Ordinanza n. 133 del 2014

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ORDINANZA N. 133

ANNO 2014

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Gaetano                       SILVESTRI                                     Presidente

-           Luigi                            MAZZELLA                                      Giudice

-           Sabino                         CASSESE                                                ”

-           Giuseppe                     TESAURO                                               ”

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                       ”

-           Giuseppe                     FRIGO                                                     ”

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                          ”

-           Paolo                           GROSSI                                                   ”

-           Giorgio                        LATTANZI                                              ”

-           Aldo                            CAROSI                                                   ”

-           Marta                           CARTABIA                                             ”

-           Sergio                          MATTARELLA                                                  ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                                ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            ”

-           Giuliano                       AMATO                                                   ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e dell’art. 2, comma 1, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, promosso dal Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, nel procedimento vertente tra Di Florio Giampiero ed altri e il Ministero della giustizia ed altri, con ordinanza del 10 aprile 2012, iscritta al n. 142 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell’anno 2012.

Visto l’atto di costituzione di Bellelli Giuseppe ed altri; 

udito nella camera di consiglio del 16 aprile 2014 il Giudice relatore Giuseppe Frigo.

Ritenuto che, con ordinanza depositata il 10 aprile 2012, il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 36, 53, 97, 101, 102, 104, 107 e 108 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale:

a) dell’art. 9, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nella parte in cui prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013, i trattamenti economici complessivi dei dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, superiori a 90.000 euro lordi annui sono ridotti del 5 per cento per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, e del 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro;

b) dell’art. 2, comma 1, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, nella parte in cui stabilisce che la predetta disposizione continua ad applicarsi nei termini ivi previsti dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2013;

che il rimettente premette di essere investito, in sede cautelare, del ricorso proposto da alcuni magistrati ordinari per il riconoscimento del diritto al trattamento retributivo loro spettante senza le decurtazioni previste dalle disposizioni censurate;

che, in punto di rilevanza, il giudice a quo osserva che dette previsioni normative cagionano una lesione patrimoniale «non mediata da alcun provvedimento dell’Amministrazione», sicché la relativa declaratoria di illegittimità costituzionale determinerebbe l’accoglimento del ricorso, possibile anche in sede cautelare;

che, riguardo alla non manifesta infondatezza delle questioni, il Tribunale rimettente assume che le misure stabilite nelle disposizioni in esame si sostanzierebbero in una «prestazione economica imposta», attuata mediante decurtazioni delle retribuzioni dei soli dipendenti pubblici: la diversa denominazione del prelievo non muterebbe, infatti, la sostanza del sacrificio patrimoniale, che rappresenterebbe, per le finanze pubbliche, «un’entrata pecuniaria, utilizzata per finalità generali»;

che la ratio del provvedimento, collegata alla necessità di un concorso generale al contenimento delle spese pubbliche a fronte dell’eccezionalità della situazione economica nazionale e internazionale, evocherebbe, peraltro, i principi di solidarietà economica e della capacità contributiva individuale: principi che, se possono rendere comprensibile la scelta di circoscrivere le misure ai soggetti con livelli retributivi medio-alti, non giustificherebbero invece la loro limitazione ai soli dipendenti pubblici, percettori di redditi fissi tassati alla fonte;

che, per questo verso, le norme censurate violerebbero, dunque, gli artt. 2, 3 e 53 Cost., discriminando arbitrariamente i soggetti in questione sia rispetto ai dipendenti privati che ai lavoratori autonomi, i quali, a parità di reddito, non subiscono alcuna decurtazione patrimoniale;

che lo stesso legislatore si sarebbe, del resto, avveduto della illogicità di tale assetto, tanto da prevedere, con il testo originario dell’art. 2, comma 1, del d.l. n. 138 del 2011, l’abolizione della decurtazione stipendiale considerata, a fronte dell’introduzione di un «contributo di solidarietà» gravante sulla generalità dei cittadini: soluzione che non ha trovato, tuttavia, l’avallo del Parlamento, il quale, in sede di conversione del decreto-legge, ha confermato l’operatività della normativa censurata;

che, avuto riguardo alla particolare funzione pubblica svolta dai ricorrenti, risulterebbero lesi, inoltre, gli artt. 97, 101, 102, 104, 107 e 108 Cost., in quanto il trattamento economico dei magistrati sarebbe volto anche a garantire l’indipendenza dell’ordine giudiziario da ogni forma di pressione esterna e, con essa, l’autonomia, l’imparzialità e la responsabilità nello svolgimento della funzione giurisdizionale;

che il rimettente denuncia, infine, la violazione dell’art. 36 Cost., in quanto le decurtazioni disposte dalle norme impugnate incidono su un imponibile già oggetto di tassazione, determinando un’alterazione dei principi di proporzione e adeguatezza degli stipendi, nonché un «misconoscimento della delicatezza della funzione svolta»;

che si sono costituiti alcuni dei ricorrenti nel giudizio principale, i quali hanno chiesto dapprima l’accoglimento delle questioni e, in seguito – preso atto della intervenuta declaratoria di illegittimità costituzionale, con sentenza n. 223 del 2012, dell’art. 9, comma 2, del d.l. n. 78 del 2010 e della definizione in senso a loro favorevole del giudizio a quo – hanno concluso per la dichiarazione di manifesta inammissibilità tanto della questione di legittimità costituzionale del citato art. 9, comma 2, perché divenuta priva di oggetto; quanto della questione concernente l’art. 2, comma 1, del d.l. n. 138 del 2011, trattandosi di disposizione meramente ricognitiva o confermativa della precedente, divenuta inapplicabile a seguito della predetta declaratoria di illegittimità costituzionale;

che, in subordine, le parti private hanno rilevato che, qualora la Corte decidesse nel merito quest’ultima questione, essa dovrebbe essere accolta per le medesime ragioni esposte nella sentenza n. 223 del 2012;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l’infondatezza delle questioni e, in una successiva memoria, per la loro manifesta inammissibilità.

Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, dubita della legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 36, 53, 97, 101, 102, 104, 107 e 108 della Costituzione, dell’art. 9, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e dell’articolo 2, comma 1, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, in relazione agli interventi normativi che interessano i magistrati ricorrenti nel giudizio a quo;

che questa Corte, con la sentenza n. 223 del 2012, successiva all’ordinanza di rimessione, ha già dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 2, del d.l. n. 78 del 2010, nella parte in cui dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni pubbliche, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi del comma 3 dell’art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), superiori a 90.000 euro lordi annui siano ridotti del 5 per cento per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché del 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro;

che, per effetto di tale pronuncia, la questione di legittimità costituzionale relativa al citato art. 9, comma 2, del d.l. n. 78 del 2010 è divenuta priva di oggetto e deve essere, quindi, dichiarata manifestamente inammissibile (ex plurimis, ordinanze n. 125 del 2013 e n. 303 del 2012);

che questa Corte ha già rilevato, altresì, con la sentenza n. 241 del 2012, che la norma dichiarata illegittima costituisce l’indefettibile presupposto per l’applicazione della prima parte del comma 1 dell’art. 2 del d.l. n. 138 del 2011, il quale – nello stabilire che l’art. 9, comma 2, del d.l. n. 78 del 2010 «continua ad applicarsi nei termini ivi previsti» – reca una disposizione a carattere meramente ricognitivo o confermativo, e dunque priva di autonomia;

che, di conseguenza, la dichiarazione di illegittimità costituzionale, in parte qua, del citato art. 9, comma 2, rende inoperante anche l’altra disposizione oggi sottoposta a scrutinio;

che, pertanto, anche la questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 2, comma 1, del d.l. n. 138 del 2011 va dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e dell’art. 2, comma 1, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 36, 53, 97, 101, 102, 104, 107 e 108 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2014.

F.to:

Gaetano SILVESTRI, Presidente

Giuseppe FRIGO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 16 maggio 2014.