Ordinanza n. 196 del 2019

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ORDINANZA N. 196

ANNO 2019

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 28, comma 1, del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata), convertito, con modificazioni, nella legge 1° dicembre 2018, n. 132, promosso con ricorso della Regione autonoma Sardegna, notificato il 31 gennaio-4 febbraio 2019, depositato in cancelleria il 1° febbraio 2019, iscritto al n. 9 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 18 giugno 2019 il Giudice relatore Giovanni Amoroso.

Ritenuto che la Regione autonoma Sardegna, con ricorso notificato il 31 gennaio-4 febbraio 2019, depositato in cancelleria il 1° febbraio 2019 (r.r. n. 9 del 2019) ha promosso – in riferimento agli artt. 3, 5, 23, 25, 27, 77, 97, 114, 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in riferimento agli artt. 6 e 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, 117, commi secondo e terzo, 118, commi primo e secondo, 119 e 120, secondo comma, Cost., nonché agli artt. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 44 e 46 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), anche in relazione al decreto legislativo 17 aprile 2001, n. 234 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Sardegna per il conferimento di funzioni amministrative, in attuazione del Capo I della legge n. 59 del 1997) – questioni di legittimità costituzionale, tra gli altri, dell’art. 28, comma 1, del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata), convertito, con modificazioni, nella legge 1° dicembre 2018, n. 132;

che la ricorrente censura l’art. 28, comma 1, del d.l. n. 113 del 2018 nella parte in cui introduce nell’art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), rubricato «Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare. Responsabilità dei dirigenti e dipendenti», il comma 7-bis, ove si prevede che «[n]ell’ipotesi di cui al comma 7, qualora dalla relazione del prefetto emergano, riguardo ad uno o più settori amministrativi, situazioni sintomatiche di condotte illecite gravi e reiterate, tali da determinare un’alterazione delle procedure e da compromettere il buon andamento e l’imparzialità delle amministrazioni comunali o provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, il prefetto, sulla base delle risultanze dell’accesso, al fine di far cessare le situazioni riscontrate e di ricondurre alla normalità l’attività amministrativa dell’ente, individua, fatti salvi i profili di rilevanza penale, i prioritari interventi di risanamento indicando gli atti da assumere, con la fissazione di un termine per l’adozione degli stessi, e fornisce ogni utile supporto tecnico-amministrativo a mezzo dei propri uffici. Decorso inutilmente il termine fissato, il prefetto assegna all’ente un ulteriore termine, non superiore a 20 giorni, per la loro adozione, scaduto il quale si sostituisce, mediante commissario ad acta, all’amministrazione inadempiente. Ai relativi oneri gli enti locali provvedono con le risorse disponibili a legislazione vigente sui propri bilanci»;

che tale disposizione violerebbe gli artt. 3, 5, 23, 25, 27, 77, 97, 114, 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in riferimento agli artt. 6 e 7 CEDU, 117, commi secondo e terzo, 118, commi primo e secondo, 119 e 120, secondo comma, Cost., ledendo, in particolare, la competenza regionale primaria in materia di ordinamento degli enti locali, recando una disciplina gravemente irragionevole, contraria ai principi di legalità, di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione, ponendosi, altresì, in contrasto con il principio autonomistico e compromettendo l’autonomia finanziaria degli enti locali della Regione; la stessa disposizione configurerebbe, inoltre, una forma di responsabilità oggettiva e sarebbe stata adottata in difetto dei presupposti di necessità e urgenza;

che la norma impugnata violerebbe inoltre gli artt. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 44 e 46 della legge cost. n. 3 del 1948, anche in relazione al d.lgs. n. 234 del 2001, in quanto: a) concerne attribuzioni di diretta spettanza regionale, b) attiene all’ordinamento degli enti locali, materia di competenza regionale esclusiva ai sensi dell’art. 3, primo comma, lettera b), della legge cost. n. 3 del 1948, c) confligge con l’art. 44 dello statuto reg. Sardegna secondo cui «la Regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole agli enti locali o valendosi dei loro uffici», nonché con l’art. 46 del medesimo statuto che demanda agli organi della Regione il «controllo sugli atti degli enti locali»;

che si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato infondato;

che, con atto depositato l’11 giugno 2019, in conformità alle deliberazioni della Giunta regionale 30 maggio 2019 n. 20/26, la Regione autonoma Sardegna ha rinunciato al ricorso;

che, su conforme deliberazione del Consiglio dei ministri dell’11 giugno 2019, con atto depositato il 13 giugno 2019 il Presidente del Consiglio dei ministri ha accettato la rinuncia al ricorso.

Considerato che la Regione autonoma Sardegna ha rinunciato al ricorso indicato in epigrafe;

che detta rinuncia è stata accettata dal Presidente del Consiglio dei ministri;

che la rinuncia al ricorso, accettata dalla controparte costituita, determina, ai sensi dell’art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, l’estinzione del processo.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, e 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separata pronuncia la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara estinto il processo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2019.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Giovanni AMOROSO, Redattore

Filomena PERRONE, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 24 luglio 2019.