Sentenza n. 276 del 2017

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SENTENZA N. 276

ANNO 2017

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Paolo                           GROSSI                                 Presidente

-           Giorgio                        LATTANZI                            Giudice

-           Aldo                            CAROSI                                         ”

-           Marta                          CARTABIA                                   ”

-           Mario Rosario            MORELLI                                      ”

-           Giancarlo                    CORAGGIO                                  ”

-           Giuliano                      AMATO                                        ”

-           Silvana                        SCIARRA                                      ”

-           Daria                           de PRETIS                                     ”

-           Nicolò                         ZANON                                         ”

-           Augusto Antonio        BARBERA                                    ”

-           Giulio                          PROSPERETTI                             ”

-           Giovanni                     AMOROSO                                  ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 19, primo comma, numero 3, della legge 27 aprile 1982, n. 186 (Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, nel procedimento vertente tra P.P.A.A. e altri e la Presidenza del Consiglio dei ministri e altri, con ordinanza del 21 febbraio 2017, iscritta al n. 75 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visti l’atto di costituzione di R.P. e altri, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 5 dicembre 2017 il Giudice relatore Silvana Sciarra;

uditi l’avvocato Mario Sanino per R.P. e altri e l’avvocato dello Stato Chiarina Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 21 febbraio 2017, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale, dell’art. 19, primo comma, numero 3, della legge 27 aprile 1982, n. 186 (Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali), nella parte in cui dispone che «i vincitori del concorso conseguono la nomina con decorrenza dal 31 dicembre dell’anno precedente a quello in cui è indetto il concorso stesso», in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

1.1.– Il TAR premette di essere stato adito da alcuni consiglieri di Stato, appartenenti al medesimo concorso per referendario di TAR, transitati al Consiglio di Stato (quattro dal 1° ottobre 2011, due dal 3 agosto 2012) a domanda, ai sensi dell’art. 19, primo comma, numero 1, della legge n. 186 del 1982, e collocati in ruolo con anzianità decorrente dalla data di nomina. I ricorrenti hanno impugnato il provvedimento con il quale era stata determinata nel 31 dicembre 2010 la data della nomina a consiglieri di Stato di due colleghi che erano risultati vincitori di concorso, nonostante che l’assunzione in servizio di questi ultimi fosse avvenuta al termine dell’inverno 2013 e quindi dopo la collocazione in ruolo dei ricorrenti medesimi. Il giudice a quo ricorda che i ricorrenti nel giudizio principale chiedono l’annullamento del predetto provvedimento, nonché di ogni altro atto annesso, connesso, presupposto e/o consequenziale, contestualmente all’accertamento del diritto di vedersi collocati in ruolo in posizione anteriore rispetto ai controinteressati, in ragione del momento dell’acquisizione dell’effettiva qualifica di consigliere di Stato.

1.2.– In linea preliminare, il collegio rimettente rigetta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancanza di una lesione concreta e attuale e quindi per carenza di interesse, proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Consiglio di Stato alla luce di quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 272 del 2008. In quest’ultima – ricorda il TAR – la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la medesima questione di legittimità costituzionale perché «non attuale ai sensi dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 […] non avendo il ricorrente subìto alcun concreto pregiudizio per effetto dell’applicazione della disposizione censurata». Tuttavia il collegio rimettente ritiene che l’eccezione sia infondata, in quanto, a causa del descritto meccanismo di nomina dei consiglieri di Stato vincitori di concorso e della retrodatazione del loro ingresso in servizio, i ricorrenti subirebbero un duplice pregiudizio concreto derivante dalla circostanza che sono posposti in ruolo ai controinteressati e che, in sede di avanzamento di carriera, in cui rileva l’anzianità di servizio dei singoli scrutinandi, quella fittiziamente riconosciuta ai consiglieri di Stato “concorsuali” con la contestata retrodatazione di anzianità finirebbe inevitabilmente con il sacrificare i consiglieri di Stato provenienti dai ruoli Tar.

Nel merito, il TAR Lazio ritiene che l’art. 19, primo comma, numero 3, della legge n. 186 del 1982, nella parte in cui prevede la retrodatazione della nomina dei vincitori di concorso a consigliere di Stato al 31 dicembre dell’anno precedente a quello in cui è stato indetto il concorso, violi il principio di eguaglianza e di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost.

Esso, infatti, riconoscerebbe, senza una comprensibile ragione, ai consiglieri di Stato vincitori di concorso una decorrenza giuridica della nomina diversa e più favorevole rispetto a quella riconosciuta ai magistrati dei TAR, il cui ingresso nei ruoli dei consiglieri di Stato decorre dalla data del provvedimento di nomina, con la conseguenza che questi ultimi vengono posposti ai primi, anche nell’ipotesi in cui la data del conferimento delle funzioni sia anteriore rispetto a quella dei vincitori di concorso.

Una simile previsione non avrebbe eguali per le nomine di primo accesso nell’ambito dei rapporti di impiego presso amministrazioni pubbliche, considerato che la regola, in tale contesto, sarebbe quella che le nomine abbiano decorrenza successiva alla conclusione della procedura selettiva, anche se precedente alla presa effettiva di servizio, in linea con l’art. 97 Cost., che stabilisce che l’accesso «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni» deve avvenire, di norma, «mediante concorso».

Pertanto, il collegio rimettente denuncia il contrasto della norma censurata con il principio di eguaglianza e ragionevolezza fissato dall’art. 3 Cost., anche in relazione ai principi desumibili dagli artt. 199 e seguenti del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato) e con l’art. 97 Cost. in tema di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione.

2.– Si sono costituiti in giudizio dinanzi alla Corte costituzionale i ricorrenti del giudizio principale e hanno chiesto, sulla base di argomenti analoghi a quelli svolti nell’ordinanza di rimessione, che venga dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, primo comma, numero 3, della legge n. 186 del 1982, per violazione degli artt. 3 e 97 Cost.

In particolare, i ricorrenti ribadiscono che la più favorevole decorrenza della nomina dei consiglieri di Stato vincitori di concorso costituirebbe una fictio iuris priva di giustificazione. Infatti la previsione censurata non potrebbe essere giustificata come un “premio” a favore dei consiglieri di Stato cosiddetti “concorsuali”, considerato che costoro godrebbero già di un ampio favor del legislatore. Quest’ultimo sarebbe evidenziato dal «rilevante squilibrio di carriera», poiché il sistema prevede, al fine di ottenere la qualifica di consigliere presso il TAR, un percorso temporale di otto anni per coloro che hanno superato il concorso di referendario TAR, peraltro identico a quello di consigliere di Stato tranne che per la mancata previsione di una quinta prova scritta in diritto internazionale e/o comunitario. Lo squilibrio deriverebbe inoltre dall’esclusione di qualsiasi riconoscimento di anzianità pregresse relative alla carriera di magistrati del TAR, al momento della nomina a consigliere di Stato ex art. 19, primo comma, numero 1 della legge n.186 del 1982.

3.– Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che, nell’atto di intervento e nella memoria depositata nell’imminenza dell’udienza pubblica, ha chiesto che la questione di legittimità costituzionale in esame venga dichiarata inammissibile e, in subordine, manifestamente infondata.

In primo luogo, la questione sarebbe inammissibile per le medesime ragioni già illustrate dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 272 del 2008. L’asserita deteriore collocazione nel ruolo non rileverebbe di per sé, ma solo in quanto incida su provvedimenti che siano fondati sulla posizione che i magistrati abbiano in ruolo.

In subordine, la questione sarebbe manifestamente infondata.

La difesa statale ritiene che la retrodatazione della nomina dei consiglieri di Stato vincitori di concorso non violi l’art. 3 Cost., poiché non configurerebbe un trattamento differente di situazioni eguali. Considerato che il reclutamento dei magistrati del Consiglio di Stato avviene per canali differenti e cioè per nomina governativa, per concorso e per anzianità nel ruolo del TAR, ben potrebbe giustificarsi una disciplina in tutto o in parte differenziata, «anche alla luce del principio costituzionale del favor per l’accesso concorsuale».

4.– All’udienza pubblica, le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni formulate nelle difese scritte.

Considerato in diritto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, primo comma, numero 3, della legge 27 aprile 1982, n. 186 (Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di stato e dei tribunali amministrativi regionali), nella parte in cui dispone che «i vincitori del concorso conseguono la nomina con decorrenza dal 31 dicembre dell’anno precedente a quello in cui è indetto il concorso stesso», in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Secondo il rimettente la citata disposizione sarebbe illogica e irragionevole, là dove riconosce, senza una comprensibile ragione, ai consiglieri di Stato vincitori di concorso una decorrenza giuridica della nomina diversa e più favorevole (in quanto anticipata) rispetto a quella riconosciuta ai consiglieri di Stato transitati per anzianità dai tribunali amministrativi regionali, il cui ingresso nei ruoli decorre dalla data del provvedimento di nomina. Per effetto di tale previsione, i magistrati del TAR transitati per anzianità al Consiglio di Stato, anche qualora abbiano nel frattempo svolto in concreto funzioni d’appello, sono posposti ai consiglieri di Stato vincitori di concorso. Questi ultimi maturerebbero un’anzianità fittizia, in virtù della contestata retrodatazione della nomina, in contrasto con la regola generale per le nomine di primo accesso al lavoro pubblico. Ciò in violazione del principio dell’accesso mediante concorso alle pubbliche amministrazioni, nonché dei principi di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione.

2.– In linea preliminare, va esaminata l’eccezione di inammissibilità della questione, sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato.

Secondo la difesa dell’interveniente, la questione sarebbe inammissibile per le medesime ragioni già illustrate da questa Corte nella sentenza n. 272 del 2008 e cioè per difetto di attualità della stessa, giacché i ricorrenti non subirebbero alcun concreto pregiudizio per effetto dell’applicazione della disposizione censurata. L’asserita deteriore collocazione nel ruolo non rileverebbe di per sé, ma solo in quanto incida su provvedimenti fondati sulla posizione in ruolo dei magistrati.

2.1.– L’eccezione è fondata.

Analoga questione di legittimità costituzionale inerente all’art. 19, primo comma, numero 3, della legge n. 186 del 1982 è stata proposta all’attenzione di questa Corte in una precedente occasione. Il collegio rimettente era stato adito con ricorso da un magistrato del TAR con qualifica di consigliere (nelle more del giudizio, nominato consigliere di Stato nella quota riservata ai magistrati del TAR), per ottenere l’annullamento del decreto con cui era stato indetto un concorso per titoli ed esami a due posti di consigliere di Stato, al fine di non essere posposto nel ruolo ai vincitori del concorso indetto con il bando impugnato.

Con la già citata sentenza n. 272 del 2008 (punto 4 del Considerato in diritto), questa Corte ha affermato che la questione prospettata dal ricorrente era «irrilevante nel giudizio principale per difetto di attualità della lamentata lesione», posto che «l’asserita deteriore collocazione nel ruolo», derivante dall’applicazione della norma censurata, «non rileva di per sé, ma solo in quanto incida su provvedimenti che siano fondati sulla posizione che i magistrati abbiano nel ruolo medesimo».

Nel caso ora in esame, il collegio rimettente è chiamato a pronunciarsi sul ricorso proposto da alcuni consiglieri di Stato proveniente dai TAR avverso il provvedimento di nomina, retrodatato in applicazione della norma censurata, di due consiglieri di Stato vincitori di concorso, assunti in servizio ben più tardi dei ricorrenti. Non è impugnato alcun provvedimento da cui, per effetto della norma censurata, tragga origine la migliore posizione occupata nel ruolo dai consiglieri di Stato vincitori di concorso, né si prendono in considerazione provvedimenti applicativi, inerenti al conferimento di incarichi direttivi o al ruolo e alla composizione del collegio dell’udienza, occasione quest’ultima in cui i ricorrenti hanno dichiarato di aver appreso della loro posposizione in ruolo.

E’ dunque solo eventuale la lesione prospettata, da intendersi funzionalmente connessa alla asserita posposizione nel ruolo dei consiglieri di Stato provenienti dai TAR rispetto ai consiglieri vincitori di concorso, a seguito della nomina “retrodatata” di questi ultimi. Tanto si può desumere dalla peculiare e complessa organizzazione della giurisdizione amministrativa e, in particolare, del Consiglio di Stato, delineata con la legge n. 186 del 1982. 

Nell’intento di superare la precedente disciplina (regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, recante «Approvazione del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato», e legge 6 dicembre 1971, n. 1034, recante «Istituzione dei tribunali amministrativi regionali»), in vista della «necessità di unificare i ruoli dei magistrati amministrativi […] anche al fine di uniformare ai principi costituzionali l’assetto organizzativo e lo stesso status giuridico dei nuovi giudici regionali» (come risulta dalla relazione illustrativa al disegno di legge n. 20 del 1979, comunicato alla Presidenza del Senato il 20 giugno 1979), il legislatore ha tenuto conto della diversa provenienza delle componenti del Consiglio di Stato. Per questo motivo ha stabilito una diversa ripartizione fra le componenti delle quote di posti vacanti, come emerge dallo stesso art. 19, e ha operato una diversa valutazione dell’anzianità anche ai fini del conferimento delle qualifiche direttive, tra consiglieri di TAR e consiglieri di Stato (art. 21, quarto comma, della legge n. 186 del 1982, per il conferimento della qualifica di presidente di tribunale amministrativo regionale). Tali diversità – questa Corte ha sostenuto – si basano su presupposti non irragionevoli, data la disomogeneità delle funzioni (sentenza n. 273 del 2011).

A fronte di un simile eterogeneo sistema di regole sul reclutamento e sulle carriere dei consiglieri di Stato, il giudice rimettente, nel richiamare la sentenza n. 272 del 2008, non svolge argomenti volti a dimostrare il concreto pregiudizio derivante dalla posposizione nel ruolo, ma si limita a sostenerne, in maniera apodittica, l’autonoma lesività.

In questa prospettiva, è carente la motivazione addotta dal collegio rimettente in ordine all’interesse a ricorrere.

Deve, pertanto, essere dichiarata inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, primo comma, numero 3, della legge n. 186 del 1982. 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, primo comma, numero 3, della legge 27 aprile 1982, n. 186 (Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di stato e dei tribunali amministrativi regionali), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 dicembre 2017.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Silvana SCIARRA, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 20 dicembre 2017.