Ordinanza n. 211 del 2017

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ORDINANZA N. 211

ANNO 2017

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Paolo                           GROSSI                                           Presidente

-           Giorgio                        LATTANZI                                        Giudice

-           Aldo                            CAROSI                                                   ”

-           Marta                           CARTABIA                                             ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                                ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            ”

-           Giuliano                       AMATO                                                   ”

-           Silvana                         SCIARRA                                                ”

-           Daria                            de PRETIS                                               ”

-           Nicolò                          ZANON                                                   ”

-           Franco                         MODUGNO                                            ”

-           Augusto Antonio       BARBERA                                              ”

-          Giulio                           PROSPERETTI                                        ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 460, comma 1, lettera e), del codice di procedura penale, promosso dal Tribunale ordinario di Lanusei, nel procedimento penale a carico di P.F.G. S., con ordinanza del 28 aprile 2016, iscritta al n. 162 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2016.

Udito nella camera di consiglio del 21 giugno 2017 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi.

Ritenuto che il Tribunale ordinario di Lanusei, con ordinanza del 28 aprile 2016 (r.o. n. 162 del 2016), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 460, comma 1, lettera e), del codice di procedura penale, «nella parte in cui non prevede che il decreto penale di condanna debba contenere l’avviso all’imputato della facoltà di chiedere la sospensione del processo per messa alla prova unitamente all’atto di opposizione»;

che, come riferisce il giudice rimettente, nei confronti di P.F.G. S. è stato emesso, in data 12 giugno 2014, un decreto penale di condanna per il reato previsto dagli artt. 5, lettera d), e 6 della legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli articoli 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), e che l’imputato ha proposto opposizione senza chiedere riti alternativi o la sospensione del procedimento con messa alla prova;

che nell’udienza del 15 marzo 2016 il difensore dell’imputato, munito di procura speciale, ha chiesto di essere rimesso in termini per presentare istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova e ha eccepito nel contempo l’illegittimità costituzionale dell’art. 460, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che il decreto penale di condanna debba contenere l’avviso all’imputato della facoltà di chiedere la sospensione del processo per messa alla prova unitamente all’atto di opposizione;

che la richiesta dovrebbe essere dichiarata inammissibile perché, trattandosi di un giudizio conseguente all’opposizione a un decreto penale di condanna, avrebbe dovuto essere presentata con l’atto di opposizione;

che però, se la questione di legittimità costituzionale sollevata fosse accolta, l’imputato sarebbe rimesso in termini per chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova;

che secondo il giudice rimettente «l’istituto della messa alla prova […] va ritenuto assimilabile ai riti cd “alternativi”», e che della facoltà di chiederli l’imputato deve essere avvisato, a pena di nullità, nel decreto penale di condanna;

che la mancata previsione di questo avviso renderebbe «evidente la disparità di trattamento riservata ad un istituto che, attraverso le condotte che vengono prescritte mediante i programmi elaborati, è teso alla “eliminazione completa delle tendenze antisociali del reo” (Cassaz. sez. 2 n. 14112 del 2015)», con conseguente violazione dell’art. 3 Cost.;

che la norma censurata violerebbe altresì l’art. 24 Cost., in quanto l’esigenza di tutela del diritto di difesa imporrebbe che «la scelta dell[e] alternative procedimentali al giudizio dibattimentale ordinario, nel caso in cui debba essere effettuata, come nel caso di opposizione al decreto penale di condanna, entro brevi termini di decadenza che matur[i]no al di fuori di un’udienza o in limine alla stessa, deve essere preceduta da un apposito avviso che manca nel caso di specie».

Considerato che con la sentenza n. 201 del 2016 questa Corte ha già dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 460, comma 1, lettera e), del codice di procedura penale, «nella parte in cui non prevede che il decreto penale di condanna contenga l’avviso della facoltà dell’imputato di chiedere mediante l’opposizione la sospensione del procedimento con messa alla prova»;

che, in seguito a tale declaratoria, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile, perché divenuta priva di oggetto (ex multis, ordinanze   n. 137, n. 38 e n. 34 del 2017, n. 181 e n. 4 del 2016).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 1, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 460, comma 1, lettera e), del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Lanusei, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 giugno 2017.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Giorgio LATTANZI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 7 agosto 2017.