Sentenza n. 89 del 2019

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SENTENZA N. 89

ANNO 2019

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 454, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), promosso dalla Regione Toscana, con ricorso notificato il 26 febbraio-5 marzo 2018, depositato in cancelleria il 6 marzo 2018, iscritto al n. 25 del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella udienza pubblica del 19 febbraio 2019 il Giudice relatore Silvana Sciarra;

uditi l’avvocato Marcello Cecchetti per la Regione Toscana e l’avvocato dello Stato Enrico De Giovanni per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 26 febbraio-5 marzo 2018 e depositato il successivo 6 marzo (reg. ric. n. 25 del 2018), la Regione Toscana ha promosso, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale in via principale dell’art. 1, comma 454, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020).

La disposizione impugnata prevede che «[a]ll’articolo 17, comma 3-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, dopo le parole: “della spesa di personale” sono inserite le seguenti: “ , ovvero una variazione dello 0,1 per cento annuo, ”».

1.1.– La Regione Toscana assume che la citata disposizione imponga una ulteriore variazione dello 0,1 per cento, allo scopo di ridurre la spesa per il personale sanitario, in coerenza con gli obiettivi già indicati dall’art. 2, commi 71 e 72, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)», e dall’art. 17, commi 3 e 3-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111.

Se si attribuisse alla congiunzione «ovvero» un significato disgiuntivo, la variazione dello 0,1 per cento potrebbe essere considerata come alternativa alle altre misure che la Regione ha la facoltà di adottare allo scopo di conseguire «la graduale riduzione della spesa del personale sanitario».

La disposizione, tuttavia, si potrebbe prestare a una diversa lettura, che conferisca alla congiunzione un valore esplicativo e così imponga la variazione dello 0,1 per cento come «un vincolo che va raggiunto ogni anno sino al 2020».

In virtù di tale lettura, che parrebbe avvalorata dalla relazione illustrativa dell’emendamento presentato al Senato (Atto Senato 2960-B), la disposizione in esame, per «il suo carattere dettagliato e puntuale», non potrebbe essere considerata come «norma di principio volta al coordinamento della finanza pubblica».

1.2.– Ad avviso della Regione ricorrente, la previsione di una misura analitica, che non si limita a dettare criteri e obiettivi, ma indica «nel dettaglio gli strumenti concreti» funzionali a raggiungere quegli obiettivi, «comprime illegittimamente l’autonomia finanziaria», con conseguente «indebita invasione dell’area riservata dall’art. 119 Cost. alle autonomie territoriali».

Nel porre un vincolo puntuale e dettagliato con riguardo alla spesa del personale sanitario, che deve essere perseguito annualmente e non ha carattere transitorio, la disposizione impugnata non sarebbe riconducibile ai princìpi di coordinamento della finanza pubblica, che si limitano a sancire «obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, intesi anche nel senso di un transitorio contenimento complessivo, sebbene non generale, della spesa corrente» e non indicano «strumenti o modalità per il perseguimento» di tali obiettivi.

1.3.– La disposizione è censurata anche per il contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost. Ad avviso della Regione ricorrente, essa non enuncerebbe un principio fondamentale, ma contemplerebbe una misura puntuale e dettagliata e disporrebbe una riduzione della spesa del personale, che «incide inevitabilmente sull’organizzazione del servizio sanitario regionale». Sarebbe violata, pertanto, la competenza regionale concorrente in materia di tutela della salute, che include, secondo tale prospettiva, «anche l’individuazione delle modalità organizzative idonee per assicurare un efficiente servizio sanitario rispondente ai bisogni della collettività».

La misura sarebbe peraltro destinata a ripercuotersi su quelle Regioni «che gestiscono il servizio sanitario con personale pubblico assunto dalle aziende sanitarie ed ospedaliere».

2.– Con atto depositato il 10 aprile 2018, si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto di dichiarare inammissibili, improcedibili e comunque infondate le questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione Toscana.

Il Presidente del Consiglio dei ministri replica che si potrebbero ravvisare profili di incostituzionalità soltanto se alla congiunzione «ovvero» non si attribuisse un valore disgiuntivo.

Peraltro, anche a volere intendere la variazione dello 0,1 per cento annuo «come ulteriore vincolo», si tratterebbe pur sempre di un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, che ben può incidere su una o più materie di competenza regionale, anche di tipo residuale, e comprimere, sia pure in parte, gli spazi «entro cui possono esercitarsi le competenze legislative e amministrative delle Regioni». La specificità delle prescrizioni non varrebbe comunque a escludere il carattere di principio di una norma, quando le prescrizioni siano legate al principio da un evidente rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione.

La disposizione impugnata, nell’imporre alla spesa sanitaria regionale un obiettivo di carattere macroeconomico temporalmente limitato e nel concedere sufficienti alternative per attuarlo, non sarebbe lesiva dell’autonomia finanziaria della Regione e sarebbe «coerente con l’esigenza di assicurare nel breve periodo il concorso delle Regioni alla risoluzione di una grave situazione di emergenza economica del Paese».

3.– In vista dell’udienza, il 29 gennaio 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato una memoria illustrativa per ribadire le conclusioni già formulate.

Il Presidente del Consiglio dei ministri ha inoltre precisato che la disposizione impugnata, a ben considerare, introduce una deroga in favore delle Regioni. Invero, il legislatore, pur lasciando immutato il tetto di spesa da raggiungere nell’anno 2020, consentirebbe, per gli anni precedenti, non solo una spesa superiore al tetto, ma anche «una dinamica crescente, in misura comunque non superiore allo 0,1% annuo». Peraltro, le modalità di verifica dell’adempimento delle prescrizioni sulla spesa del personale sarebbero state concordate tra Governo e Regioni in sede di Conferenza Stato-Regioni.

Non sarebbero, pertanto, né ammissibili né fondate le censure di violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, Cost.

Considerato in diritto

1.– La Regione Toscana ha proposto in via principale questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 454, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), denunciando la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.

1.1.– La disposizione impugnata, concernente la disciplina del concorso degli enti del Servizio sanitario nazionale alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica e, in particolare, la riduzione delle spese del personale, ha modificato l’art. 17, comma 3-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111. Dopo le parole «della spesa di personale», l’art. 1, comma 454, della legge n. 205 del 2017 ha inserito l’inciso «, ovvero una variazione dello 0,1 per cento annuo,».

Nell’attuale formulazione, l’art. 17, comma 3-bis, del d.l. n. 98 del 2011 così stabilisce: «Alla verifica dell’effettivo conseguimento degli obiettivi di cui al comma 3 del presente articolo si provvede con le modalità previste dall’art. 2, comma 73, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. La regione è giudicata adempiente ove sia accertato l’effettivo conseguimento di tali obiettivi. In caso contrario, per gli anni dal 2013 al 2019, la regione è considerata adempiente ove abbia raggiunto l’equilibrio economico e abbia attuato, negli anni dal 2015 al 2019, un percorso di graduale riduzione della spesa di personale, ovvero una variazione dello 0,1 per cento annuo, fino al totale conseguimento nell’anno 2020 degli obiettivi previsti all’articolo 2, commi 71 e 72, della citata legge n. 191 del 2009».

1.2.– La Regione Toscana denuncia la violazione dell’art. 119, secondo comma, Cost., sul presupposto che la disposizione impugnata contenga «un precetto specifico e puntuale sull’entità della spesa» e non si limiti a dettare criteri e obiettivi, ma indichi «nel dettaglio gli strumenti concreti» finalizzati a raggiungere tali obiettivi.

Intesa come previsione di un vincolo puntuale e dettagliato, che opera di anno in anno e non ha carattere transitorio, la disposizione impugnata comprimerebbe «illegittimamente l’autonomia finanziaria», con conseguente «indebita invasione dell’area riservata dall’art. 119 Cost. alle autonomie territoriali».

La Regione ricorrente denuncia altresì la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. e argomenta a tale riguardo che la disposizione in esame contempla una riduzione della spesa del personale, destinata a incidere «inevitabilmente sull’organizzazione del servizio sanitario regionale» e a pregiudicare quelle Regioni «che gestiscono il servizio sanitario con personale pubblico assunto dalle aziende sanitarie ed ospedaliere».

Interpretata come misura aggiuntiva rispetto a quelle già imposte alle Regioni per la riduzione della spesa del personale sanitario, la previsione impugnata invaderebbe «le competenze regionali nella materia concorrente di “tutela della salute”, nel cui ambito rientra anche l’individuazione delle modalità organizzative idonee per assicurare un efficiente servizio sanitario rispondente ai bisogni della collettività».

Secondo la Regione ricorrente, la disposizione impugnata potrebbe anche prestarsi a una diversa lettura, che intenda la variazione dello 0,1 per cento annuo come misura alternativa, così da salvaguardare l’autonomia regionale in materia di tutela della salute.

2.– La Regione Toscana ha proposto un’impugnativa in via cautelativa e ipotetica, con una interpretazione prospettata soltanto come possibile.

Per costante giurisprudenza di questa Corte, «possono trovare ingresso, nel giudizio in via principale, questioni promosse in via cautelativa ed ipotetica, sulla base di interpretazioni prospettate soltanto come possibili, purché non implausibili e comunque ragionevolmente desumibili dalle disposizioni impugnate» (ex multis, sentenza n. 103 del 2018, punto 4.1. del Considerato in diritto). Nel giudizio in via principale possono dunque essere dedotte «anche le lesioni in ipotesi derivanti da distorsioni interpretative delle disposizioni impugnate» (sentenza n. 270 del 2017, punto 4.2. del Considerato in diritto).

La lettura proposta dalla parte ricorrente, che attribuisce alla congiunzione «ovvero» un significato esplicativo e non già disgiuntivo e così individua nella variazione dello 0,1 per cento annuo della spesa una misura ulteriore e vincolante, non appare prima facie implausibile. Essa è suffragata dall’ambiguità semantica della congiunzione «ovvero», che solo un’accurata ricostruzione del contesto espressivo può contribuire a sciogliere.

Le questioni, pertanto, sono ammissibili.

3.– Nel merito le questioni non sono fondate, nei termini di séguito precisati.

3.1.– La giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare che «l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa». Tali limiti si iscrivono in un «quadro di esplicita condivisione da parte delle Regioni dell’assoluta necessità di contenere i disavanzi del settore sanitario» (sentenza n. 193 del 2007, punto 5. del Considerato in diritto).

Il legislatore statale può dunque «legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obbiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari» (sentenza n. 52 del 2010, punto 12.3. del Considerato in diritto).

La disposizione impugnata si colloca nel percorso di graduale riduzione delle spese del personale sanitario, che ha preso le mosse, per quanto rileva ai fini dell’odierno scrutinio, con l’art. 1, comma 565, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)».

Allo scopo di «garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009, in attuazione del protocollo d’intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per un patto nazionale per la salute, sul quale la Conferenza delle regioni e delle province autonome, in data 28 settembre 2006, ha espresso la propria condivisione», il legislatore ha inizialmente previsto che gli enti del Servizio sanitario nazionale concorressero «alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica adottando misure necessarie a garantire che le spese del personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell’IRAP, non superino per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 il corrispondente ammontare dell’anno 2004 diminuito dell’1,4 per cento».

Tale valutazione ha attribuito rilievo anche alle spese «per il personale con rapporto di lavoro a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, o che presta servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni» (art. 1, comma 565, lettera a, della legge n. 296 del 2006).

Gli enti del Servizio sanitario nazionale, «nell’ambito degli indirizzi fissati dalle regioni nella loro autonomia, per il conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa», sono stati chiamati a predisporre, allo scopo di ottenere una «riduzione della spesa complessiva di personale», un programma annuale di revisione delle consistenze del personale dipendente a tempo indeterminato in servizio alla data del 31 dicembre 2006 e del personale che, alla medesima data, prestava servizio con rapporto di lavoro a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa o con altre forme di lavoro flessibile o con convenzioni (art. 1, comma 565, lettera c, della legge n. 296 del 2006).

Al riscontro dell’effettivo conseguimento degli obiettivi «si provvede nell’ambito del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui all’articolo 12 dell’intesa 23 marzo 2005, sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicata nel supplemento ordinario n. 83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005. La regione è giudicata adempiente accertato l’effettivo conseguimento degli obiettivi previsti. In caso contrario la regione è considerata adempiente solo ove abbia comunque assicurato l’equilibrio economico» (art. 1, comma 565, lettera e, della legge n. 296 del 2006).

Come questa Corte ha avuto occasione di precisare (sentenza n. 120 del 2008, punto 5. del Considerato in diritto), la normativa citata incide su «un rilevante aggregato della spesa di parte corrente, che costituisce una delle più frequenti e rilevanti cause del disavanzo pubblico», senza definire gli strumenti finalizzati ad attuare il generale obiettivo di riequilibrio della finanza pubblica, e integra, pertanto, un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica.

L’evoluzione normativa ha confermato e arricchito le previsioni della legge n. 296 del 2006.

In particolare, l’art. 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)», ha vincolato gli enti del Servizio sanitario nazionale a concorrere «alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica adottando, anche nel triennio 2010-2012, misure necessarie a garantire che le spese del personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell’imposta regionale sulle attività produttive, non superino per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012 il corrispondente ammontare dell’anno 2004 diminuito dell’1,4 per cento».

Sugli enti del Servizio sanitario nazionale, nel rispetto degli indirizzi fissati dalle Regioni, grava l’obbligo di elaborare «un programma annuale di revisione delle consistenze di personale dipendente a tempo indeterminato, determinato, che presta servizio con contratti di collaborazione coordinata e continuativa o con altre forme di lavoro flessibile o con convenzioni, finalizzato alla riduzione della spesa complessiva per il personale» (art. 2, comma 72, della legge n. 191 del 2009).

L’art. 2, comma 73, della legge n. 191 del 2009 conferma che l’effettivo conseguimento degli obiettivi è vagliato «nell’ambito del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui all’articolo 12 dell’intesa 23 marzo 2005, sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicata nel supplemento ordinario n. 83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005». La Regione è considerata adempiente soltanto se ha conseguito gli obiettivi indicati o se ha comunque assicurato l’equilibrio economico.

Anche alle previsioni della legge n. 191 del 2009 questa Corte ha riconosciuto natura di «principio fondamentale, diretto al contenimento della spesa sanitaria» e perciò espressivo di «un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica» (sentenza n. 73 del 2017, punto 6.4.2. del Considerato in diritto).

L’evoluzione normativa si è orientata in una direzione coerente con i descritti obiettivi di riduzione della spesa del personale sanitario, come emerge anche dalle previsioni di recente introdotte dall’art. 14-bis, comma 2, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 (Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni), convertito, con modificazioni, nella legge 28 marzo 2019, n. 26.

3.2.– L’inquadramento sistematico del dato testuale, l’analisi del dibattito parlamentare e le argomentazioni difensive svolte dal Presidente del Consiglio dei ministri, anche nel corso dell’udienza pubblica, convergono verso l’interpretazione della congiunzione «ovvero» in senso disgiuntivo.

3.2.1.– Il legislatore, nello stabilire i presupposti per considerare la Regione adempiente, conferisce rilievo primario all’accertamento dell’effettivo conseguimento degli obiettivi programmati. La Regione, in alternativa, è considerata adempiente anche quando abbia comunque raggiunto l’equilibrio economico e abbia attuato un percorso virtuoso di graduale riduzione della spesa di personale.

La previsione dell’art. 1, comma 454, della legge n. 205 del 2017 si inquadra in una disciplina ispirata a una logica di favore per le Regioni, che valorizza un percorso credibile di raggiungimento dell’equilibrio economico e di graduale riduzione della spesa del personale sanitario, di là dall’effettivo conseguimento degli obiettivi pianificati, e deve essere interpretata in coerenza con la ratio così individuata.

I significati che possono essere attribuiti al termine «variazione» – siano essi espressivi di mutamenti positivi e negativi – valgono a differenziarlo dal termine «riduzione», che il legislatore adopera nell’enunciato precedente con chiaro riferimento all’esigenza di contenere e ridurre. È proprio l’uso di due vocaboli diversi, nello stesso contesto espressivo, a marcare una differenza semantica.

Non è poi senza significato che alla flessibilità così accordata faccia riscontro la conferma dell’ineludibile necessità di conseguire, nell’anno 2020, tutti gli obiettivi previsti dall’art. 2, commi 71 e 72, della legge n. 191 del 2009. Il legislatore, per un verso, mitiga il rigore delle originarie previsioni di riduzione della spesa per il personale sanitario e, per altro verso, ribadisce il limite invalicabile del raggiungimento, nel 2020, di tutti gli obiettivi previsti.

3.2.2.– Anche l’esame dei lavori preparatori e del dibattito parlamentare che si è svolto in occasione dell’approvazione della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021) conduce a risultati convergenti.

Come traspare dalla nota di lettura n. 198 del dicembre 2017, redatta dal Servizio del Bilancio del Senato in relazione all’Atto Senato 2960-B, l’art. 17, comma 3-bis, del d.l. n. 98 del 2011 conferma l’esigenza di conseguire nell’anno 2020 gli obiettivi previsti dall’art. 2, commi 71 e 72, della legge n. 191 del 2009 e tuttavia «consente uno scostamento, sia pur limitato, dal percorso di graduale riduzione della spesa sanitaria per il personale, con conseguenti impatti nei due esercizi intermedi (2018 e 2019), consentendone l’aumento in misura pari allo 0,1%». La nota ipotizza che la disposizione in esame determini minori risparmi negli anni intermedi e auspica un chiarimento in merito all’impatto «sui saldi di finanza pubblica», impatto che la relazione tecnica non si premura di approfondire.

È lo stesso ordine del giorno 0/981/25/12, presentato nella XII Commissione permanente (Igiene e sanità) del Senato della Repubblica l’11 dicembre 2018 e modificato il 12 dicembre 2018, a sottolineare come la legge n. 205 del 2017 abbia «cercato di attenuare la rigidità dei limiti fissati riconoscendo in sede di monitoraggio una flessibilità dello 0,1 per cento». Sulla base di tali premesse, si invita il Governo, che ha accolto l’ordine del giorno così come riformulato, a valutare l’opportunità di rimuovere a regime «il limite imposto nel 2004, ridotto del[l’] 1,4 quale tetto di spesa per il personale sanitario».

Di analogo tenore è l’ordine del giorno 9/01334-AR/171, presentato l’8 dicembre 2018 nella seduta n. 97 della Camera dei deputati e accolto in pari data come raccomandazione. Anche in questa sede, si riconosce che la variazione dello 0,1 per cento configura una misura di maggiore flessibilità, e non già un vincolo puntuale, idoneo a comprimere ogni spazio di autonomia delle Regioni.

3.2.3.– Del resto la stessa difesa del Presidente del Consiglio dei ministri mostra di attribuire valore disgiuntivo alla parola «ovvero».

Nella memoria illustrativa depositata in prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri, in termini ancora più perspicui, ha soggiunto che l’art. 17, comma 3-bis, del d.l. n. 98 del 2011 ha già introdotto «comunque un margine di flessibilità in favore delle regioni, nel senso di prevedere una deroga al rispetto del tetto nel periodo dal 2015 al 2019, purché il trend di spesa risulti comunque decrescente in tali anni».

La disposizione censurata introdurrebbe «una ulteriore flessibilità, disponendo che nel suddetto periodo la spesa possa registrare anche una variazione (da intendersi quindi di segno positivo o negativo) dell’ordine dello 0,1%» e si atteggerebbe, pertanto, come «una deroga in favore delle regioni rispetto alla normativa previgente», che giustifica anche la scelta di promuovere «una dinamica crescente» di tale spesa, «in misura comunque non superiore allo 0,1% annuo».

A tali circostanziate notazioni, ribadite anche nella discussione in udienza pubblica, la Regione ricorrente non ha contrapposto argomenti persuasivi, che impongano una diversa interpretazione della disposizione impugnata.

4.– La previsione di una variazione dello 0,1 per cento annuo si raccorda, dunque, a una disciplina di riduzione delle spese per il personale sanitario, che già demanda alle Regioni la scelta degli strumenti più appropriati per conseguire l’obiettivo e, con riferimento a una più ampia flessibilità, definisce le condizioni per giudicarle adempienti.

Così intesa, la disposizione impugnata non reca alcun vulnus all’autonomia finanziaria delle Regioni e non invade la sfera di competenza legislativa concorrente attribuita alle Regioni nella materia della tutela della salute.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate, nei termini di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 454, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), promosse dalla Regione Toscana, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 febbraio 2019.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Silvana SCIARRA, Redattore

Filomena PERRONE, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 17 aprile 2019.