Sentenza n. 213 del 2014

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SENTENZA N. 213

ANNO 2014

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Sabino                        CASSESE                              Presidente

-           Paolo Maria                NAPOLITANO                     Giudice

-           Giuseppe                    FRIGO                                           ”

-           Alessandro                 CRISCUOLO                                ”

-           Paolo                          GROSSI                                        ”

-           Aldo                           CAROSI                                        ”

-           Marta                          CARTABIA                                  ”

-           Sergio                         MATTARELLA                            ”

-           Mario Rosario             MORELLI                                     ”

-           Giancarlo                    CORAGGIO                                 ”

-           Giuliano                      AMATO                                        ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 15 aprile 1991, n. 10 (Espropriazioni per causa di pubblica utilità per tutte le materie di competenza provinciale), sostituito dall’art. 38, comma 7-bis (recte: comma 7), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 10 giugno 2008, n. 4 (Modifiche di leggi provinciali in vari settori e altre disposizioni), promosso dalla Corte di cassazione nei procedimenti vertenti tra Coldereiser srl ed altro e la Provincia autonoma di Bolzano ed altri, con ordinanza del 14 settembre 2012, iscritta al n. 285 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell’anno 2012.

Visto l’atto di costituzione di Coldereiser srl;

udito nell’udienza pubblica del 20 maggio 2014 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.

Ritenuto in fatto

1.– La Corte di cassazione, con ordinanza del 14 settembre 2012 (r.o. n. 285 del 2012), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 42, terzo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 15 aprile 1991, n. 10 (Espropriazioni per causa di pubblica utilità per tutte le materie di competenza provinciale), come sostituito dall’art. 38, comma 7-bis (recte: comma 7), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 10 giugno 2008, n. 4 (Modifiche di leggi provinciali in vari settori e altre disposizioni).

1.1.– La rimettente espone che, in sede di giudizio di opposizione alla stima proposto dal sig. E.P. nei confronti di Coldereiser srl, la Corte d’appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, con sentenza del 22 marzo 2005, ha liquidato, in favore dell’attore, la somma di euro 42.151,20 a titolo di indennità per l’imposizione di una servitù di pista da sci su un terreno di 16.212 mq di proprietà di quest’ultimo, situato nel territorio di Santa Cristina Valgardena, nonché la somma di euro 648,48 annui a titolo di risarcimento per le perdite di raccolto passate e future; che, ad avviso della Corte trentina, doveva farsi applicazione dell’art. 9 della legge provinciale 26 febbraio 1981, n. 6 (Ordinamento piste da sci), non abrogata, ma solo modificata per effetti marginali dai commi 1 e 2 dell’art. 10 della legge prov. n. 10 del 1991; che, pertanto, l’indennità andava liquidata in misura pari al 10 per cento del valore del terreno; che detto valore andava calcolato alla stregua dei criteri di classificazione emergenti dall’art. 8 della legge prov. n. 10 del 1991 e che, trattandosi di suolo destinato ad insediamento produttivo, l’indennità doveva essere rapportata al valore di mercato dell’immobile, stimato in euro 26 al mq.

La citata sentenza della Corte d’appello di Trento è stata impugnata dalla società Coldereiser srl con ricorso per cassazione articolato su tre motivi, cui E.P. ha resistito con controricorso, proponendo, al contempo, ricorso incidentale condizionato.

Con il primo motivo – come riferito dalla Corte di cassazione – la ricorrente principale ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della legge prov. Bolzano n. 10 del 1991, ritenendo che, nella specie, non dovesse farsi applicazione dell’art. 9 della legge prov. n. 6 del 1981 che determina in una percentuale fissa la diminuzione del valore dell’immobile soggetto a servitù di pista da sci, bensì del citato art. 10 della legge prov. Bolzano n. 10 del 1991, la quale prevede la determinazione di detta percentuale ad opera di apposita commissione istituita ai sensi dell’art. 11 della legge medesima – commissione che, nel caso di specie, aveva ritenuto la perdita di valore del terreno di proprietà di E.P. pari al 7 per cento.

Con il secondo motivo, la società ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 10 della legge prov. Bolzano n. 10 del 1991 e dell’art. 5-bis del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica) convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 8 agosto 1992, n. 359, nonché vizio di motivazione della sentenza impugnata. A sostengo delle dette censure, la ricorrente ha osservato che: 1) il terreno oggetto di causa, alla data di emissione del decreto di asservimento, era situato in zona “verde alpino” ad altitudine superiore ai 1600 metri sul livello del mare e, perciò, soggetto a vincolo generale di inedificabilità, ai sensi dell’art. 1 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 25 luglio 1970, n. 16 (Tutela del paesaggio), come modificato dall’art. 1 della legge provinciale 23 dicembre 1987, n. 35 (Integrazione della legge provinciale 25 luglio 1970, n. 16 modificata dalla legge provinciale 19 settembre 1973, n. 37, sulla tutela del paesaggio); 2) che, con sentenza n. 80 del 1996, la Corte costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1, della legge prov. Bolzano n. 10 del 1991 nella parte in cui determinava l’indennità di espropriazione con criterio non adeguato alla distinzione, introdotta dall’art. 5-bis del d.l. n. 333 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 359 del 1992 tra terreni edificabili e terreni agricoli o non edificabili; 3) che la Corte territoriale avrebbe dovuto tenere conto della predetta distinzione e stimare il terreno con riguardo alla sua classificazione agricola.

Con il terzo motivo, infine, Coldereiser srl ha dedotto la contraddittorietà del dispositivo rispetto alla motivazione della sentenza quanto alla liquidazione dell’indennità annuale, riconosciuta all’attore a titolo di risarcimento dei danni (indicata nella somma di euro 648,48 nel dispositivo, e di euro 486,36 in motivazione).

Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato – riferisce ancora la rimettente – E.P. ha denunciato la violazione dell’art. 10 della legge prov. Bolzano n. 10 del 1991, rilevando che, nell’ipotesi in cui l’art. 9 della legge prov. n. 6 del 1981 dovesse ritenersi effettivamente abrogato dalla citata legge prov. n. 10 del 1991, risulterebbe inadeguata la percentuale di riduzione del valore del fondo del 10 per cento stabilita dalla Corte d’appello, stante la determinazione della stessa ad opera del CTU nella misura del 50 per cento.

1.2.– La Corte di cassazione richiama il contenuto dell’art. 8, comma 3, della legge prov. Bolzano n. 10 del 1991, come sostituito dall’art. 38, comma 7-bis (recte: comma 7) della legge prov. Bolzano n. 4 del 2008, che dispone: «L’indennità di espropriazione per le aree non edificabili consiste nel giusto prezzo da attribuire, entro i valori minimi e massimi stabiliti dalla Commissione di cui all’articolo 11, all’area quale terreno agricolo considerato libero da vincoli di contratti agrari, secondo il tipo di coltura in atto al momento dell’emanazione del decreto di cui all’articolo 5».

Ad avviso della rimettente, la censurata disposizione normativa, che non appare suscettibile di un’interpretazione diversa da quella letterale, stabilisce un criterio di determinazione delle indennità dei suoli non edificabili – nei quali devono ritenersi necessariamente compresi i suoli agricoli – situati nel territorio della Provincia autonoma di Bolzano, del tutto disancorato dal loro effettivo valore di mercato.

La Corte di cassazione osserva che, per quanto non possa escludersi che il valore di mercato e quello agricolo minimo o massimo di tali categorie di immobili siano talvolta, in concreto, coincidenti, molto spesso il primo valore risulta (anche notevolmente) superiore al secondo, in quanto l’appetibilità di un terreno sul mercato non dipende solo dalla sua edificabilità, ma da molteplici altri fattori, quali, in primo luogo, la sua posizione e le concrete possibilità di un suo sfruttamento per fini diversi dalla coltivazione.

Il giudice a quo reputa le sollevate questioni di legittimità costituzionale rilevanti nel giudizio a quo, e non manifestamente infondate, stante la apparente fondatezza del secondo motivo di ricorso con il quale Coldereiser srl ha lamentato l’erroneità dell’individuazione, da parte della Corte d’appello, del criterio di determinazione dell’indennità di asservimento del terreno oggetto di causa che non sarebbe stato valutato come agricolo.

La rimettente riferisce che la Corte di merito ha ritenuto l’area in oggetto caratterizzata da «intrinseca capacità produttiva di tipo non agricolo» e ha affermato che doveva farsi applicazione dell’art. 8, comma 5, della legge prov. Bolzano n. 10 del 1991, secondo il quale per le «aree su cui esistono edifici, impianti o opere di urbanizzazione l’indennità consiste nel giusto prezzo che l’area avrebbe avuto in una libera contrattazione di compravendita al momento di emissione del decreto».

La Corte di cassazione aggiunge che, ad avviso della Corte d’appello, sebbene i terreni in oggetto fossero inclusi in una zona destinata a “verde alpino” e sugli stessi non esistessero edifici, impianti od opere di urbanizzazione, la loro naturale predisposizione all’uso quale pista da sci aveva impresso agli stessi la qualifica di aree contraddistinte da un’evidente produttività di tipo industriale prevalente sulla trascurabile destinazione agricola. Inoltre, sempre secondo la Corte di merito, l’autentico e fondamentale fattore produttivo sarebbe stato rappresentato proprio dai terreni aventi le richieste caratteristiche strutturali (connotati morfologici tali da renderli idonei alla realizzazione di piste da sci e compatibili con le esigenze ambientali), mentre gli impianti di risalita assolvevano ad una funzione strumentale e secondaria.

La Corte di cassazione evidenzia come, secondo la giurisprudenza di legittimità, l’art. 8, comma 5, della citata legge prov. n. 10 del 1991 si riferisca soltanto alle aree sulle quali siano stati costruiti edifici ed installate attrezzature od opere di urbanizzazione tali da avere impresso al terreno una stabile trasformazione – così da rendere attuali le originarie potenzialità edificatorie del terreno medesimo – e non già a qualunque fondo (anche non edificatorio) sul quale sussista un qualsiasi manufatto assimilabile a quelli indicati dalla norma (Corte di cassazione, prima sezione civile, sentenza 3 giugno 2010, n. 13461).

La rimettente osserva che il suolo asservito nel giudizio principale risultava classificato nel piano urbanistico comunale, adottato il 24 settembre 1997 e vigente alla data di emissione del decreto di asservimento (21 dicembre 2002), come «verde alpino, prato di montagna», «destinato all’esercizio della pratica sportiva invernale».

Si trattava, dunque, secondo la Corte di cassazione, di un terreno sul quale era vietata «qualsiasi edificazione ad esclusione dei lavori strettamente necessari per l’allestimento e la manutenzione delle piste» e che non poteva essere equiparato, ai fini della stima dell’indennità, alle aree su cui esistono edifici, impianti od opere di urbanizzazione.

La rimettente ritiene, dunque, fondato il motivo di ricorso con il quale Coldereiser srl ha lamentato la mancata valutazione del terreno in oggetto come agricolo.

Ad avviso della Corte di cassazione, la sentenza impugnata andrebbe cassata e la causa rinviata al giudice del merito per la determinazione dell’indennità in base al criterio di cui all’art. 8, comma 3, della legge prov. Bolzano n. 10 del 1991, essendo irrilevante che la ricorrente abbia erroneamente individuato la norma violata nell’art. 5-bis del d.l. n. 333 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 359 del 1992.

Infatti, il testo dell’art. 8 della legge prov. Bolzano n. 10 del 1991, vigente alla data di emanazione della sentenza impugnata, era già stato modificato dall’art. 18 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 30 gennaio 1997, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l’anno finanziario 1997 e per il triennio 1997-1999 e norme legislative collegate – legge finanziaria 1997), il quale, recependo il dettato della sentenza della Corte costituzionale n. 80 del 1996, vi aveva introdotto la distinzione tra suoli edificabili e suoli agricoli e il comma 3, del medesimo articolo, all’epoca vigente, già prevedeva che per le aree non edificabili l’indennità di espropriazione andasse commisurata al giusto prezzo – entro i valori minimi e massimi stabiliti da una apposita commissione – da attribuire all’area quale terreno agricolo considerato libero da vincoli contrattuali agrari e secondo il tipo di coltura in atto al momento dell’emanazione del decreto di esproprio o di asservimento.

La rimettente riferisce che – secondo quanto dedotto dalla società ricorrente e confermato dalla CTU disposta in corso di causa – il valore agricolo determinato dalla commissione provinciale per il tipo di coltura (malga) praticata sul fondo oggetto di causa, oscillava tra un minimo di euro 0,60 e un massimo di euro 0,80 a mq.

Ne conseguirebbe, alla stregua della disciplina vigente, la liquidazione da parte della Corte territoriale, in favore di E.P., di un’indennità irrisoria rispetto a quella determinata in base al valore di mercato del suolo, stimato dal giudice di merito in euro 26 al mq.

1.3.– In punto di non manifesta infondatezza la rimettente, dunque, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, della legge prov. Bolzano n. 10 del 1991, come sostituito dall’art. 38, comma 7-bis (recte: comma 7) della legge prov. Bolzano n. 4 del 2008, in riferimento agli artt. 3, 42, terzo comma, e 117, primo comma, Cost.

La rimettente ravvisa la violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con le norme internazionali convenzionali ed, in particolare, con l’art. 1 del primo protocollo addizionale della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, nell’interpretazione datane dalla Corte di Strasburgo, secondo cui una misura che costituisce un’ingerenza nel diritto al rispetto dei beni di una persona fisica o giuridica deve realizzare “un giusto equilibrio” tra le esigenze di interesse generale della comunità ed il principio della salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali.

Secondo la Corte di Strasburgo, la necessità di assicurare siffatto “equilibrio” concerne tutto il contenuto dell’art. 1 del primo protocollo addizionale: infatti, la disposizione relativa alla impossibilità di privare qualcuno della sua proprietà, se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale, dovrebbe essere letta alla luce del principio del diritto di ognuno al rispetto dei beni di sua proprietà (Corte EDU, sezione prima, sentenza 9 marzo 2006, n. 10162 Eko-EldaAvee contro Grecia). Al fine di stabilire se le misure adottate da uno Stato nell’interesse generale garantiscano un giusto equilibrio e non riversino sul proprietario un peso sproporzionato, occorrerebbe prendere in considerazione le modalità di indennizzo previste dalle leggi interne.

La rimettente evidenzia che secondo la giurisprudenza della Corte di Strasburgo: 1) senza il versamento di una somma ragionevole in rapporto al valore del bene, la privazione della proprietà che si realizza attraverso l’espropriazione costituisce normalmente un’ingerenza eccessiva con violazione dell’art. 1 del primo protocollo addizionale; 2) in caso di espropriazione isolata di un terreno, soltanto un indennizzo integrale può essere considerato ragionevole, mentre la mancanza di un indennizzo integrale, ai sensi dell’art. 1 del primo protocollo addizionale, può giustificarsi soltanto in presenza di obiettivi legittimi di pubblica utilità che perseguono misure di riforma economica o di giustizia sociale (Corte EDU, sezione prima, sentenze n. 10162 del 2006 e 29 luglio 2004, n. 36913, Scordino contro Italia).

La Corte di cassazione, in definitiva, ritiene che la norma censurata si ponga in contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., per violazione dell’art. 1 del primo protocollo addizionale nell’interpretazione datane dalla Corte EDU, in quanto prevede un criterio di determinazione dell’indennità di esproprio dei suoli non edificabili astratto e predeterminato – qual è quello del valore tra un minimo e un massimo attribuito all’area quale terreno agricolo, considerato libero da vincoli di contratti agrari e secondo il tipo di coltura in atto al momento dell’emanazione del decreto di espropriazione o di asservimento – del tutto svincolato dalla considerazione dell’effettivo valore di mercato dei suoli medesimi, senza assicurare, dunque, il versamento all’avente diritto di un indennizzo integrale o quantomeno “ragionevole”.

Per le medesime ragioni, ad avviso della Corte di cassazione, la norma censurata violerebbe anche l’art. 42, terzo comma, Cost., come interpretato costantemente dalla Corte costituzionale (sentenza n. 5 del 1980), nel senso che, pur non essendo il legislatore tenuto ad individuare un unico criterio di determinazione dell’indennità valido per ogni fattispecie espropriativa o ad assicurare l’integrale riparazione della perdita subita dal proprietario espropriato, l’indennità medesima non potrebbe essere meramente simbolica o irrisoria, ma dovrebbe rappresentare un serio ristoro.

La rimettente ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 181 del 2011 – con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 5-bis, comma 4, del d.l. n. 333 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 359 del 1992, in combinato disposto con gli artt. 15, primo comma, secondo periodo, e 16, quinto e sesto comma, della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (Programmi e coordinamento dell’edilizia residenziale pubblica; norme sull’espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alla legge 17 agosto 1942, n. 1150; alla legge 18 aprile 1962, n. 167; alla legge 29 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell’edilizia residenziale, agevolata e convenzionata) – ha affermato che «l’art. 1 del primo protocollo della CEDU, nelle sue proposizioni, si riferisce con previsione chiaramente generale ai beni, senza operare distinzioni in ragione della qualitas rei»; che, come posto in luce nella sentenza n. 348 del 2007, «sia la giurisprudenza della Corte costituzionale italiana sia quella della Corte europea concordano nel ritenere che il punto di riferimento per determinare l’indennità di espropriazione deve essere il valore di mercato (o venale) del bene ablato»; che «tale punto di riferimento non può variare secondo la natura del bene, perché in tal modo verrebbe meno l’ancoraggio al dato della realtà postulato come necessario per pervenire alla determinazione di una giusta indennità».

La Corte di cassazione ritiene che la norma censurata si ponga in contrasto, altresì, con l’art. 3 Cost., in quanto il primo comma del medesimo art. 8, fatte salve le ipotesi di espropriazione finalizzate all’attuazione di interventi di riforma economico-sociale o di edilizia residenziale agevolata, prevede l’indennità di espropriazione per i suoli edificabili situati nel territorio della Provincia autonoma di Bolzano in misura corrispondente al valore di mercato del bene. Pertanto, ad avviso della rimettente, l’adozione del diverso criterio astratto e predeterminato dettato dal terzo comma dell’art. 8 per i suoli agricoli e per i suoli non edificabili, creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra proprietari, non ravvisandosi alcuna plausibile ragione in base alla quale il diritto a percepire un indennizzo commisurato al valore venale dell’area ablata non debba essere riconosciuto anche a coloro che possiedono un terreno senza vocazione edilizia.

2.– Con memoria depositata in data 20 dicembre 2012 si è costituita in giudizio Coldereiser srl, eccependo il difetto di concreta rilevanza delle sollevate questioni di legittimità costituzionale.

Al riguardo, la società ricorrente sottolinea come sia pacifica nel giudizio principale la classificazione nel piano urbanistico comunale del suolo in oggetto come «verde alpino, prato di montagna», sul quale risulta vietata qualsiasi edificazione ad esclusione dei lavori strettamente necessari per l’allestimento e la manutenzione delle piste da sci. La stessa evidenzia che il consulente tecnico d’ufficio nominato nel giudizio di merito ha riferito trattarsi di prati di alta montagna, effettivamente coltivati, costituenti un tipico pascolo montano.

Alla luce di tali risultanze, Coldereiser srl pone in rilievo come l’unica possibilità concreta di sfruttamento dei terreni asserviti sia quella della coltivazione agricola per cui il loro valore di mercato coincide con quello agricolo.

La società ricorrente rileva, inoltre, come il decreto di stima abbia riconosciuto al proprietario dei terreni asserviti la maggiorazione di cui all’art. 13 della legge prov. Bolzano n. 10 del 1991 (per cui l’indennità è stata moltiplicata per il coefficiente 3), con conseguente notevole aumento del valore agricolo dei terreni in oggetto, ben oltre il loro valore di mercato.

Alla luce di tali considerazioni, Coldereiser srl ritiene che le questioni di legittimità costituzionale, nei termini prospettati dal giudice remittente, difettino di concreta rilevanza ai fini della decisione e, comunque, di adeguata motivazione sulla rilevanza stessa.

Considerato in diritto

1.– La Corte di cassazione, con ordinanza del 14 settembre 2012, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 42, terzo comma, 117, primo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 15 aprile 1991, n. 10 (Espropriazioni per causa di pubblica utilità per tutte le materie di competenza provinciale), come sostituito dall’art. 38, comma 7-bis (recte: comma 7), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 10 giugno 2008, n. 4 (Modifiche di leggi provinciali in vari settori e altre disposizioni), che dispone: «L’indennità d’espropriazione per le aree non edificabili consiste nel giusto prezzo da attribuire, entro i valori minimi e massimi stabiliti dalla Commissione di cui all’articolo 11, all’area quale terreno agricolo considerato libero da vincoli di contratti agrari, secondo il tipo di coltura in atto al momento dell’emanazione del decreto di cui all’articolo 5».

Ad avviso della rimettente, la suddetta disposizione violerebbe l’art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con l’art. 1 del primo protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, nell’interpretazione datane dalla Corte di Strasburgo (Corte EDU, sezione prima, sentenze 9 marzo 2006, n. 10162, Eko-EldaAvee contro Grecia e 29 luglio 2004, n. 36913, Scordino contro Italia) – secondo cui una misura che costituisce un’ingerenza nel diritto al rispetto dei beni di una persona fisica o giuridica deve realizzare “un giusto equilibrio” tra le esigenze di interesse generale della comunità ed il principio della salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali – in quanto la norma censurata prevede un criterio di determinazione dell’indennità di espropriazione dei suoli non edificabili astratto e predeterminato – qual è quello del valore tra un minimo e un massimo attribuito all’area come terreno agricolo, considerato libero da vincoli di contratti agrari e secondo il tipo di coltura in atto al momento dell’emanazione del decreto di espropriazione o di asservimento – del tutto svincolato dalla considerazione dell’effettivo valore di mercato dei suoli medesimi, senza assicurare, dunque, il versamento all’avente diritto di un indennizzo integrale o, quanto meno, ragionevole.

Inoltre, la norma in questione violerebbe l’art. 42, terzo comma, Cost., in quanto, nel prevedere un criterio di determinazione dell’indennità di espropriazione dei suoli non edificabili astratto e predeterminato, riconoscerebbe all’avente diritto il versamento di una somma inadeguata, in contrasto con il menzionato parametro costituzionale, come interpretato costantemente dalla Corte costituzionale (sentenza n. 5 del 1980), nel senso che il legislatore, pur non essendo tenuto ad individuare un unico criterio di determinazione dell’indennità valido per ogni fattispecie espropriativa o ad assicurare l’integrale riparazione della perdita subita dall’espropriato, non potrebbe neppure liquidare un indennizzo che si riveli meramente simbolico o irrisorio, mentre dovrebbe garantire un serio ristoro.

Infine, sarebbe, altresì, violato l’art. 3 Cost., in quanto, mentre per i suoli edificabili situati nel territorio della Provincia autonoma di Bolzano il primo comma del medesimo art. 8 della legge prov. Bolzano n. 10 del 1991 prevede l’indennità di espropriazione in misura corrispondente al valore di mercato del bene, per i suoli agricoli e per i suoli non edificabili il censurato art. 8, comma 3 (come sostituito dall’art. 38, comma 7, della legge prov. Bolzano n. 4 del 2008, applicabile alla fattispecie in virtù della disposizione transitoria di cui al successivo art. 47, comma 3, della medesima legge n. 4 del 2008), prevede un criterio astratto e predeterminato di determinazione dell’indennità, con conseguente ingiustificata disparità di trattamento tra proprietari, non ravvisandosi alcuna plausibile ragione in base alla quale il diritto a riscuotere un indennizzo commisurato al valore venale dell’area espropriata non debba essere riconosciuto anche a coloro che possiedono un terreno senza vocazione edilizia.

2.– Le questioni sono inammissibili.

Si deve premettere che, come risulta dall’ordinanza di rimessione, la Corte di legittimità, esaminando le censure mosse dalla società ricorrente alla impugnata sentenza della Corte d’appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, è pervenuta al convincimento che «il motivo di ricorso con il quale Coldereiser srl lamenta che il terreno non sia stato valutato come agricolo appare fondato», sicché «La sentenza impugnata andrebbe pertanto cassata, e la causa andrebbe rinviata al giudice del merito per la determinazione dell’indennità in base al criterio di cui all’art. 8, comma 3, della legge prov. n. 10 del 1991».

Tuttavia, la Corte di cassazione non si è uniformata a tale enunciato, ad onta della sua coerenza con la natura rescindente del giudizio cui era chiamata. Essa, invece, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale (nei sensi sopra indicati) dell’art. 8, comma 3, della legge prov. Bolzano n. 10 del 1991, come sostituito dall’art. 38, comma 7, della sopravvenuta legge prov. n. 4 del 2008. Ha però trascurato di argomentare sulla attuale rilevanza di tali questioni.

In particolare, ha omesso di considerare che non assumono rilievo i denunciati profili di illegittimità costituzionale, perché, nella fase rescindente del giudizio di cassazione, il giudice di legittimità si limita a cassare la sentenza impugnata per la dedotta violazione di legge e a devolvere la causa per il giudizio rescissorio ad altro giudice di pari grado rispetto a quello che ha pronunciato la sentenza cassata.

Nella sede rescissoria, potranno essere riproposte o sollevate d’ufficio le questioni che non possono trovare ingresso in questa fase di legittimità per mancanza di un interesse attuale e concreto, dovendo la norma in ordine alla quale sono prospettati i dubbi di costituzionalità essere applicata dal giudice di rinvio.

Da quanto esposto consegue l’inammissibilità delle dette questioni per difetto attuale di rilevanza.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 15 aprile 1991, n. 10 (Espropriazioni per causa di pubblica utilità per tutte le materie di competenza provinciale), come sostituito dall’art. 38, comma 7, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 10 giugno 2008, n. 4 (Modifiche di leggi provinciali in vari settori e altre disposizioni), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 42, terzo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, dalla Corte di cassazione con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 2014.

F.to:

Sabino CASSESE, Presidente

Alessandro CRISCUOLO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2014.