Ordinanza n.111 del 2019

CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 111

ANNO 2019

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici : Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO’, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 3 della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige 11 luglio 2014, n. 5, recante «Modifiche alla legge regionale 26 febbraio 1995, n. 2 (Interventi in materia di indennità e previdenza ai Consiglieri della Regione autonoma Trentino-Alto Adige), come modificata dalle leggi regionali 28 ottobre 2004, n. 4, 30 giugno 2008, n. 4, 16 novembre 2009, n. 8, 14 dicembre 2011, n. 8 e 21 settembre 2012, n. 6, nonché alla legge regionale 23 novembre 1979, n. 5 (Determinazione delle indennità spettanti ai membri della Giunta regionale), e successive modificazioni, volte al contenimento della spesa pubblica», promossi dal Tribunale ordinario di Trento, con quattro distinte ordinanze del 21 maggio 2018, rispettivamente iscritte ai numeri 133, 134, 135 e 176 del registro ordinanze 2018 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica ai numeri 39 e 49, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visti gli atti di costituzione di E. G., di I. D., di H. F., di S. B., della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e del Consiglio regionale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol;

udito nell’udienza pubblica del 19 marzo 2019 il Giudice relatore Nicolò Zanon;

uditi gli avvocati Massimo Luciani e Romano Vaccarella per E. G., I. D., H. F. e S. B. e Giandomenico Falcon, Fabio Corvaja e Andrea Manzi per la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e per il Consiglio regionale della medesima Regione.

Ritenuto che il Tribunale ordinario di Trento, con quattro distinte ordinanze, tutte del 21 maggio 2018, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 3 della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige 11 luglio 2014, n. 5, recante «Modifiche alla legge regionale 26 febbraio 1995, n. 2 (Interventi in materia di indennità e previdenza ai Consiglieri della Regione autonoma Trentino-Alto Adige), come modificata dalle leggi regionali 28 ottobre 2004, n. 4, 30 giugno 2008, n. 4, 16 novembre 2009, n. 8, 14 dicembre 2011, n. 8 e 21 settembre 2012, n. 6, nonché alla legge regionale 23 novembre 1979, n. 5 (Determinazione delle indennità spettanti ai membri della Giunta regionale), e successive modificazioni, volte al contenimento della spesa pubblica»;

che con le quattro ordinanze, dal contenuto sostanzialmente identico, il Tribunale di Trento censura, con riferimento agli artt. 2, 3, 97 e 117 della Costituzione, gli artt. 2 e 3 della legge reg. Trentino Alto-Adige n. 5 del 2014 nella parte in cui «applicano, peraltro con effetto retroattivo, permanente ed irreversibile, il divieto di cumulo con il limite massimo di € 9.000,00 lordi mensili e/o la riduzione del 20% dell’assegno vitalizio erogato dalla Regione a tutti i titolari di assegno vitalizio regionale e parlamentare, diretto o indiretto, senza gradualità di sorta»;

che le ordinanze iscritte al r.o. n. 133 e n. 134 del 2018 originano da due diversi processi instaurati da E. G e I. D., vedove di ex consiglieri della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, per chiedere l’accertamento del «diritto alla corresponsione dell’assegno vitalizio di reversibilità erogato dal Consiglio Regionale […] senza subire le decurtazioni di cui agli art. 2-3 L.R. 5/2014»;

che entrambi i processi a quibus erano sorti a seguito della rideterminazione, da parte del Consiglio regionale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, dell’importo degli assegni vitalizi di reversibilità percepiti precedentemente dalle due attrici;

che le ordinanze iscritte al r.o. n. 135 e n. 176 del 2018 originano da due processi instaurati da H. F. e S. B., ex consiglieri della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, per chiedere l’accertamento del loro «diritto alla corresponsione dell’assegno vitalizio erogato dal Consiglio Regionale […] senza subire le decurtazioni di cui agli art. 2-3 L.R. 5/2014»;

che anche questi due processi a quibus sono sorti a seguito della rideterminazione, da parte del Consiglio regionale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, dell’importo degli assegni vitalizi diretti percepiti precedentemente dai due attori;

che, secondo la prospettazione del rimettente, i provvedimenti di rideterminazione dei vitalizi, diretti e di reversibilità, trovano il loro fondamento negli artt. 2 e 3 della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014, della cui legittimità costituzionale il giudice a quo dubita;

che le questioni sarebbero rilevanti perché le pretese volte «all’accertamento del diritto alla corresponsione dell’assegno per intero e senza il cumulo e le riduzioni di cui agli artt. 2 e 3 della L.R. 5/2014, nonché la stessa pretesa restitutoria della Regione Trentino-Alto Adige, in tanto potranno ritenersi fondate in quanto le disposizioni di riferimento siano o meno conformi ai parametri costituzionali invocati»;

che, quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice evidenzia come le disposizioni impugnate si porrebbero in contrasto con il «principio – di derivazione comunitaria e convenzionale – della intangibilità dei diritti acquisiti e della certezza e stabilità dei rapporti giuridici quale forma di tutela del legittimo affidamento»;

che, in particolare, il principio dell’affidamento troverebbe la sua copertura negli artt. 2, 3 e 97 Cost., in base ad un costante orientamento della Corte costituzionale, che ne dimostrerebbe la natura di «elemento essenziale dello Stato di diritto» e di «espressione immanente, da un lato, del principio di uguaglianza dinanzi alla Legge, e, dall’altro, di solidarietà cui sono collegati i canoni di buona fede e di correttezza dell’agire, anche da parte dell’amministrazione»;

che, secondo il rimettente, «[s]i intravede […] anche la violazione dell’art. 117, primo comma, della Costituzione per violazione dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali»;

che non sussisterebbero, nel caso di specie, ragioni plausibili per «giustificare una così grave incidenza retroattiva su posizioni che si sono già realizzate e concluse», sia perché il Consiglio regionale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol non sarebbe in condizioni di sofferenza finanziaria, sia perché la legge regionale non specificherebbe alcuna motivazione a supporto dell’intervento «riduttivo, che quindi non risulta in alcun modo consentaneo ad alcuno – nemmeno indicato – scopo finale»;

che vi sarebbe un’arbitraria, ingiustificata e «permanente modifica in peius della disciplina dei vitalizi valida per tutti gli assegni diretti ed indiretti, per un intervallo di tempo indeterminato e senza alcuna progressione»;

che, infine, gli artt. 2 e 3 della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014 violerebbero anche l’art. 117 Cost., poiché l’art. 4 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) riserverebbe alla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol una potestà legislativa limitata alla materia dell’ordinamento degli uffici regionali e del personale ad essi addetto che non comprenderebbe la possibilità di prevedere interventi riduttivi dei trattamenti vitalizi in corso di erogazione, ambito quest’ultimo riservato alla potestà legislativa esclusiva dello Stato;

che, con otto diversi atti dal contenuto sostanzialmente identico, depositati il 23 ottobre 2018, si sono costituiti in tutti i giudizi, in quanto parti dei processi a quibus, la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e il Consiglio regionale della stessa Regione, per sostenere l’inammissibilità e, nei limiti in cui risultino ammissibili, l’infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate;

che, ricostruiti i fatti di causa, la Regione e il Consiglio regionale eccepiscono in primo luogo l’inammissibilità, in quanto generiche e indeterminate, di tutte le questioni sollevate, poiché con esse sarebbe chiesta l’eliminazione di un inesistente carattere retroattivo della legge, con correlativa impossibilità di «esercizio del diritto di difesa»;

che, in via subordinata, la Regione e il Consiglio regionale eccepiscono l’irrilevanza delle questioni sollevate sull’art. 2 della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014;

che, infatti, il provvedimento contestato nei giudizi a quibus sarebbe «un atto di rideterminazione dell’assegno vitalizio mediante applicazione del limite al cumulo in applicazione dell’art. 3, non mediante la riduzione dell’assegno vitalizio in applicazione dell’art. 2, che è assorbita dalla prima operazione»;

che, pertanto, l’applicazione dell’art. 2 «non potrebbe ipotizzarsi che a seguito del venir meno, per qualunque ragione, dell’art. 3: sicché si tratterebbe in ogni caso di vicenda successiva, della quale mancano ad oggi le premesse di fatto e di diritto»;

che la Regione e il Consiglio regionale eccepiscono altresì l’inammissibilità della censura sollevata con riferimento all’art. 117 Cost., poiché il remittente non avrebbe chiarito quale sarebbe la competenza statale invasa dalla legge regionale;

che, sempre in via preliminare, la Regione e il Consiglio regionale espongono che l’evocazione dell’art. 117, primo comma, Cost., non costituirebbe una vera e propria censura, trattandosi, infatti, di una «violazione meramente “accennata” dal giudice a quo e non formalizzata in una specifica domanda rivolta a codesta Corte»;

che, nel merito, la questione sollevata con riferimento agli artt. 2, 3 e 97 Cost. sarebbe infondata, poiché dai principi dell’affidamento e della certezza e stabilità dei rapporti giuridici, «radicati nell’art. 2 e nell’art. 97, secondo comma, Cost.», non deriverebbe alcuna «pretesa alla immutabilità della disciplina legislativa dei rapporti intersoggettivi di durata»;

che il principio di ragionevolezza, evocato a sostegno del divieto di regolazione retroattiva, non sarebbe pertinente, poiché nel presente caso non vi sarebbe applicazione retroattiva di norme;

che, quand’anche la censura fosse diretta a evidenziare l’irragionevolezza delle disposizioni impugnate poiché volte a prevedere un trattamento peggiorativo su trattamenti di durata, essa sarebbe infondata in quanto la giurisprudenza costituzionale avrebbe costantemente affermato l’inesistenza di un principio di affidamento sulla immutabilità dei medesimi trattamenti, ammettendo la possibilità per il legislatore di modificarli in senso sfavorevole, anche se di natura pensionistica;

che, in ogni caso, l’affidamento legittimo del beneficiario del vitalizio «sarebbe comunque limitato alla conservazione di una prestazione ragionevolmente correlata alla sua contribuzione», mentre nei casi dei giudizi a quibus gli assegni vitalizi in godimento resterebbero sovrabbondanti rispetto alla contribuzione, visto che montanti contributivi come quelli versati dagli ex consiglieri regionali, secondo le regole comuni, non potrebbero mai dare seguito ad assegni di importo tanto alto, né l’affidamento potrebbe «estendersi al godimento illimitato di un trattamento privilegiato, di entità “premiale”, che è finanziato in massima parte con risorse pubbliche sempre più scarse»;

che la discrezionalità del legislatore sarebbe in questo ambito particolarmente estesa, anche alla luce della non assimilabilità dei vitalizi ai trattamenti pensionistici;

che, in ogni caso, sussisterebbe a fondamento della scelta legislativa la necessità di conseguire indefettibili esigenze di bilancio e di equità sociale che «rappresentano imperativi costituzionalmente rilevanti», a prescindere dalla situazione finanziaria del bilancio del Consiglio regionale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol;

che, con particolare riferimento all’art. 3 della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014, l’assenza di irragionevolezza si desumerebbe sia dal fatto che tale disposizione si pone in continuità con altre previsioni di legge adottate in passato dalla Regione per porre limiti al cumulo del vitalizio regionale con altri vitalizi pubblici (viene evocato l’art. 4, comma 11, della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige 26 febbraio 1995, n. 2, recante «Interventi in materia di indennità e previdenza ai consiglieri della Regione autonoma Trentino-Alto Adige»), sia dal fatto che, «a fronte di erogazioni della medesima natura non sussist[o]no ragioni per destinare ulteriori risorse pubbliche alla stessa finalità, essendo tali finalità già integralmente soddisfatte dagli altri assegni vitalizi»;

che il tetto massimo mensile fissato dal legislatore regionale in euro 9.000 lordi garantirebbe in ogni caso «una indennità idonea a compensare lo svolgimento di ogni servizio onorario prestato» e soddisferebbe «qualunque forma di esigenza latamente previdenziale»;

che, con atti depositati il 23 ottobre 2018, si sono costituiti nel giudizio di costituzionalità E. G., I. D., H. F. e S. B., tutte parti attrici nei processi a quibus;

che, in punto di ammissibilità, la difesa di E. G., I. D., H. F. e S. B. espone che il nesso di rilevanza non verrebbe meno «in ragione del fatto che, nel caso di specie, la decurtazione imputabile al divieto di cumulo oltre la soglia di € 9.000,00 mensili (art. 3 della legge censurata) è stata tale da assorbire anche quella dovuta alla riduzione “secca” del 20% (art. 2)»:

che, inoltre, gli atti amministrativi censurati nel giudizio a quo avrebbero disposto l’applicazione di entrambe le misure, tanto che la domanda delle parti attrici sarebbe volta ad ottenere la dichiarazione del diritto alla corresponsione dell’assegno vitalizio, «sia senza la riduzione del 20% sia senza il divieto di cumulo»;

che, quanto al merito, le due disposizioni impugnate sarebbero «radicalmente incompatibili con il principio di tutela dell’affidamento, riconosciuto e tutelato dagli artt. 2, 3 e 97 Cost., oltre che dal diritto europeo e dall’art. 6 della Convenzione EDU, rilevanti ai fini dell’integrazione del parametro ex art. 117, comma 1, Cost.»;

che «l’impatto retroattivo» delle due disposizioni censurate si porrebbe in contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale sui limiti generali all’efficacia retroattiva delle leggi;

che le disposizioni impugnate provocherebbero altresì una ingiustificata disparità di trattamento, poiché sarebbero colpiti dagli effetti di tali norme solo i titolari di «assegno vitalizio che godano di altro beneficio pensionistico derivante dalle cariche di parlamentare (nazionale o europeo) o di componente di organi di altre Regioni, rispetto a coloro che percepiscono, insieme al vitalizio erogato dal Consiglio regionale, benefici pensionistici di qualsiasi altra fonte»;

che gli artt. 2 e 3 della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014 si porrebbero poi in contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., sia con riferimento all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, così come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, che richiede che «la regolamentazione retroattiva trovi la sua ragione giustificatrice in “imperative ragioni di interesse generale”», tra i quali «non rientra l’ottenimento di un mero beneficio economico per la finanza pubblica», sia con riferimento alla lesione del principio del legittimo affidamento così come affermatosi nella giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea;

che, per quanto concerne il riparto di competenze tra Stato e Regioni, la normativa in questione non rientrerebbe nella sfera di competenza legislativa regionale in materia di ordinamento degli organi e degli uffici regionali indicata nell’art. 4 dello statuto reg. Trentino Alto-Adige, ma sarebbe invero riconducibile alla materia «ordinamento civile», nell’ambito della quale neanche le Regioni a statuto speciale «possono sottrarsi alla riserva alla potestà esclusiva dello Stato» e alla materia «coordinamento della finanza pubblica»;

che, in data 15 febbraio 2019, E. G., I. D., H. F e S. B. hanno depositato documentazione poi illustrata nelle memorie predisposte in vista dell’udienza pubblica;

che, con quattro memorie dal contenuto sostanzialmente identico, depositate il 26 febbraio 2019, la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Süditrol e il Consiglio regionale della stessa Regione hanno ulteriormente argomentato, con apposita documentazione, in merito alla inammissibilità e alla non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale;

che, nel merito, la Regione e il Consiglio regionale contestano in particolare la tesi sostenuta dalle parti private, secondo cui l’asserita disponibilità di bilancio del Consiglio regionale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Süditrol determinerebbe l’irragionevolezza dell’intervento del legislatore regionale, e precisano che l’argomentazione relativa alla evocata disparità di trattamento tra soggetti titolari di più trattamenti vitalizi da una parte, e soggetti titolari di un trattamento vitalizio e un trattamento pensionistico dall’altra parte, sarebbe del tutto estranea alla motivazione dell’ordinanza di rimessione;

che, con quattro memorie dal contenuto sostanzialmente identico, depositate il 26 febbraio 2019, la difesa di E. G., I. D, H. F. e S. B., replica a sua volta alle argomentazioni della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Süditrol e del Consiglio regionale della medesima Regione;

che, sotto il profilo dell’ammissibilità, la difesa delle parti private precisa che non si riscontrerebbe alcuna genericità nell’ordinanza di rimessione, posto che le due disposizioni censurate sono dotate di efficacia retroattiva “impropria” e sarebbe inoltre puntualmente argomentata anche la censura rispetto alla violazione relativa al riparto di competenze tra Stato e Regione;

che, quanto al merito, l’irragionevolezza delle disposizioni impugnate si desumerebbe anche dal confronto con le recenti riforme degli assegni vitalizi spettanti ai parlamentari, le quali ne prevedono una complessiva rideterminazione, ma non incidono sull’importo degli stessi assegni con una decurtazione secca come invece avverrebbe nel caso della legge regionale oggetto di censura;

che l’intervento realizzato dal legislatore regionale con la legge reg. Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014 sarebbe solo l’ultimo di una serie di provvedimenti che, nel corso del tempo, hanno ripetutamente ridotto l’importo degli assegni vitalizi, in contrasto con la giurisprudenza costituzionale in materia di trattamenti previdenziali.

Considerato che con quattro ordinanze il Tribunale ordinario di Trento ha sollevato questioni di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 2, 3, 97 e 117 della Costituzione, degli artt. 2 e 3 della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige 11 luglio 2014, n. 5, recante «Modifiche alla legge regionale 26 febbraio 1995, n. 2 (Interventi in materia di indennità e previdenza ai Consiglieri della Regione autonoma Trentino-Alto Adige), come modificata dalle leggi regionali 28 ottobre 2004, n. 4, 30 giugno 2008, n. 4, 16 novembre 2009, n. 8, 14 dicembre 2011, n. 8 e 21 settembre 2012, n. 6, nonché alla legge regionale 23 novembre 1979, n. 5 (Determinazione delle indennità spettanti ai membri della Giunta regionale), e successive modificazioni, volte al contenimento della spesa pubblica»;

che, in tutte le ordinanze, gli artt. 2 e 3 della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014 sono censurati in quanto, incidendo sull’ammontare degli assegni vitalizi diretti o di reversibilità in godimento a ex consiglieri regionali o a loro congiunti, determinerebbero una irragionevole lesione del loro legittimo affidamento, in lesione degli artt. 2, 3, 97 e 117 Cost.;

che il contenuto delle ordinanze, di tenore sostanzialmente coincidente, impone la riunione dei giudizi, che vanno pertanto decisi con unico provvedimento;

che le questioni sollevate sono manifestamente inammissibili;

che le questioni riguardano sia la previsione (all’art. 2 della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014) della riduzione, a decorrere dall’entrata in vigore della legge, degli assegni vitalizi diretti e di reversibilità nella misura del 20 per cento (calcolata secondo specifiche modalità desunte dall’ammontare dell’indennità parlamentare), sia la previsione (all’art. 3 della stessa legge regionale), con la medesima decorrenza, di un tetto alla cumulabilità di tali assegni con altri trattamenti o vitalizi (diretti o di reversibilità) percepiti per aver ricoperto cariche di parlamentare nazionale o europeo o per essere stato componente di organi di altre Regioni, stabilendosi che l’ammontare degli assegni venga ridotto, «qualora l’importo lordo complessivo degli assegni stessi superi la misura lorda di euro 9.000 per gli assegni vitalizi diretti, rispettivamente calcolata in modo proporzionale per gli assegni vitalizi di reversibilità»;

che, pur se le censure riguardano entrambe le previsioni, in nessuna delle ordinanze è tuttavia chiarito in che modo, e secondo quale ordine, i due diversi meccanismi di riduzione – la decurtazione del 20 per cento e il tetto alla cumulabilità – opererebbero nei casi oggetto dei processi a quibus;

che, pertanto, non è dato comprendere se, in tali casi, sia stato applicato soltanto il meccanismo di cui all’art. 2 (riduzione del 20 per cento dell’ammontare lordo di tutti gli assegni vitalizi diretti e di reversibilità), oppure se abbia operato soltanto quello previsto dall’art. 3 (limite di cumulo fissato a euro 9.000 lordi, con conseguente riduzione dell’importo dell’assegno vitalizio erogato dal Consiglio regionale fino al raggiungimento della citata somma), o se, e in quale ordine e misura, siano stati applicati entrambi i meccanismi di riduzione;

che un’illustrazione delle modalità di interazione dei due istituti – o almeno dell’interpretazione accolta in proposito dal giudice rimettente – sarebbe stata invece essenziale per comprendere se la riduzione generalizzata del 20 per cento di cui all’art. 2 della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014 trovi applicazione prima o dopo l’applicazione della riduzione, conseguente al tetto alla cumulabilità, di cui all’art. 3 della medesima legge, ovvero se i due istituti siano alternativi;

che, infatti, potrebbe darsi che solo in ragione del taglio del 20 per cento il beneficiario del vitalizio non superi il tetto al cumulo, escludendosi pertanto l’applicazione dell’art. 3, così come potrebbe darsi che la riduzione del vitalizio regionale determinata dal cumulo determini già una riduzione pari o superiore al 20 per cento, di talché potrebbe non trovare più applicazione l’istituto di cui all’art. 2;

che in tutte e quattro le ordinanze il giudice rimettente tace su tali presupposti interpretativi, e pur indicando le cifre dei vari vitalizi prima e dopo l’applicazione delle riduzioni, non fornisce calcoli chiarificatori in proposito e riferisce sempre le proprie censure, genericamente, a entrambe le disposizioni;

che, invece, gli elementi in parola sono indispensabili per la valutazione sulla rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate, né possono a tal fine aiutare – per il principio di autosufficienza dell’ordinanza di rimessione – le allegazioni delle parti (ex plurimis, ordinanze n. 37 del 2018 e n. 209 del 2015), nelle quali si afferma che, nei giudizi a quibus, avrebbe trovato applicazione il solo art. 3 della legge regionale;

che, conseguentemente, la mancata presa di posizione sulle modalità di interpretazione e applicazione delle disposizioni censurate, che si traduce in un’inadeguata descrizione del quadro normativo (ex multis, sentenza n. 224 del 2018; ordinanze n. 244 del 2017 e n. 153 del 2016), nonché il conseguente difetto di motivazione sulla rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate su quelle disposizioni (ex multis, sentenza n. 194 del 2018; ordinanze n. 202 e n. 37 del 2018, n. 227 del 2016), rendono le questioni stesse manifestamente inammissibili.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 3 della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige 11 luglio 2014, n. 5, recante «Modifiche alla legge regionale 26 febbraio 1995, n. 2 (Interventi in materia di indennità e previdenza ai Consiglieri della Regione autonoma Trentino-Alto Adige), come modificata dalle leggi regionali 28 ottobre 2004, n. 4, 30 giugno 2008, n. 4, 16 novembre 2009, n. 8, 14 dicembre 2011, n. 8 e 21 settembre 2012, n. 6, nonché alla legge regionale 23 novembre 1979, n. 5 (Determinazione delle indennità spettanti ai membri della Giunta regionale), e successive modificazioni, volte al contenimento della spesa pubblica», sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 97 e 117 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Trento, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 marzo 2019.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Nicolò ZANON, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2019.