Ordinanza n. 237 del 2018

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ORDINANZA N. 237

ANNO 2018

 

 REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Giorgio                       LATTANZI                                       Presidente

-      Aldo                           CAROSI                                            Giudice

-      Marta                          CARTABIA                                              ”

-      Mario Rosario             MORELLI                                                 ”

-      Giancarlo                    CORAGGIO                                             ”

-      Giuliano                      AMATO                                                    ”

-      Silvana                        SCIARRA                                                 ”

-      Daria                           de PRETIS                                                ”

-      Nicolò                         ZANON                                                    ”

-      Franco                        MODUGNO                                             ”

-      Augusto Antonio       BARBERA                                               ”

-      Giulio                         PROSPERETTI                                         ”

-      Giovanni                     AMOROSO                                               ”

-      Francesco                   VIGANÒ                                                  ”

-      Luca                           ANTONINI                                               ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 6 e 7 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), e dell’art. 126-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promossi dal Giudice di pace di Cava de’ Tirreni con tre ordinanze del 20 dicembre 2017, iscritte rispettivamente ai nn. 57, 58 e 59 del registro ordinanze 2018 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 novembre 2018 il Giudice relatore Giulio Prosperetti.

Ritenuto che, con tre ordinanze di identico tenore del 20 dicembre 2017, il Giudice di pace di Cava de’ Tirreni ha sollevato – in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 111 della Costituzione – questioni di legittimità costituzionale degli artt. 6 e 7 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), e dell’art. 126-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui, in base all’interpretazione assunta come diritto vivente, individuano, quale giudice competente a conoscere dell’opposizione a sanzione amministrativa per mancata comunicazione dei dati personali e della patente del conducente del veicolo al momento della commessa violazione, il giudice del luogo in cui i suddetti dati sarebbero dovuti pervenire, anziché il giudice del luogo di residenza o domicilio di colui che è tenuto ad effettuare la comunicazione;

che il rimettente ha dedotto di essere stato investito dei ricorsi per l’annullamento di tre sanzioni amministrative, per mancata comunicazione dei dati personali e della patente ai sensi dell’art. 126-bis cod. strada, irrogate dal Centro nazionale accertamento infrazioni (CNAI) avente sede a Roma e che pertanto, secondo il diritto vivente, la competenza territoriale a conoscere degli illeciti contestati spetterebbe al Giudice di pace di Roma, quale giudice del locus commissi delicti dell’illecito omissivo, che verrebbe consumato nel luogo in cui sarebbe dovuta pervenire la comunicazione mancata;

che, secondo il rimettente, in base al dato letterale dell’art. 126-bis cod. strada, che impone un obbligo di comunicazione e non di esibizione dei dati della patente all’organo accertatore, dovrebbe darsi rilievo al luogo di residenza o domicilio dell’obbligato, quale luogo ove la condotta di invio avrebbe dovuto essere tenuta;

che il radicamento della competenza territoriale in capo al giudice del luogo in cui deve pervenire la comunicazione omessa sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 24, 25 e 111 Cost., perché irragionevole e lesiva del diritto di difesa, del principio del giudice naturale e di quello di parità delle parti nel processo;

che, in particolare, l’attrazione delle opposizioni a sanzione amministrativa nel foro di Roma, sede del CNAI, renderebbe gravoso l’esercizio del diritto di difesa per chi risiede in altre Regioni e favorirebbe la pubblica amministrazione che, a proprio piacimento, potrebbe spostare la sede del CNAI e il luogo di radicamento della competenza territoriale;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’inammissibilità delle questioni di costituzionalità, perché prospettate all’improprio fine di ottenere un avallo dell’interpretazione ritenuta corretta dal rimettente e di evitare una riforma dell’emanando provvedimento nei successivi gradi di giudizio;

che, nel merito, l’Avvocatura dello Stato ha dedotto l’infondatezza delle questioni poiché, in materia di opposizione a sanzioni amministrative, la scelta di radicare la competenza territoriale nel luogo della commessa violazione sarebbe espressione non irragionevole dell’esercizio della discrezionalità del legislatore, che avrebbe contemperato le diverse esigenze che vengono in rilievo, ovvero l’esigenza pubblicistica di perseguire gli autori degli illeciti, le esigenze di funzionalità dell’organizzazione giudiziaria e la necessità della determinazione ex ante del giudice competente, a fronte del comportamento non collaborativo del soggetto obbligato per l’individuazione del responsabile della violazione, mentre la parità delle parti nel processo non potrebbe dirsi compromessa da un mero criterio attributivo della competenza.

Considerato che il Giudice di pace di Cava de’ Tirreni ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 6 e 7 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), e dell’art. 126-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui, in base all’interpretazione assunta come diritto vivente, individuano, quale giudice competente a conoscere dell’opposizione a sanzione amministrativa per mancata comunicazione dei dati personali e della patente del conducente del veicolo al momento della commessa violazione, il giudice del luogo in cui i suddetti dati sarebbero dovuti pervenire, anziché il giudice del luogo di residenza o domicilio di colui che è tenuto ad effettuare la comunicazione;

che il rimettente, già adito nei giudizi per l’opposizione a sanzioni amministrative derivanti da violazioni di norme del codice della strada comportanti decurtazione di punti della patente, è stato successivamente investito anche dei ricorsi per l’annullamento di tre sanzioni amministrative conseguenti alla mancata comunicazione dei dati personali e della patente ai sensi dell’art. 126-bis cod. strada;

che il rimettente ha ritenuto che il Centro nazionale accertamento infrazioni (CNAI) fosse l’autorità procedente per le suddette sanzioni e che, avendo tale organismo sede in Roma, dovesse essere competente per le relative opposizioni, in base al “diritto vivente”, il giudice di pace del luogo ove le omesse comunicazioni avrebbero dovuto pervenire e cioè il Giudice di pace di Roma;

che, secondo il rimettente, tale competenza territoriale sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 24, 25 e 111 della Costituzione, essendo irragionevolmente gravoso e contrario al principio di prossimità del giudice il radicamento della competenza in un luogo diverso dal locus commissi delicti, che il rimettente ritiene dover essere il luogo di residenza dell’obbligato, da dove avrebbe dovuto essere inviata l’omessa comunicazione;

che, inoltre, l’incostituzionalità delle norme censurate deriverebbe anche dall’essere la competenza determinata autoritativamente dalla pubblica amministrazione e perciò anche in violazione del principio del giudice naturale e della parità delle parti processuali; che, in considerazione dell’identità delle norme denunciate e delle censure proposte, i giudizi devono essere riuniti per essere decisi con un’unica pronuncia;

che la questione è manifestamente infondata;

che l’art. 126-bis cod. strada ha introdotto il sistema della cosiddetta patente a punti, stabilendo che all’atto del rilascio della patente vengano attribuiti venti punti, annotati in una apposita anagrafe nazionale (comma 1);

che il punteggio subisce decurtazioni a seguito della comunicazione, alla suddetta anagrafe, della «violazione di una delle norme per le quali è prevista la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente ovvero di una tra le norme di comportamento di cui al titolo V, indicata nella tabella» allegata;

che il comma 2 del medesimo art. 126-bis ha previsto che l’organo da cui dipende l’agente che ha accertato la violazione comportante la perdita del punteggio deve darne comunicazione all’anagrafe nazionale degli abilitati alla guida e che la comunicazione viene effettuata a carico del conducente responsabile della violazione, i cui dati, nel caso di mancata identificazione di quest’ultimo, devono essere comunicati all’organo di polizia che procede dal proprietario del veicolo ovvero da uno degli obbligati solidali al pagamento della sanzione (l’usufruttuario, l’acquirente con patto di riservato dominio o l’utilizzatore a titolo di locazione finanziaria);

che il medesimo comma 2 ha previsto che l’omessa comunicazione dei dati, senza giustificato e documentato motivo, comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa da euro 286 ad euro 1.143;

che il rimettente erra nel ritenere il CNAI autorità procedente all’irrogazione della sanzione, non avendo tale organo, istituito con decreto del Capo della Polizia del 14 aprile 2011, altra funzione se non quella di provvedere alla stesura e alla notifica dei verbali di accertamento delle infrazioni rilevate dagli uffici della Polizia stradale e di gestire il relativo iter amministrativo e il contenzioso, rimanendo invece la titolarità del potere di accertamento in capo agli uffici di Polizia stradale locale e, conseguentemente, la titolarità dell’azione in capo al prefetto territorialmente competente, nella specie il Prefetto di Salerno;

che, quindi, il locus commissi delicti dell’illecito omissivo di cui all’art. 126-bis cod. strada, quale luogo dove deve pervenire la comunicazione, coincide con il luogo dell’accertamento, poiché l’autorità procedente è la stessa che ha elevato la sanzione comportante la perdita del punteggio;

che, del resto, corrisponde ad un giudizio di ragionevolezza la scelta del legislatore di concentrare in un solo giudice la competenza a conoscere di tutte le opposizioni alle sanzioni amministrative riferite, direttamente o indirettamente, al medesimo fatto;

che, pertanto, i giudizi sono stati correttamente radicati presso il giudice rimettente, quale giudice del locus commissi delicti, già competente per la contestazione del merito delle infrazioni da cui derivavano le decurtazioni del punteggio, e presso il quale operava la connessione con i giudizi relativi alla mancata comunicazione del nominativo e dei dati della patente del conducente;

che la manifesta infondatezza delle questioni deriva quindi dall’erroneo presupposto interpretativo da cui muove il rimettente, in ordine alla natura e al ruolo del CNAI, individuato quale autorità procedente, così inficiando il ragionamento che porta a ritenere essere il Giudice di pace di Roma quello del locus commissi delicti dell’illecito omissivo.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, commi 1 e 2, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 6 e 7 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), e dell’art. 126-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 111 della Costituzione, dal Giudice di pace di Cava de’ Tirreni con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 novembre 2018.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Giulio PROSPERETTI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 14 dicembre 2018.