Sentenza n. 222 del 2014

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SENTENZA N. 222

ANNO 2014

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Sabino                     CASSESE                                                      Presidente

- Giuseppe                 TESAURO                                                       Giudice

- Paolo Maria             NAPOLITANO                                                    ”

- Giuseppe                 FRIGO                                                                  ”

- Alessandro              CRISCUOLO                                                       ”

- Paolo                       GROSSI                                                                ”

- Giorgio                    LATTANZI                                                           ”

- Aldo                        CAROSI                                                                ”

- Marta                      CARTABIA                                                          ”

- Sergio                      MATTARELLA                                                    ”

- Mario Rosario         MORELLI                                                             ”

- Giancarlo                CORAGGIO                                                         ”

- Giuliano                  AMATO                                                                ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei  deputati del 22 settembre 2010 (atti Camera, doc. IV-ter, nn. 8/A, 13/A e 17/A), relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall’on. Silvio Berlusconi nei confronti dell’on. Antonio Di Pietro, promosso dal Giudice di pace di Viterbo, con ricorso notificato il 18 luglio 2013, depositato in cancelleria l’8 agosto 2013 ed iscritto al n. 3 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2013, fase di merito.

Visto l’atto di intervento di Di Pietro Antonio;

udito nell’udienza pubblica dell’8 luglio 2014 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli;

udito l’avvocato Maria Raffaella Talotta per Di Pietro Antonio.

Ritenuto in fatto

1.− Con ordinanza-ricorso del 9 gennaio 2013, depositata il successivo 7 febbraio, il Giudice di pace di Viterbo ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in ordine alla deliberazione del 22 settembre 2010 (atti Camera, doc. IV-ter, nn. 8/A, 13/A e 17/A), con cui la Camera dei deputati ha affermato che le dichiarazioni in relazione alle quali è in corso davanti a detto Giudice procedimento penale nei confronti del [l’allora] deputato Silvio Berlusconi per il reato di diffamazione (art. 595, commi primo e secondo, del codice penale), rese dal predetto sul conto di Antonio Di Pietro, nel corso di un comizio tenuto presso il palazzetto dello sport di Viterbo il 26 marzo 2008, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni e sono pertanto insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

Secondo quanto riferito dal medesimo giudice: a) Antonio Di Pietro, in data 21 giugno 2008, sporgeva querela nei confronti di Silvio Berlusconi, in relazione alle suindicate dichiarazioni e le frasi che sarebbero state pronunciate, «come riportate nel capo d’imputazione, sono del seguente tenore: “Di Pietro si è laureato grazie ai Servizi, perché non è possibile che l’abbia preso uno che parla così l’italiano […] a Montenero di Bisaccia nessuno sapeva che si stava laureando, nemmeno i suoi genitori […]. Mi fa orrore non tanto perché ha problemi con i congiuntivi, ma perché non rispetta gli altri, ha mandato in galera italiani senza prove […]. Ho orrore di Di Pietro, rappresenta il peggio del peggio. Mi fa orrore perché non rispetta le persone, ha mandato in galera italiani senza avere alcuna prova”»; b) il Pubblico ministero citava in giudizio Silvio Berlusconi per il reato di cui all’art. 595, primo e secondo comma, cod.pen., e, disposta dal Giudice di pace di Viterbo la trasmissione degli atti alla Camera dei deputati, il Presidente di quest’ultima comunicava che l’Assemblea, con atto del 22 settembre 2010, aveva deliberato che le dichiarazioni, per le quali era in corso il processo penale, concernevano opinioni espresse da un membro del Parlamento, nell’esercizio delle proprie funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost.; c) il Giudice di pace [in persona di magistrato diverso dal ricorrente], con sentenza del 5 ottobre 2010, dichiarava Silvio Berlusconi non punibile per il reato di diffamazione in danno di Antonio Di Pietro, per aver agito nell’esercizio della funzione parlamentare; d) avverso detta pronuncia proponeva ricorso per cassazione il P.M. e la Corte di legittimità, con sentenza del 10 maggio 2012, n. 17700, annullava con rinvio la pronuncia impugnata, per omessa valutazione dei presupposti che consentono di ritenere coperte dall’esimente dichiarazioni rese, come nella specie, extra moenia dal parlamentare.

Ciò premesso, il ricorrente ritiene che la suindicata delibera della Camera dei deputati «ecceda la sfera di attribuzioni» di quest’ultima e comporti «una compressione della sfera di attribuzioni della magistratura regolata dagli artt. 102 e ss. Cost.», in quanto l’insindacabilità delle opinioni espresse da un membro del Parlamento extra moenia presuppone un nesso funzionale che le colleghi all’esercizio di attività parlamentari, ed un tal nesso non sussisterebbe, invece, tra l’attività del deputato Silvio Berlusconi e le frasi per cui è processo, poiché esse «non possono essere considerate manifestazione di un’opinione avente carattere politico o di rilievo parlamentare, in quanto hanno ad oggetto fatti riguardanti la professione di magistrato svolta da Di Pietro, prima di intraprendere la carriera politica, da quest’ultimo ritenuti falsi e quindi lesivi della sua reputazione e, vertendo su fatti concreti, non sarebbe applicabile l’art. 68, primo comma, Cost.».

I richiami contenuti nella deliberazione della Giunta per le autorizzazioni alla situazione di conflitto e di contrapposizione politica esistente tra le parti sarebbero, poi inconferenti, poiché questa non sarebbe inerente all’attività parlamentare e, quindi, sarebbe palese lo sconfinamento della deliberazione dalla sfera di attribuzioni riservata alla Camera dei deputati, la quale avrebbe proceduto a valutare la fondatezza nel merito dell’accusa, che spetta invece alla magistratura.

Da qui la richiesta di  annullamento della impugnata delibera di insindacabilità.

2.− Il conflitto è stato dichiarato ammissibile con ordinanza di questa Corte n. 151 del 2013.

3.− La Camera dei deputati non si è costituita.

4.− Ha depositato in data 17 settembre 2013 atto di intervento l’on. Antonio Di Pietro, con cui − premessa la legittimità dello stesso intervento, perché «il presente giudizio […] incide sulla definitiva affermazione o negazione del […] diritto delle parti intervenienti di proseguire il giudizio pendente» – chiede, in accoglimento del ricorso proposto dal Giudice di pace penale di Viterbo, di dichiarare che non spettava alla Camera dei deputati deliberare che le dichiarazioni in questione costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni ex art. 68, primo comma, Cost. E tale conclusione ribadisce, ulteriormente argomentandola, con memoria depositata il 17 giugno 2014.

Considerato in diritto

1.−  Come più ampiamente riferito nella esposizione dei fatti, il Giudice di pace di Viterbo − presso il quale pende procedimento penale per diffamazione nei confronti del deputato Silvio Berlusconi, in relazione a frasi di contestato contenuto offensivo, da questi pronunciate, sul conto del deputato Antonio Di Pietro, nel corso di un comizio tenuto in quella città il 26 marzo 2008 – ha sollevato, con il ricorso in epigrafe, conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in ordine alla deliberazione del 22 settembre 2010  (atti Camera, doc. IV-ter, nn. 8/A, 13/A e 17/A), con cui la Camera dei deputati ha affermato che le dichiarazioni oggetto di quel processo concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni e sono, pertanto, insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.

2.− Il conflitto è stato dichiarato ammissibile da questa Corte, con ordinanza n. 151 del 2013, che preliminarmente, va ora confermata.

3.− In questa fase di merito non si è costituita la Camera dei deputati.

È intervenuto − con argomentazioni a sostegno della fondatezza del ricorso − il dottor Antonio Di Pietro, il cui intervento è ammissibile, in quanto proveniente da soggetto che è parte civile nel processo penale cui si riferisce la delibera della Camera oggetto del presente conflitto (ex plurimis, sentenze n. 305 del 2011, n. 195 del 2007 e n. 386 del 2005).

4.− Il ricorso è fondato.

4.1.− L’odierno conflitto ha ad oggetto la medesima delibera del 22 settembre 2010, con cui la Camera dei deputati ha, contestualmente, escluso la sindacabilità anche delle affermazioni – di contenuto sostanzialmente identico a quelle pronunciate nel ricordato comizio tenuto in Viterbo – reiterate dal medesimo Berlusconi, a pochi giorni di distanza, nella trasmissione RAI «Porta a porta»: in relazione alle quali – in altro processo civile, per risarcimento danni, intentato dall’on. Di Pietro – l’adito Tribunale ordinario di Roma ha sollevato, a sua volta, conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati, conflitto già deciso con sentenza n. 221 del 2014.

Le motivazioni che, nel giudizio concluso dalla predetta sentenza, hanno condotto all’accoglimento del ricorso proposto dal Tribunale ordinario di Roma, valgono ora, ad identico fine, rispetto al ricorso proposto dal Giudice di pace di Viterbo.

Nella relazione della Giunta delle autorizzazioni, votata dall’Assemblea, si legge, infatti, che, l’espressione «il signor Di Pietro non è solo un uomo che mi fa orrore, perché non rispetta gli altri e perché ha scaraventato in galera, rovinando delle vite degli altri cittadini» andrebbe ricondotta «all’alveo delle opinioni politiche sull’“avversario” […] diventato leader di un partito antagonista» e che, allo stesso modo, i «dubbi» avanzati dal parlamentare sulla «validità» della laurea dell’on. Di Pietro «esprimere[bbero] un proprio soggettivo giudizio negativo sulla qualità della preparazione universitaria del collega Di Pietro allo scopo di distrarre i cittadini dall’orientare verso di lui il proprio consenso».

Una tale finalità, contrariamente a quanto ritenuto dalla Camera, non è certamente, però, divulgativa di attività tipica del parlamentare, né è, in alcun modo o per alcun profilo, ricollegabile all’esercizio di funzioni parlamentari, perché esauritasi  nella sfera, a dette funzioni estranea, di una competizione elettorale.

4.2.− La delibera per cui è conflitto risulta, quindi, adottata dalla Camera dei deputati in violazione dell’art. 68, primo comma, Cost., ledendo le attribuzioni dell’autorità giudiziaria, e va, pertanto, annullata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara che non spettava alla Camera dei deputati affermare che le dichiarazioni rese dall’onorevole Silvio Berlusconi, per le quali pende il procedimento penale davanti al Giudice di pace di Viterbo, di cui al ricorso indicato in epigrafe, costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

2) annulla, per l’effetto, la delibera di insindacabilità adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 22 settembre 2010 (atti Camera, doc. IV-ter, nn. 8/A, 13/A e 17/A).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 2014.

F.to:

Sabino CASSESE, Presidente

Mario Rosario MORELLI, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2014.