Sentenza n. 37 del 2016

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SENTENZA N. 37

ANNO 2016

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Marta                           CARTABIA                                     Presidente

-           Giuseppe                     FRIGO                                               Giudice

-           Paolo                           GROSSI                                                   ”

-           Giorgio                        LATTANZI                                              ”

-           Aldo                            CAROSI                                                   ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                                ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            ”

-           Giuliano                       AMATO                                                   ”

-           Silvana                         SCIARRA                                                ”

-           Daria                            de PRETIS                                               ”

-           Nicolò                          ZANON                                                   ”

-           Franco                         MODUGNO                                            ”

-           Augusto Antonio       BARBERA                                              ”

-           Giulio                          PROSPERETTI                                        ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 4 della legge della Regione Puglia 14 novembre 2014, n. 47 (Norme in materia di organizzazione, riduzione della dotazione organica e della spesa del personale e attuazione del comma 529 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 20-28 gennaio 2015, depositato in cancelleria il 27 gennaio 2015 ed iscritto al n. 17 del registro ricorsi 2015.

Visto l’atto di costituzione della Regione Puglia;

         udito nell’udienza pubblica del 26 gennaio 2016 il Giudice relatore Paolo Grossi;

         uditi l’avvocato dello Stato Paola Maria Zerman per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Ida Maria Dentamaro per la Regione Puglia.

Ritenuto in fatto

1.– Con atto depositato il 27 gennaio 2015, il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto ricorso in via principale contro la legge della Regione Puglia 14 novembre 2014, n. 47 (Norme in materia di organizzazione, riduzione della dotazione organica e della spesa del personale e attuazione del comma 529 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147), lamentando che gli artt. 2 e 4 della legge medesima violino gli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione.

Ad avviso del ricorrente, l’art. 2 della legge regionale impugnata – nel prevedere l’avvio di procedure di stabilizzazione per l’assunzione a tempo indeterminato di personale non dirigenziale che abbia maturato, entro la data del 31 dicembre 2015, i requisiti di cui al comma 529 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014) e che risulti in servizio alla data di entrata in vigore della legge – si porrebbe in contrasto con la disposizione statale di cui è attuazione, ampliandone la sfera dei destinatari.

La predetta disposizione statale costituirebbe, del resto, esplicazione della competenza statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., che la Regione, pur nel rispetto della propria autonomia, non sarebbe legittimata a derogare, se non anche violando gli artt. 3 e 97 Cost.

Per le medesime ragioni viene impugnato l’art. 4 della stessa legge regionale, secondo cui le discipline previste per la stabilizzazione del personale regionale debbono intendersi «quali principi applicabili alle agenzie regionali, agli enti, all’Autorità di bacino e alle società in house della Regione Puglia di cui alla deliberazione di Giunta regionale 5 maggio 2014, n. 810 e alla legge regionale 20 maggio 2014, n. 22 (Riordino delle funzioni amministrative in materia di edilizia residenziale pubblica e sociale e riforma degli enti regionali operanti nel settore), costitutiva dell’Agenzia ARCA».

Anche tale disposizione, estendendo agli organismi appena indicati i princìpi dettati dalla norma statale esclusivamente per il personale regionale, si porrebbe in contrasto con il richiamato comma 529 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 e, perciò, in base a quanto già detto, con l’art. 117, terzo comma, Cost., oltre che con gli artt. 3 e 97 Cost.

2.– Nel giudizio si è costituita la Regione Puglia, la quale ha concluso chiedendo dichiararsi la questione inammissibile e comunque infondata.

A proposito del motivo di ricorso concernente l’art. 2, la Regione ne evidenzia l’assoluta genericità, non essendo stata in alcun modo individuata la sfera dei destinatari che la norma regionale avrebbe ampliato: ciò che condurrebbe alla inammissibilità della questione.

La censura sarebbe, comunque, infondata, dal momento che, non avendo la disposizione statale previsto alcun limite di ordine quantitativo, del tutto legittimamente  la disposizione impugnata indicherebbe – senza ampliarla, come erroneamente dedotto – la platea dei destinatari della stabilizzazione.

La scelta, poi, di colmare i vuoti di organico mediante nuove procedure selettive ovvero mediante la stabilizzazione costituirebbe un’opzione del tutto indifferente sotto il profilo della spesa pubblica, dal momento che la Regione è tenuta a procedere «con risorse proprie».

Quanto, poi, alle censure relative agli artt. 3 e 97 Cost., non sarebbe dato comprendere rispetto a quali soggetti e per quali profili risulterebbero violati gli indicati parametri, visto che le stabilizzazioni riguarderebbero personale comunque in possesso dei requisiti prescritti dalla norma statale di riferimento.

Anche le censure riferite all’art. 4 si rivelerebbero infondate. Per un verso, infatti, l’estensione della procedura di stabilizzazione agli enti ivi previsti riguarderebbe organismi che presentano una «sostanziale immedesimazione» con l’ente regionale, svolgendo essi funzioni essenziali per la Regione ed essendo a questa legati attraverso poteri di indirizzo e di controllo tali da renderli assimilabili ad una «persona giuridica-organo»; per altro verso, l’espletamento delle procedure di stabilizzazione sarebbe comunque subordinato al rispetto dei limiti di spesa e dei vincoli assunzionali previsti dalle discipline statale e regionale relative alla materia.

Inammissibili o comunque infondati sarebbero, infine,  i rilievi che coinvolgono gli artt. 3 e 97 Cost., in quanto anche per gli enti e le agenzie in discorso le procedure di stabilizzazione riguarderebbero soltanto il personale assunto con procedure ad evidenza pubblica.

3.– In data 18 dicembre 2015 è stata depositata in cancelleria la deliberazione n. 429 del 13 marzo 2015, con la quale la Giunta della Regione Puglia ha determinato di costituirsi nel presente giudizio, conferendo il mandato al difensore.

L’atto di costituzione in giudizio, debitamente corredato dalla procura speciale, sottoscritta dal Vice Presidente della Giunta, era stato, invece, depositato, entro il previsto termine, il 3 marzo 2015.

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto ricorso contro gli artt. 2 e 4 della legge della Regione Puglia 14 novembre 2014, n. 47 (Norme in materia di organizzazione, riduzione della dotazione organica e della spesa del personale e attuazione del comma 529 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147), per violazione degli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione.

Ad avviso del ricorrente, l’art. 2 della legge regionale – volta ad introdurre  disposizioni in materia di stabilizzazione di personale regionale precario – risulterebbe in contrasto con la disposizione statale di cui è attuazione, vale a dire il comma 529 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014), in quanto, rispetto a quest’ultima disposizione, amplierebbe la «sfera dei destinatari».

Per i medesimi motivi (ampliamento della «sfera dei destinatari» della relativa disciplina) e con riferimento ai medesimi parametri, viene anche impugnato l’art. 4 della predetta legge regionale, secondo cui le norme di cui agli artt. 1, 2 e 3 della medesima legge debbono intendersi «quali principi applicabili alle agenzie regionali, agli enti, all’Autorità di bacino e alle società in house della Regione Puglia di cui alla deliberazione di Giunta regionale 5 maggio 2014, n. 810 e alla legge regionale 20 maggio 2014, n. 22 (Riordino delle funzioni amministrative in materia di edilizia residenziale pubblica e sociale e riforma degli enti regionali operanti nel settore), costitutiva dell’Agenzia ARCA».

Ciò in quanto il comma 529 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 farebbe riferimento esclusivamente al personale regionale assunto con contratti a tempo determinato e con procedure ad evidenza pubblica.

2.– Va preliminarmente rilevato che, in data 18 dicembre 2015, è stata depositata nella cancelleria di questa Corte, a cura del difensore della resistente Regione Puglia, la deliberazione (n. 429 del 13 marzo 2015) con la quale la Giunta regionale ha determinato di costituirsi nel presente giudizio e di conferire il mandato al predetto difensore.

L’atto di costituzione in giudizio, debitamente corredato dalla procura speciale (sottoscritta dal Vice Presidente della Giunta), era stato, invece, depositato il 3 marzo 2015, entro il previsto termine.

Ne risulta che la delibera di costituzione in giudizio sia stata adottata successivamente al deposito dell’atto di costituzione nonché alla scadenza del termine utile per costituirsi.

Al riguardo, va rammentato che nella giurisprudenza di questa Corte si è, in passato, avuto modo di affermare che la costituzione in giudizio delle Regioni nei giudizi promossi dal Governo, presuppone – a pena di inammissibilità della costituzione stessa – la preventiva deliberazione della Giunta regionale, «secondo quanto previsto dall’art. 32, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n. 87», al quale diversi statuti regionali si sono adeguati: nella competenza «ad autorizzare la promozione dei giudizi di costituzionalità» – si è affermato – «deve ritenersi compresa anche la deliberazione di costituirsi in tali giudizi, data la natura politica della valutazione che i due atti richiedono» (ex multis, ordinanza letta all’udienza del 25 maggio 2010 e relativa al giudizio deciso con la sentenza n. 225 del 2010).

Tale orientamento merita di essere riesaminato. L’art. 32, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) evoca, infatti, espressamente il requisito della «previa deliberazione» della Giunta regionale solo come presupposto dell’iniziativa della Regione contro una legge statale – al pari, del resto, di quanto dispone l’art. 31, comma 3, della stessa legge, a proposito della «previa deliberazione» del Consiglio dei ministri per l’impugnativa di una legge regionale da parte del Governo (e come, del resto, conferma l’art. 2, comma 3, lettera d della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante «Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri»,  diversamente da quanto, invece, prevede la successiva lettera g, a proposito delle «proposte  di  sollevare  conflitti  di  attribuzione  o di resistere nei confronti degli altri poteri dello Stato, delle regioni e delle provincie autonome», con indicazione da considerare, secondo il comma 4 dello stesso art. 2, «tassativa») – senza nulla precisare, così come neppure le norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, in ordine a “condizioni di ammissibilità” della costituzione in giudizio della stessa Regione quale parte resistente.

Del resto, l’art. 19 delle richiamate norme integrative richiede, al comma 1, per la costituzione in giudizio delle Regioni ricorrenti, il deposito della procura speciale con l’elezione del domicilio; e, al comma 3, per la costituzione in giudizio, senza specificazioni, della «parte convenuta», il deposito di una «memoria contenente le conclusioni e l’illustrazione delle stesse».

Considerato che, per principio generale, le disposizioni che prevedono nullità, preclusioni, inammissibilità e decadenze processuali si intendono assoggettate ad un regime di stretta legalità (anche, com’è ovvio, ai fini della più ampia tutela del contraddittorio, paradigmaticamente evocata, quale requisito necessario per «ogni processo», dall’art. 111, secondo comma, Cost.), non si può non rilevare che gli unici profili di legittimazione processuale che le richiamate norme espressamente richiedono per la «parte convenuta» riguardano i poteri di conferimento della procura speciale, senza necessità di evocare requisiti formali di diversa natura.

3.– La questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 2 della legge regionale impugnata deve essere dichiarata manifestamente inammissibile per carenza di motivazione.

Dal tenore del ricorso, prospettato in termini sostanzialmente “auto-dimostrativi”, non emerge, infatti, alcuna specifica e congrua indicazione circa le ragioni per le quali la disposizione impugnata eccederebbe, in contrasto con i parametri costituzionali evocati, dai limiti tracciati dal comma 529 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013.

Quest’ultimo, infatti, prevede soltanto che le Regioni che, «alla data dell’ultima ricognizione effettuata al 31 dicembre 2012», non si trovino in situazioni di eccedenza di personale rispetto alla dotazione organica – e che, come previsto, stiano assolvendo alle carenze di organico attraverso personale assunto con procedure ad evidenza pubblica, con contratti di lavoro a tempo determinato via via rinnovati o prorogati – possano procedere, con risorse proprie, alla stabilizzazione, a domanda, del «personale interessato» in possesso dei requisiti previsti dalla disposizione medesima.

In conformità a tale previsione – che il ricorrente assume rivestire i caratteri di disposizione di principio, dettata nell’esercizio della funzione statale di coordinamento della finanza pubblica –, la Regione Puglia, nell’esercitare, attraverso la norma impugnata, le proprie attribuzioni concorrenti, non ha fatto altro che “scandire”, sul piano squisitamente procedurale, modalità e termini di stabilizzazione del personale regionale in servizio alla data di entrata in vigore della legge, facendo espressamente salvi «i requisiti di cui al comma 529 dell’articolo 1 della L. 147/2013».

Il che rende del tutto oscura la ragione della censura e, dunque, inammissibile la questione proposta.

4.– È, invece, fondata la questione relativa all’art. 4, sollevata, tra l’altro, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost.

La possibilità di applicare le procedure di stabilizzazione, oltre che al personale regionale, anche a quello delle agenzie regionali, degli enti, dell’Autorità di bacino e delle società in house della Regione Puglia, per come individuati nella disposizione medesima, indiscutibilmente amplia la platea dei fruitori che la disciplina statale di principio ha, invece, esclusivamente riferito all’apparato amministrativo delle Regioni ed al relativo personale.

Né possono valere a giustificare la scelta normativa regionale i rilievi svolti dalla resistente nella memoria difensiva, secondo cui la lamentata “estensione” non sarebbe illegittima in quanto, per un verso, diretta al personale di organismi strumentali dell’«ente Regione» (con il quale questi avrebbero una «sostanziale immedesimazione») e, sotto altro profilo, in quanto adottata in una situazione rispetto alla quale non sussisterebbe contrasto con le funzioni di coordinamento della finanza pubblica, trovando, in ogni caso, applicazione i previsti «vincoli assunzionali» ed il rispetto dei «tetti di spesa per il personale previsti dalla vigente legislazione statale e regionale».

È, infatti, dirimente osservare, quanto al primo rilievo, che la semplice differenziazione soggettiva degli enti ai quali si riferisce il personale da stabilizzare è, di per sé, sufficiente a configurare la discrepanza della disposizione impugnata con la previsione statale di principio, evidentemente circoscritta al solo personale dell’ente territoriale; senza che le vicende del rapporto (“organico” o “funzionale” o quale che sia) tra le diverse figure soggettive coinvolte possano significativamente (o automaticamente) influenzare quelle dei rapporti di servizio che ciascun organismo stabilisce con il rispettivo personale.

Quanto al secondo rilievo, basterà osservare che l’illegittimità della scelta normativa regionale deriva direttamente e immediatamente dallo “sconfinamento” delle potestà legislative regionali rispetto a quanto previsto dalla norma statale di principio, senza che, nella valutazione, vengano implicati profili di intrinseca compatibilità, o incompatibilità, di quella scelta con la correlativa disciplina di programmazione finanziaria.

L’art. 4 impugnato deve, pertanto, essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, restando assorbiti i motivi di ricorso riferiti ad ulteriori parametri.

per questi motivi

la corte costituzionale

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Puglia 14 novembre 2014, n. 47 (Norme in materia di organizzazione, riduzione della dotazione organica e della spesa del personale e attuazione del comma 529 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147);

2) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 della medesima legge della Regione Puglia n. 47 del 2014, promossa, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 gennaio 2016.

F.to:

Marta CARTABIA, Presidente

Paolo GROSSI, Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 25 febbraio 2016.