Ordinanza n. 63 del 2015

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ORDINANZA N. 63

ANNO 2015

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alessandro           CRISCUOLO                                     Presidente

- Paolo Maria         NAPOLITANO                                    Giudice

- Giuseppe              FRIGO                                                       ”

- Paolo                    GROSSI                                                     ”

- Giorgio                LATTANZI                                                ”

- Aldo                    CAROSI                                                     ”

- Marta                   CARTABIA                                               ”

- Mario Rosario      MORELLI                                                  ”

- Giancarlo             CORAGGIO                                              ”

- Giuliano               AMATO                                                     ”

- Silvana                 SCIARRA                                                  ”

- Daria                    de PRETIS                                                 ”

- Nicolò                  ZANON                                                     ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 5-bis, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 giugno 2013, n. 64, promosso dalla Regione autonoma Sardegna con ricorso notificato in data 5 agosto 2013, depositato nella cancelleria della Corte il 12 agosto 2013 ed iscritto al n. 80 del registro ricorsi 2013.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 24 marzo 2015 il Giudice relatore Giuliano Amato;

udito l’avvocato Massimo Luciani per la Regione autonoma Sardegna e l’avvocato dello Stato Stefano Varone per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che, con ricorso depositato il 12 agosto 2013, la Regione autonoma Sardegna ha impugnato − insieme ad altre disposizioni del medesimo provvedimento normativo, la cui trattazione è stata riservata a separato giudizio − l’art. 11, comma 5-bis, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 giugno 2013, n. 64, nella parte in cui, anche ai fini delle modifiche da apportare al patto di stabilità interno, conferma il contributo regionale alla finanza pubblica di cui all’art. 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135;

che la disposizione dell’art. 11, comma 5-bis, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, viene censurata in riferimento agli artt. 5, 117, terzo comma, e 119 della Costituzione e agli artt. 6 e 7 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna);

che la Regione Sardegna ha altresì promosso, in riferimento agli artt. 3, 5, 81, 117 e 119 Cost. e agli artt. 7 e 8 dello statuto speciale, questione di legittimità costituzionale della medesima disposizione dell’art. 11, comma 5-bis, del d.l. n. 35 del 2013, nella parte in cui disciplina l’adeguamento del patto di stabilità fra lo Stato e la Regione Sardegna attraverso il rinvio alle procedure di cui all’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione);

che, con riferimento alla prima parte della disposizione – relativa alla conferma del contributo regionale alla finanza pubblica, di cui all’art. 16, comma 3, del d.l. 6 luglio 2012, n. 95 − la parte ricorrente denuncia in primo luogo la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), in quanto la disposizione censurata, nel confermare, a carico della ricorrente, la previsione di un contributo straordinario di finanza pubblica indeterminato nel tempo, eccederebbe dalla competenza concorrente dello Stato, nella materia del coordinamento della finanza pubblica;

che viene inoltre evidenziata la violazione dell’art. 7 dello statuto speciale e dell’art. 119 Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, in quanto la disposizione impugnata determinerebbe una lesione immediata e permanente della particolare autonomia finanziaria regionale;

che la parte ricorrente lamenta altresì la violazione dell’art. 119, quarto comma, Cost., in quanto il contributo richiesto dallo Stato impedirebbe di fatto alla Regione di provvedere all’integrale finanziamento delle funzioni pubbliche delle quali essa è titolare, nonché dell’art. 6 dello statuto speciale, in quanto la diminuzione di risorse imposta dal legislatore statale impedirebbe alla Regione l’esercizio delle funzioni amministrative nelle materie di sua competenza;

che, infine, la Regione denuncia la violazione del principio di leale collaborazione, richiamando gli stessi motivi già dedotti in un precedente ricorso avverso l’art. 16 del d.l. n. 95 del 2012;

che, in relazione alla seconda parte della disposizione – relativa alla disciplina dell’adeguamento del patto di stabilità mediante il rinvio alle procedure di cui all’art. 27 della legge n. 42 del 2009 − la parte ricorrente deduce che l’accordo fra lo Stato e la Regione sull’adeguamento del patto di stabilità verrebbe così sottoposto ad una condizione sospensiva meramente potestativa, costituita dalla previa approvazione delle norme di attuazione statutaria, senza alcuna specifica indicazione temporale; tale condizione costituirebbe violazione dell’art. 8 dello statuto speciale, anche in relazione all’art. 1 della legge 16 ottobre 2012, n. 182 (Disposizioni per l’assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l’anno finanziario 2012), in quanto − nel subordinare l’efficacia dello stesso art. 8 all’adozione delle norme di attuazione statutaria − di fatto consentirebbe allo Stato di non darvi compiuta ed immediata esecuzione;

che sarebbero inoltre violati gli artt. 7 e 8 dello statuto speciale e l’art. 119 Cost., poiché il mancato adeguamento del patto di stabilità regionale al nuovo art. 8 dello statuto speciale impedirebbe alla Regione di esercitare le sue attribuzioni costituzionali;

che viene altresì denunciata la violazione degli artt. 7 e 8 dello statuto, in combinato disposto con l’art. 81 Cost., poiché il mancato adeguamento del patto di stabilità interno spezzerebbe il necessario legame di coerenza, nel bilancio regionale, tra i profili della spesa e quelli dell’entrata;

che sarebbe inoltre violato il principio di leale collaborazione tra Stato e Regione, nonché il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., in combinato disposto con gli artt. 7 e 8 dello statuto speciale della Sardegna, in considerazione della palese contraddittorietà della disposizione censurata la quale, da un lato impone precisi limiti temporali per l’adeguamento del patto di stabilità, dall’altro rinvia sine die tale adeguamento all’adozione di non necessarie norme di attuazione statutaria;

che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito nel giudizio con memoria depositata il 13 settembre 2013, nella quale ha chiesto che la questione promossa dalla Regione Sardegna sia dichiarata inammissibile, ovvero infondata;

che la disposizione censurata si limiterebbe a stabilire procedure e tempi per il raggiungimento di un accordo, da definire nel rispetto dei vincoli economici e finanziari, di carattere generale, contenuti nella normativa in vigore, dettata per il superamento del grave momento di crisi, anche in considerazione degli impegni assunti in sede sovranazionale; pertanto, il contenuto della disposizione impugnata non determinerebbe alcun vulnus, diretto ed immediato, alla finanza regionale e, conseguentemente, il ricorso dovrebbe ritenersi inammissibile per carenza di interesse;

che, d’altra parte, la ricorrente non avrebbe dimostrato come l’intervento statale determini una grave alterazione del rapporto tra i complessivi bisogni regionali e l’insieme dei mezzi finanziari già a sua disposizione;

che, nel merito, l’Avvocatura generale dello Stato ribadisce la necessità del contributo posto a carico delle autonomie speciali dall’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, per il raggiungimento di imprescindibili obiettivi di risanamento della finanza pubblica, ai quali tutti gli enti territoriali, inclusi quelli dotati di autonomia, sono tenuti a concorrere per il superamento delle contingenti criticità di ordine economico e finanziario;

che, a questo riguardo, la difesa dello Stato evidenzia che le autonomie speciali possono essere chiamate a concorrere al conseguimento degli obiettivi complessivi di finanza pubblica, connessi anche ai vincoli europei, come quelli relativi al cosiddetto patto di stabilità interno, né sussisterebbero ragioni giustificatrici di una differenziazione fra i due tipi di autonomia regionale (ordinaria e speciale), in relazione ad un aspetto − quello della soggezione ai vincoli generali di equilibrio finanziario e dei bilanci − che accomuna tutti gli enti operanti nell’ambito del sistema della finanza pubblica allargata, tenuto conto della stretta correlazione tra le scelte di politica economica e finanziaria ed i vincoli di carattere sovranazionale ai quali anche l’Italia è assoggettata in forza dei trattati europei;

che l’Avvocatura generale dello Stato osserva, altresì, che il principio del necessario concorso di tutti gli enti autonomi al conseguimento degli obiettivi di bilancio, seppur con decorrenza dall’esercizio finanziario relativo all’anno 2014, è stato recentemente elevato a rango costituzionale dall’art. 119, primo comma, Cost., per effetto delle modifiche apportate dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale);

che, d’altra parte, il riferimento alle procedure di cui all’art. 27 della legge n. 42 del 2009 − che rimette ad apposite norme di attuazione la definizione delle modalità per assicurare il contributo regionale al risanamento finanziario − non assumerebbe la valenza di una condizione sospensiva potestativa, come dedotto dalla ricorrente, ma, al contrario, disegnerebbe un percorso procedurale ineludibile, dominato dal principio consensualistico, posto a garanzia delle prerogative statutarie della Regione, in quanto volto a salvaguardare la bilateralità e la collaborazione nelle attività di revisione ed adeguamento statutari;

che, ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, proprio al fine di raggiungere un accordo per l’adozione delle norme di attuazione dell’art. 8 dello statuto speciale come novellato dall’art. 1, comma 834, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), sarebbe stata avviata con la Regione Sardegna una interlocuzione istituzionale a vari livelli (la “Commissione paritetica per la Regione Sardegna”, il “Tavolo tecnico per l’autonomia finanziaria e lo sviluppo industriale e infrastrutturale della Regione Sardegna”, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, e il “Tavolo di confronto tra il Governo e le Regioni a statuto speciale”), sebbene l’iter delle norme di attuazione non si sia ancora perfezionato;

che il 17 settembre 2014 la Regione autonoma Sardegna ha depositato copia dell’accordo raggiunto, in data 21 luglio 2014, con il Ministero dell’economia e delle finanze, con il quale le parti hanno inteso regolare i rapporti economico finanziari tra Stato e Regione, prevedendo – fra l’altro − l’impegno della Regione a ritirare tutti i ricorsi contro lo Stato pendenti dinnanzi alle diverse giurisdizioni, relativi alle impugnative di leggi o di atti consequenziali in materia di finanza pubblica;

che, pertanto, il 23 gennaio 2015 la Regione autonoma Sardegna ha depositato atto di rinuncia all’impugnazione dell’art. 11, comma 5-bis, del d.l. n. 35 del 2013 ed il successivo 26 febbraio 2015, l’Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha depositato l’accettazione della rinuncia all’impugnazione da parte della Regione Sardegna.

Considerato che, con ricorso depositato il 12 agosto 2013, la Regione autonoma Sardegna ha impugnato − insieme ad altre disposizioni del medesimo provvedimento normativo, la cui trattazione è stata riservata a separato giudizio − l’art. 11, comma 5-bis, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 giugno 2013, n. 64, nella parte in cui, anche ai fini delle modifiche da apportare al patto di stabilità interno, conferma il contributo regionale alla finanza pubblica di cui all’art. 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135;

che la disposizione dell’art. 11, comma 5-bis, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, viene censurata in riferimento agli artt. 5, 117, terzo comma, e 119 della Costituzione e agli artt. 6 e 7 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna);

che la Regione autonoma Sardegna ha altresì promosso, in riferimento agli artt. 3, 5, 117, e 119 Cost. e agli artt. 7 e 8 dello statuto speciale, questione di legittimità costituzionale della medesima disposizione dell’art. 11, comma 5-bis, del d.l. n. 35 del 2013, nella parte in cui disciplina l’adeguamento del patto di stabilità fra lo Stato e la Regione Sardegna attraverso il rinvio alle procedure di cui all’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione);

che il 17 settembre 2014 la Regione ricorrente ha depositato copia dell’accordo raggiunto, in data 21 luglio 2014, con il Ministero dell’economia e delle finanze, con il quale le parti hanno inteso regolare i rapporti economico finanziari tra Stato e Regione, prevedendo, fra l’altro, l’impegno della Regione a ritirare tutti i ricorsi contro lo Stato pendenti dinnanzi alle diverse giurisdizioni, relativi alle impugnative di leggi o di atti consequenziali in materia di finanza pubblica;

che, pertanto, con atto depositato in cancelleria in data 23 gennaio 2015 la Regione autonoma Sardegna ha rinunciato all’impugnazione dell’art. 11, comma 5-bis, del d.l. n. 35 del 2013;

che la rinuncia è stata accettata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, con atto depositato in cancelleria in data 26 febbraio 2015;

che all’avvenuta accettazione della rinuncia al ricorso consegue l’estinzione del processo, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, secondo cui «la rinuncia al ricorso, qualora sia accettata da tutte le parti costituite, estingue il processo».

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separata pronuncia la decisione delle questioni di legittimità costituzionale riguardanti le altre disposizioni contenute nel decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 giugno 2013, n. 64,

dichiara l’estinzione del processo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 marzo 2015.

F.to:

Alessandro CRISCUOLO, Presidente

Giuliano AMATO, Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 16 aprile 2015.