Ordinanza n. 55 del 2020

CONSULTA ONLINE 

 

ORDINANZA N. 55

 

ANNO 2020

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente: Marta CARTABIA;

 

Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4-bis del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 125, e successive modificazioni, promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, nel procedimento vertente tra la Dirpubblica-Federazione del Pubblico Impiego e l’Agenzia delle dogane e dei monopoli e altri, con ordinanza del 20 luglio 2018, iscritta al n. 52 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell’anno 2019.

 

Visto l’atto di costituzione della Dirpubblica-Federazione del Pubblico Impiego, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell’udienza pubblica del 25 febbraio 2020 il Giudice relatore Nicolò Zanon;

 

uditi l’avvocato Carmine Medici per la Dirpubblica-Federazione del Pubblico Impiego e l’avvocato dello Stato Giulio Bacosi per il Presidente del Consiglio dei ministri;

 

deliberato nella camera di consiglio del 25 febbraio 2020.

 

Ritenuto che, con ordinanza del 20 luglio 2018 (iscritta al r.o. n. 52 del 2019), il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4-bis del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 125, e successive modificazioni, per ritenuto contrasto con gli artt. 3, 51, 77, 97 e 136 della Costituzione;

 

che le questioni traggono origine da un giudizio amministrativo promosso da Dirpubblica-Federazione del Pubblico Impiego (di seguito: Dirpubblica) per ottenere l’annullamento di una serie di atti dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli che hanno dato attuazione all’art. 4-bis del d.l. n. 78 del 2015, come convertito;

 

che, secondo il rimettente, la definizione del giudizio amministrativo non potrebbe prescindere dalla verifica della legittimità costituzionale della previsione legislativa attributiva del potere esercitato dalla predetta Agenzia;

 

che il comma 2 del censurato art. 4-bis consentiva ai dirigenti delle agenzie fiscali titolari di incarichi ad interim di delegare – per un periodo di tempo originariamente fissato al 31 dicembre 2016, termine più volte prorogato, e, al momento della sospensione del giudizio a quo, fissato al 31 dicembre 2018 – le funzioni dirigenziali relative ai predetti incarichi interinali a funzionari della terza area delle stesse agenzie;

 

che, «[a] fronte delle responsabilità gestionali connesse all’esercizio delle deleghe affidate», la stessa disposizione censurata attribuiva a tali funzionari, «temporaneamente e al solo scopo di fronteggiare l’eccezionalità della situazione in essere, nuove posizioni organizzative» ai sensi dell’art. 23-quinquies, comma 1, lettera a), numero 2), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135;

 

che, ad avviso del giudice a quo, l’art. 4-bis del d.l. n. 78 del 2015, come convertito, contrasterebbe con l’art. 77 Cost., perché – essendo stato introdotto nell’iter di conversione parlamentare di un decreto-legge in materia di enti territoriali e dettando disposizioni sull’organizzazione del personale delle agenzie fiscali – sarebbe eterogeneo rispetto al testo originario dello stesso decreto-legge, non essendo riscontrabile alcun collegamento funzionale tra gli enti territoriali e le agenzie fiscali;

 

che, attraverso le previsioni introdotte dal citato art. 4-bis, si sarebbero attribuite funzioni dirigenziali a funzionari reclutati «nell’ambito della compagine dell’amministrazione», in violazione degli artt. 3 e 97 Cost., che sanciscono la regola del concorso pubblico ed aperto non solo per l’accesso agli impieghi nella pubblica amministrazione ma anche alle qualifiche dirigenziali;

 

che, sotto un diverso profilo, sarebbero violati gli artt. 3 e 51 Cost., «perché l’elusione della regola del pubblico concorso comporta che l’accesso alle funzioni dirigenziali sia limitato ai soli funzionari di ciascuna agenzia fiscale, e non sia invece consentito, in condizioni di uguaglianza, a tutti i cittadini che aspirano ad accedere ai pubblici uffici»;

 

che, sotto un ulteriore aspetto, il meccanismo descritto violerebbe i principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97, secondo comma, Cost.;

 

che, infine, il comma 2 del citato art. 4-bis violerebbe l’art. 136 Cost., poiché, consentendo l’attribuzione di funzioni dirigenziali a funzionari già incardinati all’interno delle agenzie fiscali, la disposizione censurata avrebbe reiterato il meccanismo già dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza della Corte costituzionale n. 37 del 2015, violando così il giudicato costituzionale formatosi su tale decisione;

 

che, con atto depositato il 7 maggio 2019, si è costituita nel presente giudizio Dirpubblica, aderendo alle prospettazioni del giudice a quo;

 

che, con atto depositato il 7 maggio 2019, è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, eccependo preliminarmente l’inammissibilità delle questioni sollevate per assenza di adeguata motivazione sulla rilevanza;

 

che – a seguito della sopravvenuta entrata in vigore dell’art. 1, comma 323, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021) – l’Avvocatura generale dello Stato ha inoltre evidenziato la necessità di restituire gli atti al giudice a quo per una nuova valutazione sulla rilevanza delle questioni sollevate;

 

che la previsione sopravvenuta avrebbe infatti sancito che il meccanismo della delega delle funzioni dirigenziali in capo ai funzionari delle agenzie fiscali potesse avvenire soltanto «fino alla data a decorrere dalla quale sono rese operative le posizioni organizzative di cui all’articolo 1, comma 93, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e comunque non oltre il 30 aprile 2019» e non più, come precedentemente stabilito, «per una durata non eccedente l’espletamento dei concorsi di cui al comma 1 e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2018»;

 

che, nel merito, non vi sarebbe violazione dell’art. 77 Cost., in quanto sussisterebbe uno «stretto collegamento funzionale […] tra enti territoriali e Agenzie fiscali, atteso che le attività di competenza di queste ultime, ai sensi dell’art. 3 dei relativi Statuti, sono organizzate e gestite secondo il modello del federalismo fiscale»;

 

che non vi sarebbe lesione degli artt. 3, 51 e 97 Cost., poiché le previsioni censurate integrerebbero una di quelle ipotesi eccezionali in cui è consentita la deroga alla regola del pubblico concorso, soprattutto alla luce della temporaneità del meccanismo previsto dal legislatore;

 

che neppure vi sarebbe la lesione dell’art. 136 Cost., poiché l’art. 4-bis del d.l. n. 78 del 2015, come convertito, volto a «far fronte allo scenario giuridico-istituzionale creatosi a seguito» della sentenza n. 37 del 2015, conterrebbe «disposizioni (sostanzialmente differenti, e) pienamente in linea con le indicazioni» della Corte costituzionale;

 

che, con memoria depositata il 28 gennaio 2020, l’Avvocatura dello Stato ha insistito nelle conclusioni già contenute nell’atto di intervento;

 

che, con memoria depositata in data 4 febbraio 2020, Dirpubblica ha sostenuto l’inammissibilità della richiesta di restituzione atti per ius superveniens, poiché le modifiche normative apportate dall’art. 1, comma 323, della legge n. 145 del 2018 farebbero corpo con l’art. 4-bis del d.l. n. 78 del 2015 e potrebbero comunque essere dichiarate costituzionalmente illegittime in ragione di quanto previsto dall’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale).

 

Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4-bis del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 125, e successive modificazioni, per ritenuto contrasto con gli artt. 3, 51, 77, 97 e 136 della Costituzione;

 

che la disposizione censurata introduce un articolato meccanismo che prevede l’assunzione, da parte dei dirigenti delle agenzie fiscali, di incarichi dirigenziali ad interim, la successiva indizione di procedure selettive interne per individuare funzionari ai quali gli stessi dirigenti possono delegare le funzioni relative agli uffici di cui hanno assunto la direzione interinale e, infine, l’attribuzione di posizioni organizzative temporanee a tali funzionari;

 

che, alla data dell’ordinanza di rimessione (20 luglio 2018), il descritto meccanismo era utilizzabile dalle agenzie fiscali, essendo stato posticipato al 31 dicembre 2018, a seguito di varie proroghe legislativamente disposte, il termine per delegare le funzioni dirigenziali, originariamente fissato al 31 dicembre 2016;

 

che, successivamente all’ordinanza di rimessione, l’art. 1, comma 323, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), ha tuttavia previsto che la delega delle funzioni dirigenziali in capo ai funzionari della terza area, con conseguente attribuzione delle posizioni organizzative temporanee, potesse avvenire «fino alla data a decorrere dalla quale sono rese operative le posizioni organizzative di cui all’articolo 1, comma 93, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e comunque non oltre il 30 aprile 2019»;

 

che tale termine non è stato successivamente posticipato da altri interventi normativi;

 

che le agenzie fiscali hanno altresì provveduto ad attuare quanto disposto dall’art. 1, comma 93, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), rendendo operative le ivi previste posizioni organizzative per lo svolgimento di incarichi di elevata responsabilità;

 

che, in definitiva, non è più possibile, per le agenzie fiscali, fare ricorso al meccanismo introdotto dall’art. 4-bis del d.l. n. 78 del 2015, come convertito;

 

che, secondo la giurisprudenza costituzionale, in presenza di sopravvenute disposizioni che modifichino o integrino le disposizioni oggetto del giudizio a quo, o che incidano su di esse, si impone la restituzione degli atti al giudice rimettente quando lo ius superveniens possa «condizionare l’applicabilità delle norme censurate nel procedimento a quo» (ex plurimis, ordinanza n. 230 del 2019), muti in modo sostanziale «i termini della questione così come è stata posta dal giudice a quo» (sentenza n. 79 del 2019; in tal senso anche sentenze n. 236 e n. 125 del 2018) o intacchi «il meccanismo contestato» dal rimettente (sentenze n. 51 del 2019 e n. 194 del 2018);

 

che, pertanto, alla luce del mutato quadro normativo, preliminarmente a ogni altra valutazione, va disposta la restituzione degli atti al rimettente per un nuovo esame dei presupposti e dei termini delle questioni sollevate.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 2020.

 

F.to:

 

Marta CARTABIA, Presidente

 

Nicolò ZANON, Redattore

 

Filomena PERRONE, Cancelliere

 

Depositata in Cancelleria il 16 marzo 2020.