Ordinanza n. 201 del 2015

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ORDINANZA N. 201

ANNO 2015

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Alessandro                   CRISCUOLO                                         Presidente

-    Giuseppe                      FRIGO                                                      Giudice

-    Paolo                            GROSSI                                                         ”

-    Giorgio                         LATTANZI                                                    ”

-    Aldo                             CAROSI                                                         ”

-    Marta                            CARTABIA                                                   ”

-    Mario Rosario               MORELLI                                                      ”

-    Giancarlo                      CORAGGIO                                                  ”

-    Giuliano                        AMATO                                                         ”

-    Silvana                          SCIARRA                                                      ”

-    Daria                             de PRETIS                                                     ”

-    Nicolò                           ZANON                                                         ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 116 e 117 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), promosso dal Tribunale ordinario di Lecce, con ordinanza del 18 ottobre 2013, iscritta al n. 142 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno 2014.

Visto l’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 settembre 2015 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli.

Ritenuto che il Tribunale ordinario di Lecce, in composizione monocratica, ha nuovamente sollevato, in riferimento all’articolo 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 116 e 117 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), nella parte in cui, secondo la esegesi accolta dalla Corte di cassazione, estendono anche al mero difensore designato dal giudice in sostituzione occasionale del difensore di fiducia, o di ufficio, dell’imputato, il diritto alla liquidazione erariale delle competenze professionali spettante al difensore di ufficio (in caso di impossidenza od irreperibilità dell’assistito);

che, in riferimento all’art. 81, quarto comma, oltre che all’art. 3, Cost., il medesimo Tribunale ha già in due precedenti occasioni denunciato i predetti artt. 116 e 117 del d.P.R. n. 115 del 2002, in parte qua;

che la correlativa (sempre identica) questione, nel primo caso, è stata dichiarata manifestamente inammissibile, con ordinanza di questa Corte n. 185 del 2012, «sia per il carattere perplesso e contraddittorio del suo petitum, sia per il profilo della impropria richiesta di avallo della [diversa] interpretazione, delle norme denunciate, proposta dallo stesso rimettente»; nel secondo caso, è stata dichiarata manifestamente infondata, con ordinanza n. 191 del 2013, nella quale si sottolinea come «sia proprio l’esegesi estensiva delle predette disposizioni a sottrarle al sospetto di illegittimità costituzionale», come già, del resto, affermato con la risalente ordinanza n. 8 del 2005, che aveva rilevato l’erroneità della esegesi restrittiva (che il Tribunale di Lecce vorrebbe ora ripristinare per via di reductio ad legitimitatem) per la quale dovrebbe escludersi la liquidabilità del compenso erariale al sostituto;

che, secondo il rimettente, diversa, dalla questione da esso sollevata in tali due precedenti occasioni, sarebbe quella attuale, con cui – a quanto egli assume − «non si censura di nuovo, a monte, l’irragionevolezza dell’astratta equiparazione tra il difensore d’ufficio ed il mero sostituto, posta alla base del riconoscimento del diritto del secondo alla liquidazione erariale, bensì si censura per la prima volta, a valle, l’irragionevolezza degli specifici e concreti effetti normativi paradossali che il riconoscimento di tale diritto […] riverbera irreversibilmente su tutto l’ordinamento, in palese contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost.»;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l’inammissibilità o, comunque, per l’infondatezza della questione così risollevata.

Considerato che la riferita odierna questione supera il vaglio di ammissibilità poiché, in presenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato, il giudice a quo, se è pur libero di non uniformarvisi e di proporre una sua diversa esegesi, essendo la “vivenza” della norma una vicenda per definizione aperta, ancor più quando si tratti di adeguarne il significato a precetti costituzionali, ha, alternativamente, la facoltà di assumere l’interpretazione censurata in termini di “diritto vivente” e di richiederne su tal presupposto, come nella specie, il controllo di compatibilità con parametri costituzionali (sentenza n. 117 del 2012 e n. 91 del 2004);

che, nel merito, la questione è, però, manifestamente infondata;

che, infatti, l’unica nuova censura rinvenibile nella (non del tutto lineare e coerente) motivazione dell’ordinanza in esame è quella che attiene alla asserita ingiustificata disparità di trattamento che verrebbe a determinarsi, ad avviso del rimettente, tra il sostituto di un difensore di fiducia nominato ex art. 97, comma 4, c.p.p. – ammesso alla liquidazione erariale per l’attività svolta in udienza, in conseguenza appunto della sua equiparazione, a tale effetto, al difensore di ufficio – e il sostituto, “con delega” del difensore di fiducia, cui il diritto a tale liquidazione non è riconosciuto;

che trattasi, però, anche per tale profilo, di censura priva di qualsiasi fondamento, atteso che, nel primo caso, stante l’assenza in udienza del difensore di fiducia o di un suo incaricato, il sostituto è nominato direttamente dal magistrato procedente; diversamente, nel secondo caso, il sostituto interviene su delega del titolare della difesa dell’imputato, per cui il suo diritto a compenso per l’attività svolta inerisce al rapporto con il delegante o, al più, con il cliente del medesimo, ma non è certamente riconducibile ad un mandato ex officio che possa giustificare una conseguente liquidazione erariale.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 116 e 117 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), sollevata, in riferimento all’articolo 3 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Lecce, in composizione monocratica, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 23 settembre 2015.

F.to:

Alessandro CRISCUOLO, Presidente

Mario Rosario MORELLI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 15 ottobre 2015.