Sentenza n. 128 del 2014

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SENTENZA N. 128

ANNO 2014

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Gaetano                       SILVESTRI                                     Presidente

-           Luigi                            MAZZELLA                                      Giudice

-           Sabino                         CASSESE                                                ”

-           Giuseppe                     TESAURO                                               ”

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                       ”

-           Giuseppe                     FRIGO                                                     ”

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                          ”

-           Paolo                           GROSSI                                                   ”

-           Giorgio                        LATTANZI                                              ”

-           Aldo                            CAROSI                                                   ”

-           Marta                           CARTABIA                                             ”

-           Sergio                          MATTARELLA                                                  ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                                ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            ”

- Giuliano                       AMATO                                                   ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 252, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), promosso dal Consiglio di Stato nel procedimento vertente tra la M.B. s.p.a. e il Comune di Rimini con ordinanza del 16 maggio 2012, iscritta al n. 196 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2012.

Visti l’atto di costituzione della società M.B. s.p.a. e gli atti di intervento della società M.C.d.M. s.p.a. ed altre e del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 15 aprile 2014 il Giudice relatore Giuliano Amato;

uditi gli avvocati Giovanni Calugi e Flavia Pozzolini per la M.C.d.M. s.p.a. ed altre, Francesco Cimmino Gibellini per la M.B. s.p.a. e l’avvocato dello Stato Pietro Garofoli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.− Con ordinanza del 16 maggio 2012, il Consiglio di Stato ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 252, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), nella parte in cui stabilisce − anche con riferimento ai rapporti concessori in corso − nuovi criteri di calcolo dei canoni demaniali per le concessioni aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto.

La disposizione censurata sostituisce il comma 3 dell’art. 03 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400 (Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 4 dicembre 1993, n. 494; tale norma stabilisce che «Le misure dei canoni di cui al comma 1, lettera b), si applicano, a decorrere dal 1° gennaio 2007, anche alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto».

Il Consiglio di Stato riferisce di essere chiamato a decidere in ordine all’appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia-Romagna, sede di Bologna, che ha rigettato, ritenendolo infondato, il ricorso della società M.B. s.p.a. avverso i provvedimenti con i quali il Comune di Rimini, parte appellata, ha determinato i canoni di concessione demaniale per gli anni 2007, 2008, 2009 e 2010.

2.− Dopo avere respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata dalla difesa del Comune di Rimini, il Consiglio di Stato osserva che la norma dell’art. 1, comma 252, della legge n. 296 del 2006, nel prevedere l’applicazione, a decorrere dal 1° gennaio 2007, dei nuovi criteri di determinazione dei canoni demaniali, alle concessioni aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, non distingue tra nuove concessioni e rapporti concessori in corso e sarebbe quindi applicabile − così come il precedente comma 251 − anche alle concessioni in corso.

2.1.− Il Consiglio di Stato si dichiara consapevole del fatto che con sentenza n. 302 del 2010 la Corte costituzionale ha già dichiarato non fondata analoga questione, relativa al comma 251 del medesimo art. 1 della legge n. 296 del 2006; tuttavia il Collegio ritiene che le concessioni per la nautica da diporto, di cui al comma 252, siano «ontologicamente diverse» da quelle di cui al comma 251, e che ciò giustifichi un differente regime transitorio.

Tale «ontologica diversità», sul piano fattuale, delle concessioni di cui al comma 252 − aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto − rispetto alle concessioni per le attività turistico-ricreative previste dal precedente comma 251 del medesimo art. 1, deriverebbe dal fatto di essere numericamente limitate, essendo contenuto il numero dei porti turistici, e di comportare ingenti investimenti a carico dei concessionari. Pertanto, la misura dei canoni per le concessioni in corso dovrebbe tenere conto degli investimenti posti a carico dei concessionari, sulla scorta di un piano economico volto ad assicurare l’equilibrio finanziario del concessionario.

3.− Ad avviso del Collegio rimettente, la previsione normativa che aggiorna i canoni demaniali per i rapporti concessori in corso, senza tener conto del fatto che i canoni sono stati determinati avendo riguardo anche agli investimenti effettuati, si porrebbe in contrasto con il principio dell’affidamento e con la tutela dell’impresa.

3.1.− In particolare la disposizione in esame violerebbe «[…] l’art. 3 Cost. per eccesso di potere legislativo, sotto il profilo della lesione dell’affidamento ingenerato dai rapporti concessori in corso, della incidenza retroattiva non solo su provvedimenti amministrativi, ma anche su rapporti contrattuali, e della irragionevole equiparazione delle concessioni in corso alle nuove».

3.2.− La disposizione censurata si porrebbe inoltre in contrasto con l’art. 41 Cost. relativo alla libertà di iniziativa economica, atteso che scelte imprenditoriali anteriori alla legge in esame sarebbero irragionevolmente frustrate dalla legge sopravvenuta, in quanto modificativa dei rapporti contrattuali in corso.

4.− Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto nel giudizio con atto depositato il 22 ottobre 2012, nel quale ha dedotto l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dal Consiglio di Stato.

4.1.− La difesa statale ha evidenziato che la norma denunciata si collocherebbe in un processo già in atto, finalizzato alla tutela e alla valorizzazione di tutti i beni di proprietà statale; infatti verrebbe estesa ai canoni demaniali marittimi una normativa che già si applica ad altri beni pubblici.

4.2.− La maggiore durata delle concessioni per la realizzazione e gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto (di norma oltre 50 anni) rispetto a quella delle concessioni per attività turistico-ricreative (di regola aventi una durata di sei anni), risponderebbe proprio all’esigenza di riconoscere ai concessionari un più ampio arco temporale nel quale ammortizzare i maggiori investimenti sostenuti e di conseguire congrui guadagni dalla gestione delle strutture.

L’Avvocatura generale dello Stato sottolinea inoltre che − nella vigenza della concessione − i canoni dovuti dai concessionari vengono calcolati applicando, non già i valori di mercato (previsti per le concessioni per le attività turistico-ricreative), bensì i più favorevoli criteri tabellari previsti per gli specchi acquei, per le aree scoperte e per le aree occupate, i quali non hanno subito mutamenti rispetto alla disciplina previgente. Inoltre, osserva l’Avvocatura generale, sino al termine della concessione, resta ferma in capo ai concessionari la proprietà delle opere realizzate in fase di costruzione sulle aree del demanio marittimo concesse; pertanto, il pagamento del canone può essere esteso solo rispetto all’utilizzo del suolo e non anche rispetto ai manufatti, sui quali medio tempore lo Stato non vanta alcun diritto di proprietà. Ed invero, solo al termine della concessione le strutture inamovibili costruite dai concessionari vengono incamerate allo Stato, ai sensi dell’art. 49 del codice della navigazione, assumendo quindi la natura di pertinenze demaniali marittime, rispetto alle quali potranno quindi trovare applicazione i criteri di quantificazione dei canoni commisurati ai valori di mercato.

4.3.− Ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, la questione di legittimità costituzionale sarebbe infondata anche in considerazione dell’inserimento della disposizione contestata all’interno di un quadro omogeneo, quello della legge finanziaria 2007, in cui il legislatore ha compiuto una scelta discrezionale che «valorizza i beni pubblici e mira ad una maggiore redditività per l’ente proprietario e quindi per la generalità dei cittadini, diminuendo proporzionalmente i vantaggi dei soggetti particolari che assumono la veste di concessionari» (TAR Toscana, Firenze, 13 maggio 2011, n. 852).

4.4.− Né, d’altra parte, sarebbe ravvisabile alcuna violazione dell’art. 3 Cost. per eccesso di potere legislativo, dovendo escludersi che l’opzione normativa contrasti in modo manifesto con il canone della ragionevolezza. Viceversa l’introduzione dei nuovi criteri di determinazione del canone, applicabili anche alle concessioni in corso, sarebbe del tutto ragionevole − così come è stato ritenuto ragionevole il comma 251 − in quanto i nuovi criteri sarebbero finalizzati alla valorizzazione di un bene pubblico, produttivo di entrate per l’erario.

4.5.− Da ultimo, la difesa dello Stato contesta la censura relativa alla lesione del principio di cui all’art. 41 Cost., sia poiché formulata in termini generici e apodittici, sia poiché la disposizione censurata sarebbe ispirata proprio alla tutela del libero esercizio della concorrenza, la quale subirebbe viceversa una violazione, laddove i canoni concessori fossero effettivamente esigui rispetto ai valori di mercato. Ad avviso dell’Avvocatura generale, il legislatore statale può e deve mantenere forme di regolazione dell’attività economica volte a garantire, tra l’altro, il principio costituzionale di tutela delle finanze pubbliche; in tal senso, la libertà d’iniziativa può essere anche «ragionevolmente limitata» (art. 41, secondo e terzo comma, Cost.).

5.− La società M.B. s.p.a., parte ricorrente nel giudizio principale, si è costituita in giudizio con atto depositato l’11 ottobre 2012, nel quale ha chiesto che sia dichiarata l’illegittimità della disposizione censurata, richiamando le ragioni, già illustrate dal Consiglio di Stato, a sostegno della fondatezza della questione di legittimità costituzionale.

5.1.− Il 5 febbraio 2014 la stessa società M.B. s.p.a. ha depositato una memoria in cui ha illustrato le vicende relative al rapporto concessorio dedotto in giudizio e gli effetti, anche sul piano economico, derivanti dall’introduzione della disposizione oggetto di censura; la difesa della parte privata ha dedotto la irragionevolezza e l’arbitrarietà di tale disciplina, la quale equipara – sotto il profilo dei criteri di calcolo dei canoni demaniali – rapporti concessori profondamente diversi, e determina − per i concessionari di strutture per la nautica da diporto − la frustrazione dell’affidamento nella certezza giuridica e la violazione degli artt. 3 e 41 Cost.

6.− Il 19 marzo 2013 le società M.C.d.M. s.p.a., C.d.M. Immobiliare s.r.l., C.d.M. Servizi s.r.l. hanno depositato atto di intervento al fine di sostenere la fondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dal Consiglio di Stato.

6.1. Va infine osservato che nel documento che accompagna l’atto di intervento risulta inoltre menzionata, insieme alle tre società sopra indicate, la società C.d.M. Cantiere s.r.l., la quale tuttavia non è indicata nell’epigrafe dell’atto di intervento, né risulta avere conferito alcun mandato difensivo per la costituzione nel presente giudizio.

Considerato in diritto

1.− Con ordinanza del 16 maggio 2012, il Consiglio di Stato ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 252, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), nella parte in cui stabilisce − anche con riferimento ai rapporti concessori in corso − nuovi criteri di calcolo dei canoni demaniali per le concessioni aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto.

Il Consiglio di Stato riferisce di essere chiamato a decidere in ordine all’appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia-Romagna, sede di Bologna, che ha rigettato, ritenendolo infondato, il ricorso della società M.B. s.p.a. avverso i provvedimenti con i quali il Comune di Rimini, parte appellata, ha determinato i canoni di concessione demaniale per gli anni 2007, 2008, 2009 e 2010.

2.− In via preliminare, deve essere confermata l’ordinanza letta nella pubblica udienza del 15 aprile 2014 ed allegata alla presente sentenza, con la quale è stata dichiarata l’inammissibilità dell’intervento spiegato dalle società M.C.d.M. s.p.a., C.d.M. Immobiliare s.r.l. e C.d.M. Servizi s.r.l. nel giudizio di cui all’ordinanza reg. ord. n. 196 del 2012; ed invero, a prescindere dalla legittimazione ad intervenire in giudizio, ai sensi dell’art. 4 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, l’atto di intervento «deve essere depositato non oltre venti giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’atto introduttivo del giudizio», termine che, secondo il costante orientamento di questa Corte, deve essere ritenuto perentorio (tra le molte, sentenza n. 303 del 2010) e che non risulta osservato dalle società sopra indicate (l’ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, prima serie speciale, n. 39, del 3 ottobre 2012, mentre l’atto di intervento è stato depositato il 19 marzo 2013).

2.1.− Non vi è luogo a provvedere in riferimento alla posizione della C.d.M. Cantiere s.r.l., la quale risulta menzionata solo nel documento, privo di alcuna sottoscrizione, che accompagna l’atto di intervento depositato dalle altre società sopra indicate, ma non è indicata nell’epigrafe dell’atto di intervento, né risulta avere conferito alcun mandato difensivo per la costituzione nel presente giudizio.

3.− La questione di legittimità costituzionale sollevata dal Consiglio di Stato riguarda dunque la disposizione dell’art. 1, comma 252, della legge n. 296 del 2006, la quale sostituisce il comma 3 dell’art. 03 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400 (Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 4 dicembre 1993, n. 494; tale norma stabilisce in particolare che «Le misure dei canoni di cui al comma 1, lettera b), si applicano, a decorrere dal 1° gennaio 2007, anche alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto».

4.− La questione, sollevata dal Consiglio di Stato, deve essere dichiarata inammissibile.

5.− La motivazione dell’ordinanza di rimessione non contiene indicazioni sufficienti ad una corretta ricostruzione della fattispecie oggetto del giudizio a quo, necessaria al fine di valutare tanto la rilevanza della questione di legittimità costituzionale, quanto la non manifesta infondatezza della stessa.

5.1.− Sotto il primo profilo, il Consiglio di Stato, avuto riguardo al giudizio cui si riferisce l’ordinanza reg. ord. n. 196 del 2012, omette di descrivere la fattispecie concreta sottoposta al suo esame, trascurando di riferire, sia la natura del rapporto concessorio sussistente tra le parti, sia l’oggetto della concessione, i quali non vengono neppure identificati nei loro requisiti minimi, così da precludere la necessaria valutazione di questa Corte circa l’effettiva rilevanza della questione sollevata.

5.2.− Quanto al secondo profilo, l’ordinanza di rimessione non contiene alcun riferimento al termine di inizio del rapporto concessorio e alla sua durata; alle condizioni economiche e finanziarie del rapporto; alla misura degli investimenti effettuati dal concessionario; all’entità della variazione ai piani finanziari derivante dall’applicazione dei nuovi canoni; all’esistenza di previsioni negoziali volte a disciplinare tali sopravvenienze. Queste carenze impediscono ogni apprezzamento in ordine all’impatto dei nuovi e maggiori canoni sulla convenienza economica dell’investimento.

5.3.− Le lacune nell’impianto argomentativo non sono colmabili attraverso l’esame degli altri atti di causa (ex multis, ordinanze n. 192 e n. 185 del 2013). Tali manchevolezze impediscono in radice l’esame da parte di questa Corte sia della rilevanza della questione nel giudizio a quo, che del contenuto delle doglianze del rimettente.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 252, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, dal Consiglio di Stato, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2014.

F.to:

Gaetano SILVESTRI, Presidente

Giuliano AMATO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 15 maggio 2014.

 

 

 

ordinanza letta all'udienza del 15 aprile 2014