Ordinanza n. 174 del 2015

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ORDINANZA N. 174

ANNO 2015

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-   Alessandro                    CRISCUOLO                                         Presidente

-   Giuseppe                       FRIGO                                                      Giudice

-   Paolo                             GROSSI                                                         ”

-   Giorgio                          LATTANZI                                                   ”

-   Aldo                              CAROSI                                                        ”

-   Marta                             CARTABIA                                                  ”

-   Mario Rosario                MORELLI                                                     ”

-   Giancarlo                       CORAGGIO                                                 ”

-   Giuliano                         AMATO                                                         ”

-   Silvana                           SCIARRA                                                     ”

-   Daria                              de PRETIS                                                     ”

-   Nicolò                            ZANON                                                         ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 19, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, promosso dal Tribunale ordinario di Torino nel procedimento vertente tra A.S. ed altri e l’INPS con ordinanza del 25 marzo 2014, iscritta al n. 118 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell’anno 2014.

Visti gli atti di costituzione dell’INPS, di A.S. ed altra, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell’8 luglio 2015 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli.

Ritenuto che – nel corso di una controversia previdenziale avente ad oggetto la restituzione delle somme trattenute dall’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) sulle retribuzioni dei ricorrenti, in costanza del rapporto di lavoro, a titolo di contributo di solidarietà ai sensi dell’art. 64, comma 5, della legge 17 maggio 1999, n. 144 (Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali) – l’adito Tribunale ordinario di Torino ha sollevato, con l’ordinanza in epigrafe, questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 19, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. A tenore del quale le disposizioni di cui al richiamato art. 64, comma 5, della legge n. 144 del 1999, la cui applicazione è invocata nel giudizio a quo, «si interpretano nel senso che il contributo di solidarietà sulle prestazioni integrative dell’assicurazione generale obbligatoria è dovuto sia dagli ex-dipendenti già collocati a riposo che dai lavoratori ancora in servizio» e «In questo ultimo caso il contributo è calcolato sul maturato di pensione integrativa alla data del 30 settembre 1999 ed è trattenuto sulla retribuzione percepita in costanza di attività lavorativa»;

che, secondo il rimettente, la disposizione censurata violerebbe:

l’art. 3 della Costituzione, per lesione del principio dell’affidamento riposto dai cittadini nella certezza del diritto, riferita, nella specie, alla pregressa esegesi del richiamato art. 64, comma 5, accolta dalla Corte di cassazione, nel senso che il contributo di solidarietà sulle prestazioni integrative fosse dovuto solo dagli ex dipendenti già collocati a riposo;

l’art. 24 Cost., per il vulnus conseguentemente arrecato al diritto di difesa dei ricorrenti, nei giudizi promossi contro l’INPS;

l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, in ragione del prospettato contrasto, con il principio del giusto processo, di leggi che, come quella censurata, si inseriscano nell’amministrazione della giustizia allo scopo di influenzare la risoluzione di controversie in corso;

che è intervenuto, in questo giudizio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, la quale ha eccepito l’inammissibilità dell’odierna questione, in quanto analoga ad altra  precedente, relativa al medesimo art. 18, comma 19, del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, e già dichiarata non fondata (anche in riferimento ai parametri ora evocati dal Tribunale ordinario di Torino) con sentenza di questa Corte n. 156 del 2014;

che identica conclusione ha formulato la difesa dell’INPS, nel proprio atto di costituzione;

che due delle parti private, a loro volta qui costituitesi, hanno svolto, invece, argomentazioni a sostegno della prospettazione del giudice a quo, illustrate anche con successiva memoria.

Considerato che con la sopra menzionata sentenza n. 156 del 2014 – che ha esaminato questione sostanzialmente identica a quella sollevata dal rimettente – è stato escluso il sospettato contrasto della disposizione di cui all’art. 18, comma 19, del d.l. n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, con gli artt. 3, 24 e 117, primo comma, Cost.;

che è stato, infatti, preliminarmente rilevato, in quella decisione, come la disposizione censurata sia «non solo dichiaratamente di interpretazione autentica, ma anche effettivamente tale», una volta che – come poi riconosciuto dalla stessa Corte di cassazione − «l’espressione “prestazioni integrative maturate” può legittimamente essere letta, ai fini della imposizione del contributo di solidarietà, anche come alternativa a “prestazioni integrative erogate”, ove si consideri sia la disgiuntiva “o” posta tra di esse, come pure la circostanza che quando il legislatore ha voluto limitare la contribuzione di solidarietà ai soli trattamenti pensionistici già in godimento lo ha precisato in modo chiaro, usando il termine “corrisposti” (equivalente di erogati) e senza alcun richiamo a quelli semplicemente maturati» (Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenze, 3 luglio del 2012, n. 11092 e n. 11087 e 12 gennaio 2012 n. 237; sezione sesta, sottosezione lavoro, ordinanze, 2 febbraio 2012, n. 1497 e 4 novembre 2011, n. 22973);

che − in ragione di ciò e del fatto che, in ordine all’applicazione della norma interpretata, esistesse (come, da ultimo, sottolineato nella sentenza della Corte di cassazione, sezione lavoro, 26 marzo 2014, n. 7099) «una situazione di oggettiva incertezza, tradottasi in un conclamato contrasto di giurisprudenza, destinato peraltro a riproporsi in un gran numero di giudizi», stante l’assenza di un intervento risolutore delle sezioni unite, che potesse consolidare una delle due opzioni − questa Corte ha conseguentemente escluso che lo ius superveniens fosse «suscettibile, in questo caso, di incidere su posizioni giuridiche acquisite, né su un affidamento che non poteva essere riposto su una disciplina di così controversa esegesi ed applicazione». Dal che, appunto, la non fondatezza del vulnus (come anche nell’ordinanza odierna prospettato) agli artt. 3 e 24 Cost.;

che, nella stessa citata sentenza n. 156 del 2014, questa Corte ha altresì riconosciuto «la rispondenza della impugnata disposizione interpretativa ad obiettivi d’indubbio interesse generale, e di rilievo costituzionale, quali, in primo luogo, quello della certezza del diritto e, parallelamente, quelli del ripristino dell’uguaglianza e della solidarietà, all’interno di un sistema di previdenza nel quale l’incremento del “maturato”, per effetto della rivalutazione, sarebbe stato, altrimenti, conseguito dai dipendenti in servizio senza contribuzione alcuna, mentre la rivalutazione delle prestazioni erogate ai pensionati trovava copertura nel contributo in questione, con conseguente ingiustificata disparità di trattamento (tra iscritti ai fondi soppressi) e squilibrio finanziario nella gestione della previdenza integrativa». E, sulla base di tali considerazioni, ha escluso la violazione anche dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’evocato parametro europeo sul giusto processo, atteso che, come già precisato, è consentita al legislatore l’adozione di norme retroattive (sia innovative che, come sulla specie, di interpretazione autentica) «purché la retroattività trovi adeguata giustificazione nella esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti “motivi imperativi di interesse generale” ai sensi della giurisprudenza della Corte EDU» (sentenza n. 264 del 2012);

che nessun nuovo argomento si rinviene, nell’ordinanza in esame, rispetto a quelli in relazione ai quali è stato già motivatamente escluso che la disposizione censurata contrasti con i parametri costituzionali sopra indicati;

che da ciò, pertanto, discende la manifesta infondatezza della questione sollevata dal Tribunale ordinario di Torino.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 19, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, dal Tribunale ordinario di Torino con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta l’8 luglio 2015.

F.to:

Alessandro CRISCUOLO, Presidente

Mario Rosario MORELLI, Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 16 luglio 2015.