Ordinanza n. 232 del 2015

 

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ORDINANZA N. 232

ANNO 2015

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alessandro                   CRISCUOLO                                    Presidente

- Giuseppe                      FRIGO                                                 Giudice

- Paolo                            GROSSI                                                    ”

- Giorgio                         LATTANZI                                               ”

- Aldo                             CAROSI                                                    ”

- Marta                            CARTABIA                                              ”

- Mario Rosario              MORELLI                                                 ”

- Giancarlo                      CORAGGIO                                             ”

- Giuliano                       AMATO                                                    ”

- Silvana                         SCIARRA                                                 ”

- Daria                            de PRETIS                                                 ”

- Nicolò                          ZANON                                                     ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 160 e 182-ter del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), promosso dal Tribunale ordinario di Verona, sezione fallimentare, sul ricorso proposto da Autonord srl con ordinanza del 27 marzo 2014, iscritta al n. 32 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 2015.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 ottobre 2015 il Giudice relatore Marta Cartabia.

Ritenuto che, con ordinanza del 27 marzo 2014 (reg. ord. n. 32 del 2015), il Tribunale ordinario di Verona, sezione fallimentare, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 160 e 182-ter del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) – di seguito, «legge fallimentare» – nel testo modificato dal decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell’àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 maggio 2005, n. 80, dal decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5 (Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a norma dell’articolo 1, comma 5, della legge 14 maggio 2005, n. 80), dal decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169 (Disposizioni integrative e correttive al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, nonché al decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, in materia di disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa, ai sensi dell’articolo 1, commi 5, 5-bis e 6, della legge 14 maggio 2005, n. 80), dal decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 28 gennaio 2009, n. 2, e dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122;

che, ad avviso del rimettente, il disposto normativo denunciato viola gli evocati parametri costituzionali nella parte in cui stabilisce che la proposta di concordato, con riguardo all’imposta sul valore aggiunto, possa «prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento»;

che la questione, secondo lo stesso rimettente, sarebbe rilevante nel giudizio a quo, in quanto la proposta di concordato da delibare contiene il pagamento del debito relativo all’imposta sul valore aggiunto in misura ridotta;

che il “diritto vivente”, consolidatosi sull’interpretazione degli artt. 160 e 182-ter della legge fallimentare, determinerebbe l’inammissibilità della proposta di concordato;

che, secondo il Tribunale, la declaratoria di inammissibilità della proposta di concordato impedirebbe all’amministrazione finanziaria di valutare, in relazione al soddisfacimento del credito IVA, la convenienza del piano non «su base astratta con riferimento al parametro ipotetico che preveda il pagamento integrale», ma in concreto e in autonomia, con il conseguente pregiudizio per l’economicità e la massimizzazione delle risorse acquisibili per lo svolgimento dei compiti istituzionali dello Stato e, dunque, con violazione dell’art. 97 Cost.;

che, secondo il Tribunale, la disciplina censurata riserverebbe alla pubblica amministrazione un trattamento deteriore rispetto agli altri creditori privilegiati, i quali in base al novellato art. 160 della legge fallimentare, possono optare per la soluzione concordataria quando sia loro attribuito un grado di soddisfazione non inferiore a quello realizzabile in sede liquidatoria, con ciò determinandosi una violazione dell’art. 3 Cost.;

che, ad avviso del giudice a quo, la disciplina censurata non sarebbe imposta dagli obblighi derivanti dall’adesione dell’Italia all’Unione europea;

che, con atto depositato in data 7 aprile 2015, è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la sollevata questione di legittimità costituzionale venga dichiarata manifestamente infondata e rammentando come analoga questione fosse stata già dichiarata infondata da questa Corte con la sentenza n. 225 del 2014.

Considerato che, con ordinanza del 27 marzo 2014 (reg. ord. n. 32 del 2015), il Tribunale ordinario di Verona, sezione fallimentare, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 160 e 182-ter del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), nella parte in cui, secondo il “diritto vivente”, stabiliscono che la proposta di concordato, con riguardo all’imposta sul valore aggiunto, possa «prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento»;

che, ad avviso del rimettente, sarebbero violati gli artt. 3 e 97 Cost., in quanto la declaratoria di inammissibilità della proposta impedirebbe all’amministrazione finanziaria di valutare, in concreto e in autonomia, la possibilità di soddisfacimento del credito, come invece è consentito agli altri creditori, con conseguente pregiudizio per l’economicità e la massimizzazione delle risorse acquisibili per lo svolgimento dei compiti istituzionali dello Stato e con ingiustificata disparità di trattamento tra i diversi creditori;

che la questione di legittimità costituzionale è stata sollevata con riguardo alle medesime disposizioni – nel testo risultante dalle stesse modifiche legislative e dalla stessa interpretazione giurisprudenziale, ritenuta costituire “diritto vivente” – in riferimento ai medesimi parametri costituzionali e sulla base dei medesimi argomenti, valutati da questa Corte con la sentenza n. 225 del 2014, che ha dichiarato non fondata la questione, sollevata dallo stesso Tribunale ordinario di Verona, sezione fallimentare, con ordinanza del 23 aprile 2013, in un analogo caso concernente l’ammissione di un concordato preventivo nel quale era prevista la falcidie del credito IVA;

che il rimettente non ha prospettato, nel merito, profili o argomentazioni diversi rispetto a quelli già esaminati da questa Corte con la citata sentenza o comunque idonei ad indurre ad una differente pronuncia sulla sollevata questione di legittimità costituzionale;

che, pertanto, in base alla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, ordinanze n. 280, n. 240, n. 180 e n. 113 del 2014), la sollevata questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 160 e 182-ter del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Verona, sezione fallimentare, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 ottobre 2015.

F.to:

Alessandro CRISCUOLO, Presidente

Marta CARTABIA, Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'11 novembre 2015.