quale terzo argomento, che la differenziazione attuata dal legislatore regionale non esorbiterebbe dai limiti fissati dalla normativa statale istituiva dell’ecotassa relativamente al quantum del tributo; in particolare, la norma impugnata non solo non si porrebbe in contrasto con un divieto espresso previsto dalla legge statale, ma anzi ne costituirebbe un opportuno, naturale, svolgimento con riguardo ad aspetti attinenti alla competenza regionale del governo del territorio e della tutela della salute.

6.4.– Gli argomenti della difesa regionale non sono sufficienti a superare il test di costituzionalità riferito all’art. 120, primo comma, Cost.

6.4.1.– Su un piano più generale va innanzitutto ricordato che la giurisprudenza di questa Corte si è occupata più volte del problema, posto dalla legislazione delle Regioni, relativo alla legittimità del divieto di smaltimento in ambito regionale di rifiuti di provenienza extraregionale, pervenendo sostanzialmente a due diverse soluzioni a seconda della tipologia dei rifiuti in questione.

Da un lato, infatti, si è statuito che il principio di autosufficienza di cui all’art. 182, comma 5 (ora comma 3, a decorrere dal 25 dicembre 2010, in forza dell’art. 8, comma 1, lettera b, del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante «Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive»), cod. ambiente, che, identificando nel territorio regionale l’ambito ottimale, vieta lo smaltimento dei rifiuti di produzione extraregionale, è applicabile solo ai rifiuti urbani non pericolosi; dall’altro si è precisato che il suddetto principio non può valere né per quelli speciali pericolosi (sentenze n. 12 del 2007, n. 161 del 2005, n. 505 del 2002, n. 281 del 2000), né per quelli speciali non pericolosi (sentenze n. 10 del 2009 e n. 335 del 2001), per i quali, non essendo preventivabile in modo attendibile la dimensione quantitativa e qualitativa del materiale da smaltire, diviene impossibile individuare «un ambito territoriale ottimale, che valga a garantire l’obiettivo specifico dell’autosufficienza nello smaltimento» (sentenza n. 335 del 2001).

Tali conclusioni rimangono valide anche a seguito delle modifiche al suddetto testo originario dell’art. 182 disposte, aggiungendo anche l’art. 182-bis, con il d.lgs. n. 205 del 2010 (sentenza n. 76 del 2021).

Quest’ultima disposizione infatti, da un lato conferma l’impossibilità di estendere ai rifiuti diversi da quelli urbani non pericolosi il principio dell’autosufficienza regionale e, dall’altro, ribadisce che va invece applicato ai rifiuti speciali, per assicurarne la più efficace gestione, il diverso criterio della specializzazione dell’impianto di smaltimento (art. 182-bis, comma 1, lettera b, cod. ambiente).

Tale criterio, peraltro, in particolare per i rifiuti speciali non pericolosi, potrebbe risultare temperato da quello della prossimità al luogo di produzione, in modo da ridurre il più possibile la movimentazione dei rifiuti (Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 11 giugno 2013, n. 3215). Tuttavia, rimane fermo – contrariamente a quanto sostenuto dalla resistente – che la necessità di garantire le interconnessioni, che devono sempre sussistere tra i vari siti degli impianti, porta a escludere la possibilità che, al di fuori dei rifiuti urbani, il confine regionale possa essere utilizzato per emanare norme dirette a favorire solo lo smaltimento dei rifiuti prodotti all’interno dello stesso.

Ciò in quanto, in contraddizione con la stessa nozione di «rete integrata ed adeguata di impianti» (art. 182-bis, comma 1, cod. ambiente), la discriminazione in base al criterio della provenienza regionale o extraregionale potrebbe pregiudicare proprio il conseguimento della finalità di smaltire tali rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini (sentenza n. 227 del 2020). Infatti, il riferimento al confine regionale, ostacolando la generale fruibilità delle discariche, «determina di necessità una maggiore movimentazione dei rifiuti sul territorio, stante la contrazione dell’offerta di idonei siti disponibili allo smaltimento dei rifiuti speciali non pericolosi» (sentenza n. 244 del 2011), con «un duplice effetto complessivamente negativo sugli obiettivi, sia nazionali, sia regionali» (sentenza n. 231 del 2019).

Sulla base di tali rilievi, questa Corte ha quindi ritenuto che numerose disposizioni regionali, le quali stabilivano ostacoli assoluti o relativi allo smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale diversi da quelli urbani non pericolosi, fossero in contrasto con l’art. 120 Cost., «sotto il profilo dell’introduzione di ostacoli alla libera circolazione di cose tra le regioni, oltre che con i principi fondamentali delle norme di riforma economico-sociale introdotti dal decreto legislativo n. 22 del 1997, e riprodotti dal d.lgs. n. 152 del 2006» (sentenza n. 10 del 2009).

6.4.2.– Alla luce di queste considerazioni, l’argomento speso dalla difesa della Regione autonoma in ordine alla particolare caratterizzazione del proprio territorio regionale non appare dirimente.

La norma in questione, infatti, utilizzando la leva fiscale dell’ecotassa per discriminare i conferimenti in discarica di rifiuti speciali non pericolosi provenienti da fuori Regione, non è in ogni caso riconducibile, come si è visto, a una legittima attuazione dei principi di autosufficienza e prossimità.

Tale norma appare piuttosto dissimulare il tentativo di sottrarsi alle implicazioni, anche in termini di solidarietà, connesse alla necessità di garantire una rete adeguata e integrata per lo smaltimento dei rifiuti speciali non pericolosi.

Essa, infatti, determina, nel differenziale imposto a questi ultimi, l’effetto sostanziale di introdurre, in contrasto con l’espressa previsione dell’art. 120, primo comma, Cost., un "dazio all’importazione”, cioè un ostacolo fiscale alla libera circolazione delle merci tra le Regioni.

6.4.3 – Nemmeno può rilevare l’ulteriore argomento svolto dalla difesa regionale, circa l’assenza di un esplicito divieto di una simile differenziazione nella disciplina statale, che consente la manovrabilità, tra un minimo e un massimo, dell’ecotassa. È infatti sottesa a tale silenzio l’ovvia considerazione che nemmeno la legge statale potrebbe, senza violare essa stessa l’art. 120, primo comma, Cost., abilitare una Regione a introdurre dazi o forme impositive ad effetto equivalente.

6.4.4. – Da quanto considerato deriva che la norma impugnata non è in grado di superare l’indicato test di costituzionalità.

Innanzitutto va rilevato che la differenziazione del prelievo in ragione della provenienza regionale o extraregionale del rifiuto non solo non trova giustificazione nei valori costituzionali della tutela ambientale e della salute, ma addirittura si pone in contrasto con essi perché comporterebbe una maggiore movimentazione dei rifiuti sul territorio nazionale (come osservato al punto 6.4.1.).

Tale rilievo sarebbe già sufficiente per l’accoglimento della questione; tuttavia, è evidente che la norma impugnata, determinando un ostacolo fiscale alla libera circolazione delle merci, non è neppure riconducibile a un esercizio legittimo delle competenze regionali, perché queste non possono alterare in peius gli standard ambientali statali (da ultimo, sentenze n. 7 del 2019, n. 139 e n. 74 del 2017).

Deve quindi essere dichiarata l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 120, primo comma, Cost., dell’art. 10 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020 limitatamente alle voci della Tabella di cui all’Allegato A alla legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2007 che, discriminando in relazione alla provenienza territoriale, introducono la descritta differenziazione tabellare.

Per escludere la suddetta discriminazione deve essere dunque dichiarata l’illegittimità costituzionale: a) della voce di Tabella concernente i «Rifiuti speciali non pericolosi ammessi allo smaltimento in discariche per rifiuti non pericolosi prodotti in Regione», limitatamente alle parole «prodotti in Regione»; b) dell’intera voce tabellare concernente i «Rifiuti speciali non pericolosi ammessi allo smaltimento in discarica per rifiuti non pericolosi provenienti da fuori Regione», compreso l’importo del prelievo pari a euro 25,82 per tonnellata.

7.– Le ulteriori censure promosse in riferimento agli artt. 3, 41 e 117, secondo comma, lettera s), Cost. sono assorbite.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separata pronuncia la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 85 del 2020;

riuniti i giudizi,

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 10 della legge della Regione Valle d’Aosta 13 luglio 2020, n. 8 (Assestamento al bilancio di previsione della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste per l’anno 2020 e misure urgenti per contrastare gli effetti dell’emergenza epidemiologica da COVID-19), nella parte in cui sostituisce la Tabella di cui all’Allegato A della legge della Regione Valle d’Aosta 3 dicembre 2007, n. 31 (Nuove disposizioni in materia di gestione dei rifiuti), limitatamente: a) alle parole «prodotti in Regione» della voce concernente i «Rifiuti speciali non pericolosi ammessi allo smaltimento in discariche per rifiuti non pericolosi prodotti in Regione»; b) all’intera voce concernente i «Rifiuti speciali non pericolosi ammessi allo smaltimento in discarica per rifiuti non pericolosi provenienti da fuori Regione», compreso l’importo del prelievo pari a euro 25,82 per tonnellata;

2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020 promossa, in riferimento all’art. 97 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso iscritto al n. 85 del registro ricorsi 2020;

3) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 38, comma 2, della legge della Regione Valle d’Aosta 11 febbraio 2020, n. 1, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (Legge di stabilità regionale per il triennio 2020/2022). Modificazioni di leggi regionali», promosse, in riferimento agli artt. 3, 41, 117, secondo comma, lettere e) ed s), 119, secondo comma, e 120 della Costituzione, nonché agli artt. 2 e 3 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso iscritto al n. 42 del registro ricorsi 2020.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 marzo 2021.

F.to:

Giancarlo CORAGGIO, Presidente

Luca ANTONINI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 30 aprile 2021.