Sentenza n. 257 del 2020

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SENTENZA N. 257

ANNO 2020

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori:

 

Presidente: Mario Rosario MORELLI;

 

Giudici: Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA,

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 3, comma 4, 6, 15, 16, 18, 20, 22, 23 e 26 della legge della Regione Molise 9 dicembre 2019, n. 16 (Disposizioni in materia di politiche attive del lavoro e formazione professionale e funzionamento del sistema regionale dei servizi per il lavoro), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 10-13 febbraio 2020, depositato in cancelleria il 17 febbraio 2020, iscritto al n. 17 del registro ricorsi 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell’anno 2020.

 

Visto l’atto di costituzione della Regione Molise;

 

udito nella udienza pubblica del 4 novembre 2020 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

 

uditi l’avvocato dello Stato Fabrizio Urbani Neri per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Claudia Angiolini per la Regione Molise, in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 30 ottobre 2020;

 

deliberato nella camera di consiglio del 4 novembre 2020.

 

Ritenuto in fatto

 

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 10-13 febbraio 2020 e depositato il successivo 17 febbraio 2020, iscritto al n. 17 del reg. ric. 2020, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 3, comma 4, 6, 15, 16, 18, 20, 22, 23 e 26 della legge della Regione Molise 9 dicembre 2019, n. 16 (Disposizioni in materia di politiche attive del lavoro e formazione professionale e funzionamento del sistema regionale dei servizi per il lavoro), in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, in relazione all’art. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

 

2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri rappresenta che, con la legge regionale oggetto di impugnativa, la Regione Molise ha istituito un organismo denominato «Struttura multifunzionale di orientamento», di supporto ai servizi regionali per il lavoro (art. 1), prevedendo la complementarietà della sua attività rispetto a quelle svolte dalla struttura regionale (art. 6).

 

Ai sensi degli impugnati artt. 15 e 18 della citata legge regionale, la suddetta struttura si avvale del personale iscritto all’albo regionale degli operatori della formazione professionale, che viene assegnato alla Regione in posizione di distacco, senza incidenza sulla titolarità del rapporto di lavoro che continua a rimanere in capo agli enti e agli organismi di formazione di natura privatistica, a cui resta attribuita la responsabilità retributiva, contributiva e disciplinare del suddetto personale.

 

L’impugnato art. 20 della medesima legge regionale prevede che i rapporti tra la Regione e gli enti privati sono regolati da apposite convenzioni.

 

Secondo il ricorrente le suddette norme e quelle ad esse inscindibilmente connesse, ovvero gli artt. 16, 22, 23 e 26 della legge reg. Molise n. 16 del 2019, che disciplinano, rispettivamente, l’organizzazione e la distribuzione dei carichi di lavoro, la durata delle convenzioni tra la Regione e gli organismi di formazione professionale e gli obblighi derivanti da tali convenzioni per la Regione e per il personale utilizzato, si porrebbero in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. e con i principi di uguaglianza e imparzialità della pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost., integrando un’elusione delle norme relative alle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni.

 

In particolare, verrebbe in rilievo l’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001 che dispone che le pubbliche amministrazioni per i propri fabbisogni utilizzano, in via prioritaria, personale assunto a tempo indeterminato e che possono ricorrere a forme di lavoro flessibile solo per soddisfare esigenze temporanee ed eccezionali.

 

3.– Il Presidente del Consiglio dei ministri evidenzia che il distacco è un istituto giuridico applicabile nel settore privato; la sua disciplina è posta dall’art. 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30) e presuppone un interesse del datore di lavoro, per soddisfare il quale egli pone temporaneamente i propri dipendenti a disposizione di un altro soggetto, tanto essenziale che, in suo difetto, i dipendenti distaccati possono chiedere la costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze del terzo.

 

Il distacco previsto dalla legge regionale impugnata si differenzia da quello privatistico per molteplici profili, in primo luogo, esso è disposto nell’interesse dell’amministrazione, poiché i dipendenti degli enti e degli organismi di formazione sono utilizzati dalla Regione per il «ridotto numero di operatori nel proprio organico» (art. 3, comma 4, legge reg. Molise n. 16 del 2019).

 

Inoltre, la sua durata è astrattamente illimitata poiché l’assegnazione temporanea è suscettibile di rinnovo, ancorché non tacito, in funzione dell’espletamento dei compiti regionali correlati alla durata operativa della struttura multifunzionale di orientamento.

 

Infine, gli enti di formazione professionale datori di lavoro non ne possono disporre la cessazione, non potendo risolvere in via anticipata la convenzione, e perdono il potere di direzione del personale, che compete invece alle strutture regionali in cui il suddetto personale viene inserito, sia in riferimento alle modalità di svolgimento dell’attività che all’allineamento degli orari lavorativi degli operatori della formazione con quelli dei dipendenti regionali.

 

4.– Nonostante la divergenza dalla disciplina delineata dal d.lgs. n. 276 del 2003 e sebbene quest’ultimo, per espressa previsione, non si applichi alle pubbliche amministrazioni e al loro personale (art. 1, comma 2), il ricorrente evidenzia il rischio che i dipendenti degli enti di formazione distaccati presso la Regione possano invocare la costituzione del rapporto di lavoro pubblico in ragione della natura privatistica del datore di lavoro e dell’interesse pubblico in funzione del quale il distacco è previsto.

 

Invero, la Regione, in applicazione della legge 21 dicembre 1978, n. 845 (Legge-quadro in materia di formazione professionale), avrebbe potuto realizzare i programmi e i piani di formazione professionale direttamente, attraverso le strutture pubbliche, ovvero mediante convenzione con gli enti di formazione, senza l’utilizzo del personale attraverso il distacco.

 

Pertanto, la scelta di avvalersi di personale distaccato, la sistematicità, l’organicità e la complementarietà dei compiti della struttura multifunzionale di orientamento e, conseguentemente, la natura non eccezionale e temporanea delle esigenze che richiedono l’impiego di tale personale si tradurrebbero in aggiramento di fatto dell’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, che subordina alla sussistenza di situazioni di carattere eccezionale e temporaneo l’impiego di lavoratori estranei alla pubblica amministrazione.

 

5.– Peraltro, il fatto che i potenziali lavoratori impiegati presso la struttura multifunzionale di orientamento coincidano con i soli iscritti all’albo regionale degli operatori della formazione professionale alla data di entrata in vigore della legge regionale impugnata, determinerebbe la violazione dei principi di uguaglianza e di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione.

 

6.– Si è costituita la Regione Molise eccependo l’infondatezza del ricorso poiché, da una lettura organica e complessiva della legge regionale impugnata, si evincerebbe che il termine «distacco» va inteso in senso di “utilizzazione” dei lavoratori degli enti e degli organismi di formazione, che rimarranno titolari dei rapporti di lavoro del personale adoperato all’interno della struttura multifunzionale di orientamento, senza che con essa venga ad instaurarsi alcun rapporto lavorativo.

 

Si tratterebbe, dunque, di una disponibilità lavorativa, limitata nel tempo e non elusiva delle norme che regolano l’accesso al pubblico impiego; la legge regionale, infatti, si sarebbe proposta di inquadrare il sistema integrato dei servizi per il lavoro in ambito regionale, senza violare il principio di uguaglianza, poiché gli iscritti all’albo degli operatori della formazione professionale avrebbero una corsia preferenziale, ma non esclusiva, alla struttura multifunzionale di orientamento.

 

Considerato in diritto

 

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 3, comma 4, 6, 15, 16, 18, 20, 22, 23 e 26 della legge della Regione Molise 9 dicembre 2019, n. 16 (Disposizioni in materia di politiche attive del lavoro e formazione professionale e funzionamento del sistema regionale dei servizi per il lavoro), in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, in relazione all’art. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

 

Sono oggetto di censura le norme con cui la Regione Molise ha istituito una «Struttura multifunzionale di orientamento» a supporto delle attività concernenti i servizi per il lavoro e l’organizzazione del sistema di orientamento permanente (artt. 1, 3, comma 4, e 6) e ha previsto di impiegare presso tale struttura il personale iscritto all’albo regionale degli operatori della formazione professionale in posizione di distacco, previa stipula di apposita convenzione con l’ente di provenienza (artt. 15, 16, 18 e 20).

 

Secondo la difesa dello Stato la natura permanente della struttura multifunzionale di orientamento e l’organicità e sistematicità delle sue funzioni, al cui espletamento sono chiamati i dipendenti distaccati, deporrebbero nel senso di una forma di internalizzazione di personale privato presso le amministrazioni pubbliche in contrasto con l’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, che impone a queste ultime di approvvigionarsi di personale facendo ricorso al contratto di lavoro a tempo indeterminato, salva la possibilità di ricorrere a contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, contratti di formazione e lavoro, e contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, nonché di avvalersi delle forme contrattuali flessibili previste dal codice civile e dalle altre leggi sui rapporti di lavoro nell’impresa, ma solo per sopperire a comprovate esigenze di carattere temporaneo o eccezionale.

 

Invero, la sistematica utilizzazione di personale privato per lo svolgimento di compiti regionali, traducendosi in un aggiramento delle prescrizioni del d.lgs. n. 165 del 2001 in materia di rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, determinerebbe l’invasione della materia «ordinamento civile», di competenza esclusiva del legislatore statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., e violerebbe i principi di uguaglianza e di buon andamento della pubblica amministrazione, di cui agli artt. 3 e 97 Cost.

 

2.– Le questioni sono fondate innanzitutto in riferimento all’evocato parametro dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

 

3.– La legge regionale impugnata, con gli artt. 1, 3 comma 4, 6, 15, 16, 18, 20, 22, 23 e 26, ha puntualmente previsto, rispettivamente: l’istituzione di una struttura di supporto all’attività regionale dei servizi territoriali per il lavoro per sopperire alla carenza di organico degli uffici regionali (artt. 1 e 3, comma 4), la definizione dei compiti della suddetta struttura come complementari rispetto ai servizi regionali del lavoro e della formazione (art. 6), l’impiego del personale iscritto nell’albo regionale degli operatori della formazione professionale (art. 15), il procedimento per la selezione e il collocamento (art. 16), l’applicazione dell’istituto del distacco, fermo restando il rapporto di lavoro con l’ente o con l’organismo di formazione (art. 18), la stipula delle convenzioni in forza delle quali avviene il distacco (art. 20), la durata di queste ultime (art. 22), gli obblighi derivanti dalle convenzioni (art. 23), e quelli del personale utilizzato presso la struttura multifunzionale di orientamento (art. 26).

 

4.– La materia dell’ordinamento civile, riservata in via esclusiva al legislatore statale, investe la disciplina del trattamento economico e giuridico dei dipendenti pubblici e ricomprende tutte le disposizioni che incidono sulla regolazione del rapporto di lavoro (ex plurimis, sentenze n. 175 e n. 72 del 2017, n. 257 del 2016, n. 180 del 2015, n. 269, n. 211 e n. 17 del 2014).

 

5.– Il legislatore nazionale, con la novella di cui all’art. 9, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l), m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», ha modificato l’art. 36, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 consentendo, in un’ottica di flessibilizzazione, l’utilizzazione da parte della pubblica amministrazione di istituti di diritto privato previsti dalla normativa sul lavoro; in particolare l’istituto del distacco è regolato dall’art. 30, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30).

 

Ma la norma statale, come rilevato nel ricorso, prevede l’utilizzazione di forme flessibili mutuate dal diritto privato solo per specifiche esigenze temporanee di carattere eccezionale e può trovare applicazione «esclusivamente nei limiti e con le modalità in cui se ne preveda l’applicazione nelle amministrazioni pubbliche».

 

6.– Con il distacco, così come regolato dal diritto privato del lavoro, il «datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa» (art. 30, comma 1, d.lgs. n. 276 del 2003).

 

La previsione della legge regionale impugnata istituisce invece una peculiare ipotesi di distacco che non ha riscontro nel ricordato istituto civilistico; infatti, sono connotati essenziali di quest’ultimo l’interesse dell’imprenditore distaccante e la temporaneità del distacco, a cui consegue la possibilità di farlo cessare in ogni tempo in relazione alla durata dell’interesse del datore di lavoro distaccante: condizioni queste tutte contraddette dalla legge regionale impugnata.

 

7.– La Regione Molise ha previsto, a propri fini, l’utilizzazione dei lavoratori dipendenti dagli enti e dagli organismi di formazione professionale per sopperire a carenze di organico dei propri uffici, creando un’apposita struttura di supporto ai servizi del lavoro e della formazione che l’organico regionale non era in grado di assicurare.

 

Inoltre, contrasta con l’istituto del distacco la natura tendenzialmente permanente dell’utilizzazione dei lavoratori, in quanto funzionale all’assolvimento dei compiti della struttura multifunzionale di orientamento, e l’impossibilità per gli enti e gli organismi privati di formazione professionale titolari del rapporto di lavoro, di far cessare l’utilizzazione, essendo loro preclusa la possibilità di risolvere la convenzione.

 

Pertanto, la Regione Molise ha indebitamente legiferato in materia rimessa all’ordinamento civile non limitandosi a richiamare l’istituto del distacco, ma disciplinandolo in maniera peculiare e divergente dalla fattispecie legale.

 

Peraltro, tale disciplina regionale, comportando una tendenziale “internalizzazione” di personale privato nell’organico regionale, viola, non solo la competenza esclusiva statale in materia di «ordinamento civile», ma altresì il principio di uguaglianza e di buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost.

 

8.– Siamo, dunque, in presenza di una disciplina regionale incompatibile con quella statale, per presupposti e regolamentazione, e che, in ragione dello stretto rapporto funzionale tra la struttura multifunzionale di orientamento e l’illegittimo distacco utilizzato per la sua realizzazione, comporta che l’istituenda struttura regionale sia funzionalmente correlata all’utilizzazione sistematica del personale privato.

 

Pertanto, tutti gli articoli impugnati della legge reg. Molise n. 16 del 2019 sono illegittimi per contrasto con tutti i parametri evocati.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, 3, comma 4, 6, 15, 16, 18, 20, 22, 23 e 26 della legge della Regione Molise 9 dicembre 2019, n. 16 (Disposizioni in materia di politiche attive del lavoro e formazione professionale e funzionamento del sistema regionale dei servizi per il lavoro).

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 novembre 2020.

 

F.to:

 

Mario Rosario MORELLI, Presidente

 

Giulio PROSPERETTI, Redattore

 

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

 

Depositata in Cancelleria l'1 dicembre 2020.