Ordinanza n. 19 del 2017

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ORDINANZA N. 19

ANNO 2017

 

Commento alla decisione di

 

Enrico Andolfatto

Profili di incompatibilità del giudice al vaglio della Consulta: questioni in tema di udienza preliminare e di messa alla prova

 

per g.c. di Diritto Penale Contemporaneo

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Paolo                           GROSSI                                           Presidente

-           Giorgio                        LATTANZI                                       Giudice

-           Marta                           CARTABIA                                             ”

-           Aldo                            CAROSI                                                   ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            ”

-           Giuliano                       AMATO                                                   ”

-           Silvana                         SCIARRA                                                ”

-           Daria                            de PRETIS                                               ”

-           Nicolò                          ZANON                                                   ”

-           Franco                         MODUGNO                                             ”

-           Augusto Antonio       BARBERA                                              ”

-           Giulio                          PROSPERETTI                                        ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, in relazione alla legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili), promosso dal Tribunale ordinario di Firenze, nel procedimento penale a carico di F. M.,  con ordinanza del 19 maggio 2015, iscritta al n. 236 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2015.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 dicembre 2016 il Giudice relatore Franco Modugno.

Ritenuto che, con ordinanza del 19 maggio 2015, il Tribunale ordinario di Firenze, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, in relazione alla legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili), nella parte in cui non prevede l’incompatibilità alla funzione di giudice del dibattimento, o del giudizio abbreviato, del giudice che abbia respinto la richiesta dell’imputato di sospensione del procedimento con messa alla prova sulla base dei parametri di cui all’art. 133 del codice penale;

che il giudice a quo – investito del processo penale nei confronti di una persona imputata del reato di guida in stato di ebbrezza – riferisce di aver respinto l’istanza dell’imputato di sospensione del procedimento con messa alla prova (istituto introdotto dalla legge n. 67 del 2014) in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen. concernenti la gravità del fatto e i precedenti penali dell’imputato, il quale era già stato condannato in precedenza per lo stesso reato;

che, con memoria depositata prima della successiva udienza, il difensore dell’imputato aveva chiesto che fosse sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, cod. proc. pen. per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost., «nella parte in cui non prevede l’incompatibilità a procedere al dibattimento (ovvero al giudizio abbreviato) per il giudice che abbia respinto la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato sulla base dei parametri di cui all’art. 133 c.p.»;

che l’istanza era stata integrata dal difensore in udienza nei seguenti termini: «valutarsi altresì l’incostituzionalità dell’art. 34 c.p.p. comma 2 in relazione alla legge 67/2014 nella parte in cui non prevede l’incompatibilità di procedere al dibattimento o a giudizio abbreviato, per il Giudice che abbia precedentemente respinto la richiesta di messa alla prova sulla base dei parametri di cui all’art. 133 c.p.p. [recte: c.p.]»;

che, ad avviso del Tribunale rimettente, il giudizio non potrebbe essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione prospettata dalla difesa, la quale risulterebbe, altresì, «non manifestamente infondata attesi i dubbi interpretativi sollevati in sede di applicazione della norma»;

che la questione, «anche alla luce della recentissima entrata in vigore della norma e delle differenze sostanziali con l’analogo istituto della messa alla prova nell’ambito del procedimento minorile» (artt. 28 e 29 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, recante «Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni»), apparirebbe inoltre «di interesse, se non altro nell’ambito della eventuale futura valutazione delle questioni da altri sollevate in relazione all’art. 168-bis c.p., come introdotto dall’art. 3 e 4 [recte: dall’art. 3] Legge 67/2014»;

che il giudice a quo ha disposto, quindi, la trasmissione dell’ordinanza di rimessione, dell’istanza del difensore dell’imputato e di copia del verbale di udienza recante l’integrazione del quesito alla Corte costituzionale, «affinché la stessa, ove lo ritenga […] utile e/o opportuno nell’ambito di eventuali giudizi di costituzionalità dell’art. 168-bis c.p., come introdotto dall’art. 3 Legge 67/2014, vagli le argomentazioni» contenute nell’ordinanza;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile sotto un duplice profilo: da un lato, per totale difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza, essendosi il rimettente limitato a richiamare le argomentazioni della difesa dell’imputato, senza tuttavia riprodurle e vagliarle criticamente; dall’altro, per il carattere ipotetico del quesito, la cui rilevanza resterebbe legata – nella prospettazione del giudice a quo – all’instaurazione, futura ed eventuale, di giudizi di legittimità costituzionale sull’art. 168-bis cod. pen.

Considerato che il Tribunale ordinario di Firenze dubita della legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, in relazione alla legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili), nella parte in cui non prevede l’incompatibilità alla funzione di giudice del dibattimento, o del giudizio abbreviato, del giudice che abbia respinto la richiesta dell’imputato di sospensione del procedimento con messa alla prova sulla base dei parametri di cui all’art. 133 del codice penale, prospettando la possibile violazione degli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione;

che l’ordinanza di rimessione si presenta del tutto priva di motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza;

che il rimettente si limita, infatti, a richiamare genericamente l’eccezione formulata dal difensore dell’imputato in una memoria (integrata poi in udienza) e ad evocarne i parametri, affermando di ritenere la questione «non manifestamente infondata attesi i dubbi interpretativi sollevati in sede di applicazione della norma»;

che, per costante giurisprudenza di questa Corte, nei giudizi incidentali di legittimità costituzionale non è ammessa la cosiddetta motivazione per relationem: stante il principio di autosufficienza dell’ordinanza di rimessione, il giudice a quo deve rendere, infatti, esplicite le ragioni per le quali ritiene la questione non manifestamente infondata, facendole proprie, senza potersi limitare al mero rinvio a quelle evidenziate dalle parti in corso di giudizio (ex plurimis, sentenze n. 22 del 2015 e n. 7 del 2014, ordinanze n. 20 del 2014 e n. 175 del 2013);

che la questione va dichiarata, pertanto, manifestamente inammissibile, rimanendo assorbita l’ulteriore eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa dello Stato, inerente all’asserito difetto di rilevanza attuale del dubbio di legittimità costituzionale prospettato.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 1, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, in relazione alla legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Firenze con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 dicembre 2016.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Franco MODUGNO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2017.