Ordinanza n. 257 del 2019

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ORDINANZA N. 257

ANNO 2019

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente: Aldo CAROSI;

Giudici: Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 222, commi 2, quarto periodo, e 3-ter, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promossi dal Tribunale ordinario di Pisa, dal Tribunale ordinario di Verbania e dal Tribunale ordinario di Rimini, con ordinanze del 17 gennaio 2019, del 23 novembre 2018, del 18 gennaio 2019 e del 25 ottobre 2018, rispettivamente iscritte ai numeri 62, 69, 70 e 90 del registro ordinanze 2019 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 18, 19 e 25, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Udito nella camera di consiglio del 6 novembre 2019 il Giudice relatore Giovanni Amoroso.

Ritenuto che il Tribunale ordinario di Pisa, con ordinanza del 17 gennaio 2019 (r. o. n. 62 del 2019), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 27 e 117 della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e all’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Parigi il 20 marzo 1952, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 222, comma 2, quarto periodo, e comma 3-ter, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui fa automaticamente conseguire alla condanna ovvero all’applicazione della pena su richiesta delle parti, a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli artt. 589-bis (Omicidio stradale) e 590-bis (Lesioni personali stradali gravi o gravissime) del codice penale, la revoca della patente di guida;

che il rimettente premette di procedere in relazione a una imputazione per il reato di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen.;

che la disposizione censurata – secondo il giudice a quo − contrasta con il principio di eguaglianza e con l’individualizzazione del trattamento penale, in quanto non consente di modulare la sanzione accessoria in relazione alla gravità dell’illecito e di considerare il comportamento colposo della persona offesa ai fini della gradazione della sanzione accessoria;

che, inoltre, la previsione della durata fissa e predeterminata della sanzione accessoria, indipendentemente dalla gravità del fatto, contrasterebbe con i citati principi costituzionali;

che il Tribunale ordinario di Verbania, con ordinanze del 23 novembre 2018 e 18 gennaio 2019 (r. o. n. 69 e n. 70 del 2019), ha sollevato, in riferimento all’art. 3 Cost., identiche questioni di legittimità costituzionale dell’art. 222, comma 2, quarto periodo, cod. strada, nella parte in cui prevede obbligatoriamente l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, in ipotesi di condanna o applicazione della pena su richiesta delle parti per il reato di cui all’art. 590-bis cod. pen.;

che, in relazione a entrambi i procedimenti, il rimettente dà atto di procedere per il reato di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen.;

che la disposizione censurata travalicherebbe i limiti della ragionevolezza in quanto sottopone alla medesima sanzione accessoria − senza prevedere la possibilità di applicare la più tenue misura della sospensione della patente di guida − situazioni ontologicamente diverse, in considerazione delle differenti pene, graduate in funzione del diverso disvalore sociale degli illeciti, in rapporto all’offesa ai differenti beni della vita e dell’incolumità individuale;

che, infine, il Tribunale ordinario di Rimini, con ordinanza del 25 ottobre 2018 (r. o. n. 90 del 2019), ha sollevato, in riferimento all’art. 3 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 222, comma 2, quarto periodo, e comma 3-ter, cod. strada, nella parte in cui prevede la revoca automatica della patente di guida, per la durata di cinque anni, per il caso di condanna per il reato di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen.;

che il rimettente riferisce di procedere nei confronti di una persona imputata del delitto di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen.;

che, ad avviso del giudice a quo, la previsione della revoca della patente di guida, come sanzione amministrativa accessoria di identica durata, fissa e non graduabile, in relazione a due illeciti differenti per disvalore di azione e di evento, contrasta con il principio di ragionevolezza;

che il Presidente del Consiglio dei ministri non è intervenuto in alcun giudizio di legittimità costituzionale.

Considerato che i giudizi possono essere riuniti per la stretta connessione dell’oggetto delle sollevate questioni di legittimità costituzionale;

che, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 88 del 2019, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 222, comma 2, quarto periodo, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli artt. 589-bis (Omicidio stradale) e 590-bis (Lesioni personali stradali gravi o gravissime) del codice penale, il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sua sospensione ai sensi del secondo e terzo periodo dello stesso comma 2 dell’art. 222 cod. strada allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi commi secondo e terzo degli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen.;

che, pertanto, non ricorrendo tali circostanze aggravanti in alcuno dei giudizi a quibus, non sussiste più il rigido automatismo dell’applicazione della revoca della patente, sanzione accessoria di natura amministrativa, potendo il giudice disporre la sospensione della stessa secondo la gravità della condotta del condannato e tenendo conto degli artt. 218 e 219 cod. strada;

che, inoltre, con la medesima sentenza n. 88 del 2019, questa Corte ha dichiarato l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 222, comma 3-ter, cod. strada, per difetto di rilevanza, in quanto nel giudizio penale non vengono in rilievo i presupposti perché il condannato possa chiedere una nuova patente di guida dopo la revoca della stessa in ipotesi applicata dal giudice penale;

che questa Corte, con ordinanza n. 203 del 2019, ha già dichiarato manifestamente inammissibili analoghe questioni di legittimità costituzionale;

che le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 222, comma 2, quarto periodo, cod. strada, sollevate dal Tribunale ordinario di Pisa, dal Tribunale ordinario di Verbania e dal Tribunale ordinario di Rimini, sono divenute prive di oggetto e sono, pertanto, manifestamente inammissibili (ex multis, ordinanze n. 203 e n. 91 del 2019, n. 137, n. 38 e n. 34 del 2017, n. 181 e n. 4 del 2016);

che le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 222, comma 3-ter, cod. strada, sollevate dal Tribunale di Pisa e dal Tribunale di Rimini sono altresì manifestamente inammissibili, per difetto di rilevanza, atteso che anche in tali giudizi «il conseguimento di una nuova patente di guida, dopo un periodo più o meno lungo, determinato per legge, non è oggetto del giudizio a quo» (sentenza n. 88 del 2019);

che, in conclusione, tutte le questioni devono essere dichiarate manifestamente inammissibili.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 222, comma 2, quarto periodo, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 27 e 117 della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e all’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Parigi il 20 marzo 1952, dal Tribunale ordinario di Pisa, dal Tribunale ordinario di Verbania e dal Tribunale ordinario di Rimini con le ordinanze indicate in epigrafe;

2) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 222, comma 3-ter, cod. strada, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 27 e 117 Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 8 CEDU e all’art. 1 prot. addiz. CEDU, dal Tribunale ordinario di Pisa e dal Tribunale ordinario di Rimini con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 novembre 2019.

F.to:

Aldo CAROSI, Presidente

Giovanni AMOROSO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 5 dicembre 2019.