Sentenza n. 264 del 2014

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SENTENZA N. 264

ANNO 2014

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                               Presidente

-           Giuseppe                     FRIGO                                               Giudice

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                          ”

-           Paolo                           GROSSI                                                   ”

-           Giorgio                        LATTANZI                                              ”

-           Aldo                            CAROSI                                                   ”

-           Marta                           CARTABIA                                             ”

-           Sergio                          MATTARELLA                                       ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                                ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            ”

-           Giuliano                       AMATO                                                   ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 19 dicembre 2008, relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall’onorevole Enrico La Loggia nei confronti dei dottori Claudio Fancelli, Mariella Roberti e Andrea Scaldaferri, promosso dalla Corte d’appello di Milano, seconda sezione civile, con ricorso notificato il 19 novembre 2013, depositato in cancelleria il 23 dicembre 2013 ed iscritto al n. 7 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2013, fase di merito.

         Uditi nell’udienza pubblica del 4 novembre 2014 il Presidente Paolo Maria Napolitano e il giudice relatore Paolo Grossi che constatano la assenza della parte ricorrente.

Ritenuto in fatto

1.− Con ricorso del 12 febbraio – 19 marzo 2013, la Corte d’appello di Milano, seconda sezione civile, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in ordine alla deliberazione del 19 dicembre 2008 con la quale − in accoglimento della proposta della Giunta per le autorizzazioni  (doc. IV-ter, n. 3-A) − si è stabilito che le dichiarazioni del deputato Enrico La Loggia − in relazione alle quali, nel giudizio civile pendente davanti a detto giudice, è stata avanzata azione risarcitoria − concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni e sono, pertanto, insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.

Nel ricorso si riferisce che il Tribunale di Milano − investito della domanda proposta dagli attori (tutti magistrati componenti l’Ufficio centrale circoscrizionale estero) nei confronti del deputato Enrico La Loggia, di Paolo Mieli e di R.C.S. Quotidiani spa, per il tenore, ritenuto diffamatorio, delle dichiarazioni contenute nell’articolo intitolato “La Loggiaˮ «Brogli inenarrabili. Abbiamo le prove. Vittoria alle elezioni»,  pubblicato sul quotidiano Corriere della Sera del 18 giugno 2006 [«Abbiamo le prove di averle vinte. Controllando verbali e schede, soprattutto all’estero, abbiamo la certezza di brogli inenarrabili. Alcuni magistrati che hanno firmato il verbale si sono resi colpevoli del reato gravissimo, cioè di falsare il risultato elettorale. Hanno quindi certificato il falso.»] − aveva rigettato la domanda a seguito della deliberazione d’insindacabilità adottata dalla Camera dei deputati, senza sollevare conflitto di attribuzione.

Avverso la sentenza di primo grado gli attori avevano proposto appello per ottenerne la riforma, sollecitando tuttavia un ricorso per conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati.

Contestando la fondatezza dell’impugnazione, l’appellato aveva, invece, ribadito la connessione tra le questioni affrontate nell’articolo giornalistico e «gli specifici contenuti delle funzioni della Camera in termini di controllo dei risultati elettorali, particolarmente complessi per la Circoscrizione Estero».

Dopo aver affermato l’ammissibilità del gravame e il convincimento che «il potere valutativo sia stato dalla Camera», nella specie, non «legittimamente esercitato a motivo dell’inesistenza nella condotta del parlamentare del necessario nesso funzionale fra le opinioni espresse e l’esercizio di funzioni parlamentari» (secondo anche gli indirizzi della più recente, e richiamata, giurisprudenza costituzionale), la Corte ricorrente ha lamentato la lesione di attribuzioni costituzionalmente garantite (artt. 24, 101 e 102 Cost.), sul presupposto che spetti all’autorità giudiziaria ordinaria la cognizione sull’«effettiva idoneità» delle dichiarazioni in discussione «a integrare o meno l’illecito dedotto in causa».

A parere del ricorrente, infatti, non sarebbe «dato ravvisare il suddetto nesso funzionale alla stregua degli elementi addotti dalla difesa dell’appellato e della documentazione da questo prodotta», posto che: 1) l’appellato «richiama nei propri atti difensivi i lavori della Giunta delle elezioni della quale egli non faceva parte e produce il resoconto stenografico della seduta del 28 giugno 2006 dello stesso organo»; 2) «l’appellato non menziona né documenta alcuna sua propria attività parlamentare e nessuna opinione da lui direttamente espressa nell’ambito dei lavori parlamentari concernenti il dibattito relativo alla regolarità delle operazioni di voto degli italiani all’estero»; 3) «nessuna indicazione in proposito neppure è contenuta nella relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere né nella deliberazione della Camera dei deputati».

Su questa base, le dichiarazioni in discorso, per quanto «certamente attinenti ad un generale contesto politico», dovrebbero ritenersi «prive di alcun nesso funzionale con atti rientranti nel mandato parlamentare» e dunque «rese al di fuori dell’esercizio di attività funzionale riconducibile alla qualità di membro della Camera dei deputati». 

Da ciò la decisione di sollevare conflitto di attribuzione, con la richiesta che si «dichiari che non spettava alla Camera dei deputati il potere di qualificare come insindacabili le dichiarazioni rilasciate dall’on. Enrico La Loggia nell’intervista giornalistica pubblicata sul quotidiano “Il Corriere della Seraˮ in data 18 giugno 2006, in quanto esercitato al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 68, primo comma, Cost.» e che, per l’effetto, si «annulli la relativa deliberazione della Camera dei deputati adottata in data 19 dicembre 2008».

2.− Il ricorso, dichiarato ammissibile con l’ordinanza n. 262 del 2013, risulta, insieme a quest’ultima, ritualmente notificato.

3.− La Camera dei deputati non si è costituita in giudizio.

Considerato in diritto

1.– La Corte d’appello di Milano solleva conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in riferimento alla deliberazione assunta dall’Assemblea il 19 dicembre 2008, con la quale è stata affermata l’insindacabilità, a norma dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle dichiarazioni rese dal deputato Enrico La Loggia e pubblicate sul quotidiano Corriere della Sera  il 18 giugno 2006, a seguito delle quali è stato promosso giudizio civile nei confronti dello stesso deputato, attualmente pendente davanti alla medesima Corte territoriale che ha proposto il conflitto.

Sottolinea l’atto di ricorso che l’oggetto della domanda risarcitoria, promossa dagli attori nella qualità di magistrati componenti l’Ufficio centrale circoscrizionale estero, è connesso alla portata asseritamente diffamatoria di quelle dichiarazioni, contenute in un articolo intitolato “La Loggiaˮ: «Brogli inenarrabili. Abbiamo le prove. Vittoria alle elezioni», nel corpo del quale si affermava: «Abbiamo le prove di averle vinte. Controllando verbali e schede, soprattutto all’estero, abbiamo certezza di brogli inenarrabili. Alcuni magistrati che hanno firmato il verbale si sono resi colpevoli del reato gravissimo, cioè di falsare il risultato elettorale. Hanno quindi certificato il falso».

Assume, al riguardo, la Corte ricorrente che, sulla base della giurisprudenza costituzionale formatasi in materia, non può ravvisarsi, nel caso di specie, la sussistenza di alcun “nesso funzionale” tra le opinioni espresse dal parlamentare e gli atti di esercizio della relativa funzione: alla luce, infatti, degli elementi addotti dalla difesa, l’appellato avrebbe omesso di indicare e documentare una propria attività parlamentare ovvero opinioni espresse nell’ambito del dibattito relativo alla regolarità delle operazioni di voto degli italiani all’estero.

Né elementi in tal senso sarebbero desumibili tanto dalla relazione della Giunta per le autorizzazioni quanto dalla conseguente deliberazione della Camera dei deputati, con la quale la proposta della Giunta è stata approvata.

2.– Il ricorso è stato dichiarato ammissibile con ordinanza n. 262 del 2013, ritualmente notificata, a cura del ricorrente, alla Camera dei deputati e successivamente depositata, entro il termine assegnato, presso la cancelleria di questa Corte, con la prova della avvenuta notificazione.

Malgrado la ritualità degli adempimenti, non si è instaurato contraddittorio alcuno, non essendosi la Camera costituita nel giudizio davanti a questa Corte.

3.– Il ricorso è fondato. Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, infatti, il “nesso funzionale” che deve sussistere tra le dichiarazioni divulgative rese extra moenia da un membro del Parlamento e l’attività parlamentare propriamente intesa, «non può essere visto come un semplice collegamento di argomento o di contesto politico fra l’una e l’altra, ma come identificabilità della dichiarazione quale espressione della attività parlamentare, postulandosi anche, a tal fine, una sostanziale contestualità tra i due momenti, a testimonianza dell’unitario alveo “funzionaleˮ che le deve, appunto, correlare» (sentenza n. 313 del 2013, con rinvio, tra le tante, alla sentenza n. 82 del 2011).

D’altra parte, poiché la garanzia dell’insindacabilità opera specificamente in relazione “all’esercizioˮ delle funzioni medesime, qualsiasi diversa lettura dilaterebbe il perimetro costituzionalmente tracciato, generando un’immunità non più soltanto funzionale ma, di fatto, sostanzialmente “personaleˮ, a vantaggio di chi sia stato eletto membro del Parlamento. Nella stessa ottica si pone, del resto, l’orientamento espresso dalla Corte europea dei diritti dell’uomo in base al quale, in riferimento al diritto di accesso a un tribunale da parte di privati cittadini, deve considerarsi estraneo alla garanzia dell’insindacabilità un comportamento che non sia connesso «all’esercizio di funzioni parlamentari stricto sensu» (sentenza n. 313 del 2013; nello stesso senso, sentenza n. 221 del 2014).

La preclusione che, in ipotesi, può generarsi per l’esercizio della funzione giurisdizionale e, con essa, per la salvaguardia del fondamentale diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi scaturisce, in via diretta ed immediata, dalla deliberazione della Camera competente che affermi la sussistenza della prerogativa di cui all’art. 68, primo comma, Cost. Ne deriva che gli elementi di fatto a sostegno del richiamato “nesso funzionale” tra le opinioni del parlamentare e gli eventuali atti divulgativi extra moenia non possono che derivare dalle “allegazioni” che la Camera stessa ha l’onere di indicare o di produrre: diversamente, le valutazioni circa l’applicabilità in concreto dell’art. 68, primo comma, Cost. – in riferimento a una prerogativa riconosciuta proprio a presidio del pieno e libero esercizio delle attribuzioni parlamentari – finirebbero per restare affidate ad un mero enunciato assertivo o attestativo, insuscettibile, tra l’altro, di qualsiasi controllo “esterno”, sotto il profilo della competenza, ad opera del Giudice dei conflitti.

4.– Ebbene, nella specie, la relazione che ha accompagnato la proposta della Giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati si limita a ritenere che «le dichiarazioni di Enrico La Loggia possano rientrare nella prerogativa dell’insindacabilità in quanto pertinenti a un’ampia polemica politica che ha avuto strascichi giornalistici assai prolungati, relativa all’esito delle elezioni politiche del 2006», considerando ciò sufficiente «per inquadrare la fattispecie nell’ordinaria dialettica politica e quindi nell’insindacabilità parlamentare», senza operare alcun richiamo ad atti in qualche modo riconducibili alle funzioni del parlamentare interessato o alla sua stessa persona; così come nessun richiamo ad atti tipici parlamentari dello stesso è contenuto negli interventi susseguitisi in sede di discussione in Assemblea, nella seduta del 19 dicembre 2008, all’esito della quale la proposta della Giunta è stata approvata.

Del resto, la mancata costituzione in giudizio della Camera dei deputati ha obiettivamente impedito di acquisire al contraddittorio processuale, in replica alla contestazione del ricorrente, le ragioni a sostegno della deliberazione di insindacabilità ritenute rilevanti sul piano delle competenze costituzionali.

La deliberazione impugnata deve, dunque, per l’effetto, essere annullata, a seguito della correlativa dichiarazione di non spettanza del potere, per come esercitato.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara che non spettava alla Camera dei deputati affermare che le dichiarazioni rese dall’onorevole Enrico La Loggia, per le quali pende procedimento civile davanti alla Corte d’appello di Milano, di cui al ricorso indicato in epigrafe, costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

2) annulla, per l’effetto, la deliberazione di insindacabilità adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 19 dicembre 2008 (atto Camera, doc. IV-ter, n. 3-A).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 novembre 2014.

F.to:

Paolo Maria NAPOLITANO, Presidente

Paolo GROSSI, Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 26 novembre 2014.