Ordinanza n. 290 del 2016

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 290

ANNO 2016

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Paolo                          GROSSI                                 Presidente

-           Alessandro                  CRISCUOLO                          Giudice

-           Giorgio                       LATTANZI                                   ”

-           Aldo                           CAROSI                                        ”

-           Marta                          CARTABIA                                  ”

-           Mario Rosario             MORELLI                                     ”

-           Giancarlo                    CORAGGIO                                 ”

-           Giuliano                      AMATO                                        ”

-           Silvana                        SCIARRA                                     ”

-           Daria                           de PRETIS                                     ”

-           Nicolò                         ZANON                                         ”

-           Augusto Antonio        BARBERA                                    ”

-           Giulio                         PROSPERETTI                             ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, e dell’art. 18 del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 (Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, promosso dal Tribunale amministrativo regionale per le Marche, nel procedimento vertente tra H. A. e Presidente del Consiglio dei ministri ed altri, con ordinanza del 19 novembre 2015, iscritta al n. 84 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell’anno 2016.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 5 ottobre 2016 il Giudice relatore Silvana Sciarra.

Ritenuto che, con ordinanza 19 novembre 2015, il Tribunale amministrativo regionale per le Marche ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dell’art. 1, comma 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 114, nonché dell’art. 18 del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 (Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria), convertito con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2015, n. 132;

che il rimettente espone di doversi pronunciare sul ricorso proposto da un avvocato dello Stato avverso il provvedimento di collocamento a riposo, preannunciato dall’Avvocatura dello Stato nella nota del 22 giugno 2015, alla data del 23 dicembre 2015 per raggiunti limiti di età, per effetto dell’abrogazione dell’art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 (Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), che disciplinava l’istituto del trattenimento in servizio, ad opera dell’art. 1, comma 1, del d.l. n. 90 del 2014;

che il medesimo rimettente precisa che il ricorrente, sulla scia di quanto già disposto dal TAR per l’Emilia-Romagna, su analoga questione, proponeva questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 3, del d.l. n. 90 del 2014, nella parte in cui, a seguito della legge di conversione, ha escluso il beneficio del trattenimento in servizio fino al 31 dicembre 2015, riconosciuto ai magistrati, per gli avvocati dello Stato, e dell’art. 18, comma 1, del d.l. n. 83 del 2015, nella parte in cui non ha esteso anche agli avvocati dello Stato, oltre che ai magistrati, il differimento degli effetti del già citato art. 1, comma 3, sino al 31 dicembre 2016;

che il TAR Marche ritiene tale questione, anzitutto, rilevante nel giudizio pendente dinanzi a sé, in quanto le richiamate disposizioni costituirebbero il presupposto normativo su cui si fonda il provvedimento impugnato; la ritiene anche non manifestamente infondata in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost.;

che, ad avviso del giudice a quo, la scelta del legislatore di escludere la possibilità del trattenimento in servizio sino alla data del 31 dicembre 2016 per la categoria degli avvocati dello Stato, date le obiettive difficoltà di effettuare un ricambio generazionale in tempi rapidi, sarebbe sbilanciata e sproporzionata e non si farebbe carico delle ripercussioni negative che potrebbero derivare dal negato trattenimento sul principio del buon andamento dell’amministrazione;

che, peraltro, non sarebbe ragionevole l’esclusione degli avvocati dello Stato dai destinatari delle disposizioni censurate, in base alle quali è consentita la permanenza in servizio dei magistrati ordinari sino alla data del 31 dicembre 2016 e dei magistrati contabili sino alla conclusione della procedura concorsuale in atto (e comunque non oltre la data del 30 giugno 2016), dettate dall’intento di garantire i tempi tecnici necessari all’ordinato e graduale conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi nonché all’espletamento delle procedure di reclutamento e, al contempo, alla funzionalità degli uffici giudiziari;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto che la Corte dichiari inammissibile o comunque infondata la questione sollevata dal TAR Marche;

che, in linea preliminare, la difesa statale ha eccepito l’inammissibilità della questione per omessa motivazione sulla rilevanza, in quanto il giudice rimettente non avrebbe preso in considerazione l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale formulata dall’amministrazione per omessa impugnazione del provvedimento di rigetto dell’istanza di trattenimento in servizio, cui aveva fatto seguito la nota di comunicazione al ricorrente della data del suo collocamento a riposo, oggetto di impugnazione;

che, quanto al merito, l’Avvocatura generale dello Stato sostiene che la censura di ingiustificata disparità di trattamento a danno degli avvocati dello Stato sarebbe priva di fondamento per la diversità delle situazioni poste a raffronto, considerato che il legislatore ha individuato le ragioni della proroga del trattenimento in servizio per i magistrati dei vari ordini nella necessità di salvaguardare la funzionalità degli uffici giudiziari, in cui gli avvocati dello Stato non sono incardinati;

che egualmente infondata sarebbe – sempre ad avviso della difesa statale – la censura di violazione dell’art. 97 Cost. sotto il profilo del canone di buon andamento ed efficienza dell’amministrazione, dal momento che le disposizioni censurate sarebbero atte a favorire una più razionale utilizzazione dei dipendenti pubblici, oltre che il contenimento della spesa pubblica e il ricambio generazionale del personale, esigenze tali da giustificare anche il carattere non graduale della disciplina transitoria;

che l’Avvocatura generale dello Stato, con memoria depositata successivamente all’atto di intervento, ha anche ricordato che, nel merito, le medesime questioni ora proposte sono state già esaminate e dichiarate non fondate da questa Corte con la sentenza n. 133 del 2016.

Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per le Marche dubita della legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 114, nonché dell’art. 18 del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 (Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria), convertito con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2015, n. 132, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost.;

che le disposizioni citate sono censurate nella parte in cui, l’una (l’art. 1, comma 3, del d.l. n. 90 del 2014), a seguito della conversione in legge, ha escluso il beneficio del trattenimento in servizio fino al 31 dicembre 2015, riconosciuto ai magistrati, per gli avvocati dello Stato, e l’altra (l’art. 18 del d.l. n. 83 del 2015) non indica gli avvocati dello Stato tra i destinatari del differimento, sino al 31 dicembre 2016, degli effetti dell’art. 1, comma 3, prima citato;

che, pertanto, tali disposizioni violerebbero il principio del buon andamento dell’amministrazione, recando una misura sbilanciata e sproporzionata, anche alla luce delle obiettive difficoltà di effettuare un ricambio generazionale in tempi brevi nell’ambito dell’Avvocatura generale dello Stato, misura che determinerebbe anche un’irragionevole disparità di trattamento rispetto ai magistrati ordinari, cui è consentita la permanenza in servizio sino alla data del 31 dicembre 2016, e ai magistrati contabili, che possono essere trattenuti in servizio sino alla conclusione della procedura concorsuale in atto (e comunque non oltre il 30 giugno 2016), al fine di garantire la funzionalità degli uffici giudiziari, nonché di consentire l’espletamento delle procedure concorsuali e l’ordinato e graduale conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi;

che, preliminarmente, occorre rilevare che non esercita nessuna influenza nel giudizio a quo lo ius superveniens costituito dal decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168 (Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l’efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 25 ottobre 2016, n. 197, che ha prorogato ulteriormente gli effetti del comma 3 dell’art. 1 del d.l. n. 90 del 2014 al 31 dicembre 2017 «per i magistrati che ricoprono funzioni apicali, direttive superiori o direttive presso la Suprema Corte di cassazione e la Procura generale, i quali non abbiano compiuto il settantaduesimo anno di età alla data del 31 dicembre 2016 e che debbano essere collocati a riposo nel periodo compreso fra la medesima data del 31 dicembre 2016 e il 30 dicembre 2017» (art. 5, comma 1, primo periodo), nonché per gli «avvocati dello Stato nella posizione equivalente ai magistrati ordinari individuati allo stesso articolo 5, comma 1, che non abbiano compiuto il settantesimo anno di età alla data del 31 dicembre 2016» (art. 10, comma 2);

che, infatti, tale previsione, entrata in vigore il 31 agosto 2016 e relativa solo agli avvocati dello Stato che «non abbiano compiuto il settantesimo anno di età alla data del 31 dicembre 2016» e in particolare solo a quelli che si trovino «nella posizione equivalente ai magistrati ordinari individuati allo stesso articolo 5, comma 1», è palesemente inapplicabile nel giudizio a quo, nel quale è impugnato un provvedimento adottato il 22 giugno 2015, la cui legittimità deve essere valutata «con riguardo alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione» (sentenza n. 49 del 2016), provvedimento peraltro relativo a un avvocato dello Stato che ha compiuto il settantesimo anno di età il 23 dicembre 2015, cosicché deve escludersi la restituzione degli atti al giudice a quo;

che, ancora in linea preliminare, è priva di fondamento l’eccezione sollevata dalla difesa statale di inammissibilità per omessa motivazione sulla rilevanza della questione di legittimità costituzionale sollevata nei confronti dell’art. 1, comma 3, del d.l. n. 90 del 2014, come convertito dalla legge n. 114 del 2014, in quanto il giudice rimettente ha ritenuto, con argomento non implausibile, che le norme censurate costituiscono presupposto del provvedimento impugnato (di determinazione della data di collocamento a riposo del ricorrente, peraltro adottato a seguito della sua istanza di trattenimento in servizio) e dunque che quest’ultimo è stato adottato per effetto dell’abrogazione dell’istituto del trattenimento in servizio e della intervenuta modifica del regime transitorio, che ha escluso gli avvocati dello Stato dal novero dei beneficiari del differimento dello stesso;

che deve, invece, essere dichiarata la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata nei confronti dell’art. 18 del d.l. n. 83 del 2015, per omessa motivazione sulla rilevanza, considerato che il rimettente non  svolge alcun argomento per spiegare perché ritenga di dover fare applicazione, ai fini della valutazione della legittimità del provvedimento impugnato, di una norma adottata con il d.l. 27 giugno 2015, n. 83 e cioè in una data posteriore a quella nella quale è stato adottato il provvedimento impugnato (la nota del 22 giugno 2015);

che, nel merito, questa Corte si è già pronunciata, nella sentenza n. 133 del 2016, sulle censure di illegittimità costituzionale promosse, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., nei confronti dell’art. 1, commi 1, 2 e 3, del citato d.l. n. 90 del 2014, nel testo risultante dalle modifiche apportate in sede di conversione dalla legge n. 114 del 2014, nella parte in cui ha ridotto soltanto fino al 31 ottobre 2014, per gli avvocati dello Stato, il trattenimento in servizio, e le ha ritenute prive di fondamento, anche alla luce dell’evoluzione della normativa e della giurisprudenza;

che, infatti, da un lato, con riguardo all’istituto del trattenimento in servizio oltre l’età pensionabile, si è riconosciuto non configurabile un diritto soggettivo alla permanenza in servizio, quanto piuttosto un «mero interesse, soggetto alla valutazione discrezionale dell’amministrazione» (sentenza n. 133 del 2016);

che, in questa prospettiva, l’eliminazione del trattenimento, così come descritto, ha «portato a compimento un percorso già avviato, per agevolare, nel tempo, il ricambio generazionale e consentire un risparmio di spesa», proprio «in attuazione dei principi di buon andamento e efficienza dell’amministrazione» (sentenza n. 133 del 2016), dato che da tempo si era rilevato che «il prolungarsi del servizio oltre i limiti non è sempre indice di accrescimento dell’efficienza organizzativa» (ordinanza n. 195 del 2000), oltre a comportare «il carico del trattamento di servizio attivo e degli oneri riflessi, in genere complessivamente maggiori […] rispetto a quelli connessi a nuove assunzioni» (così ancora ordinanza n. 195 del 2000);

che, dall’altro lato, questa Corte ha anche rilevato che la disciplina transitoria derogatoria, contenuta nel comma 3 dell’art. 1 del d.l. n. 90 del 2014, nel testo risultante dalla legge di conversione, è stata dettata in vista della necessità di ovviare alle «conseguenti possibili criticità per il funzionamento regolare degli uffici giudiziari» (sentenza n. 133 del 2016), derivanti dall’improvvisa cessazione dal servizio di un numero rilevante di dipendenti;

che, pertanto, non si ravvisa alcuna irragionevole disparità di trattamento tra avvocati dello Stato e magistrati, per i quali il trattenimento in servizio è garantito fino alla data del 31 dicembre 2015, al fine specifico di «salvaguardare la funzionalità degli uffici giudiziari» (così il medesimo comma 3 dell’art. 1 del d.l. n. 90 del 2014, come convertito), considerata l’indiscutibile eterogeneità delle situazioni poste a raffronto;

che le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal TAR Marche, con l’ordinanza indicata in epigrafe, nei confronti della disciplina transitoria dettata dall’art. 1 del d.l. n. 90 del 2014, nel testo risultante dalla legge di conversione, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost. sono formulate in termini pressoché identici a quelle decise con la citata sentenza n. 133 del 2016;

che, pertanto, tali questioni devono essere dichiarate manifestamente infondate, in quanto non si rinvengono nella motivazione dell’ordinanza da cui ha avuto origine il presente giudizio argomenti che inducano a modificare le valutazioni appena richiamate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 1, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 18 del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 (Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2015, n. 132, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per le Marche, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

2) dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 114, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per le Marche, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 ottobre 2016.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Silvana SCIARRA, Redattore

Carmelinda MORANO, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 21 dicembre 2016.