Sentenza n. 232 del 2016

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SENTENZA N. 232

ANNO 2016

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Paolo                      GROSSI                                              Presidente

-    Alessandro             CRISCUOLO                                       Giudice

-    Giorgio                   LATTANZI                                                ”

-    Aldo                       CAROSI                                                     ”

-    Mario Rosario        MORELLI                                                  ”

-    Giancarlo               CORAGGIO                                              ”

-    Giuliano                 AMATO                                                     ”

-    Silvana                   SCIARRA                                                  ”

-    Daria                      de PRETIS                                                 ”

-    Nicolò                    ZANON                                                     ”

-    Franco                    MODUGNO                                              ”

-    Augusto Antonio   BARBERA                                                ”

-    Giulio                     PROSPERETTI                                          ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. da 1 a 10 del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155 (Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148) e dell’art. 1, comma 5, della legge 14 settembre 2011, n. 148 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo nel procedimento vertente tra l’Ordine degli avvocati di Avezzano ed altri e il Ministero della giustizia ed altri, con ordinanza del 7 febbraio 2015, iscritta al n. 148 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell’anno 2015.

Visto l’atto di costituzione dell’Ordine degli avvocati di Avezzano ed altri nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 20 settembre 2016 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi l’avvocato Massimo Luciani per l’Ordine degli avvocati di Avezzano ed altri e l’avvocato dello Stato Federico Basilica per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.− Nel corso di un giudizio promosso dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Avezzano e da diversi dipendenti del Ministero della giustizia, in servizio presso gli uffici giudiziari di Avezzano, nei confronti del Ministero della giustizia ed altri, avente ad oggetto l’impugnazione di alcuni atti amministrativi recanti disposizioni regolanti l’organizzazione del personale amministrativo in servizio presso gli uffici giudiziari compresi nel distretto di Corte d’appello de L’Aquila, il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, con ordinanza del 7 febbraio 2015, iscritta al n. 148 del registro ordinanze 2015, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. da 1 a 10 del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155 (Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148), per la violazione dell’art. 76 della Costituzione − in riferimento all’art. 1, commi 2 e 5-bis, della legge 14 settembre 2011, n. 148 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari), e alla mancata considerazione dei pareri delle Commissioni giustizia della Camera e del Senato − e dell’art. 1, comma 5, della legge n. 148 del 2011, per la violazione degli artt. 3 e 97 Cost.

Entrambe le questioni sono state prospettate in relazione alla prevista soppressione del Tribunale ordinario e della Procura della Repubblica di Avezzano, prima del termine normativamente previsto per l’esercizio della delega e senza prevedere, per i soli uffici giudiziari abruzzesi, un adeguato termine per adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi delegati.

2.− Il rimettente premette che la disposta soppressione degli uffici giudiziari di Avezzano è allo stato inefficace in ragione della previsione contenuta dell’art. 3-bis del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 27 febbraio 2014, n. 15, che ha stabilito: «A causa delle perduranti condizioni di inagibilità delle sedi dei tribunali dell’Aquila e di Chieti, gravemente danneggiati dal terremoto del 6 aprile 2009 e per i quali sono in corso, alla data di entrata in vigore del presente decreto, le procedure di ricostruzione, i termini di cui all’articolo 11, comma 3, primo periodo, del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, sono prorogati di ulteriori tre anni».

Il citato art. 11, comma 3, a sua volta, già aveva sancito: «Le modifiche delle circoscrizioni giudiziarie de L’Aquila e Chieti, nonché delle relative sedi distaccate, previste dagli articoli 1 e 2, acquistano efficacia decorsi tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Nei confronti dei magistrati titolari di funzioni dirigenziali presso gli uffici giudiziari de L’Aquila e Chieti le disposizioni di cui all’articolo 6 si applicano decorsi due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto».

3.− Rileva, quindi, che la questione di legittimità costituzionale prospettata per la violazione dell’art. 76 Cost., in riferimento all’art. 1, commi 2 e 5-bis, della legge n. 148 del 2011, non avrebbe già costituito oggetto di esame da parte della Corte costituzionale con la sentenza n. 273 del 2013, poiché, nel caso di specie viene in rilievo, in via principale, la violazione della disposizione della legge delega (art. 1, comma 5-bis) che ha differito di tre anni il termine iniziale per l’esercizio della delega legislativa con riguardo ai tribunali aventi sede nelle Province de L’Aquila e di Chieti. Tale dies a quo sarebbe stato violato dal legislatore delegato, né sarebbe possibile, per il rimettente, esperire il tentativo di interpretazione costituzionalmente orientata.

4.− L’art. 76 Cost. consente l’esercizio della delega legislativa solo per un periodo di tempo limitato. Nel caso in esame, ad avviso del giudice amministrativo, vi sarebbe stato un esercizio anticipato di detto potere e, in ciò, risiederebbe la non manifesta infondatezza della questione.

Il comma 5-bis dell’art. 1 della legge n. 148 del 2011, inserito dall’art. 1, comma 3, della legge 24 febbraio 2012, n. 14 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative. Differimento di termini relativi all’esercizio di deleghe legislative), ha determinato effetti modificativi sulla legge delega n. 148 del 2011, introducendo criteri diversi per l’esercizio della delega, che costituiscono limite all’esercizio del potere del legislatore delegato.

La ratio del differimento previsto per l’esercizio della delega legislativa andava ravvisato nell’esistenza di una situazione di fatto, in ragione degli effetti del sisma del 6 aprile 2009, non compatibile con i tempi generali di esercizio della delega, in ragione del sovraffollamento e sovraccarico degli uffici giudiziari aquilani ancora in attesa del ripristino della loro normale funzionalità. 

Tale problematica era stata messa in evidenza dai pareri delle Commissioni giustizia della Camera e del Senato, che avevano rappresentato l’esigenza di espungere dal testo del decreto legislativo il riferimento al distretto di Corte d’appello de L’Aquila contenuto nella tabella A allegata al decreto medesimo.

Rileva il rimettente che non sana l’anticipato esercizio della delega il previsto differimento dell’acquisto di efficacia, rispetto all’entrata in vigore, del decreto legislativo che ha previsto la soppressione, come poi ulteriormente prorogato.

5.− Il TAR deduce, altresì, che quando anche si dovesse ritenere corretto l’esercizio della delega legislativa, anche rispetto agli uffici abruzzesi, non potrebbe non rilevarsi un’ulteriore violazione di disposizioni di rango costituzionale.

Ricorda che l’art. 1, comma 5, della legge n. 148 del 2011, prevede: «Il Governo, con la procedura indicata nel comma 4, entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 2 e nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati, può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi».

Il ricondurre l’esercizio della potestà delegata correttiva ad un unico dato temporale, pur in presenza dello sfalsamento dell’acquisto di efficacia del decreto legislativo, violerebbe gli artt. 3 (principio di uguaglianza) e 97 (buon andamento degli uffici) Cost., in quanto solo gli uffici giudiziari abruzzesi sarebbero sottratti al riesame da parte del legislatore delegato e sottoposti a soppressione “secca”, senza possibilità di verifica dell’incidenza effettiva della riforma.

5.1.− Ciò ancor più se si considera che la delega legislativa, nella specie, avrebbe dovuto essere esercitata nei dodici mesi successivi ai tre anni dall’entrata in vigore della legge di delegazione.

6.− Con atto di costituzione del 31 luglio 2015, sono intervenuti nel giudizio incidentale i ricorrenti che hanno promosso il giudizio dinanzi al TAR per l’Abruzzo, chiedendo che la questione sia accolta.

Dopo aver richiamato l’ordinanza di rimessione, condividendone le argomentazioni, sia con riguardo all’ammissibilità che alla non manifesta infondatezza, i ricorrenti nel giudizio a quo illustrano quanto segue, precisando che la questione sollevata dal TAR per l’Abruzzo, nei termini anzidetti, non ha costituito oggetto di esame da parte della Corte costituzionale con la sentenza n. 237 del 2013.

6.1.− Nel richiamare la sentenza n. 163 del 1963, ricordano che la giurisprudenza costituzionale attribuisce rilievo sia al termine a quo che al termine ad quem per l’esercizio della delega, sicché la violazione di entrambi può comportare la lesione dell’art. 76 Cost.

Il legislatore, come si rileva dalla giurisprudenza costituzionale (sono richiamate le sentenze n. 237 del 2013, n. 119 del 2012, n. 141 e n. 237 del 1993) ha margini di discrezionalità nell’attuazione della delega, sempre che ne rispetti la ratio.

Nella specie, sarebbe mancato il rispetto del termine iniziale per l’esercizio della delega, che era stato differito per gli uffici giudiziari in questione per le peculiari condizioni del territorio abruzzese colpito dal sisma verificatosi nel 2009 e le cui conseguenze perduravano ancora, in modo che si potessero effettuare le scelte di riorganizzazione in base a dati aggiornati.

Ciò, in ossequio ai principi (sentenza n. 50 del 2014), secondo cui il legislatore delegato deve introdurre disposizioni che costituiscano un coerente sviluppo e un completamento delle indicazioni fornite dal legislatore delegato.

Tali esigenze venivano rappresentate nel corso dell’iter di approvazione della legge che introduceva il differimento.

Analogamente le Commissioni giustizia della Camera e del Senato, i cui pareri rappresentano uno strumento particolarmente qualificato di interpretazione della delega (sono richiamate le sentenze n. 425 del 2000, n. 343 del 1994 e n. 78 del 1957), avevano rilevato l’opportunità di espungere dal decreto legislativo il riferimento alla Corte d’appello de L’Aquila.

Le scelte compiute dal legislatore delegato, con riguardo al Tribunale ordinario di Avezzano, quindi, non potevano essere effettuate perché compiute disattendendo il termine iniziale della delega legislativa.

6.2.− Le parti private condividono anche l’altro profilo di illegittimità costituzionale dedotto dal rimettente, affermando che l’arco temporale previsto per l’adozione dei decreti delegati correttivi, violerebbe gli artt. 3 (principio di uguaglianza) e 97 (buon andamento degli uffici) Cost. 

7.− Con atto dell’8 settembre 2015 è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata.

Assume la difesa dello Stato che la delega, ai sensi dell’art. 1, comma 5-bis, è stata esercitata correttamente, perché il legislatore ha solo spostato in avanti, procrastinando il dies ad quem, lo spazio temporale entro cui esercitare la medesima, proprio in ragione delle condizioni in cui versavano le province abruzzesi (sentenza n. 63 del 1998 e ordinanza n. 339 del 1987), senza tuttavia condizionare il momento di esercizio della delega medesima.

Tale spostamento non determina un’ingiustificata disparità di trattamento con riguardo al tempo in cui si prevedeva la possibilità di apportare correttivi, né la violazione dell’art. 97 Cost.

Ciò tenuto conto che, nel caso di deleghe complesse, l’attività di integrazione e correzione non è dovuta necessariamente a fatti sopravvenuti ma può riguardare anche fatti preesistenti.

8.− Il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato memoria in data 24 agosto 2016, alla quale ha allegato la relazione allo schema del d.lgs. n. 155 del 2011, ribadendo che il differimento del termine finale per l’esercizio della delega non condizionava il momento di attuazione della medesima.

9.− In data 30 agosto 2016 le parti private hanno depositato memoria, con la quale hanno contrastato le difese dello Stato e ribadito che il sospetto di costituzionalità riguarda la mancata osservanza del dies a quo di esercizio della delega legislativa. 

Considerato in diritto

1.− Il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, con ordinanza del 7 febbraio 2015, iscritta al n. 148 del registro ordinanze 2015, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. da 1 a 10 del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155 (Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148), per la violazione dell’art. 76 della Costituzione − in relazione all’art. 1, commi 2 e 5-bis, della legge 14 settembre 2011, n. 148 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari), e alla mancata considerazione dei pareri delle Commissioni giustizia della Camera e del Senato − e dell’art. 1, comma 5, della legge n. 148 del 2011, per la violazione degli artt. 3 e 97 Cost.

Le censure sono state prospettate in relazione alla soppressione del Tribunale ordinario e della Procura della Repubblica di Avezzano, disposta prima del termine che sarebbe normativamente previsto per l’esercizio della delega e senza prevedere, per i soli uffici abruzzesi, la possibilità di disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi delegati.

2.− Preliminarmente va rilevato che, come assume il rimettente, la questione della violazione da parte del legislatore delegato del dies a quo per l’esercizio della delega legislativa non è stata già vagliata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 237 del 2013, che è intervenuta sulla legittimità costituzionale della legge n. 148 del 2011 e del d.lgs. n. 155 del 2012.

Non è significativa in proposito l’affermazione, contenuta nella sentenza, secondo cui l’art. 1, comma 5-bis, della legge n. 148 del 2011, prevede «un diverso più ampio termine per l’esercizio della delega relativamente ai soli tribunali aventi sedi nelle Province dell’Aquila e di Chieti (tre anni)». Essa è puramente incidentale, perché la portata della disposizione non è stata oggetto di specifica censura né di contraddittorio: la Corte, infatti, ha esercitato il vaglio di costituzionalità della disposizione solo in via consequenziale, in relazione all’impugnazione dell’art. 1, comma 2, della medesima legge, ovvero come parametro interposto rispetto all’art. 76 Cost., e quindi sotto profili limitati e diversi da quello in esame.

3.− Ai fini dell’inquadramento delle questioni sollevate dal TAR per l’Abruzzo, si ricorda che l’art. 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, delegava il Governo ad adottare, entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge stessa, uno o più decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa ed incremento di efficienza.

Sempre l’art. 1, al comma 5, stabiliva che, entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega e nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati, potevano essere adottate disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi.

Successivamente, l’art. 1, comma 3, della legge 24 febbraio 2012, n. 14 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative. Differimento di termini relativi all’esercizio di deleghe legislative), inseriva nel citato art. 1 il comma 5-bis, che sanciva «In virtù degli effetti prodotti dal sisma del 6 aprile 2009 sulle sedi dei tribunali dell’Aquila e di Chieti, il termine di cui al comma 2 per l’esercizio della delega relativamente ai soli tribunali aventi sedi nelle province dell’Aquila e di Chieti è differito di tre anni».

4.− Tanto premesso, può passarsi all’esame delle censure.

5.− La questione di legittimità costituzionale degli artt. da 1 a 10 del d.lgs. n. 155 del 2012, sollevata in riferimento all’art. 76 Cost., in relazione all’art. 1, commi 2 e 5-bis, della legge n. 148 del 2011, non è fondata.

Secondo il giudice amministrativo, alla stregua delle norme citate della legge n. 148 del 2011, la delega, con riguardo agli uffici giudiziari situati nelle Province de L’Aquila e di Chieti, andava esercitata nei dodici mesi successivi ai tre anni dall’entrata in vigore della legge di delegazione; e dunque il relativo provvedimento sarebbe stato adottato prima dello speciale dies a quo previsto.

6.− La tesi non trova giustificazione né sul piano letterale né su quello sistematico.

6.1.− Quanto al primo profilo, l’oggetto della proroga è il termine di cui all’art. 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, termine che è evidentemente “finale” rispetto all’esercizio della delega; cosicché non è dato comprendere come possa riferirsi la proroga al diverso termine dal quale può essere esercitato il relativo potere.

Elementi per un’interpretazione nel senso invocato dal rimettente non si rinvengono, del resto, nei lavori parlamentari relativi alla legge n. 14 del 2012.

Anzi, sul punto, nella relazione allo schema del decreto legislativo n. 155 del 2012 si legge come: «l’unico termine in senso proprio (ovvero inteso come scadenza, limite estremo di tempo entro il quale compiere una determinata azione) presente nella disposizione […] sia quello di dodici mesi, alla cui durata deve pertanto intendersi riferito il differimento previsto dal comma 5-bis; la norma proroga di tre anni il termine di esercizio della delega senza modificare in alcun modo il dies a quo della stessa».Nella relazione si rileva anche che una diversa opzione interpretativa sarebbe stata irragionevole, impedendo l’esercizio della delega nei territori limitrofi in ragione dei criteri direttivi.

6.2.− Sul piano sistematico, poi, è solo il termine entro cui deve essere esercitato il potere di delega che è stato oggetto di attenzione da parte dei legislatori deleganti, e ciò in coerenza con la necessità di stabilire un tempo limitato e certo ai sensi dell’art. 76 Cost. Il dies a quo al contrario viene fatto coincidere tradizionalmente e in modo automatico con l’entrata in vigore della legge di delegazione: sarebbe infatti un evidente non senso delegare un potere allo stato non esercitabile.

6.3.− In realtà, quello che il legislatore ha voluto è concedere al Governo un tempo maggiore per l’esercizio della delega per quanto riguarda i territori colpiti dal sisma, evidentemente al fine di consentire, qualora ritenuto necessario, di graduare gli interventi in relazione a eventuali particolari esigenze degli uffici giudiziari coinvolti.

Il fatto poi che il legislatore delegato abbia scelto di esercitare il potere unitariamente, e quindi senza utilizzare la possibilità concessagli, è questione estranea al thema iudicandi; fermo comunque che la scelta non è incoerente con i criteri di delega, che anzi, come ricordato nella sentenza n. 237 del 2013, evidenziano l’opportunità che l’intervento di riorganizzazione del sistema giudiziario sia coordinato e ispirato ad una visione globale.

7.– È collegata alla speciale disciplina temporale degli effetti del decreto legislativo, con riguardo ai territori interessati dal sisma (art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 155 del 2012; art. 3-bis, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150 recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative», convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 27 febbraio 2014, n. 15), la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 5, della legge n. 148 del 2011, per quanto applicabile agli uffici abruzzesi siti nella aree colpite dal sisma, in riferimento agli artt. 3 (principio di uguaglianza) e 97 (buon andamento degli uffici) Cost.

La norma è censurata perché prevede un termine unico di due anni per l’esercizio della potestà delegata integrativa e correttiva, e quindi tale da scadere prima che sia operativa la soppressione degli uffici in questione, soppressione la cui efficacia è stata rinviata dalle norme citate.

Sennonché, il rinvio è finalizzato non a permettere una verifica della correttezza della scelta e un possibile ripensamento attraverso l’esercizio del potere correttivo, bensì a coordinare il trasferimento delle funzioni con i tempi della ricostruzione delle sedi de L’Aquila e di Chieti.

Esso trova dunque fondamento esclusivamente in esigenze logistiche e funzionali. Ciò si evince con chiarezza dal successivo d.l. n. 150 del 2013, come convertito dalla legge n. 27 febbraio 2014, n. 15, secondo cui (art. 3-bis, comma 1) «a causa delle perduranti condizioni di inagibilità delle sedi dei tribunali dell’Aquila e di Chieti, gravemente danneggiati dal terremoto del 6 aprile 2009 e per i quali sono in corso, alla data di entrata in vigore del presente decreto, le procedure di ricostruzione, i termini di cui all’articolo 11, comma 3, primo periodo, del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, sono prorogati di ulteriori tre anni».

È dunque ingiustificata la censura di disparità di trattamento e di lesione del principio di buon andamento dell’amministrazione giudiziaria, ed anzi la previsione di un termine unitario per l’esercizio della delega integrativa e correttiva risponde ai valori costituzionali di certezza del diritto e affidamento del cittadino.

8.– Infine la censura di violazione dell’art. 76 Cost., per mancata considerazione dei pareri delle Commissioni giustizia della Camera e del Senato, non è fondata, atteso che gli stessi non sono vincolanti, come sancito dall’art. 1, comma 4, della legge n. 148 del 2011. Comunque, si evince dalla relazione allo schema del d.lgs. n. 155 del 2012 che il Governo ne ha tenuto conto, sia pure con diverse modalità.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. da 1 a 10 del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155 (Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148) sollevata, per la violazione dell’art. 76 della Costituzione − in riferimento all’art. 1, commi 2 e 5-bis, della legge 14 settembre 2011, n. 148 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari), e alla mancata considerazione dei pareri delle Commissioni giustizia della Camera e del Senato − dal Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo con l’ordinanza in epigrafe;

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 5, della legge 14 settembre 2011, n. 148 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 settembre 2016.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Giancarlo CORAGGIO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 3 novembre 2016.