Sentenza n. 205 del 2019

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SENTENZA N. 205

ANNO 2019

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici : Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO’, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 6, della legge della Regione Siciliana 10 luglio 2018, n. 10 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale. Stralcio I), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato l’11-14 settembre 2018, depositato in cancelleria il 19 settembre 2018, iscritto al n. 63 del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Udito nell’udienza pubblica del 21 maggio 2019 il Giudice relatore Aldo Carosi;

udito l’avvocato dello Stato Francesca Morici per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Con il ricorso indicato in epigrafe il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 6, della legge della Regione Siciliana 10 luglio 2018, n. 10 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale. Stralcio I), in riferimento agli artt. 14 e 17 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1968, n. 2, all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 9, commi 3-bis e 3-ter, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anticrisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, nonché in riferimento all’art. 81, terzo comma, Cost.

L’art. 9, comma 6, della legge reg. Siciliana n. 10 del 2018, rubricato «Modifiche alla legge regionale 8 maggio 2018, n. 8», aggiunge all’art. 85 della legge della Regione Siciliana 8 maggio 2018, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale), il seguente comma: «1-bis. Gli enti di cui al comma 1 si iscrivono presso la piattaforma elettronica per la certificazione dei crediti di cui all’articolo 9 del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2».

Il citato art. 85, al comma 1, prevede che «[p]er favorire lo smobilizzo di crediti vantati dalle imprese che abbiano realizzato forniture ai Consorzi e alle Società d’ambito posti in liquidazione, ai sensi della legge regionale 8 aprile 2010, n. 9, in seguito alla presentazione dell’istanza di certificazione presso la piattaforma elettronica per la certificazione dei crediti, di cui all’articolo 9 del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, i commissari liquidatori nominati ai sensi dell’articolo 19 della legge regionale 8 aprile 2010, n. 9 certificano i crediti, ai sensi dell’articolo 1988 del codice civile, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione dell’istanza».

1.1.– Il ricorrente riferisce che il Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), con nota del 28 agosto 2018, n. 198505, in risposta alla richiesta della Regione Siciliana di fornire le opportune e necessarie delucidazioni in merito alle modalità operative di attuazione dell’art. 85 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, in materia di certificazione dei crediti vantati dalle imprese che abbiano realizzato forniture ai consorzi e alle società d’ambito posti in liquidazione, ha chiarito che avrebbe consentito a tali enti la registrazione nella piattaforma per i crediti commerciali (PCC) esclusivamente ai sensi e per gli effetti della legge regionale in considerazione. Pertanto, il sistema della PCC avrebbe accettato soltanto istanze di certificazione presentate dalle imprese che avessero crediti nascenti dalla realizzazione di forniture successivamente alla data di entrata in vigore della stessa legge reg. Siciliana n. 8 del 2018. Pertanto, le certificazioni così rilasciate a mezzo della PCC non potrebbero essere utilizzate laddove la normativa nazionale richieda che esse siano state rilasciate ai sensi dell’art. 9, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, ma si intenderebbero rilasciate a mezzo della PCC esclusivamente ai sensi e per gli effetti della citata legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, che impone un obbligo di certificazione ai sensi dell’art. 1988 cod. civ.

Nei termini sopra chiariti, il ricorrente espone che l’art. 85 della citata legge reg. Sicilia n. 8 del 2018 non è stato ritenuto lesivo delle attribuzioni dello Stato e, pertanto, non è stato impugnato con il ricorso, limitato ad altre disposizioni della medesima legge regionale e iscritto al n. 44 del reg. ric. 2018.

1.2.– Successivamente, prosegue il Presidente del Consiglio, l’art. 9, comma 6, della legge reg. Siciliana n. 10 del 2018 ha aggiunto all’art. 85 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 il comma 1-bis, entrato in vigore il 13 luglio 2018 (ai sensi dell’art. 21 della medesima legge regionale del 2018). Ad avviso del ricorrente, tale norma non potrebbe essere ritenuta coerente con l’ambito di applicazione definito dall’art. 9, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008.

Al riguardo, il Presidente del Consiglio dei ministri evidenzia che la materia della certificazione dei crediti, dapprima attuata con modalità cartacee e poi in via telematica tramite la PCC, gestita dalla Ragioneria generale dello Stato, è stata ampiamente e compiutamente disciplinata a livello nazionale nell’ottica del citato d.l. n. 185 del 2008. In particolare, osserva che l’art. 9, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, è stato modificato dall’art. 27, comma 2, lettere a), b), c) e d), del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, nella legge 23 giugno 2014, n. 89, che ha così disposto: «[a]ll’articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2: a) al primo periodo, le parole: “le regioni e gli enti locali nonché gli enti del servizio sanitario nazionale”, sono sostituite dalle seguenti: “le pubbliche amministrazioni, di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”; b) il terzo periodo è sostituito dal seguente: “La nomina è effettuata dall’Ufficio centrale del bilancio competente per le certificazioni di pertinenza delle amministrazioni statali centrali, degli enti pubblici non economici nazionali e delle agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300; dalla Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio per le certificazioni di pertinenza delle altre amministrazioni.”; c) dopo il terzo periodo è aggiunto il seguente: “Ferma restando l’attivazione da parte del creditore dei poteri sostitutivi, il mancato rispetto dell’obbligo di certificazione o il diniego non motivato di certificazione, anche parziale, comporta a carico del dirigente responsabile l’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 7, comma 2, del decreto legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2013, n. 64. La pubblica amministrazione di cui al primo periodo che risulti inadempiente non può procedere ad assunzioni di personale o ricorrere all’indebitamento fino al permanere dell’inadempimento.”; d) alla fine del comma sono aggiunti i seguenti periodi: “La certificazione deve indicare obbligatoriamente la data prevista di pagamento. Le certificazioni già rilasciate senza data devono essere integrate a cura dell’amministrazione utilizzando la piattaforma elettronica di cui all’articolo 7, comma 1, del citato decreto-legge n. 35 del 2013 con l’apposizione della data prevista per il pagamento.”».

In precedenza, l’art. 13 della legge 12 novembre 2011, n. 183, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. (Legge di stabilità 2012)», aveva previsto che «[i]l comma 3-bis dell’articolo 9 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, è sostituito dai seguenti: 3-bis. Su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti, le regioni e gli enti locali certificano, nel rispetto delle disposizioni normative vigenti in materia di patto di stabilità interno, entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricezione dell’istanza, se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile, anche al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente. Scaduto il predetto termine, su nuova istanza del creditore, provvede la Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio, che, ove necessario, nomina un commissario ad acta con oneri a carico dell’ente territoriale. La cessione dei crediti oggetto di certificazione avviene nel rispetto dell’articolo 117 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Ferma restando l’efficacia liberatoria dei pagamenti eseguiti dal debitore ceduto, si applicano gli articoli 5, comma 1, e 7, comma 1, della legge 21 febbraio 1991, n. 52. 3-ter. La certificazione di cui al comma 3-bis non può essere rilasciata, a pena di nullità: a) dagli enti locali commissariati ai sensi dell’articolo 143 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Cessato il commissariamento, la certificazione non può comunque essere rilasciata in relazione a crediti sorti prima del commissariamento stesso. Nel caso di gestione commissariale, la certificazione non può comunque essere rilasciata in relazione a crediti rientranti nella gestione commissariale; b) dalle regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari».

Pertanto, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, sarebbe evidente che il legislatore nazionale ha sempre esercitato la competenza in materia, con riguardo alla definizione dell’ambito soggettivo e oggettivo e alle modalità di applicazione della normativa, tenendo in considerazione sia le facilitazioni conseguenti alla certificazione telematica, sia i benefici recati ai creditori (per la possibilità di verificare on-line lo stato di avanzamento dei crediti vantati verso ciascun debitore), alle pubbliche amministrazioni (in ragione della possibilità di controllare in tempo reale lo stato dei propri debiti distinto per scadenza e per creditore anche in caso di cessione, successione ereditaria, operazioni societarie) e, infine, anche al Ministero dell’economia e delle finanze (il quale può monitorare in modo continuo la formazione e l’estinzione dei debiti commerciali di tutte le pubbliche amministrazioni).

Il ricorrente evidenzia che dall’esame della disciplina attuativa traspare sempre la concomitante necessità di salvaguardare gli equilibri finanziari e di tenere in debito conto le conseguenze finanziarie che si potrebbero produrre a carico del bilancio dello Stato, specie nel caso in cui le somme anticipate ai creditori per conto delle pubbliche amministrazioni debitrici a mezzo della compensazione non fossero recuperabili dallo Stato: tanto si riscontrerebbe in particolare nel divieto di rilascio di certificazioni – posto a pena di nullità – da parte degli enti locali commissariati e degli enti del servizio sanitario nazionale delle Regioni sottoposte a piano di rientro dai disavanzi sanitari.

Osserva inoltre che le società d’ambito della Regione Siciliana in liquidazione non rientrerebbero nel novero delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche). Pertanto, a suo avviso, l’art. 9, comma 6, della legge reg. Siciliana n. 10 del 2018, aggiungendo il comma 1-bis all’art. 85 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, avrebbe operato un’estensione sia soggettiva che oggettiva dell’art. 9, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, con specifico riguardo alla tipologia di crediti da certificare ai sensi del comma 1 del medesimo art. 85. L’estensione soggettiva sarebbe determinata dalla statuizione «[g]li enti di cui al comma 1 si iscrivono presso la piattaforma elettronica», riferendosi, quindi, anche alle società d’ambito in liquidazione; l’estensione oggettiva sarebbe rinvenibile nella successiva locuzione «per la certificazione dei crediti di cui all’articolo 9 del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2», il cui comma 3-bis prevede che sono certificabili le «somme dovute per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali», mentre, l’art. 85, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 indica solo i «crediti vantati dalle imprese che abbiano realizzato forniture».

In sostanza, per il ricorrente l’impugnato art. 9, comma 6, della legge reg. Siciliana n. 10 del 2018 inciderebbe in maniera illegittima sul quadro normativo nazionale di riferimento in materia di certificazione crediti tramite la PCC e con riguardo ai compiti ulteriori posti a carico di organi e amministrazioni dello Stato rispetto a quelli individuati con legge statale, nonché sugli oneri amministrativi e finanziari ricadenti sullo Stato.

1.3.– Il medesimo art. 9, comma 6, violerebbe inoltre il principio della copertura finanziaria di cui all’art. 81, terzo comma, Cost, quale clausola generale che, per la sua forza espansiva di presidio degli equilibri di finanza pubblica, «è in grado di colpire tutti gli enunciati normativi causa di effetti perturbanti la sana gestione finanziaria e contabile» (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 184 del 2016 e n. 192 del 2012).

2.– La Regione Siciliana non si è costituita.

Considerato in diritto

1.– Con il ricorso indicato in epigrafe il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 6, della legge della Regione Siciliana 10 luglio 2018, n. 10 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale. Stralcio I), in riferimento agli artt. 14 e 17 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 9, commi 3-bis e 3-ter, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anticrisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, nonché in riferimento all’art. 81, terzo comma, Cost.

L’art. 9, comma 6, della legge reg. Siciliana n. 10 del 2018, rubricato «Modifiche alla legge regionale 8 maggio 2018, n. 8», aggiunge all’art. 85 della legge della Regione Siciliana 8 maggio 2018, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale), il seguente comma: «1-bis. Gli enti di cui al comma 1 si iscrivono presso la piattaforma elettronica per la certificazione dei crediti di cui all’articolo 9 del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2».

Pertanto, l’art. 85 (Certificazione dei crediti nei confronti dei Consorzi e delle società d’ambito poste in liquidazione), come modificato da tale aggiunta, così recita: «1. Per favorire lo smobilizzo di crediti vantati dalle imprese che abbiano realizzato forniture ai Consorzi e alle Società d’ambito posti in liquidazione, ai sensi della legge regionale 8 aprile 2010, n. 9, in seguito alla presentazione dell’istanza di certificazione presso la piattaforma elettronica per la certificazione dei crediti, di cui all’articolo 9 del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, i commissari liquidatori nominati ai sensi dell’articolo 19 della legge regionale 8 aprile 2010, n. 9 certificano i crediti, ai sensi dell’articolo 1988 del codice civile, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione dell’istanza. 1-bis. Gli enti di cui al comma 1 si iscrivono presso la piattaforma elettronica per la certificazione dei crediti di cui all’articolo 9 del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2».

Il Presidente del Consiglio dei ministri richiama la disciplina in materia di certificazione dei crediti vantati dai fornitori delle pubbliche amministrazioni, che avviene attualmente con modalità telematiche tramite la piattaforma per i crediti commerciali (PCC) gestita dalla Ragioneria generale dello Stato e regolata dall’art. 9 del d.l. n. 185 del 2008.

Il ricorrente, in particolare, evidenzia che l’art. 9, commi 3-bis e 3-ter, del d.l. n. 185 del 2008, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 27, comma 2, lettere a), b), c) e d), del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, nella legge 23 giugno 2014, n. 89, così dispone: «3-bis. Su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, le pubbliche amministrazioni, di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 certificano, nel rispetto delle disposizioni normative vigenti in materia di patto di stabilità interno, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione dell’istanza, se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile, anche al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto o pro solvendo a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente. Scaduto il predetto termine, su nuova istanza del creditore, è nominato un Commissario ad acta, con oneri a carico dell’ente debitore. La nomina è effettuata dall’Ufficio centrale del bilancio competente per le certificazioni di pertinenza delle amministrazioni statali centrali, degli enti pubblici non economici nazionali e delle agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300; dalla Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio per le certificazioni di pertinenza delle altre amministrazioni. Ferma restando l’attivazione da parte del creditore dei poteri sostitutivi, il mancato rispetto dell’obbligo di certificazione o il diniego non motivato di certificazione, anche parziale, comporta a carico del dirigente responsabile l’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 7, comma 2, del decreto legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2013, n. 64. La pubblica amministrazione di cui al primo periodo che risulti inadempiente non può procedere ad assunzioni di personale o ricorrere all’indebitamento fino al permanere dell’inadempimento. La cessione dei crediti oggetto di certificazione avviene nel rispetto dell’articolo 117 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Ferma restando l’efficacia liberatoria dei pagamenti eseguiti dal debitore ceduto, si applicano gli articoli 5, comma 1, e 7, comma 1, della legge 21 febbraio 1991, n. 52. La certificazione deve indicare obbligatoriamente la data prevista di pagamento. Le certificazioni già rilasciate senza data devono essere integrate a cura dell’amministrazione utilizzando la piattaforma elettronica di cui all’articolo 7, comma 1, del citato decreto-legge n. 35 del 2013 con l’apposizione della data prevista per il pagamento».

Espone il ricorrente che da tale “certificazione” telematica derivano molteplici conseguenze, quali, in particolare, la possibilità di cessione del credito e di compensare i crediti certificati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo di cartelle esattoriali, oltre alle altre funzionalità che le norme progressivamente intervenute hanno assegnato a tale sistema informatico, come, ad esempio, la possibilità di controllare in tempo reale lo stato dei propri debiti distinto per scadenza e per creditore – anche in caso di cessione, successione ereditaria, operazioni societarie – e la possibilità per il Ministero dell’economia e delle finanze di monitorare in modo continuo la formazione e l’estinzione dei debiti commerciali di tutte le pubbliche amministrazioni; funzioni, queste ultime, particolarmente importanti per la salvaguardia del rispetto degli equilibri finanziari e delle conseguenze medio tempore a carico del bilancio dello Stato.

In relazione a tale ultimo aspetto il Presidente del Consiglio dei ministri evidenzia gli effetti finanziari derivanti dalle somme anticipate ai creditori per conto delle pubbliche amministrazioni debitrici a mezzo della compensazione, specie laddove queste risultassero non recuperabili dallo Stato: in particolare, il divieto di rilascio di certificazioni a pena di nullità da parte degli enti locali commissariati e degli enti del servizio sanitario nazionale delle Regioni sottoposte a piano di rientro dai disavanzi sanitari costituirebbe segno dell’attenzione posta dal legislatore agli equilibri di bilancio.

Ciò posto, secondo il ricorrente, l’inserimento da parte della norma regionale impugnata delle società d’ambito della Regione Siciliana in liquidazione tra i soggetti pubblici autorizzati a certificare i propri crediti, iscrivendosi nella citata piattaforma telematica, si porrebbe in contrasto con la disciplina statale, producendo sia un’estensione soggettiva, in quanto tali società non potrebbero ritenersi appartenere alla categoria delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), sia un’estensione oggettiva, disposta dalla successiva locuzione «per la certificazione dei crediti di cui all’articolo 9 del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2», il cui comma 3-bis prevede che sono certificabili «le somme dovute per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali», mentre l’art. 85, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 indicava solo i «crediti vantati dalle imprese che abbiano realizzato forniture».

In definitiva, per il ricorrente, la disposizione in esame violerebbe gli artt. 14 e 17 dello statuto reg. Siciliana e l’art. 117, terzo comma, Cost., sotto il profilo del coordinamento della finanza pubblica, in relazione alla norma interposta costituita dall’art. 9, commi 3-bis e 3-ter, del citato d.l. n. 185 del 2008.

Sussisterebbe anche la violazione dello stesso principio della copertura finanziaria di cui all’art. 81, terzo comma, Cost., essendo la norma impugnata «causa di effetti perturbanti la sana gestione finanziaria e contabile» (sentenza n. 184 del 2016).

2.– Deve essere preliminarmente dichiarata l’inammissibilità delle questioni sollevate dal Presidente del Consiglio in riferimento agli artt. 14 e 17 dello statuto speciale della Regione Siciliana per l’assoluta carenza del percorso logico proposto dal ricorrente.

3.– Giova premettere, ai fini del sindacato di merito, brevi cenni sulla disciplina della certificazione dei crediti vantati dai fornitori di beni e servizi nei confronti delle amministrazioni pubbliche, introdotta inizialmente dal decreto-legge n. 185 del 2008, come convertito, e in seguito più volte modificata ed estesa a Regioni ed enti locali.

In particolare, mette conto rammentare che il comma 3-ter, aggiunto all’art. 9 del d.l. n. 185 del 2008 dall’art. 13, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. (Legge di stabilità 2012)», ha previsto che la certificazione non possa essere rilasciata, a pena di nullità: a) dagli enti locali commissariati ai sensi dell’art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali); b) dalle Regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari.

Inoltre, con l’art. 27, comma 2, lettere a), b), c) e d), del d.l. n. 66 del 2014 sono state apportate ulteriori modifiche, e, in particolare, è stato ampliato l’ambito soggettivo delle amministrazioni tenute alla certificazione dei crediti, esteso a tutte le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001.

Infine, l’art. 7, comma 1, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali), ha poi stabilito che ai fini della predetta certificazione le pubbliche amministrazioni debbano utilizzare unicamente la piattaforma elettronica istituita presso la Ragioneria generale dello Stato.

Per effetto dell’evoluzione di tale disciplina, è stato quindi consentito ai creditori delle pubbliche amministrazioni non solo di monetizzare i propri crediti, cedendoli pro soluto o pro solvendo agli istituti di credito o ai soggetti specializzati nel factoring, ma è stata altresì attribuita loro la facoltà di compensarli con le somme dovute dai medesimi in seguito all’iscrizione a ruolo di tributi (in tal senso dispone infatti l’art. 28-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante «Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito», introdotto dall’art. 31, comma 1-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica», convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122; ambito ulteriormente ampliato dall’art. 28-quinquies del medesimo d.P.R. n. 602 del 1973, inserito dall’art. 9, comma 1, del d.l. n. 35 del 2013, come convertito, con il quale si è estesa la compensazione anche a numerose ipotesi di procedure deflative del contenzioso tributario).

Inoltre, le certificazioni devono contenere l’indicazione della data dei pagamenti previsti e, ai sensi dell’art. 28-quater del d.P.R. n. 602 del 1973, «[q]ualora la regione, l’ente locale o l’ente del Servizio sanitario nazionale non versi all’agente della riscossione l’importo oggetto della certificazione entro sessanta giorni dal termine nella stessa indicato, l’agente della riscossione ne dà comunicazione ai Ministeri dell’interno e dell’economia e delle finanze e l’importo oggetto della certificazione è recuperato mediante riduzione delle somme dovute dallo Stato all’ente territoriale a qualsiasi titolo, incluse le quote dei fondi di riequilibrio o perequativi e le quote di gettito relative alla compartecipazione a tributi erariali. Dai recuperi di cui al presente comma sono escluse le risorse destinate al finanziamento corrente del servizio sanitario nazionale. Nel caso in cui il recupero non sia stato possibile, l’agente della riscossione procede, sulla base del ruolo emesso a carico del titolare del credito, alla riscossione coattiva secondo le disposizioni di cui al titolo II del presente decreto».

4.– Alla luce di tali premesse, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 6, della legge reg. Siciliana n. 10 del 2018 è fondata sia in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. per violazione dei principi fondamentali in materia di «coordinamento della finanza pubblica», posti dagli artt. 3-bis e 3-ter del d.l. n. 185 del 2008, sia in riferimento all’art. 81, terzo comma, Cost.

La richiamata disciplina statale, nell’esercizio della potestà concorrente in materia di «coordinamento della finanza pubblica», ha introdotto disposizioni afferenti a tutte le pubbliche amministrazioni con lo scopo di uniformare l’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione della citata certificazione dei crediti, del procedimento di certificazione e del recupero degli importi assoggettati a compensazione. Si tratta di ambiti aventi un rilevante impatto sulla finanza pubblica allargata, a carico della quale inducono oneri diretti e indiretti. Tra questi effetti, in termini di onerosità, è necessario sottolineare la facoltà per i creditori di compensare i crediti commerciali con le somme dovute all’erario per imposte e tasse.

A ben vedere la disciplina statale salvaguarda inderogabili esigenze di carattere funzionale al fine di garantire l’unitarietà del sistema di finanza pubblica rispetto alla tutela di interessi di rilievo nazionale insuscettibili di frazionamento anche quando riguardano situazioni in qualche modo collegate all’esercizio dell’autonomia territoriale.

Nella fattispecie in esame il legislatore regionale, intromettendosi nella perimetrazione soggettiva ed oggettiva della certificazione precedentemente descritta, viene a differenziare il proprio ambito territoriale attraverso l’esercizio di una prerogativa che gli è preclusa.

È utile ricordare che la disciplina statale della certificazione, oltre ad assicurare fondamentali interessi riconducibili alla finanza pubblica allargata, è funzionale anche alla salvaguardia della certezza dei traffici giuridici.

Infatti, un sistema unitario e strutturato in modo da precludere l’accesso di soggetti insolventi o di dubbia solvibilità risponde agli interessi di tutti gli operatori economici, non solo dello Stato nella veste di garante dell’equilibrio della finanza pubblica allargata. È essenziale che chiunque intenda negoziare titoli afferenti ad un credito verso un soggetto pubblico possa contare sull’elevato grado di attendibilità di dati – certificativi della sua esistenza e della sua solvibilità – risultanti da un registro telematico unico e uniforme.

Dunque, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 6, della legge della Regione Siciliana n. 10 del 2018 deve trovare accoglimento in riferimento ai parametri precedentemente evidenziati.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 6, della legge della Regione Siciliana 10 luglio 2018, n. 10 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale. Stralcio I);

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 6, della legge della Regione Siciliana n. 10 del 2018, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli artt. 14 e 17 del regio decreto-legge 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 maggio 2019.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Aldo CAROSI, Redattore

Filomena PERRONE, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2019.