Sentenza n. 271 del 2017

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SENTENZA N. 271

ANNO 2017

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Paolo                                GROSSI                                              Presidente

-    Giorgio                             LATTANZI                                           Giudice

-    Aldo                                 CAROSI                                                     ”

-    Marta                                CARTABIA                                                ”

-    Mario Rosario                  MORELLI                                                   ”

-    Giancarlo                         CORAGGIO                                               ”

-    Giuliano                           AMATO                                                      ”

-    Silvana                             SCIARRA                                                   ”

-    Daria                                de PRETIS                                                  ”

-    Nicolò                              ZANON                                                      ”

-    Augusto Antonio             BARBERA                                                 ”

-    Giovanni                          AMOROSO                                               ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2877, secondo comma, e dell’art. 2884 del codice civile, promosso dal Tribunale ordinario di Padova, nel procedimento cautelare ante causam ex art. 700 del codice di procedura civile, vertente tra Immobiliare Alto Adriatico srl e Impresa Costruzioni Gallo-Road srl, con ordinanza del 7 febbraio 2017, iscritta al n. 76 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visto l’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 6 dicembre 2017 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli.

Ritenuto in fatto

            1.− Nel corso di un procedimento cautelare ante causam ex art. 700 del codice di procedura civile – instaurato, in pendenza di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, da parte della medesima società opponente, per ottenere la riduzione dell’ipoteca iscritta dall’intimante su beni, di proprietà di essa asserita debitrice, di valore asseritamente sproporzionato rispetto all’ammontare del credito garantito – l’adito giudice monocratico del Tribunale ordinario di Padova, premessane la rilevanza, ha sollevato, con l’ordinanza in epigrafe, questione incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 2877, secondo comma, del codice civile (per il quale «Se la riduzione è stata ordinata con sentenza, le spese del giudizio sono a carico del soccombente […]»), e 2884 cod. civ. (per cui «La cancellazione deve essere eseguita dal conservatore, quando è ordinata con sentenza passata in giudicato […]»).

Sul presupposto che la «riduzione» per restituzione dei beni costituisca una forma parziale di «cancellazione» dell’ipoteca, per cui anche la riduzione non possa altrimenti disporsi che con «sentenza passata in giudicato», come assume evincersi dalle disposizioni denunciate, il rimettente ne prospetta il contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte, appunto, in cui le stesse non prevedono che, ove si tratti di cancellazione di ipoteca per riduzione, il giudice possa anche disporla con provvedimento cautelare d’urgenza.

In ragione di tale omessa previsione, gli artt. 2877, secondo comma, e 2884 cod. civ. violerebbero, infatti, l’art. 3 della Costituzione, sia perché il legislatore, che, «una volta avviato il procedimento di esecuzione, consente all’autorità giudiziaria di porre rimedio agli abusi del creditore che sottoponesse a pignoramento un numero eccessivo di beni», irragionevolmente prevedrebbe poi che «il creditore che effettui l’iscrizione ipotecaria (per sua natura prodromica all’esecuzione) non debba essere sottoposto ad alcun controllo immediato alle sua facoltà di scelta»; sia perché non coerentemente «gli atti che danno esecuzione ad una cognizione cautelare-sommaria sono sovvertibili da una cognizione piena di segno contrario, anche se non passata in giudicato, mentre l’attuazione di una non cognizione (quale è la mera volontà del creditore ipotecario) è sovvertibile solo mediante la res iudicata».

Le stesse disposizioni si porrebbero, altresì, in contrasto con l’art. 24 Cost., in quanto il debitore verrebbe conseguentemente «privato di una tutela rapida ed efficace avverso abusi del creditore».

2.− Nel giudizio innanzi a questa Corte, si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per una declaratoria di inammissibilità o di manifesta infondatezza della questione, posto che «[l]a giurisprudenza, di merito e di legittimità, ed anche la dottrina, sono da tempo concordi nell’ammettere la possibilità che venga emesso, in sede d’urgenza, un provvedimento di riduzione dell’ipoteca, funzionale appunto, alla riduzione della stessa nell’apposita conservatoria degli atti».

Considerato in diritto

1.– Gli artt. 2877, secondo comma, e 2884 del codice civile – che il giudice monocratico del Tribunale ordinario di Padova sottopone al vaglio di questa Corte, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione – rispettivamente stabiliscono, il primo che «Se la riduzione è stata ordinata con sentenza, le spese del giudizio sono a carico del soccombente […]» e, il secondo, che «La cancellazione deve essere eseguita dal conservatore quando è ordinata con sentenza passata in giudicato […]».

2.– Sul presupposto della equiparabilità della ipotesi di “riduzione” a quella di “cancellazione” dell’ipoteca, agli effetti della eseguibilità (di entrambe) solo sulla base di sentenza passata in giudicato, il rimettente chiede, appunto, con riferimento ai parametri evocati, una reductio ad legitimitatem a suo avviso non conseguibile in via interpretativa − delle due denunciate disposizioni, auspicando una pronuncia additiva, che vi inserisca la previsione di eseguibilità della riduzione di ipoteca anche con provvedimento cautelare d’urgenza.

Ciò al fine di evitare il trattamento irragionevolmente deteriore, e violativo dei diritti difensivi, che, allo stato, da quelle norme deriverebbe al debitore, sui beni del quale il creditore iscriva una ipoteca sproporzionata rispetto alle esigenze di garanzia del credito stesso.

3.– La premessa esegetica da cui muove il Tribunale a quo, pur condivisa da alcuni giudici di merito, non risponde, però, all’opposto orientamento ermeneutico, al quale – come anche sottolineato dall’Avvocatura dello Stato – aderiscono prevalente dottrina e giurisprudenza di merito.

Si sostiene, infatti, in tale opposta prospettiva, che sarebbe arbitraria l’estensione in via analogica di una norma dettata per la «cancellazione», qual è l’art. 2884 cod. civ., all’ipotesi – ontologicamente e funzionalmente diversa – della «riduzione» di ipoteca.

La riduzione non sarebbe, infatti, equiparabile né alla estinzione né alla cancellazione dell’ipoteca, poiché nella riduzione non è contestato il credito né il diritto alla garanzia o all’iscrizione, ma esclusivamente la sproporzione tra garanzia, credito e beni cauzionati (cui si pone appunto riparo attraverso una rettifica dell’iscrizione e, cioè, con una mera modifica, quantitativa e oggettiva, del diritto, che comunque persiste), mentre con l’estinzione ha fine il diritto reale di ipoteca prima esistente e con la cancellazione è negato in radice l’an del diritto all’iscrizione.

Diversi – si sottolinea ancora – sono anche gli effetti dell’annotazione sul pubblico registro a margine dell’iscrizione, poiché mentre l’annotazione della cancellazione si risolve in una forma di pubblicità negativa, che ha la funzione di eliminare la pregressa pubblicità relativa all’iscrizione dell’ipoteca, l’annotazione della riduzione non si traduce in una forma di pubblicità e non postula l’insussistenza, totale o parziale, del vincolo, ma è per contro funzionale alla riconduzione dell’ipoteca (in ordine alla somma per la quale è stata iscritta ovvero in ordine ai beni sui quali è stata accesa) alla quantità necessaria a soddisfare la garanzia del credito, senza pregiudicare il debitore oltremisura.

E, in tal senso, già risalenti pronunzie della Corte di legittimità precisavano l’oggetto dell’azione di riduzione, inteso soltanto a stabilire i limiti di estensione della garanzia (sezione prima civile, 5 dicembre 1970, n. 2556; sezione terza civile, 20 maggio 1969, n. 1766).

Quanto al riferimento alla «sentenza», contenuto nel censurato art. 2877 cod. civ., rubricato «Spese della riduzione», si è da più parti sostenuto che esso non sia preclusivo della possibilità di ordinare la riduzione con provvedimento cautelare, avente la forma dell’ordinanza, poiché la locuzione «sentenza» dovrebbe essere piuttosto intesa come “provvedimento conclusivo del procedimento”, indipendentemente dalla forma in concreto da esso assunta. E su questa linea viene in rilievo la consolidata giurisprudenza di legittimità e di merito, relativa all’art. 96 del codice di procedura civile (sulla responsabilità processuale aggravata) ritenuto applicabile, ed applicato, anche nei procedimenti che si concludono con ordinanza, come i procedimenti cautelari, benché quella norma (al pari dell’art. 2877 cod. civ.) richiami testualmente la «sentenza» (per tutte, Corte di cassazione, sezione terza civile, 3 settembre 2007, n. 18533).

Le disposizioni denunciate sono dunque interpretabili, e dalla prevalente giurisprudenza di merito già sono dunque correttamente interpretate, in modo compatibile con i parametri evocati, nel senso che la riduzione dell’ipoteca possa essere disposta anche con provvedimento cautelare avente la forma dell’ordinanza.

Per giurisprudenza costante di questa Corte, nessuna disposizione di legge può essere dichiarata illegittima sol perché suscettibile di essere interpretata in contrasto con i precetti costituzionali, ma deve esserlo soltanto quando non sia possibile attribuirle un significato che la renda conforme a Costituzione (ex plurimis, sentenze n. 17 del 2010, n. 276 del 2009, n. 165 del 2008 e n. 379 del 2007).

Alla luce delle considerazioni che precedono, tale ipotesi non ricorre nel caso di specie. La questione di legittimità costituzionale sollevata dal rimettente deve essere, pertanto, dichiarata non fondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2877, secondo comma, e 2884 del codice civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal giudice monocratico del Tribunale ordinario di Padova, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 2017.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Mario Rosario MORELLI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 14 dicembre 2017.