Ordinanza n. 238 del 2017

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ORDINANZA N. 238

ANNO 2017

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-          Paolo                          GROSSI                                 Presidente

-          Giorgio                       LATTANZI                            Giudice

-          Aldo                           CAROSI                                        ”

-          Marta                         CARTABIA                                  ”

-          Mario Rosario                       MORELLI                                     ”

-          Giancarlo                    CORAGGIO                                 ”

-          Giuliano                     AMATO                                       ”

-          Silvana                        SCIARRA                                      ”

-          Nicolò                        ZANON                                         ”

-          Augusto Antonio        BARBERA                                    ”

-          Giulio                         PROSPERETTI                             ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 59, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», nella parte in cui sostituisce l’art. 13, comma 5, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili ad uso abitativo), promossi dal Tribunale ordinario di Palermo con ordinanza del 12 ottobre 2016 e dal Tribunale ordinario di Milano con ordinanza del 29 novembre 2016, iscritte ai nn. 4 e 57 del registro ordinanze 2017 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 6 e 17, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 ottobre 2017 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli.

Ritenuto che – nel corso di un giudizio relativo a contratto di locazione tardivamente registrato su iniziativa del conduttore, nei confronti del quale il locatore aveva proposto domanda di condanna al pagamento della differenza tra il canone pattuito e il canone da questi autoridottosi in forza dell’art. 3, comma 8, lettera c), del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale), per il quale, in caso di tardiva registrazione del contratto, il conduttore, che ne avesse consentito l’emersione, era appunto autorizzato a corrispondere il corrispettivo locatizio nella minor «misura pari al triplo della rendita catastale» dell’immobile – l’adito Tribunale ordinario di Palermo, premessane la rilevanza, e la non manifesta infondatezza in riferimento agli articoli 3, 42 (ancorché non richiamato in dispositivo), e 136 della Costituzione, ha sollevato, con l’ordinanza in epigrafe (reg. ord. n. 4 del 2017), questione incidentale di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 59, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», nella parte in cui sostituisce l’art. 13, comma 5, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili ad uso abitativo);

che la norma così denunciata testualmente dispone che «per i conduttori che, agli effetti della disciplina di cui all’art. 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, prorogati dall’art. 5, comma 1-ter, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, hanno versato, nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 23 del 2011 al giorno 16 luglio 2015, il canone annuo di locazione nella misura stabilita dalla disposizione di cui al citato articolo 3, comma 8, del decreto legislativo n. 23 del 2011, l’importo del canone di locazione dovuto ovvero dell’indennità di occupazione maturata, su base annua è pari al triplo della rendita catastale dell’immobile, nel periodo considerato»;

che, secondo il rimettente, detta norma si porrebbe, in primo luogo, in contrasto con l’art. 136 Cost., per elusione del giudicato di cui alle sentenze di questa Corte n. 50 del 2014 e n. 169 del 2015, dichiarative della illegittimità costituzionale delle disposizioni, del d.lgs. n. 23 del 2011 e della legge n. 80 del 2014, dalla norma stessa richiamate e da essa in tal modo fatte rivivere; violerebbe, inoltre, l’art. 3 Cost., sia per il profilo della sua riferibilità solo alle locazioni abitative (e non anche a quelle commerciali), sia in ragione del «duplice contrapposto effetto, al contempo, “premiante” per i conduttori e “punitivo” per i locatori»; e comporterebbe un vulnus, infine, anche all’art. 42 Cost., in quanto, «consentendo ai conduttori di continuare a beneficiare dell’applicazione del contratto catastale», imporrebbe un «apprezzabile sacrificio delle facoltà insite nel diritto domenicale del proprietario» (locatore), in assenza di una funzione sociale che lo giustifichi;

che anche il Tribunale di Milano – con ordinanza (reg. ord. n. 57 del 2017) emessa in altro giudizio di analogo contenuto – ha dubitato della legittimità costituzionale del predetto art. 1, comma 59, della legge n. 208 del 2015, in riferimento al (l’unico) parametro di cui all’art. 136 Cost.;

che, in entrambi i giudizi innanzi a questa Corte, è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza delle questioni sollevate.

Considerato che, nel formulare le rispettive censure, entrambi i Tribunali rimettenti muovono dalla premessa che il denunciato art. 1, comma 59, della legge n. 208 del 2015 reiteri il cosiddetto “contratto catastale” – reputato discriminatorio nei confronti dei locatori di immobili ad uso abitativo e lesivo del correlativo diritto di proprietà – quale a suo tempo introdotto dall’art. 3, commi 8 e 9, del d.lgs. n. 23 del 2011, dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla sentenza n. 50 del 2014 e, nei suoi effetti, prorogato dall’art. 5, comma 1-ter, del decreto-legge n. 47 del 2014, convertito, anch’esso caducato con sentenza n. 169 del 2015;

che, con sentenza n. 87 del 2017 (successiva al deposito delle odierne ordinanze di rimessione), questa Corte ha però già avuto occasione di rilevare che – diversamente dalle richiamate disposizioni di cui al d.lgs. n. 23 del 2011 e al d.l. n. 47 del 2014, che avevano (la prima) operato e (la seconda) prorogato «una sorta di convalida di un contratto “nullo” per difetto di registrazione, conformando […] il sottostante rapporto giuridico quanto a durata e corrispettivo» – l’art. 13, comma 5, della legge n. 431 del 1998, come novellato dall’art. 1, comma 59, della legge n. 208 del 2015, qui nuovamente in esame, «non ripristina (né ridefinisce il contenuto relativo a durata e corrispettivo) dei pregressi contratti non registrati, la cui convalida, per effetto delle richiamate disposizioni del 2011 e del 2014, è venuta meno, ex tunc, in conseguenza delle correlative declaratorie di illegittimità costituzionale», e viceversa prevede «una predeterminazione forfettaria del danno patito dal locatore e/o della misure dell’indennizzo dovuto dal conduttore (Corte di cassazione, sezione terza, sentenza 13 dicembre 2016, n. 25503), in ragione della occupazione illegittima del bene locato, stante la nullità del contratto e, dunque l’assenza di suoi effetti ab origine»;

che, infatti, una volta che il legislatore del 2015 si è disinteressato del ripristino dei rapporti giuridici di locazione sorti in base a contratti non registrati tempestivamente, la disciplina inerente al pagamento dell’importo annuo «pari al triplo della rendita catastale dell’immobile, nel periodo considerato», non può altrimenti collegarsi che alla pregressa situazione di fatto della illegittima detenzione del bene immobile «in forza di titolo nullo e privo di effetti»; ed essere, dunque, propriamente «attinente al profilo dell’arricchimento indebito del conduttore, cui è coerente il pagamento di una indennità di occupazione e non di un canone di locazione, non affatto dovuto», essendo «significativo, in tale contesto, anche il venire meno della previsione dell’adeguamento ISTAT dell’importo dovuto, consentaneo, invero, soltanto al canone quale corrispettivo della locazione in essere»;

che la selezione dei destinatari – quale si rinviene nella scrutinata novella del 2015 – trova giustificazione nella particolare situazione di diritto, ingenerata dalla pregressa normativa poi dichiarata illegittima, «sulla quale il conduttore aveva però riposto affidamento (fino alla data, appunto, della declaratoria di siffatta illegittimità), essendosi conformato a quanto da essa disposto» (sentenza n. 87 del 2017), risultando, di conseguenza, non irragionevole il parziale e temporaneo pregiudizio economico che, a fini di tutela di un siffatto affidamento, possa esserne derivato al proprietario locatore;

che ciò, dunque, toglie ogni consistenza ai formulati sospetti di contrasto della suddetta disposizione con i parametri di cui all’art. 136 ed agli artt. 3 e 42 Cost.;

che le odierne questioni sono tutte, pertanto, manifestamente infondate, per erroneità della esegesi della norma denunciata presupposta dai rimettenti e sulla quale si base ogni censura dagli stessi formulata.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 59, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», nella parte in cui sostituisce l’art. 13, comma 5, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 42 e 136 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Palermo e, in relazione all’art. 136 Cost., dal Tribunale ordinario di Milano, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 ottobre 2017.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Mario Rosario MORELLI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 10 novembre 2017.