Sentenza n. 130 del 2014

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SENTENZA N. 130

ANNO 2014

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Gaetano                       SILVESTRI                                     Presidente

-           Luigi                            MAZZELLA                                      Giudice

-           Sabino                         CASSESE                                                ”

-           Giuseppe                     TESAURO                                               ”

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                       ”

-           Giuseppe                     FRIGO                                                     ”

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                          ”

-           Paolo                           GROSSI                                                   ”

-           Giorgio                        LATTANZI                                              ”

-           Aldo                            CAROSI                                                   ”

-           Marta                           CARTABIA                                             ”

-           Sergio                          MATTARELLA                                                  ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                                ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            ”

- Giuliano                       AMATO                                                   ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi per conflitto di attribuzione tra enti sorti a seguito delle deliberazioni della Corte dei conti, sezione delle autonomie, 5 aprile 2013, n. 12, e 5 luglio 2013, n. 15; delle deliberazioni della Corte dei conti, sezione di controllo per l’Emilia-Romagna 12 giugno 2013, n. 234, e 10 luglio 2013, n. 249; delle deliberazioni della Corte dei conti, sezione di controllo per il Veneto, 13 giugno 2013, n. 160, e 29 aprile 2013, n. 105, e della deliberazione della Corte dei conti, sezione di controllo per il Piemonte, 10 luglio 2013, n. 263, promossi dalla Regioni Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte con ricorsi notificati il 9 e il 12 agosto e il 5 settembre 2013, depositati in cancelleria il 16 ed il 21 agosto ed il 6 settembre 2013 e rispettivamente iscritti ai numeri 8, 9 e 10 del registro conflitti tra enti 2013.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 15 aprile 2014 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi gli avvocati Giandomenico Falcon, Franco Mastragostino e Luigi Manzi per la Regione Emilia-Romagna, Luigi Manzi e Mario Bertolissi per la Regione Veneto, Carlo Emanuele Gallo e Roberto Cavallo Perin per la Regione Piemonte e l’avvocato dello Stato Enrico De Giovanni per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.− Le Regioni Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte, con ricorsi rispettivamente notificati il 9 e 12 agosto e il 5 settembre 2013, depositati i successivi 16 e 21 agosto e 6 settembre, iscritti ai numeri 8, 9 e 10 del registro conflitti tra enti del 2013, hanno promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione ad alcune deliberazioni della sezione delle autonomie e delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, con cui si è, rispettivamente, orientato ed esercitato, in relazione all’esercizio finanziario 2012, il potere di controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari a norma dell’art. 1, commi 9, 10, 11 e 12, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213.

1.1.− Premettono le ricorrenti che, nell’ambito delle misure di rafforzamento della partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria delle Regioni, previste dall’art. 1 del d.l. n. 174 del 2012, i commi 9, 10, 11 e 12 dettano disposizioni relative alla redazione, approvazione e controllo da parte delle sezioni regionali di controllo dei rendiconti di esercizio annuale di ciascun gruppo consiliare dei consigli regionali, con la previsione, in caso di mancata trasmissione o di loro irregolarità, della sanzione della decadenza dal diritto all’erogazione di risorse, con annesso obbligo di restituzione.

A mente del comma 9, proseguono le ricorrenti, il rendiconto di esercizio annuale di ciascun gruppo consiliare va «strutturato secondo linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e recepite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri», al fine di «assicurare la corretta rilevazione dei fatti di gestione e la regolare tenuta della contabilità, nonché per definire la documentazione necessaria a corredo del rendiconto». Le linee guida sono state deliberate dalla Conferenza nella seduta del 6 dicembre 2012 e recepite con d.P.C.m. 21 dicembre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 28 del 2 febbraio 2013 ed entrato in vigore il 17 febbraio seguente.

Tutte le ricorrenti, evidenziano, come la stessa Corte dei conti, sezione delle autonomie, nel prendere atto del nuovo sistema di controllo introdotto dall’art. 1 del d.l. n. 174 del 2012, si sia posta il problema «se le norme in esame debbano trovare applicazione con riferimento all’anno 2012, oppure se debba essere rinviata l’applicazione al successivo esercizio, trattandosi di normativa intervenuta solo alla fine dell’anno e completata con il d.P.C.m. 21 dicembre 2012, pubblicato in G.U. il 2 febbraio 2013». In ragione della preesistenza al decreto di un obbligo di rendicontazione «sulla base delle leggi regionali che nel tempo ne hanno regolato la materia» e della «assenza di una norma che differisca al successivo esercizio l’operatività dei controlli», la sezione delle autonomie, con la deliberazione 5 aprile 2013, n. 12 ha ritenuto che il controllo dovesse essere esercitato sin dal 2012.

Stante l’impossibilità di applicare retroattivamente all’anno 2012 i criteri recati dal d.P.C.m. entrato in vigore nel febbraio 2013, la Corte dei conti avrebbe quindi ritenuto la necessità di individuare parametri diversi, «desunti dalle norme regionali e dai provvedimenti attuativi vigenti nel 2012, integrati però con i contenuti essenziali, cui fa riferimento la nuova disciplina, ossia con l’indicazione delle risorse trasferite al Gruppo dal Consiglio regionale, della corretta rilevazione dei fatti di gestione e della regolare tenuta della contabilità».

Sulla base di tali indicazioni le sezioni regionali di controllo avrebbero tenuto comportamenti non univoci, talora limitandosi ad una ricognizione della regolarità formale dei procedimenti di controllo sui rendiconti già svolti dagli organismi regionali, in altri casi sovrapponendosi a quest’ultimi e operando un controllo più intenso.

La sezione delle autonomie, preso atto delle aporie derivanti «dall’applicazione del controllo misto» (cioè svolto in base alle nuove norme ma non in base ai parametri da esse previsti), con la successiva deliberazione 5 luglio 2013, n. 15 avrebbe quindi riesaminato la questione, affermando, da un lato, la piena applicabilità del nuovo sistema di controllo a decorrere dalla rendicontazione per l’esercizio 2013, ma ribadendo, dall’altro e quanto al 2012, l’esistenza del controllo «misto» e ipotizzando una «applicazione parziale e frazionata» del d.l. n. 174 citato, cioè a solo fini «ricognitivi» della regolarità dei documenti contabili, senza applicazione dell’impianto sanzionatorio previsto dal predetto decreto, «in un percorso finalizzato alla integrale applicazione dei nuovi controlli a decorrere dal 2013». Avrebbe, infine, specificato che «le delibere già emesse dalle sezioni regionali di controllo sono da interpretare in conformità agli indirizzi sopra ricordati».

1.2.− Le Regioni Emilia-Romagna e Veneto hanno quindi impugnato le citate deliberazioni della sezione delle autonomie della Corte dei conti, nonché, rispettivamente, quelle della sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna 12 giugno 2013, n. 234, e 10 luglio 2013, n. 249, e quelle della sezione regionale di controllo per il Veneto 29 aprile 2013, n. 105, e 13 giugno 2013, n. 160, con cui, a seguito di istruttoria, si è dichiarata l’irregolarità dei rendiconti presentati dai gruppi consiliari regionali.

La Regione Piemonte ha impugnato la seconda delle citate deliberazioni della sezione delle autonomie e la deliberazione 10 luglio 2013, n. 263, della sezione regionale di controllo per il Piemonte, con cui si è assegnato ai gruppi consiliari termine sino al 20 settembre per la regolarizzazione dei rendiconti.

1.3.− Le ricorrenti si dolgono, in primo luogo, che la Corte dei conti, in violazione della loro autonomia legislativa, statutaria, organizzativa e contabile, abbia esercitato per l’anno 2012 un potere non attribuito dalla legge, perché il controllo delineato dall’art. 1 del d.l. n. 174 del 2012 non potrebbe che operare a partire dal 2013, essendo esercitabile solo secondo i criteri previsti nelle linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e recepite con d.P.C.m.

Il controllo, poi, privo di fondamento legale per l’esercizio 2012, si sarebbe svolto sulla base di criteri individuati dalla stessa Corte dei conti ex post rispetto ai fatti di gestione e senza il contributo partecipativo delle autonomie, disapplicando le leggi regionali vigenti e surrogandosi alle competenze proprie dei consigli regionali.

La Regione Piemonte lamenta, altresì, che con le deliberazioni impugnate lo Stato, per mezzo della Corte dei conti, pretendendo, in assenza di una valida base legislativa, di sindacare i rendiconti relativi all’esercizio 2012, abbia violato l’art. 122, quarto comma, della Costituzione, che garantisce l’insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati dai singoli consiglieri regionali, nonché l’art. 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), che ha abrogato il primo comma dell’art. 125 Cost. e quindi tutti i controlli amministrativi sulle Regioni, e infine l’art. 123 Cost. e l’art. 29 della legge regionale statutaria 4 marzo 2005, n. 1 (Statuto della Regione Piemonte), in forza dei quali l’approvazione dei rendiconti spetterebbe esclusivamente al consiglio regionale, con esclusione di qualsivoglia ingerenza da parte di organi statali.

1.4.− La Regione Veneto ha anche fatto istanza affinché la Corte sollevi dinanzi a sé la questione di legittimità costituzionale dei commi 9, 10, 11 e 12 dell’art. 1 del d.l. n. 174 del 2012, fondanti la censurata attività di controllo svolta dalla Corte dei conti, deducendo, in primo luogo, la violazione degli artt. 3, 25, 28 e 97 Cost. per irragionevolezza dell’omessa previsione del criterio di proporzionalità tra sanzione e condotta sanzionata, nonché degli artt. 5, 114, 117, 118, 119, 121, 122 e 123 Cost. e, quali norme interposte, degli artt. 19, 20, 21, 30, 33, 36, 38, 39, 40, 41, 42, 46 e 48 della legge regionale statutaria 17 aprile 2012, n. 1 (Statuto del Veneto). La previsione drastica e non modulabile della sanzione della decadenza dal diritto all’erogazione di risorse da parte del consiglio regionale, pure a fronte di violazioni minime dell’obbligo di rendiconto, in contrasto con il detto principio di proporzionalità, comprometterebbe in radice la possibilità stessa di funzionamento dei gruppi consiliari.

Il citato art. 1, commi 9, 10, 11 e 12, laddove inteso come abilitante la Corte dei conti ad un controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari anche prima della definizione dei parametri di giudizio da parte della Conferenza Stato-Regioni, violerebbe altresì gli artt. 3, 25, 28, 97, e 117, primo comma, Cost., con riferimento ai «principi di ragionevolezza, predeterminazione della condanna sanzionata, di responsabilità, affidamento e buona amministrazione», «anche in relazione a quanto prevede la Convenzione europea dei diritti dell’uomo all’art. 7 e l’art. 1 della l. n. 689/1981», nonché gli artt. 5, 114, 117, 118, 119, 121, 122 e 123 Cost. (e, quali norme interposte, gli artt. 19, 20, 21, 30, 33, 36, 38, 39, 40, 41, 42, 46 e 48 dello statuto).

Deduce infine la ricorrente che il sistema dei controlli sui rendiconti dei gruppi consiliari, ove interpretato nel senso fatto proprio dalla Corte dei conti dell’immediata applicabilità anche all’anno 2012 senza dovere attendere le linee guida previste dal legislatore, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., stante l’assenza di una legislazione regionale sul punto, e il principio di leale collaborazione.

2.– In tutti i giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, eccependo sotto diversi profili l’inammissibilità dei ricorsi e chiedendone il rigetto.

2.1.– Secondo la difesa dello Stato i conflitti sarebbero inammissibili, in primo luogo, perché con essi le ricorrenti non hanno inteso contestare l’attribuzione alla Corte dei conti del potere di controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari ma solo la sua decorrenza temporale e le modalità di esercizio, il che si risolverebbe in un improprio strumento di sindacato del modo di esercizio della funzione che l’organo è chiamato ad esercitare.

2.2.– L’Avvocatura ha poi eccepito la tardività dei ricorsi proposti dalle Regioni Veneto e Piemonte, in primo luogo perché le ricorrenti non avrebbero impugnato tempestivamente la presupposta deliberazione 5 aprile 2013, n. 12, della sezione delle autonomie della Corte dei conti, con cui si sarebbe stabilito di assoggettare a verifica i rendiconti dei gruppi consiliari relativi all’esercizio 2012, essendo insorte solo nel corso dell’attivazione − ovvero all’esito negativo − della procedura di controllo.

Sotto altro profilo, il ricorso della Regione Veneto sarebbe tardivo, non avendo essa impugnato la deliberazione 29 aprile 2013, n. 105, con cui la sezione regionale di controllo aveva ordinato ai gruppi consiliari il deposito, entro 30 giorni, della documentazione giustificativa delle spese operate; parimenti tardivo sarebbe il ricorso della Regione Piemonte, non essendo stata impugnata la precedente deliberazione della sezione regionale di controllo 4 giugno 2013, n. 229 di tenore analogo a quella impugnata.

2.3.− Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri il ricorso della Regione Veneto sarebbe inammissibile anche per intervenuta acquiescenza, avendo la ricorrente recepito la normativa statale con la legge della Regione Veneto 21 dicembre 2012, n. 47 (Disposizioni per la riduzione e il controllo delle spese per il funzionamento delle istituzioni regionali, in recepimento e attuazione del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 “Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012”, convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213 e istituzione e disciplina del Collegio dei revisori dei conti della Regione del Veneto).

2.4.− Altro motivo di inammissibilità del ricorso della Regione Veneto risiederebbe, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, nel fatto che esso ha ad oggetto l’asserita lesione non delle attribuzioni della Regione ma dei gruppi consiliari, dotati di soggettività giuridica e, in quanto tali, legittimati a fare valere le loro ragioni in sede di giurisdizione comune.

2.5.− Il ricorso della Regione Veneto, infine, sarebbe inammissibile, quanto meno con riferimento alla richiesta alla Corte di autorimessione delle questioni di costituzionalità dell’art. 1, commi 9, 10, 11 e 12, del d.l. n. 174 del 2012, perché mirerebbe ad eludere il termine di impugnazione in via principale delle norme censurate.

2.6.− Nel merito, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, i ricorsi sono infondati.

2.6.1.− La tesi di fondo delle ricorrenti, secondo cui la Corte dei conti non avrebbe avuto il potere di esercitare il controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari relativi all’anno 2012 in assenza di espressa copertura legislativa, colliderebbe con il rilievo che la norma attributiva del potere non contiene alcuna diversa decorrenza, né tanto meno differisce la sua operatività all’approvazione delle linee guida.

D’altra parte, essendosi intervenuti con decreto-legge, non avrebbe avuto senso differirne l’entrata in vigore ad oltre un anno, così vanificando «l’efficacia di un intervento su comportamenti deviati della politica, da più parti invocato e reso indifferibile e urgente dai noti fatti accertati dalla magistratura penale».

Nelle more dell’adozione delle linee guida, bene avrebbe fatto la Corte dei conti, con le due citate deliberazioni della sezione delle autonomie, a individuare i parametri di controllo per l’anno 2012, desumendoli dalle norme regionali e dai provvedimenti attuativi vigenti, integrati con i contenuti essenziali della nuova disciplina.

2.6.2.− Quanto alla contestazione inerente le modalità di esercizio del controllo, legittimamente le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti si sarebbero attenute alle deliberazioni della sezione delle autonomie, rese alla luce del vigente quadro normativo regionale e nazionale di riferimento, facendo leva, in particolare, sul criterio dell’inerenza delle spese al funzionamento e all’attività istituzionale dei gruppi. Il controllo della Corte dei conti, poi, differirebbe da quelli interni effettuati da organi incardinati nell’organizzazione amministrativa cui fa capo l’organismo controllato, presentando caratteri di indipendenza, neutralità ed imparzialità.

2.6.3.− In ordine alle altre doglianze avanzate dalla Regione Piemonte, osserva il Presidente del Consiglio dei ministri che la censura di violazione dell’art. 122 Cost. sarebbe «inquietante, perché postula una sorta di immunità dei Gruppi, che se fosse vera dovrebbe valere non solo per il 2012, ma sempre».

La guarentigia costituzionale, in ogni caso, riguarderebbe solo le «opinioni espresse» e i «voti dati nell’esercizio delle funzioni» dai consiglieri regionali, essendo totalmente estranea alle spese da essi sostenuti e alle loro «eventuali malversazioni».

Parimenti priva di pregio, secondo la difesa dello Stato, sarebbe la lamentata violazione dell’art. 125 Cost., poiché i controlli abrogati erano quelli esercitati dallo «Stato-Amministrazione» e non quelli demandati dalla Costituzione ad un organo terzo, quale la Corte dei conti. In ogni caso il d.l. n. 174 del 2012 concretizzerebbe l’interpositio legislatoris richiesta dall’art. 100 Cost.

Infine, il motivo attinente alla violazione dell’art. 123 Cost. e dell’art. 29 dello statuto della Regione Piemonte sarebbe in primo luogo inammissibile, concretizzando, in tesi, una mera violazione di legge non deducibile in sede di conflitto. Esso, poi, sarebbe comunque infondato, poiché l’art. 29 invocato si limita a demandare al consiglio regionale l’approvazione del rendiconto del consiglio medesimo (e non dei gruppi), ma non esclude, né avrebbe potuto farlo, il controllo sui rendiconti di questi ultimi da parte di un organo esterno e imparziale, quale la Corte dei conti, operante sulla base di una espressa previsione costituzionale (art. 100 Cost.).

3.− Le ricorrenti, in prossimità dell’udienza, hanno depositato memorie, con cui hanno inteso in primo luogo replicare all’eccezioni di inammissibilità sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri, osservando, quanto al lamentato difetto di tono costituzionale dei conflitti, che ad essere contestata sarebbe l’esistenza in radice del potere di controllo relativamente all’esercizio 2012 e che, in ogni caso, qualsivoglia menomazione delle competenze può dare la stura a conflitti intersoggettivi.

Le Regioni Veneto e Piemonte, poi, hanno contestato l’eccezione di tardività, dal momento che la successiva deliberazione della sezione delle autonomie 5 luglio 2013, n. 15, introducendo il diverso − e non previsto − sistema del «controllo ricognitivo», avrebbe posto nel nulla le precedenti, che si fondavano sul diverso presupposto dell’immediata applicazione del d.l. n. 174 del 2012.

Secondo la Regione Piemonte, infine, infondata sarebbe l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse, poiché «il conflitto tra Stato e Regioni è un conflitto tra enti, e ciascun ente è legittimato ad agire a tutela delle proprie attribuzioni, che vengono inevitabilmente esercitate dai singoli o articolazioni».

Nel merito le ricorrenti hanno dedotto che, con la recente sentenza n. 39 del 2014, la Corte costituzionale avrebbe fortemente ridimensionato le tesi dell’Avvocatura generale dello Stato. Passaggio fondamentale di tale arresto sarebbe quello ove la Corte costituzionale avrebbe riconosciuto che il controllo esercitato dalla Corte dei conti sui rendiconti dei gruppi consiliari è esterno e di natura meramente documentale, e non può spingersi sino a valutare l’inerenza delle singole spese e sindacare il merito dell’utilizzazione delle somme.

Il conflitto in esame, invece, nascerebbe proprio dalla pretesa della Corte dei conti di trasformare questo potere in un controllo analitico sulle singole spese sostenute dai gruppi consiliari, con illegittima compromissione dell’autonomia e della responsabilità dei consigli regionali, cui la prima si sarebbe illegittimamente sostituita.

Ad avviso della Regione Piemonte, infine, l’Avvocatura generale dello Stato avrebbe fatto propria un’interpretazione eccessivamente restrittiva della guarentigia di cui all’art. 122, quarto comma, Cost., non estesa ai necessari profili di autorganizzazione, come pure costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale.

Considerato in diritto

1.– Le Regioni Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte hanno promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alle deliberazioni assunte dalla Corte dei conti, sezione delle autonomie 5 aprile 2013, n. 12, e 5 luglio 2013, n. 15, nonché di quelle delle sezioni regionali di controllo (rispettivamente, 12 giugno 2013, n. 234, e 10 luglio 2013, n. 249, della sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna, 29 aprile 2013, n. 105, e 13 giugno 2013, n. 160, della sezione regionale di controllo per il Veneto e 10 luglio 2013, n. 263, della sezione regionale di controllo per il Piemonte) con cui, in forza dell’art. 1, commi 9, 10, 11 e 12, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213, è stato esercitato il controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari regionali relativi all’esercizio finanziario 2012.

Le ricorrenti si dolgono che la Corte dei conti, in violazione della loro autonomia legislativa, statutaria, organizzativa e contabile, abbia svolto per l’esercizio in questione un potere non attribuito dalla legge, perché il controllo delineato dal d.l. n. 174 del 2012 non potrebbe che operare a partire dall’anno 2013, a seguito dell’entrata in vigore dei criteri individuati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e recepiti con d.P.C.m. 21 dicembre 2012.

Lamentano, poi, che la Corte dei conti abbia operato il controllo sulla base di criteri da essa stessa individuati ex post rispetto ai fatti di gestione e senza il contributo partecipativo delle autonomie, disapplicando le leggi regionali vigenti e surrogandosi alle competenze proprie dei consigli regionali.

La Regione Piemonte ritiene, altresì, che le deliberazioni impugnate violino l’art. 122, quarto comma, della Costituzione, che garantisce l’insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati dai singoli consiglieri regionali, nonché l’art. 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), che ha abrogato il primo comma dell’art. 125 Cost. e quindi tutti i controlli amministrativi sulle Regioni, e infine gli artt. 123 Cost. e 29 della legge regionale statutaria 4 marzo 2005, n. 1 (Statuto della Regione Piemonte), in forza dei quali l’approvazione dei rendiconti spetterebbe al solo consiglio regionale, con esclusione di qualsivoglia ingerenza da parte di organi statali.

2.– I giudizi, data l’identità dell’oggetto, vanno riuniti per essere decisi con unica pronunzia.

3.– L’Avvocatura generale dello Stato ha eccepito l’inammissibilità dei ricorsi presentati dalle Regioni Veneto e Piemonte, in primo luogo, perché le ricorrenti non hanno impugnato tempestivamente la deliberazione 5 aprile 2013, n. 12, della Corte dei conti, sezione delle autonomie, con cui si sarebbe stabilito di assoggettare a verifica i rendiconti dei gruppi consiliari relativi all’esercizio 2012.

L’eccezione non è fondata.

È vero che questa Corte ha ripetutamente affermato «l’inammissibilità dei ricorsi per conflitto di attribuzione proposti contro atti meramente consequenziali (confermativi, riproduttivi, esplicativi, esecutivi, etc.) rispetto ad atti anteriori, non impugnati […]» (sentenza n. 207 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 144 del 2013 e n. 369 del 2010), ma non è questo il caso in esame.

La questione della spettanza alla Corte dei conti del potere di controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari relativi all’anno 2012 e l’individuazione dei criteri da seguire nel suo esercizio sono stati oggetto di una complessa valutazione da parte della sezione delle autonomie, la quale, dopo avere affermato, con la deliberazione 5 aprile 2013, n. 12, che il controllo attribuito dal d.l. n. 174 del 2012 doveva trovare immediata applicazione, è poi tornata sulla vicenda con la successiva deliberazione 5 luglio 2013, n. 15.

Quest’ultima, dichiaratamente adottata per risolvere i contrasti interpretativi insorti nelle sezioni regionali a seguito della precedente deliberazione, ha ribadito l’esistenza del potere di controllo relativamente all’esercizio 2012, ma qualificandolo «ad efficacia ricognitiva» della regolarità dei documenti contabili e inserito «in un percorso finalizzato all’applicazione integrale dei nuovi controlli a decorrere dal 2013». La sezione delle autonomie ha poi escluso l’operatività dell’«impianto sanzionatorio» del d.l. n. 174 del 2012 e statuito che «le delibere già emesse dalle Sezioni regionali di controllo sono da interpretare in conformità agli indirizzi sopra indicati».

Con la deliberazione in esame, la Corte dei conti ha quindi effettuato un riesame integrale della questione, configurando in modo diverso il potere di controllo e la stessa portata ed efficacia dell’attività già svolta in materia dalle sezioni regionali. La nuova deliberazione non è riconducibile alla categoria degli atti meramente conseguenziali ed è sostitutiva della precedente: essa, dunque, ne rende superflua l’impugnazione.

3.1.– Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri il ricorso proposto dalla Regione Veneto sarebbe inoltre tardivo, non essendo stata tempestivamente impugnata la precedente deliberazione 29 aprile 2013, n. 105, con cui la sezione regionale di controllo aveva assegnato ai gruppi consiliari il termine di 30 giorni per la regolarizzazione dei rendiconti.

Quanto al ricorso promosso dalla Regione Piemonte, l’Avvocatura generale dello Stato deduce la tardività della impugnazione della deliberazione della sezione regionale di controllo 10 luglio 2013, n. 263, che ha anch’essa assegnato ai gruppi consiliari un nuovo termine per la regolarizzazione dei rendiconti, non avendo la ricorrente impugnato precedenti deliberazioni di analogo tenore.

Le eccezioni non sono fondate.

Si è già rilevato che, a seguito del riesame, la sezione delle autonomie ha stabilito, tra l’altro, che le precedenti deliberazioni delle sezioni regionali di controllo andavano interpretate in conformità ai nuovi indirizzi da essa dettati. Gli atti in questione sono stati dunque conformati in modo diverso e ciò ha comportato una riapertura dei termini per la loro impugnazione.

3.2.– L’Avvocatura generale dello Stato ha poi eccepito l’inammissibilità dei conflitti per assenza di tono costituzionale, dal momento che le ricorrenti contesterebbero non l’attribuzione alla Corte dei conti del potere di controllo, relativamente all’esercizio 2012, sui rendiconti dei gruppi consiliari, ma le mere modalità con cui è stato esercitato.

L’eccezione è in parte non fondata in fatto, dal momento che oggetto primario della contestazione delle ricorrenti è l’esercizio in sé del potere di controllo per l’anno 2012, in assenza di una valida base legale.

Essa, in ogni caso, è anche infondata in diritto, dal momento che «la figura dei conflitti di attribuzione non si restringe alla sola ipotesi di contestazione circa l’appartenenza del medesimo potere, che ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi per sé ma si estende a comprendere ogni ipotesi in cui dall’illegittimo esercizio di un potere altrui consegua la menomazione di una sfera di attribuzioni costituzionalmente assegnate all’altro soggetto» (sentenza n. 110 del 1970).

3.3.– Non è fondata neanche l’eccezione di inammissibilità per intervenuta acquiescenza del conflitto promosso dalla Regione Veneto, avendo essa recepito la normativa statale sui controlli della Corte dei conti con la legge regionale 21 dicembre 2012, n. 47 (Disposizioni per la riduzione e il controllo delle spese per il funzionamento delle istituzioni regionali, in recepimento e attuazione del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 “Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012”, convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213 e istituzione e disciplina del Collegio dei revisori dei conti della Regione del Veneto).

Difatti, per giurisprudenza costante di questa Corte, «nei giudizi per conflitto di attribuzione non trova applicazione l’istituto dell’acquiescenza, data l’indisponibilità delle competenze di cui si controverte in tali giudizi (ex plurimis, sentenze n. 95 del 2003, n. 511 del 2002, n. 389 e n. 163 del 1995, n. 191 del 1994; ordinanza n. 195 del 2004)» (sentenza n. 275 del 2011).

3.4.– È infine non fondata l’eccezione di inammissibilità per difetto d’interesse del conflitto promosso dalla Regione Piemonte, dal momento che gli atti impugnati inciderebbero sui gruppi consiliari, soggetti autonomi rispetto al consiglio regionale, in quanto tali legittimati a far valere le proprie ragioni di fronte alla giurisdizione comune.

Va rammentato, al riguardo, che «I gruppi consiliari sono stati qualificati dalla giurisprudenza di questa Corte come organi del consiglio e proiezioni dei partiti politici in assemblea regionale (sentenze n. 187 del 1990 e n. 1130 del 1988), ovvero come uffici comunque necessari e strumentali alla formazione degli organi interni del consiglio (sentenza n. 1130 del 1988)» (sentenza n. 39 del 2014). La lamentata lesione delle prerogative dei gruppi si risolve dunque in una compressione delle competenze proprie dei consigli regionali e quindi delle Regioni ricorrenti, pertanto legittimate alla proposizione del conflitto (sentenze n. 252 del 2013, n. 195 del 2007 e n. 163 del 1997).

4.– Nel merito i ricorsi sono fondati.

Tutte le ricorrenti lamentano, in primo luogo, che la Corte dei conti abbia leso la loro autonomia organizzativa e contabile, ed in particolare quella dei consigli regionali e dei loro gruppi consiliari, tutelata dall’art. 121, secondo comma, Cost., esercitando in relazione al 2012 un potere ad essa non attribuito dalla legge.

I commi 9, 10, 11 e 12 dell’art. 1 del d.l. n. 174 del 2012 detterebbero, infatti, una disciplina del controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari completa, non frazionabile e comunque esercitabile solo secondo i criteri previsti nelle linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e recepite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato solo il 21 dicembre 2012 ed entrato in vigore il 17 febbraio dell’anno seguente.

L’immediata operatività del controllo è stata affermata, al contrario, dalla sezione delle autonomie in ragione dell’assenza di una norma transitoria contenuta nel d.l. n. 174 del 2012 e sul rilievo che le leggi regionali vigenti già prevedevano degli obblighi di rendicontazione nei confronti dei consigli regionali ovvero di loro articolazioni.

Ebbene, ai sensi dell’art. 1, comma 9, del d.l. n. 174 del 2012, il rendiconto in esame è «strutturato secondo linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e recepite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri […]». Il comma 11, poi, attribuisce alla sezione regionale di controllo un giudizio di conformità dei rendiconti medesimi alle prescrizioni dettate dall’art. 1, e quindi ai già detti criteri contenuti nelle linee guida.

Il dettato normativo configura dunque il potere di controllo in esame come condizionato alla previa individuazione dei criteri per il suo esercizio e ciò sull’evidente presupposto della loro indispensabilità.

Questa Corte, del resto, con la sentenza n. 39 del 2014, ha chiarito che «il rendiconto delle spese dei gruppi consiliari costituisce parte necessaria del rendiconto regionale, nella misura in cui le somme da tali gruppi acquisite e quelle restituite devono essere conciliate con le risultanze del bilancio regionale [...]. Il sindacato della Corte dei conti assume infatti, come parametro, la conformità del rendiconto al modello predisposto in sede di Conferenza, e deve pertanto ritenersi documentale, non potendo addentrarsi nel merito delle scelte discrezionali rimesse all’autonomia politica dei gruppi, nei limiti del mandato istituzionale».

Non può essere accolta, infine, la tesi dell’Avvocatura generale dello Stato, secondo cui l’immediata operatività si ricaverebbe dalla circostanza dell’utilizzo dello strumento della decretazione d’urgenza, dal momento che quest’ultimo sottende una scelta di opportunità non rilevante in questa sede e logicamente non incompatibile con la decorrenza dell’operatività dei controlli dall’esercizio successivo all’entrata in vigore del decreto.

5.– Deve pertanto concludersi nel senso che non spettava allo Stato e, per esso, alla Corte dei conti, sezione delle autonomie e sezioni regionali di controllo per le Regioni Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte, adottare le deliberazioni impugnate con cui si è, rispettivamente, indirizzato ed esercitato il controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari in relazione all’esercizio 2012.

Le deliberazioni in questione, per l’effetto, vanno annullate.

6.– Restano assorbite le ulteriori censure sollevate dalle ricorrenti.

7.– Non può trovare accoglimento, infine, l’istanza di autorimessione della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 9, 10, 11 e 12, del d.l. n. 174 del 2012, avanzata dalla Regione Veneto, poiché in ogni caso irrilevante alla luce dell’esito del conflitto (sentenza n. 313 del 2013).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara che non spettava allo Stato e, per esso, alla Corte dei conti, sezione delle autonomie, adottare le deliberazioni 5 aprile 2013, n. 12, e 5 luglio 2013, n. 15, nonché alla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna, le deliberazioni 12 giugno 2013, n. 234, e 10 luglio 2013, n. 249, alla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Veneto, le deliberazioni 29 aprile 2013, n. 105, e 13 giugno 2013, n. 160, ed alla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Piemonte, la deliberazione 10 luglio 2013, n. 263, con cui si è, rispettivamente, indirizzato ed esercitato il controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari in relazione all’esercizio 2012;

2) annulla, per l’effetto, le deliberazioni suddette.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2014.

F.to:

Gaetano SILVESTRI, Presidente

Giancarlo CORAGGIO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 15 maggio 2014.