Sentenza n. 87 del 2019

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SENTENZA N. 87

ANNO 2019

 

Commento alla decisione di

 

Andrea Rovagnati

 Nuove indicazioni giurisprudenziali sui principi fondamentali che permeano ladisciplina della dirigenza degli enti del SSR

 

per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Puglia 17 aprile 2018, n. 15 (Norme in materia di nomina dei direttori generali delle aziende ed enti del Servizio sanitario regionale in attuazione del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, e interventi finanziari in favore della ricerca per la cura delle malattie rare), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 15-20 giugno 2018, depositato in cancelleria il 20 giugno 2018, iscritto al n. 41 del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 31, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visto l’atto di costituzione della Regione Puglia;

udito nell’udienza pubblica del 19 marzo 2019 il Giudice relatore Giuliano Amato;

uditi l’avvocato dello Stato Leonello Mariani per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Isabella Fornelli per la Regione Puglia.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 15-20 giugno 2018 e depositato il 20 giugno 2018 (reg. ric. n. 41 del 2018), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Puglia 17 aprile 2018, n. 15 (Norme in materia di nomina dei direttori generali delle aziende ed enti del Servizio sanitario regionale in attuazione del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, e interventi finanziari in favore della ricerca per la cura delle malattie rare).

1.1.– La disposizione impugnata interviene in materia di commissariamento delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale (da qui: SSR) disponendo che: «la Regione, in caso di vacanza dell’incarico di direttore generale e laddove per comprovati motivi non sia possibile provvedere alla relativa nomina del direttore generale, può procedere intuitu personae all’affidamento dell’incarico a un commissario straordinario, scelto nell’ambito dell’elenco nazionale di cui all’articolo 2, comma l, della presente legge» (comma 1). «Il commissario straordinario rimane in carica fino alla nomina del direttore generale e, comunque, per un periodo non superiore a sei mesi» (comma 2). «Al commissario straordinario spetta il compenso stabilito dalla Giunta regionale per i direttori generali delle aziende ed enti del S.S.R. della Regione Puglia, secondo la tipologia di azienda o ente diretto» (comma 3). «La nomina del commissario straordinario di azienda ospedaliero-universitaria del S.S.R., in analogia a quella di direttore generale, è effettuata dalla Giunta regionale d’intesa con il rettore dell’università interessata. La nomina del direttore generale di IRCCS di diritto pubblico, in analogia a quella di direttore generale, è effettuata d’intesa con il Ministro della salute» (comma 4).

2.– Premette la difesa statale che – a partire dal decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute), convertito, con modificazioni, in legge 8 novembre 2012, n. 189 – la dirigenza sanitaria pubblica è stata oggetto di un profondo intervento riformatore da parte del legislatore statale, al fine d’introdurre un sistema di reclutamento della stessa idoneo a garantire che, nell’interesse del buon andamento della pubblica amministrazione, le nomine avvengano in modo imparziale e trasparente, tra soggetti muniti delle necessarie competenze tecnico­professionali, in coerenza con l’orientamento della giurisprudenza costituzionale (è richiamata la sentenza n. 34 del 2010).

Il decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, recante «Attuazione della delega di cui all’articolo 11, comma l, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria», in particolare, ha previsto, per il conferimento dell’incarico di direttore generale, una doppia selezione (artt. l e 2): la prima, effettuata da una commissione nazionale, per la costituzione di un elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina; la seconda, a livello regionale, preceduta da un avviso pubblico destinato esclusivamente agli iscritti nell’elenco nazionale e diretta alla formazione di una rosa di candidati da proporre, per la nomina, al Presidente della Regione.

Il legislatore pugliese, invece, nel disciplinare i casi di vacanza dell’ufficio di direttore generale delle aziende e degli enti del SSR, nonché delle aziende ospedaliero-universitarie e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, avrebbe previsto genericamente che la Regione possa affidare, intuitu personae, l’incarico di direzione a un commissario straordinario, senza specificare i motivi che non consentono la nomina di un nuovo direttore generale (limitandosi genericamente a richiedere la sussistenza di non meglio specificati «comprovati motivi») e senza stabilire le procedure e i requisiti necessari per detta nomina.

2.1.– Le norme impugnate, in primo luogo, lederebbero l’art. 117, terzo comma, Cost. in materia di «tutela della salute», in relazione agli artt. 2, comma 2-octies, 3, comma 6, e 3-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), nonché agli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 171 del 2016. Tali disposizioni, infatti, si porrebbero quali principi fondamentali della materia, concernendo la governance degli enti del SSR (sono richiamate le sentenze n. 251 del 2016, n. 129 del 2012, n. 295 del 2009 e n. 422 del 2006).

L’art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 502 del 1992 prevede che, nei casi di vacanza dell’ufficio, di assenza o impedimento del direttore generale, le relative funzioni sono svolte dal direttore amministrativo o dal direttore sanitario, su delega dello stesso direttore generale o, in mancanza, dal direttore più anziano per età. Ove l’assenza o l’impedimento si protraggano oltre sei mesi si procede alla sostituzione, nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di vacanza dell’ufficio. Scaduto tale termine trova applicazione, in virtù del richiamo operato dall’art. 3-bis, comma 2, l’art. 2, comma 2-octies, del d.lgs. n. 502 del 1992, secondo cui il Ministro della sanità (ora Ministro della salute), sentite la Regione interessata e l’Agenzia per i servizi sanitari regionali (ora Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), fissa un congruo termine per provvedere, spirato il quale, il Ministro, sentita la medesima Agenzia e la Conferenza Stato-Regioni, propone al Consiglio dei ministri l’intervento sostitutivo, anche sotto forma di nomina di un commissario ad acta. Tale intervento, in ogni caso, non preclude l’esercizio delle funzioni regionali per le quali si è provveduto in via sostitutiva. Esso resta infatti efficace sino all’intervento dei competenti organi regionali.

Dal quadro normativo emergerebbe, dunque, l’impossibilità per la Regione di procedere al commissariamento di un’azienda sanitaria priva del direttore generale.

L’art. 4 della legge reg. Puglia n. 15 del 2018, inoltre, non si atterrebbe alle specifiche regole di cui agli artt. l e 2 del d.lgs. n. 171 del 2016. In altri termini, si opererebbe una reformatio in peius rispetto alle garanzie di trasparenza e imparzialità che il legislatore statale avrebbe inteso assicurare attraverso il ricordato meccanismo di doppia selezione, creando un regime temporaneo, atipico e sostitutivo di quello delineato dalla legislazione statale in materia di dirigenza sanitaria.

2.2.– In secondo luogo, sarebbero violati anche i principi di ragionevolezza, adeguatezza e buon andamento dell’amministrazione, di cui agli artt. 3 e 97 Cost.

Il principio di ragionevolezza, identificabile nell’esigenza di conformità dell’ordinamento a valori di giustizia e di equità, nonché a criteri di coerenza logica, teleologica e storico-cronologica (si richiamano le sentenze n. 162 del 2014, n. 87 del 2012 e n. 421 del 1991), sarebbe insito nel principio di eguaglianza e alla base del principio di buon andamento dell’amministrazione. Esso costituirebbe un valido «complemento» di qualunque altro principio e parametro costituzionale, ponendosi quale criterio di giudizio della logicità, della coerenza, dell’adeguatezza, della congruenza, della proporzionalità e della non arbitrarietà di qualsiasi norma di legge, statale o regionale.

Sotto questo profilo, la violazione di tale principio da parte delle disposizioni impugnate sarebbe evidente, poiché le stesse creerebbero un regime atipico e non definito quanto ai presupposti, ai requisiti e alle modalità procedimentali per la nomina dei vertici degli enti del SSR.

3.– Con atto depositato il 25 luglio 2018 si è costituita in giudizio la Regione Puglia, in persona del Presidente della Giunta regionale, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza delle questioni.

3.1.– In via generale, la difesa statale non terrebbe conto del contesto normativo, nazionale e regionale, in cui la disposizione impugnata s’inserisce.

La legge reg. Puglia n. 15 del 2018, infatti, all’art. 2 prevede che i direttori generali delle aziende e degli enti del SSR sono scelti esclusivamente tra i soggetti inseriti nell’elenco nazionale degli idonei, istituito presso il Ministero della salute, in piena conformità, quindi, con l’art. 1 del d.lgs. n. 171 del 2016, istitutivo di tale elenco.

Le disposizioni statali richiamate dalla parte ricorrente, inoltre, non avrebbero carattere imperativo, come evidenziato dalla giurisprudenza costituzionale sin dall’adozione del d.lgs. n. 502 del 1992. Tali norme, infatti, «hanno un carattere dispositivo verso le regioni, nel senso che queste ultime nell’esercizio delle loro competenze possono derogare ad esse, fermo restando il vincolo della congruità delle disposizioni regionali rispetto al principio sotteso alle disposizioni di dettaglio adottate in via dispositiva dallo Stato (v. sentt. nn. 192 del 1987 e 153 del 1985)» (sentenza n. 355 del 1993).

Ne discenderebbe, pertanto, l’assoluta inconferenza delle censure, in quanto – ancor più dopo la revisione costituzionale del 2001, che ha ampliato l’ambito materiale della competenza legislativa regionale (sono richiamate, ex multis, le sentenze n. 207 del 2010, n. 328 e n. 181 del 2006, e n. 270 del 2005) – la normativa regionale censurata, «inserendosi armonicamente nel quadro di principio nazionale, non lederebbe in alcun modo la legislazione nazionale in subiecta materia».

3.2.– Nello specifico, recando una disciplina di urgenza e di carattere transitorio, limitata nel tempo (la durata dell’incarico del commissario straordinario non può superare i sei mesi), l’art. 4 della legge reg. Puglia n. 15 del 2018 non potrebbe contrastare con le richiamate disposizioni statali.

3.2.1.– Le norme impugnate, infatti, non prevedrebbero che il commissario debba sostituirsi sine die al direttore generale, avendo egli un incarico limitato nel tempo, col solo fine di supplire alla vacatio dell’ufficio nelle more della nomina del direttore generale (per un periodo non superiore in ogni caso a sei mesi), in situazioni nelle quali non sarebbero applicabili le disposizioni di cui al d.lgs. n. 171 del 2016.

Nella fattispecie d’interesse, dunque, non si prospetterebbe l’inerzia alla base dell’intervento sostitutivo statale di cui all’art. 2, comma 2-octies, del d.lgs. n. 502 del 1992. Il legislatore regionale, infatti, nel perimetro della sua competenza concorrente, avrebbe scongiurato siffatta ipotesi, prevedendo la nomina del commissario straordinario. La norma statale in questione, in ogni caso, avrebbe carattere «cedevole», posto che l’ultimo periodo espressamente stabilisce che l’intervento sostitutivo sia efficace solo sino a quando i competenti organi regionali non abbiano provveduto, con la chiara finalità di sopperire a un’eventuale inerzia regionale che, nel caso de qua, non sussisterebbe.

D’altronde, la normativa nazionale non potrebbe tener conto, in modo esaustivo e con tempestività, di tutte le fattispecie possibili, potendo verificarsi situazioni di decadenza o dimissioni anticipate dell’intera direzione strategica di un’azienda sanitaria, oppure situazioni di particolare criticità, nelle quali non sia possibile procedere nell’immediato alla nomina del nuovo direttore generale e, al tempo stesso, non risulti possibile attribuire le relative funzioni al direttore amministrativo o sanitario. In tali casi, al fine di fronteggiare situazioni comunque temporanee ed eccezionali e scongiurare rischi di vuoto gestionale in un settore di rilevanza strategica quale quello sanitario, il legislatore regionale legittimamente avrebbe ritenuto di poter ricorrere alla nomina di commissari straordinari, il cui mandato è comunque limitato a un arco temporale estremamente breve, ferma restando l’eventuale attivazione del potere sostitutivo statale.

3.2.2.– La legittimità del potere regionale di nomina di commissari straordinari delle aziende e degli enti del SSR sarebbe stata altresì confermata dalla giurisprudenza ordinaria (sono richiamate Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 3 dicembre 2009, n. 25422; Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 24 luglio 2007, n. 16340). E, non a caso, la maggioranza delle Regioni italiane disporrebbe di norme in materia di nomina dei commissari straordinari delle aziende del SSR, mai impugnate dallo Stato, quali, ad esempio: legge della Regione Lazio 16 giugno 1994, n. 18 (Disposizioni per il riordino del servizio sanitario regionale ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni e integrazioni. Istituzione delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere), art. 8, comma 7-bis; legge della Regione Piemonte 24 gennaio 1995, n. 10 (Ordinamento, organizzazione e funzionamento delle Aziende Sanitarie Regionali), art. 12, comma 1; legge della Regione Basilicata 31 ottobre 2001, n. 39 (Riordino e razionalizzazione del servizio sanitario regionale), art. 10, commi 11 e 12; legge della Regione Calabria 7 agosto 2002, n. 29 (Approvazione disposizioni normative collegate alla legge finanziaria regionale relative al Settore Sanità), art. 20, comma 2; legge della Regione Lombardia 30 dicembre 2009, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità), art. 12, comma 10; legge della Regione Veneto 25 ottobre 2016, n. 19 (Istituzione dell’ente di governance della sanità regionale veneta denominato «Azienda per il governo della sanità della Regione del Veneto - Azienda Zero». Disposizioni per la individuazione dei nuovi ambiti territoriali delle Aziende ULSS), art. 29, commi 1 e 2.

Ulteriore e decisiva conferma si avrebbe nell’espresso richiamo all’ipotesi di commissariamento degli enti del SSR operato dall’art. 2 del d.lgs. n. 171 del 2016, ove, nell’ambito delle funzioni regionali, al comma 2 si prevede che «[i]n caso di commissariamento delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale, il commissario è scelto tra i soggetti inseriti nell’elenco nazionale». Le disposizioni regionali impugnate, quindi, sarebbero intervenute proprio allo scopo di adeguare la normativa previgente in materia di commissariamento – ovvero l’art. 14 della legge della Regione Puglia 31 dicembre 2010, n. 19 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2011 e bilancio pluriennale 2011-2013 della Regione Puglia), anch’esso mai impugnato, peraltro – al d.lgs. n 171 del 2016.

3.3.– Riguardo alle censure promosse dalla parte ricorrente in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., la difesa regionale ne eccepisce in primo luogo l’inammissibilità, in virtù della loro genericità (è richiamata sul punto la sentenza n. 231 del 2017).

3.3.1.– Le questioni, in ogni caso, sarebbero infondate, poiché le disposizioni impugnate non determinerebbero la sostituzione del commissario straordinario al direttore generale, stante la significativa brevità della durata dell’incarico, senza esimere, peraltro, la Regione dal procedere alla nomina del direttore generale.

È inoltre richiamata la sentenza n. 190 del 2017 di questa Corte, che ha ritenuto non lesiva della legislazione statale di principio la previsione di un termine più lungo (dodici mesi) per la durata del mandato dei commissari straordinari delle aziende sanitarie e ospedaliere, trattandosi di un termine adeguato alla delicatezza e alla complessità dell’incarico, comunque non tale da rendere ordinaria la gestione commissariale, che resta ben più breve di quella del direttore generale (il cui mandato va da tre a cinque anni).

La temporaneità e la straordinarietà dell’incarico del commissario straordinario, dettata dall’urgenza e dalla necessità di impedire l’assenza della figura apicale nella delicata gestione della materia, pertanto, renderebbero ragionevole la scelta del legislatore regionale di snellire la procedura di nomina del vertice degli enti del SSR. I comprovati motivi, infatti, comprenderebbero tutte le ipotesi oggettivamente ostative all’immediata attivazione della procedura di nomina medesima, nel manifesto intento di non paralizzare l’attività amministrativa, all’unico fine di garantire la tutela del bene salute, di preminente interesse pubblico. Inoltre, le modalità operative non sarebbero affatto atipiche, in quanto conformi alla disciplina nazionale, tenuto altresì conto che gli stessi direttori generali sarebbero comunque individuati in base a una scelta di carattere fiduciario, sebbene all’interno di una rosa di candidati.

Si tratta di profili che, da ultimo, consentirebbero di rigettare le questioni anche in applicazione del principio secondo cui «di una disposizione legislativa non si pronuncia l’illegittimità costituzionale quando se ne potrebbe dare un’interpretazione in violazione della Costituzione, ma quando non se ne può dare un’interpretazione conforme a Costituzione» (sentenza n. 153 del 2015).

4.– In prossimità dell’udienza l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato una memoria, richiamando le conclusioni rassegnate nell’atto introduttivo e integrando le stesse.

4.1.– In primo luogo, la parte ricorrente si sofferma sui profili relativi alla violazione del riparto costituzionale di competenze, replicando puntualmente alle difese svolte dalla Regione Puglia.

4.1.1.– In particolare, non sarebbe corretta la ricostruzione della difesa regionale riguardo alla natura di dettaglio e dispositiva delle disposizioni statali rilevanti, asserita sulla base della sentenza n. 355 del 1993. Il riferimento a tale pronuncia, oltre che superato, non sarebbe pertinente, né, comunque, porterebbe a siffatta conclusione.

La sentenza n. 355 del 1993, infatti, teneva conto dell’originaria formulazione dell’art. 19 del d.lgs. n. 502 del 1992, ove non si prevedeva espressamente che «le disposizioni del presente decreto costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione». Inoltre, il contesto normativo dell’epoca sarebbe stato assai diverso da quello attuale, in particolare in virtù dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 171 del 2016, che fissa, in caso di vacanza, un differente principio per quanto attiene alla scelta dei vertici delle aziende sanitarie, fondato sull’obbligatorio ricorso all’elenco nazionale degli idonei. E tali disposizioni costituirebbero senz’altro principi fondamentali non derogabili dal legislatore regionale.

Il riferimento all’indicata pronuncia sarebbe poi non pertinente, poiché la stessa avrebbe qualificato come norme di dettaglio quelle relative all’indicazione di chi deve sostituire il direttore generale in caso di assenza o d’impedimento, non già le norme che regolano la vacanza dell’incarico. La medesima sentenza, inoltre, avrebbe precisato che le disposizioni dirette a porre i principi concernenti l’organizzazione delle unità sanitarie locali debbano considerarsi come norme fondamentali di riforma economico­sociale, con conseguente inderogabilità, da parte delle Regioni, degli aspetti di dettaglio legati ai principi della riforma da un rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione. Anche in riferimento alle norme dispositive derogabili, dunque, resterebbe fermo il vincolo della congruità delle disposizioni regionali, congruità che mancherebbe nelle norme regionali impugnate.

La recente sentenza n. 159 del 2018 confermerebbe tale tesi, avendo sottolineato che la previsione di un elenco in cui devono essere iscritti i soggetti che intendono partecipare alle singole selezioni regionali costituisce un principio fondamentale in materia di tutela della salute, in virtù dell’esigenza di garantire un alto livello di professionalità dei candidati, i quali debbono possedere requisiti curriculari unitari, in ossequio al principio di buon andamento dell’azione amministrativa. In tale pronuncia erano assunte a parametro, tra le altre, le norme interposte di cui agli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 171 del 2016 e all’art. 3-bis, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992, di cui, quindi, sarebbe stata incontrovertibilmente acclarata la natura di principi fondamentali della materia.

4.1.2.– Secondo l’Avvocatura generale dello Stato non coglierebbero nel segno neppure le tesi della difesa regionale relative al carattere transitorio e limitato nel tempo del commissariamento, volto a operare in via residuale e con riferimento a fattispecie non previste dalla normativa nazionale.

Nella prospettiva del legislatore statale, infatti, la vacanza sarebbe prevista quale ipotesi ancor più temporanea e contenuta nel tempo dell’assenza o dell’impedimento, poiché la nomina del nuovo direttore generale deve essere effettuata nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di vacanza dell’ufficio, pena, in difetto, l’intervento sostitutivo del Governo. Né si porrebbe alcuna finalità di «supplire» alla vacatio dell’ufficio nelle more della nuova nomina, essendo tale esigenza già soddisfatta dalla previsione dell’art. 3, comma 6, ultimo periodo del d.lgs. n. 502 del 1992, secondo cui le funzioni sono svolte dal direttore amministrativo o dal direttore sanitario su delega del direttore generale o, in mancanza di delega, dal direttore più anziano per età.

Errata e fuorviante, sotto un ulteriore profilo, sarebbe la lettura dell’art. 2, comma 2-octies, del d.lgs. n. 502 del 1992 prospettata dalla Regione, poiché il rinvio a tale disposizione contenuto nel successivo art. 3-bis, comma 2 imporrebbe tassativamente che, alla scadenza del termine perentorio di sessanta giorni dalla data di vacanza dell’ufficio di direttore generale, si dia corso all’intervento sostitutivo statale. Siffatta disposizione, dunque, non avrebbe carattere cedevole, poiché l’ipotesi di mancata copertura del ruolo apicale sanitario sarebbe compiutamente disciplinata, senza alcun vuoto legislativo da colmare attraverso l’intervento regionale eccezionale; ciò anche con riferimento all’ipotesi estrema di decadenza o di dimissioni anticipate dell’intera direzione strategica dell’azienda sanitaria, venendo comunque in soccorso l’art. 3, comma 6, ultimo periodo, del d.lgs. n. 502 del 1992, che affida la reggenza al direttore più anziano per età.

Le disposizioni regionali censurate sarebbero ancor più ingiustificate e irragionevoli tenuto conto che l’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 171 del 2016 consente alle Regioni di effettuare la nuova nomina del direttore generale anche mediante l’utilizzo degli altri nominativi inseriti nella rosa di candidati relativa a una precedente selezione, purché non antecedente di tre anni e purché i candidati siano ancora inseriti nell’elenco nazionale. Irrilevante sarebbe anche il richiamo alle ipotesi di commissariamento di cui all’ultimo periodo dello stesso art. 2, comma 2, che riguarderebbero il ricorrere di condizioni patologiche, legate a disfunzioni e irregolarità gestionali, ben diverse dalla situazione, assolutamente fisiologica, della vacanza dell’ufficio. Anzi, imponendo anche in tali circostanze la scelta del commissario tra i soggetti inseriti nell’elenco nazionale, la disposizione ex adverso invocata confermerebbe, a ben vedere, il principio fondamentale della riforma più volte sottolineato.

In tal senso, quindi, non potrebbe ritenersi che la Regione Puglia abbia inteso, come asserito dalla difesa regionale, meramente adeguarsi al novellato disposto del d.lgs. n. 171 del 2016. Un legittimo adeguamento, infatti, avrebbe imposto di fare riferimento, per la nomina del commissario straordinario, non già al caso della vacanza, per qualsiasi motivo, dell’ufficio di direttore generale, bensì, e soltanto, al diverso caso del commissariamento dell’azienda per patologiche disfunzioni e irregolarità gestionali sottese, in via di eccezione, alla determinazione di commissariare l’ente.

Infine, la legittimità delle norme impugnate non potrebbe essere in alcun modo argomentata in base all’esistenza di altre normative regionali recanti un’analoga disciplina e non impugnate dal Governo. Premesso che le stesse sarebbero tutte antecedenti al (e comunque superate dal) d.lgs. n. 171 del 2016, l’acquiescenza rispetto ad altre leggi regionali non costituirebbe una prova della legittimità costituzionale delle disposizioni impugnata, come in numerose occasioni chiarito da questa Corte (è richiamata, tra tutte, la sentenza n. 107 del 2016).

4.1.3.– Prive di fondamento e contraddittorie sarebbero anche le considerazioni della difesa regionale relative alla temporaneità e straordinarietà dell’incarico.

Il termine massimo di durata della gestione commissariale straordinaria previsto dalla legge regionale (sei mesi), infatti, sarebbe ben più lungo di quello (sessanta giorni) imposto dalla norma statale per la nuova nomina, determinando di conseguenza una maggiore durata della vacanza dell’incarico di direttore generale, con il paradossale risultato di procrastinare il periodo di «incertezza».

Ciò troverebbe conferma nella già richiamata sentenza n. 159 del 2018 che, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione Siciliana 1° marzo 2017, n. 4 (Proroga dell’esercizio provvisorio per l’anno 2017 e istituzione del Fondo regionale per la disabilità. Norme urgenti per le procedure di nomina nel settore sanitario regionale), recante la possibilità di nominare commissari straordinari nelle aziende al di fuori delle fattispecie disciplinate dal legislatore nazionale, ha negato che un intervento siffatto potesse giustificarsi sulla base di ragioni di urgenza e in virtù della sua temporaneità ed eccezionalità.

4.2.– In secondo luogo, con riferimento alle censure relative agli artt. 3 e 97 Cost., premessa l’adeguata motivazione delle stesse già nel ricorso introduttivo, la difesa statale sottolinea, in particolare, l’inadeguatezza della previsione di meri «comprovati motivi» quale condizione legittimante la nomina di un commissario straordinario. La genericità e atipicità del presupposto, infatti, conferirebbero alla Regione un potere arbitrario di attribuire incarichi in modo discrezionale, in contrasto con quanto stabilito dalla normativa statale per addivenire alla nomina dei vertici del Servizio sanitario nazionale.

5.– Anche la Regione Puglia ha depositato una memoria in prossimità dell’udienza, ribadendo l’inammissibilità e l’infondatezza delle doglianze promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri.

5.1.– Le disposizioni statali interposte, in particolare, non assurgerebbero «al rango di disposizioni di principio», come chiarito dalla sentenza n. 355 del 1993. Né potrebbe evincersi quel vincolo di coessenzialità e necessaria integrazione che le renderebbe comunque vincolanti per il legislatore regionale (è richiamata la sentenza n. 354 del 1994). Anche argomentando in senso contrario, in ogni caso, le disposizioni impugnate sarebbero prive di lesività, prevedendo un’ipotesi di commissariamento delle aziende sanitarie residuale e riferita a fattispecie non indicate dalla normativa nazionale e, in ogni caso, tale da non escludere l’attivazione delle procedure previste dalla legislazione statale (si richiama la sentenza n. 178 del 2007, in fattispecie similare).

La legittimità delle disposizioni regionali deriverebbe, infine, anche dal dovere di darne un’interpretazione conforme a Costituzione (sono richiamate le sentenze n. 271 e n. 69 del 2017, e n. 153 del 2015).

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Puglia 17 aprile 2018, n. 15 (Norme in materia di nomina dei direttori generali delle aziende ed enti del Servizio sanitario regionale in attuazione del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, e interventi finanziari in favore della ricerca per la cura delle malattie rare).

1.1.– Tale articolo prevede che, in caso di vacanza dell’incarico di direttore generale delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale (da qui: SSR), laddove per comprovati motivi non sia possibile provvedere alla relativa nomina, la Regione può nominare un commissario straordinario (d’intesa con il rettore dell’università interessata per le aziende ospedaliero-universitarie, con il Ministro della salute per gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico), scelto nell’ambito dell’elenco nazionale degli idonei all’incarico di direttore generale, il quale rimane in carica fino alla nomina del direttore generale e, comunque, per un periodo non superiore a sei mesi (percependo un compenso commisurato a quello del direttore generale).

2.– Le disposizioni impugnate violerebbero, in primo luogo, l’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali in materia di «tutela della salute» e, nella specie, con gli artt. 2, comma 2-octies, 3, comma 6, e 3-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), nonché con gli artt. 1 e 2 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, recante «Attuazione della delega di cui all’articolo 11, comma l, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria».

Il legislatore regionale, infatti, avrebbe previsto la generica possibilità di nominare un commissario straordinario, senza specificare i motivi ostativi alla sostituzione del direttore generale e senza stabilire le procedure e i requisiti necessari per detta nomina, non attenendosi, pertanto, alle specifiche regole che abilitano alla gestione di tali uffici previste dalla legislazione statale, che non consentirebbero alla Regione, inoltre, il commissariamento di un’azienda sanitaria priva del direttore generale.

3.– Altresì lesi sarebbero i principi di ragionevolezza, adeguatezza e buon andamento dell’amministrazione, di cui agli artt. 3 e 97 Cost., perché l’intervento legislativo regionale creerebbe un regime atipico e non definito quanto ai presupposti, ai requisiti e alle modalità procedimentali per la nomina dei vertici degli enti del SSR.

4.– Le questioni non sono fondate.

4.1.– Le disposizioni impugnate intervengono sulla disciplina della dirigenza degli enti del servizio sanitario nazionale, che l’ormai costante giurisprudenza costituzionale ha ascritto alla materia «tutela della salute», di competenza concorrente tra Stato e Regioni ex art. 117, terzo comma, Cost. (si vedano, da ultimo, le sentenze n. 159 del 2018, n. 251 del 2016 e n. 124 del 2015).

4.1.1.– La disciplina della nomina del direttore generale degli enti del SSR, in particolare, è il frutto di una progressiva evoluzione legislativa, tesa a meglio precisare i requisiti per la stessa nomina, al fine di ridurre l’ampio potere discrezionale che il d.lgs. n. 502 del 1992, specie nella formulazione successiva al decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 (Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell’articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419), lasciava al Presidente della Regione.

Con il decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute), convertito, con modificazioni, in legge 8 novembre 2012, n. 189, si è modificato l’art. 3-bis del d.lgs. n. 502 del 1992, prevedendo la formazione di appositi elenchi regionali di idonei alla nomina di direttore generale, da cui poi attingere i candidati, previo avviso pubblico e relativa selezione effettuata da una commissione costituita dalla Regione. A tale selezione si poteva accedere con il possesso di laurea magistrale e di adeguata esperienza dirigenziale, almeno quinquennale nel campo delle strutture sanitarie, o settennale negli altri settori (a cui si aggiungeva la partecipazione a un corso di formazione in materia di sanità pubblica e di organizzazione e gestione sanitaria), nonché di eventuali ulteriori requisiti stabiliti dalla Regione.

Tale procedura ha trovato una nuova sistematizzazione con il d.lgs. n. 171 del 2016, che ha previsto un elenco nazionale degli idonei (art. 1), istituito presso il Ministero della salute e aggiornato ogni due anni, sulla base di una valutazione operata da una commissione nazionale, previa pubblicazione di un avviso pubblico di selezione per titoli (e fermo restando il possesso dei requisiti sopra ricordati). Alle Regioni spetta effettuare un’ulteriore selezione, sulla base di apposito avviso, a cui possono partecipare unicamente gli iscritti nell’elenco nazionale, con valutazione dei titoli e colloquio, in esito a cui viene proposta una rosa di candidati, nell’ambito della quale il Presidente della Regione provvede a scegliere il direttore generale, motivando le ragioni della nomina. La durata dell’incarico è fissata in un minimo di tre e in un massimo di cinque anni (art. 2).

Tali disposizioni, come già sottolineato da questa Corte, costituiscono principi fondamentali nella disciplina della dirigenza sanitaria e, più in generale, nella materia della «tutela della salute». Si tratta di principi ispirati, infatti, dall’esigenza di meglio qualificare il profilo di tali dirigenti e di ridurre l’ambito della discrezionalità politica, che pur in qualche misura permane, nella scelta degli stessi, al fine di tutelare l’imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione (sentenze n. 159 del 2018 e n. 190 del 2017).

4.1.2.– Per quanto concerne la vacanza dell’ufficio di direttore generale, il d.lgs. n. 502 del 1992, già nella sua formulazione originaria, stabiliva che alla stessa dovesse porsi rimedio nel termine perentorio di sessanta giorni (disciplina ora contenuta nell’art. 3-bis, comma 2). Nelle more le relative funzioni potevano (e possono) essere affidate al direttore amministrativo o al direttore sanitario, su delega del direttore generale stesso o, in mancanza di delega, al direttore più anziano d’età. Nei casi non di vacanza, ma d’impedimento o di assenza del direttore generale, queste forme di supplenza possono arrivare sino a sei mesi, dopodiché occorre provvedere alla sostituzione, nel termine perentorio di sessanta giorni (art. 3, comma, 6). È previsto, inoltre, un potere sostitutivo dello Stato, ora disciplinato, in virtù del richiamo di cui all’art. 3-bis, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992, del successivo art. 2, comma 2-octies, spettante, previa diffida alla Regione interessata, al Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute e sentite l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali e la Conferenza Stato-Regioni. L’intervento sostitutivo, che può comportare la nomina di un commissario ad acta, non preclude l’esercizio delle funzioni regionali sostituite, restando efficace sino a quando i competenti organi regionali abbiano provveduto.

Caso peculiare è dato dalla decadenza del direttore generale, già disciplinata dall’art. 3-bis, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992, i cui contenuti sono stati recepiti dall’art. 2, comma 5, del d.lgs. n. 171 del 2016. La decadenza è dichiarata (secondo una peculiare procedura e previa risoluzione del contratto) dal Presidente della Regione, su delibera della Giunta regionale, quando ricorrano gravi motivi oppure nei casi di grave disavanzo di gestione o di violazione di legge o dei principi di buon andamento e d’imparzialità dell’amministrazione, nonché di norme o principi sulla trasparenza. La decadenza si può avere anche per mancata conferma del direttore generale (art. 2, comma 4, del d.lgs. n. 171 del 2016), tenuto presente che lo stesso è sottoposto, dopo ventiquattro mesi dal conferimento dell’incarico, a una valutazione effettuata rispetto agli obiettivi fissati dalla Regione, il cui esito negativo comporta appunto la mancata conferma. La decadenza del direttore generale, in ogni caso, determina la sostituzione dello stesso, la quale può essere effettuata dal Presidente della Regione anche mediante l’utilizzo dei nominativi inseriti nella rosa dei candidati risultanti da una precedente selezione regionale, purché la stessa non sia antecedente di tre anni e i candidati inclusi nella predetta rosa risultino ancora inseriti nell’elenco nazionale (art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 171 del 2016).

Questa Corte, con la sentenza n. 355 del 1993, ha avuto modo di pronunciarsi anche sulla disciplina della sostituzione, dell’assenza e dell’impedimento del direttore generale, sottolineando la natura dispositiva delle disposizioni organizzative di dettaglio, derogabili dalle Regioni nell’esercizio delle proprie competenze.

4.2.– La figura del commissario straordinario delle aziende e degli enti del SSR, oggetto d’esame nel presente giudizio, non trovava invece una specifica disciplina nel d.lgs. n. 502 del 1992. Nondimeno, quasi tutte le Regioni, tra cui la stessa resistente (art. 14 della legge della Regione Puglia 31 dicembre 2010, n. 19, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2011 e bilancio pluriennale 2011-2013 della Regione Puglia»), hanno previsto con legge la possibilità di nominare commissari straordinari, dotati dei medesimi requisiti per l’incarico di direttore generale, nei casi di vacanza dell’ufficio di direttore generale, per un periodo limitato (non superiore a dodici mesi). Il presupposto della nomina, pur con talune differenze tra le Regioni, non è dato dalla mera vacanza dell’ufficio, ma dall’impossibilità di provvedere alla sostituzione nel termine di sessanta giorni.

4.2.1.– Che tale istituto possa in linea di principio essere previsto dalle Regioni è conseguenza del fatto che ci si trova pur sempre in una materia di competenza concorrente, tenuto altresì conto che, come questa Corte ha già sottolineato, le stesse disposizioni in materia di sostituzione previste dal d.lgs. n. 502 del 1992 possono consentire, a determinate condizioni, scelte diverse dei legislatori regionali (sentenza n. 355 del 1993). Puntualizzazione che non potrebbe certo ritenersi venuta meno in seguito alla riforma costituzionale del 2001, che ha ampliato le competenze regionali in materia sanitaria (tra le tante, si vedano le sentenze n. 54 del 2015, n. 207 del 2010 e n. 181 del 2006).

Le disposizioni legislative statali sulla sostituzione del direttore generale per vacanza dell’ufficio, inoltre, come si è avuto modo di sottolineare, non sono state oggetto di sostanziali modifiche con i vari interventi di riforma, se non per quanto concerne il procedimento, restando sostanzialmente invariati tre elementi: l’obbligo di provvedere alla sostituzione entro sessanta giorni dalla vacanza; la supplenza da parte del direttore amministrativo o sanitario o del direttore più anziano d’età nelle more della sostituzione, nonché nei casi d’impedimento o di assenza del direttore generale (per un periodo non superiore a sei mesi); la possibilità per lo Stato d’intervenire in via sostitutiva, fermo restando il potere di provvedere in ogni momento da parte della Regione.

La Regione Puglia, in vigenza di tali disposizioni, aveva quindi già disciplinato, come quasi tutte le altre Regioni, l’ipotesi del commissariamento degli enti del SSR. Tale ipotesi, nel nuovo contesto normativo, ha anzi trovato una specifica previsione, poiché è lo stesso art. 2 del d.lgs. n. 171 del 2016 a farvi riferimento, indicando che il commissario venga scelto tra i soggetti inseriti nell’elenco nazionale degli idonei all’incarico di direttore generale.

La nomina di un commissario regionale, d’altronde, non si sovrappone, in quanto tale, al potere sostitutivo statale previsto dall’art. 2, comma 2-octies, del d.lgs. n. 502 del 1992, che si applica ai casi d’inerzia regionale e che, di per sé, non può certo escludere la previsione da parte della Regione di meccanismi atti a evitare che l’inerzia si determini. L’intervento statale sarà sempre possibile quando la Regione non provveda o non sia stata in grado d’intervenire neppure durante la gestione commissariale.

Questa Corte ha già avuto modo di pronunciarsi sulla materia con la sentenza n. 190 del 2017, avente a oggetto la novella dell’art. 20 della legge della Regione Calabria 7 agosto 2002, n. 29 (Approvazione disposizioni normative collegate alla legge finanziaria regionale relative al Settore Sanità), che prevede, appunto, per esigenze di carattere straordinario, la facoltà per il Presidente della Regione di nominare commissari straordinari delle aziende sanitarie e ospedaliere. In particolare, giudicando sulla norma che estendeva da sei a dodici mesi la durata massima della gestione commissariale, se ne è sottolineata l’adeguatezza, perché inidonea a rendere la gestione straordinaria equiparabile a quella ordinaria, in virtù della durata notevolmente inferiore del mandato commissariale rispetto a quella dell’incarico di direttore generale (che va da tre a cinque anni).

4.2.2.– Dunque, se in linea di principio il commissariamento degli enti del SSR da parte della Regione può ritenersi ammissibile, ciò che maggiormente rileva sono i presupposti dello stesso. Questi ultimi, infatti, non possono rinvenirsi nella mera vacanza dell’ufficio, poiché in tal modo sarebbe effettivamente violata la previsione di cui all’art. 3-bis, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992, con elusione del termine perentorio di sessanta giorni per la copertura della stessa vacanza. Deve trattarsi, in altri termini, di una comprovata e giustificata impossibilità di procedere a tale copertura secondo il procedimento ordinario.

Si pensi, ad esempio, al caso in cui la vacanza dell’incarico avvenga nella fase di avvicendamento tra una legislatura e un’altra; a quello di dimissioni dell’intera dirigenza sanitaria; al caso di dimissioni del direttore generale per ragioni che rendano inopportuna la stessa supplenza da parte del direttore sanitario o amministrativo; agli interventi di razionalizzazione mediante accorpamento delle aziende sanitarie. Deve escludersi, invece, che il commissariamento debba necessariamente essere limitato alle ipotesi di vacanza determinata dalla decadenza del direttore generale, come asserito dalla difesa statale. La decadenza, infatti, non costituisce di per sé un caso in cui può essere impossibile la nomina di un nuovo direttore generale, risultando quindi necessaria quella del commissario straordinario. A legittimare quest’ultima non sono le ragioni della vacanza, ma l’impossibilità di provvedere alla sostituzione in sessanta giorni, motivata da comprovate esigenze.

4.3.– Ricostruito così il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, risulta evidente che il legislatore pugliese è intervenuto nell’esercizio delle proprie competenze in materia di «tutela della salute», senza introdurre una disciplina in contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale, limitandosi, sulla falsariga di quanto avvenuto in altre Regioni, ad adeguare la sua previgente disciplina all’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 171 del 2016.

4.3.1.– L’art. 4 impugnato, infatti, prevede ipotesi di commissariamento che non sono riconducibili alla fase “fisiologica” della vacanza dell’ufficio di direttore generale, ossia la scadenza naturale dell’incarico, bensì a casi in cui comprovati motivi rendano impossibile provvedere alla nuova nomina nei sessanta giorni. Si tratta di vicende ben diverse, quindi, da quelle affrontate dalla sentenza n. 159 del 2018, concernente disposizioni che, nelle more della costituzione degli elenchi regionali, impedivano tout court la nomina dei nuovi direttori generali, con il commissariamento ope legis degli enti in cui il relativo incarico venisse a scadenza.

Le disposizioni impugnate, invece, non attribuiscono alla Regione una discrezionalità tale da poter scegliere, ogni volta che l’ufficio di direttore generale sia vacante, se nominare il nuovo direttore o commissariare l’ente. Tale eventualità, paventata dalla difesa statale, è infatti esclusa dalla necessità che il provvedimento di nomina del commissario straordinario giustifichi le ragioni per cui non si sia potuto addivenire alla ordinaria sostituzione del direttore generale, precisando che siano indicati i «comprovati motivi» della scelta regionale, sulla base del complessivo contesto normativo di riferimento. Nel caso di commissariamento a seguito di vacanza intervenuta per decadenza del direttore generale, ad esempio, la Regione dovrà indicare anche le ragioni per cui non si possa scegliere il direttore generale nella rosa dei soggetti individuati nelle precedenti selezioni, come consentirebbe l’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 171 del 2016.

Il potere di nomina regionale di un commissario straordinario degli enti del SSR, pertanto, risulta ragionevolmente circoscritto e delimitato, nel rispetto anche degli artt. 3 e 97 Cost., restando sempre possibile, tra l’altro, il sindacato amministrativo sull’atto di nomina.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Puglia 17 aprile 2018, n. 15 (Norme in materia di nomina dei direttori generali delle aziende ed enti del Servizio sanitario regionale in attuazione del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, e interventi finanziari in favore della ricerca per la cura delle malattie rare), promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 marzo 2019.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Giuliano AMATO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 15 aprile 2019.