Ordinanza n. 124 del 2020

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ORDINANZA N. 124

 

ANNO 2020

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente: Marta CARTABIA;

 

Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge della Regione Marche 3 ottobre 2018, n. 39, recante «Variazione generale al bilancio di previsione 2018/2020 ai sensi del comma 1 dell’articolo 51 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 - (1° provvedimento)», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 3-11 dicembre 2018, depositato in cancelleria l’11 dicembre 2018, iscritto al n. 84 del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell’anno 2019.

 

Visto l’atto di costituzione della Regione Marche;

 

udito il Giudice relatore Giulio Prosperetti nella camera di consiglio del 20 maggio 2020, svolta ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettera a);

 

deliberato nella camera di consiglio del 20 maggio 2020.

 

Ritenuto che, con ricorso notificato il 3-11 dicembre 2018 e depositato l’11 dicembre 2018 (reg. ric. n. 84 del 2018), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera l), e 3 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge della Regione Marche 3 ottobre 2018, n. 39, recante «Variazione generale al bilancio di previsione 2018/2020 ai sensi del comma 1 dell’articolo 51 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 - (1° provvedimento)»;

 

che, ad avviso del ricorrente, la norma impugnata, rideterminando il fondo per il trattamento accessorio del personale della Giunta regionale e il fondo per la retribuzione di posizione e di risultato del personale con qualifica dirigenziale della Giunta regionale alla data del 1° gennaio 2018, si porrebbe in contrasto con l’art. l, comma 800, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), che, al fine di consentire la progressiva armonizzazione del trattamento economico del personale delle Città metropolitane e delle Province transitato in altre amministrazioni pubbliche, attribuisce agli enti presso cui tale personale è transitato il potere di incrementare i fondi destinati al relativo trattamento economico accessorio, ma subordinandolo al rispetto dei requisiti stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previsto dall’art. 23, comma 4, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l), m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», non ancora adottato alla data di entrata in vigore della disposizione impugnata;

 

che, pertanto, ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata, contrastando con l’art. l, comma 800, della legge n. 205 del 2017, violerebbe sia l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., il quale riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia dell’ordinamento civile, in cui rientra anche la regolamentazione dei profili retributivi del rapporto di lavoro del personale regionale, che l’art. 3 Cost., stante il diverso e ingiustificato trattamento economico attribuito ai dipendenti regionali rispetto a quello previsto per il personale, nella medesima posizione lavorativa, di altre pubbliche amministrazioni;

 

che, con atto depositato l’11 gennaio 2019, si è costituita in giudizio la Regione Marche, chiedendo che sia dichiarata l’inammissibilità o l’infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale;

 

che, nel corso del giudizio, l’art. 5 della legge reg. Marche n. 39 del 2018 è stato abrogato dall’art. 4, comma 2, della legge della Regione Marche 31 luglio 2019, n. 24, recante «Disposizioni urgenti di modifica delle leggi regionali 3 agosto 2010, n. 11 “Misure urgenti in materia di contenimento della spesa”, 30 dicembre 2014, n. 36 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2015 e pluriennale 2015/2017 della Regione. Legge finanziaria 2015”, 3 ottobre 2018, n. 39 “Variazione generale al bilancio di previsione 2018/2020 ai sensi del comma 1 dell’articolo 51 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 - 1° provvedimento” e 28 dicembre 2018, n. 51 “Disposizioni per la formazione del bilancio 2019/2021 della Regione Marche (Legge di stabilità 2019)»;

 

che, con memoria depositata il 4 settembre 2019, la Regione resistente ha affermato che la disposizione impugnata non ha avuto applicazione;

 

che, sul presupposto dell’intervenuta abrogazione e della dichiarazione circa la mancata applicazione, e in conformità alla delibera assunta dal Consiglio dei ministri nella seduta del 6 novembre 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri, con atto depositato il 17 dicembre 2019, ha dichiarato di rinunciare al ricorso;

 

che il Presidente della Giunta regionale delle Marche, con atto depositato il 4 febbraio 2020, ha accettato la rinuncia, su conforme delibera della Giunta regionale assunta nella seduta del 13 gennaio 2020.

 

Considerato che, nei giudizi di legittimità costituzionale in via principale, la rinuncia all’impugnazione della parte ricorrente, accettata dalla resistente costituita, determina l’estinzione del processo, ai sensi dell’art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (ex plurimis, ordinanze n. 211, n. 190, n. 183 e n. 136 del 2019).

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, e 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara estinto il processo.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 maggio 2020.

 

F.to:

 

Marta CARTABIA, Presidente

 

Giulio PROSPERETTI, Redattore

 

Roberto MILANA, Cancelliere

 

Depositata in Cancelleria il 23 giugno 2020.