Sentenza n. 100 del 2014

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SENTENZA N. 100

ANNO 2014

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Gaetano                       SILVESTRI                                     Presidente

-           Luigi                            MAZZELLA                                      Giudice

-           Sabino                         CASSESE                                                ”

-           Giuseppe                     TESAURO                                               ”

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                       ”

-           Giuseppe                     FRIGO                                                     ”

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                          ”

-           Paolo                           GROSSI                                                   ”

-           Giorgio                        LATTANZI                                              ”

-           Aldo                            CAROSI                                                   ”

-           Marta                           CARTABIA                                             ”

-           Sergio                          MATTARELLA                                       ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                                ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            ”

-           Giuliano                       AMATO                                                   ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 11, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2010, n. 26 (Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l’avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed alla protezione civile), promossi dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania – sezione staccata di Salerno – con due ordinanze del 7 settembre 2011, iscritte ai nn. 29 e 30 del registro ordinanze 2012 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 2012.

Visti gli atti di costituzione del Comune di Battipaglia, della Provincia di Salerno, del Comune di Salerno, nonché gli atti di intervento della Provincia di Avellino e del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica dell’11 febbraio 2014 il Giudice relatore Luigi Mazzella;

uditi gli avvocati Vincenzo Cocozza per il Comune di Salerno, Egidio Lamberti, Angela Ferrara e Giuseppe Lullo per il Comune di Battipaglia, Lorenzo Lentini per la Provincia di Salerno, Giancarlo Viglione per la Provincia di Avellino e l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 7 settembre 2011, il Tribunale amministrativo regionale per la Campania – sezione staccata di Salerno, ha sollevato, con riferimento agli articoli 11, 114, secondo comma, 117, primo, secondo e terzo comma e 118, primo e secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195 (Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l’avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed alla protezione civile), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2010, n. 26.

1.1.– Riferisce il rimettente che con il ricorso sottoposto al suo esame il Comune di Battipaglia aveva chiesto l’annullamento di alcuni atti amministrativi riconducibili alla Provincia di Salerno, relativi all’affidamento ed alla gestione del ciclo integrato dei rifiuti del servizio di accertamento e di riscossione della “Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani” (TARSU) e della “Tariffa igiene ambientale” (TIA), con i quali in sostanza era stata disposta l’avocazione di tali attività alla predetta Provincia.

Il Comune ricorrente, in particolare, si doleva del fatto che il Presidente della Provincia, nell’emanare gli indirizzi applicativi di programmazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti, ai sensi dell’art. 11 del decreto-legge n. 195 del 2009, da un lato, avesse previsto l’immediato trasferimento, dai Comuni alla Provincia, delle funzioni relative al trattamento, smaltimento o recupero dei rifiuti indifferenziati e, dall’altro, avesse comunicato agli enti locali, ricadenti nel suo ambito, gli «oneri economici» di tali attività, per l’anno 2010. Ad avviso del Comune ricorrente, le determinazioni provinciali sarebbero viziate sotto molteplici aspetti ed, in particolare, sarebbero lesivi della legge della Regione Campania 28 marzo 2007, n. 4 (Norme in materia di gestione, trasformazione, riutilizzo dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati), ma anche dello stesso art. 11 del d.l. n. 195 del 2009.

Al contrario, secondo il TAR di Salerno, il provvedimento impugnato sarebbe conforme a quanto disposto dell’art. 11 del d.l. n. 195 del 2009. Tuttavia, sarebbe proprio tale articolo a presentare profili di illegittimità, ponendosi in contrasto con gli artt. 11, 114, secondo comma, 117, commi primo, secondo e terzo, e 118, commi primo e secondo, Cost., dal momento che ribalterebbe il sistema, non privo di coerenza, delineato dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e confermato, a suo giudizio, dalle leggi regionali in materia, e, segnatamente, dalla legge reg. Campania n. 4 del 2007, e successive modificazioni.

1.2.– In particolare, quanto alla questione relativa all’art. 117, primo, secondo e terzo comma, a parere del rimettente la norma censurata si porrebbe in contrasto con il riparto delle competenze legislative ivi delineato. Invero, secondo il rimettente (come avrebbe affermato anche questa Corte costituzionale) se è vero che le Regioni, nell’esercizio delle loro competenze, pur dovendo rispettare la normativa statale in tema di tutela dell’ambiente, possono stabilire, per il raggiungimento dei fini propri delle loro competenze (in materia di tutela della salute, di governo del territorio, di valorizzazione dei beni ambientali), livelli di tutela più elevati (sentenze n. 61, n. 30 e n. 12 del 2009; n. 105, n. 104 e n. 62 del 2008), ciò certamente, finendo con l’incidere sul bene “ambiente”, di prerogativa dello Stato, potrebbe avvenire solo all’esclusivo fine di una più adeguata salvaguardia delle materie già riconducibili alle competenze delle Regioni stesse. Si tratterebbe, quindi, di un potere insito nelle stesse attribuzioni di queste ultime per consentire la massima loro esplicazione e realizzazione.

In ogni caso, prosegue il rimettente, il legislatore regionale può disporre dell’esercizio delle funzioni pianificatorie, previa adozione degli indirizzi di carattere generale che la legge statale ritenga essenziali.

La Corte, inoltre, avrebbe evidenziato che la disciplina della gestione dei rifiuti si colloca nell’ambito della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., anche se interferisce con altri interessi e competenze, e che, pertanto, dovrebbe essere riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale, restando ferma la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelle propriamente ambientali. Di conseguenza, ogni volta che sia necessario verificare la legittimità costituzionale di norme statali che abbiano disciplinato il fenomeno della gestione dei rifiuti, sarebbe necessario valutare se l’incidenza della normativa sulle materie regionali immediatamente contigue sia tale da compromettere, oltre il limite della adeguatezza, il riparto costituzionale di cui al Titolo V della Parte seconda della Costituzione, rispetto alla citata finalità di fissazione dei livelli di tutela uniformi. Non sarebbe, quindi, consentito allo Stato comprimere la sfera di attribuzione regionale quando ciò non trovi giustificazione in particolari esigenze.

Nel caso di specie, invece, secondo il TAR rimettente, le disposizioni statali contestate, individuando direttamente le amministrazioni territoriali competenti per la gestione del servizio, imponendo i tempi di trasferimento delle funzioni ed un modello organizzativo precostituito, incidendo sugli assetti contrattuali in corso stipulati dagli enti locali, interferendo pesantemente sulle competenze dei Comuni, disciplinando anche l’aspetto finanziario organizzativo di riscossione dei corrispettivi, non risponderebbero ad alcun criterio di adeguatezza in relazione a quelle esigenze «unitarie» come sopra illustrate.

Le norme in questione si porrebbero, infatti, in contraddizione con la disciplina generale posta dal d.lgs. n. 152 del 2006, con la significativa circostanza di tracciare una normativa derogatoria, non più giustificabile dalle esigenze straordinarie, avuto riguardo al dato che il termine finale dello stato di emergenza per la Regione Campania era fissato alla data del 31 dicembre 2009.

Quanto alla censura relativa all’asserita lesione dell’art. 118, primo e secondo comma, Cost., ricorda il rimettente che i principi di sussidiarietà e di adeguatezza possono convivere con il normale riparto di competenze legislative contenuto nel Titolo V e possono giustificarne una deroga «solo se la valutazione dell’interesse pubblico sottostante all’assunzione dì funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalità e sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata.» (sentenza n. 303 del 2003 della Corte costituzionale).

Tuttavia, secondo il rimettente, nel caso di specie la disposizione statale non reggerebbe ad una valutazione di ragionevolezza, poiché non è proporzionata all’obiettivo di governare il passaggio tra la fase di emergenza e quella ordinaria. Inoltre la stessa presenterebbe il limite di non essere stata introdotta, secondo il principio di leale collaborazione, con l’accordo della Regione interessata.

1.3.– Il rimettente, inoltre, denuncia la violazione degli artt. 114 e 118, Cost. là dove le norme costituzionali prevedono che le funzioni amministrative siano attribuite ai Comuni salvo che, per assicurare l’esercizio unitario, nel qual caso sono conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

La valutazione sulle esigenze superiori volte ad assicurare l’esercizio unitario non potrebbero che essere compiute dalla Regione, il soggetto istituzionale in grado di valutare, insieme agli altri enti locali del territorio,il livello di governo più adeguato alle funzioni amministrative che devono essere esercitate. Il legislatore regionale può prevedere un’articolazione elastica del modello organizzativo in base alle peculiari situazioni di fatto presenti nel territorio e nelle diverse Province, anche con la previsione di soluzioni alternative, sempre in cooperazione con i soggetti istituzionali.

 Ebbene, le norme statali in questione, secondo il rimettente, introdurrebbero un’indebita ingerenza del legislatore statale nella disciplina di settore già regolamentata dalla Regione Campania, con lesione della sfera di autonomia dei Comuni; tanto più che, relativamente all’ambito soggettivo di applicazione, esse detterebbero una disciplina derogatoria esclusivamente diretta a questa Regione, a dispetto della circostanza che lo stesso legislatore statale abbia decretato la conclusione della fase d’emergenza.

1.4.– Un ulteriore profilo di illegittimità costituzionale, sussisterebbe con riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost. La circostanza che la Provincia debba affidare il servizio di gestione integrata dei rifiuti ad un determinato soggetto economico, ovvero prorogare i contratti in corso o affidare l’appalto con procedura di massima urgenza senza ricorrere ai procedimenti pubblici di gara, pur in assenza dei presupposti comunitari, nonché ancora imporre ai Comuni di avvalersi dei Consorzi di bacino già in liquidazione sarebbe in palese contrasto con le regole comunitarie della concorrenza e della libertà di stabilimento e d’impresa. Ciò sarebbe tanto più evidente confrontando questo regime con la legislazione ordinaria vigente sull’intero territorio nazionale; in particolare, l’art. 202 del d.lgs. n. 152 del 2006 attribuisce all’Autorità d’ambito il compito di aggiudicare il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, secondo la normativa applicabile in tema di affidamento dei servizi pubblici locali.

Un regime legislativo speciale, applicabile per la sola Regione Campania, rispetto al restante territorio nazionale, si porrebbe in contrasto con la stringente normativa comunitaria di settore (direttive del 31 marzo 2004, n. 2004/17/CE – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali – e n. 2004/18/CE – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi) e, per il tramite di queste, con l’art. 11 Cost.

1.5.– Infine, profili di incompatibilità con l’art. 118, commi primo e secondo, Cost., presenterebbe la disposizione contenuta all’art. 11, comma 3, del citato d.l. n. 195 del 2009, nel punto in cui affida alle società provinciali il compito di agire sul territorio anche quali soggetti preposti all’accertamento ed alla riscossione della TARSU e della TIA.

1.6.– Si è costituita in giudizio la Provincia di Salerno, opponendosi alla declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 11, commi l, 2 e 3 del d.l. n. 195 del 2009. Secondo la Provincia, premesso che la normativa dei rifiuti si colloca, secondo il consolidato orientamento della Corte, nell’ambito della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di esclusiva competenza statale, ferma restando la competenza delle Regioni a disciplinare gli interessi funzionalmente collegati a quelli ambientali, sicché è riservato allo Stato il potere di fissare standard di tutela uniformi sul territorio nazionale, il Governo, proprio nell’esercizio di tale potestà, avrebbe emanato il citato d.l. n. 195 del 2009, con il quale ha inteso dettare una disciplina speciale, di carattere temporaneo, diretta a regolare il transito dalla fase emergenziale al regime ordinario, il cui art. 11, commi l, 2 e 3 avrebbe previsto poteri di programmazione del Presidente della Provincia, modalità di gestione del servizio, regole per i contratti scaduti, riparto di funzioni tra Provincia e Comuni e delle relative risorse finanziarie, al solo fine di evitare soluzioni di continuità con la pregressa fase emergenziale.

Tale normativa troverebbe adeguata giustificazione nella ratio perseguita dal legislatore, che legittimerebbe l’emanazione di una disciplina speciale, in parte derogatoria, rispetto a quella generale, attraverso l’adozione di misure adeguate a consentire il passaggio dalla fase emergenziale al regime ordinario. Ciò nella considerazione che, cessato lo stato di emergenza (durato per ben 15 anni, dal 1994 al 2009), l’applicazione della disciplina ordinaria avrebbe potuto ostacolare il normale svolgimento del ciclo integrato dei rifiuti, compromettendo le relative attività ed il superamento della fase emergenziale. Pertanto, l’emanazione di una disciplina speciale, diretta ad introdurre eccezionali misure regolatrici del ciclo integrato dei rifiuti e delle funzioni degli Enti, risponderebbe certamente ai principi di ragionevolezza e buon andamento, oltre che a quelle esigenze unitarie, cui fa riferimento l’art. 118 Cost.

Non si configurerebbe neanche, come adombra l’ordinanza di remissione, alcuna lesione delle prerogative regionali o delle competenze comunali. Sotto tale profilo, la speciale disciplina, dettata dall’art. 11 del d.l. n. 195 del 2009, sarebbe coerente e simmetrica con la disciplina della Regione Campania di cui alla legge reg. Campania n. 4 del 2007 (attuativa della normativa statale), che ha soppresso l’Autorità d’ambito, radicando, in capo alle Province, le competenze e l’ambito ottimale, in materia di gestione integrata dei rifiuti.

Inoltre, la normativa statale, prevista dall’art. 11 del d.l. n. 195 del 2009, non avrebbe escluso la competenza della Regione a redigere il Piano, con conseguente piena operatività dei moduli alternativi e delle funzioni dei Comuni. Su queste premesse, la norma censurata, nella parte in cui ha previsto una eccezionale disciplina derogatoria alle competenze regionali, non sarebbe in contrasto con i principi costituzionali di cui agli artt. 117 e 118 Cost. e con quelli di adeguatezza e proporzionalità.

L’art. 11 citato, ancora, non contrasterebbe con la normativa statale, per quanto riguarda l’ambito soggettivo di applicazione, avendo dettato una disciplina derogatoria limitata per la sola Regione Campania, nonostante la cessazione dello stato di emergenza. Le deroghe ivi previste non troverebbero fondamento nello stato emergenziale, ma sarebbero dirette a regolare la fase di transito dopo la cessazione del regime extra ordinem, per cui risponderebbero ad una situazione del tutto peculiare, conseguente alla cessazione di uno stato di emergenza che, in Campania, si è protratto per 15 anni, che esigeva una fase preliminare transitoria di allineamento delle diverse realtà, sorte in fase emergenziale.

Del tutto ragionevole sarebbe, pertanto, aver introdotto una disciplina destinata ad avere effetti in un determinato ambito territoriale.

Anche le censure relative all’illegittimità del modello gestionale previsto dall’art. 11 sarebbero infondate. La possibilità di subentro delle società provinciali sarebbe, infatti, limitata ai contratti in corso ed alla loro durata; il che escluderebbe qualunque violazione delle regole concorsuali.

La proroga dei contratti, per una sola volta e per un periodo massimo di un anno e l’affidamento, con procedura di somma urgenza, sono limitate solo alla fase di immediato transito nel regime ordinario, per la particolarità della situazione, determinatasi con la cessazione dello stato di emergenza, dunque, non si verserebbe in una situazione di deroga, a tempo indefinito, delle procedure di evidenza pubblica, escludendosi la violazione dei principi comunitari. La declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 32-bis della legge regionale n. 4 del 2007, inoltre, avrebbe determinato la cessazione immediata delle funzioni dei consorzi di bacino, con transito dei servizi in capo alle Province, attraverso la procedura di liquidazione. Ciò assorbirebbe ogni questione, al riguardo, dedotta dal TAR rimettente.

Non sussisterebbe, infine, la pretesa interferenza con le funzioni del Comune, che potrebbe ben assolvere alla cura degli interessi della collettività, essendo assicurato l’incasso delle somme, di competenza comunale.

1.7.– È intervenuta in giudizio la Provincia di Avellino. In punto di ammissibilità del proprio intervento, essa ha ricordato che la Corte ha più volte avuto modo di precisare che «possono intervenire nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale le sole parti del giudizio principale e i terzi portatori di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro atto, dalla norma oggetto di censura» (ex plurimis, sentenza n. 263 del 2009).

Nel merito, dopo aver focalizzato l’attenzione sulle norme nazionali e regionali che disciplinano il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani nella Regione Campania e all’interno delle quali si pone la questione di legittimità costituzionale in esame, la Provincia deduce che dalla semplice lettura della riportata norma emerge evidente come il legislatore attribuisca alla Autorità d’ambito, delimitata territorialmente da ciascuna Regione, l’esercizio delle competenze in materia di gestione integrata dei rifiuti.

Tale scelta avrebbe segnato una netta discontinuità rispetto al regime previgente. Ai sensi dell’art. 197 del decreto legislativo n. 152 del 2006, la gestione dei rifiuti solidi urbani non spetterebbe più ai Comuni ma alle Autorità d’ambito, alle cui attività i Comuni concorrono. Nel solco così tracciato dal codice ambientale si porrebbe la legge della Regione Campania n. 4 del 2007, successivamente modificata dalla legge della Regione Campania 14 aprile 2008, n. 4 (Modifiche alla legge regionale 28 marzo 2007, n. 4 “Norme in materia di gestione, trasformazione, riutilizzo dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati”), la quale, all’art. 13, delimita le Autorità d’ambito facendole coincidere con le Province.

All’interno di un tale quadro normativo di riferimento, la cui ricostruzione trova conferma nella unanime giurisprudenza del T.A.R. Lazio, si inserirebbe, secondo la Provincia, il d.l. n. 195 del 2009. Tale provvedimento, afferma la Provincia, è stato adottato al termine del lungo periodo in cui la Regione Campania aveva vissuto lo stato di emergenza rifiuti. Il provvedimento legislativo in esame andrebbe letto ed interpretato in un’ottica di normativa speciale dettata dalla esigenza di accompagnare il passaggio dallo stato emergenziale, durato sedici anni, al regime ordinario di gestione del ciclo integrato dei rifiuti.

La previsione della costituzione di una società in house a completa ed esclusiva partecipazione della Provincia, in capo alla quale è radicata la gestione del ciclo integrato dei rifiuti che costituisce missione di carattere generale, non violerebbe, secondo la Provincia, le regole della concorrenza, atteso che la giurisprudenza della Corte di giustizia avrebbe riconosciuto che rientra nel potere organizzativo delle autorità pubbliche “autoprodurre” beni, servizi o lavori mediante il ricorso a soggetti che, ancorché giuridicamente distinti dall’ente conferente, siano legati a quest’ultimo da una relazione organica (c.d. affidamento in house).

1.8.– Si è costituito in giudizio il Comune di Battipaglia, affermando, in diritto, che la normativa impugnata lederebbe le competenze legislative regionali, derogando ai livelli uniformi di tutela in materia ambientale, e introducendo pertanto una disciplina immotivatamente discriminatoria, incidendo su aspetti organizzativi e gestionali la cui competenza spetta solo alla Regione. Pertanto, sarebbero violati gli artt. 3, 11, 114, 117, 118 119 e 120 Cost.

L’introduzione di alcune modifiche normative (non formanti oggetto della presente questione di legittimità costituzionale) avrebbe accentuato e approfondito i vulnus denunciati.

1.9.– È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l’infondatezza della questione sollevata dal TAR Campania.

Secondo il Presidente del Consiglio, l’intervento legislativo statale troverebbe fondamento nella competenza esclusiva statale per i profili attinenti alla tutela dell’ambiente ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s) Cost.

Inoltre, la norma impugnata avrebbe la sola funzione di favorire il passaggio dalla fase emergenziale al regime ordinario di gestione del ciclo dei rifiuti, stabilendo una deroga temporanea alla vigenza del riparto di competenze tra Stato ed enti territoriali in materia, giustificata dal fatto che, alla cessazione della fase di emergenza, la Regione Campania non si era ancora dotata di un Piano per la gestione integrata dei rifiuti.

Nell’introdurre tale regime derogatorio temporaneo, la disposizione censurata avrebbe inteso evitare soluzioni di continuità rispetto agli atti compiuti nella fase emergenziale. Evidente, quindi, sarebbe la ragionevolezza dell’intervento normativo, e la sua rispondenza ai presupposti della necessità e dell’urgenza.

2.– Con successiva ordinanza lo stesso TAR di Salerno ha sollevato identica questione di legittimità costituzionale, nell’ambito di altro giudizio, promosso con ricorso dal Comune di Salerno ed avente ad oggetto gli stessi provvedimenti già impugnati dal Comune di Battipaglia nel precedente giudizio amministrativo.

2.1.– Si è costituita, in tale secondo giudizio, la Provincia di Salerno e il Comune di Salerno. Sono interventi la Provincia di Avellino e il Presidente del Consiglio dei ministri, svolgendo considerazioni analoghe a quelle già espresse con riferimento alla prima ordinanza di rimessione.

Il Comune di Salerno, dopo aver ricordato i passaggi fondamentali di una normativa (statale, e regionale) extra ordinem ed estremamente complessa, ha affermato che, nel settore dei rifiuti, sia per l’aspetto ambientale, sia per quello organizzativo, l’art. 117 della Cost. – come interpretato dalla Corte costituzionale – riconosce la competenza legislativa delle Regioni con l’unico limite per le relative discipline che «non possono in alcun modo peggiorare il livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato». Ha affermato che, seppure in seguito a modifiche all’impianto complessivo (ivi compresa la parte relativa alla individuazione delle Autorità d’ambito), dopo la fine dello stato di emergenza e il relativo commissariamento del servizio, l’art. 32-bis della legge della Regione Campania 21 gennaio 2010, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania – Legge finanziaria anno 2010) ha modificato la normativa transitoria, prevedendo la cessazione delle funzioni dei Consorzi obbligatori, non più dalla entrata in vigore della legge, ma al «momento dell’avvenuto trasferimento dei servizi al nuovo soggetto gestore».

Di conseguenza, il procedimento ordinario delineato dalla disciplina generale presupporrebbe la previa adozione del Piano regionale per i rifiuti e, quindi, la scelta del modello organizzativo. Solo successivamente, una volta individuato il modello e, quindi, i soggetti attuatori del Piano, vi potrà essere il trasferimento a tali soggetti (come individuati nel Piano) delle relative funzioni.

La normativa vigente mostrerebbe, quindi, una piena coerenza e conformità a Costituzione, riscontrandosi il rispetto delle competenze legislative della Regione e dei principi costituzionali di autonomia degli enti locali.

Tuttavia, il comma 2-ter dell’art. 11 del d.l. n. 195 del 2009, “romperebbe” questo schema, evidenziando, quindi, un insanabile contrasto con l’impianto normativo precedente, calibrato sul rispetto delle competenze statali, regionali e delle autonomie locali e proponendo una disciplina speciale e derogatoria valida solo per la Regione Campania, priva di qualunque ragionevole giustificazione, che travolge principi essenziali dell’assetto autonomistico.

L’intervento legislativo statale sarebbe lesivo della sfera di competenza della Regione in materia di servizi pubblici locali e di organizzazione amministrativa della Regione, che costituiscono competenza residuale regionale. Non essendo individuati standard di tutela, d’altronde, non emergerebbero esigenze ‘‘unitarie”. Peraltro, l’estremo dettaglio della disciplina renderebbe ancora più manifesta l’illegittimità costituzionale denunciata.

Quanto alla violazione dell’art. 118 Cost., secondo il Comune di Salerno, trattandosi di materia regionale, la scelta sulla eventuale “chiamata in sussidiarietà” spetterebbe alla Regione che, peraltro, è il solo soggetto istituzionale in grado di valutare, insieme agli altri enti locali del territorio, il livello di governo più adeguato alle funzioni amministrative che devono essere esercitate.

Il predetto Comune condivide anche la censura relativa alla dedotta violazione dei principi comunitari e conseguente violazione degli artt. 11 e 117 Cost. L’art. 202 del d.lgs. n. 152 del 2006, infatti, in attuazione dei principi comunitari sopra richiamati, dispone che l’Autorità d’ambito aggiudica il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, secondo la normativa vigente in tema di affidamento dei servizi pubblici locali, in conformità ai criteri di cui all’articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali). Sotto tale aspetto, anche per la irragionevole differenziazione della disciplina rispetto al resto del territorio, determinerebbe l’illegittimità costituzionale della normativa.

Infine, anche secondo il Comune di Salerno, la determinazione di incassare i proventi derivanti dal pagamento dei corrispettivi TARSU e TIA costituisce immediata conseguenza del trasferimento delle funzioni e per questa parte, dunque, la disciplina soffrirebbe dei medesimi vizi che sono stati in precedenza evidenziati.

2.2.– Con ordinanza emessa all’udienza dell’11 febbraio 2014, veniva ammesso l’intervento della Provincia di Avellino

Considerato in diritto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania – sezione staccata di Salerno, ha sollevato, con due distinte ordinanze, la medesima questione di legittimità costituzionale, con riferimento agli articoli 11, 114, secondo comma, 117, commi primo, secondo e terzo, e 118, commi primo e secondo, della Costituzione, avente ad oggetto l’art. 11, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195 (Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l’avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed alla protezione civile), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2010, n. 26.

1.1.– Il Tribunale rimettente è investito di due distinti ricorsi – uno proposto dal Comune di Battipaglia e l’altro dal Comune di Salerno – aventi ad oggetto una serie articolata di provvedimenti con i quali la Provincia di Salerno ha avocato a sé, sottraendola ai predetti Comuni, la gestione del ciclo integrato dei rifiuti, mediante affidamento di tale gestione ad una società provinciale – la «Ecoambiente Salerno S.p.a.» – appositamente costituita.

2.– Preliminarmente, in considerazione dell’identità delle questioni, deve essere disposta la riunione dei giudizi, al fine di definirli con un’unica pronuncia.

2.1.– Sempre in via preliminare, deve essere confermata l’ordinanza, deliberata nel corso dell’udienza pubblica ed allegata alla presente sentenza, con la quale è stato dichiarato ammissibile l’intervento spiegato dalla provincia di Avellino.

Invero, per costante giurisprudenza di questa Corte, l’intervento di soggetti estranei al giudizio principale è ammissibile per i terzi titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto ed immediato al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura (ex plurimis, ordinanza letta all’udienza del 23 marzo 2010, confermata con sentenza n. 138 del 2010; ordinanza letta all’udienza del 31 marzo 2009, confermata con sentenza n. 151 del 2009; sentenze n. 94 del 2009, n. 96 del 2008, n. 245 del 2007).

Ebbene, sussiste un interesse qualificato ad intervenire nei sopra indicati giudizi di legittimità costituzionale, anche in considerazione della diretta ed immediata applicabilità delle norme censurate alle amministrazioni provinciali della Regione Campania.

2.2.– In punto di rilevanza, il Tribunale, dopo aver ritenuto i provvedimenti amministrativi impugnati conformi al diritto vigente, e in particolare alle disposizioni censurate, ritenendoli legittimi proprio in forza del contenuto precettivo delle stesse, ha reputato tuttavia che fossero proprio queste ultime ad essere illegittime, in quanto lesive degli invocati precetti costituzionali, dal momento che la disposizione censurata costituisce il principale fondamento dei provvedimenti amministrativi impugnati nei giudizi amministrativi.

Tale motivazione è esaustiva e condivisibile. Le norme censurate, invero, rendendo obbligatoria per la Provincia l’adozione dei suddetti provvedimenti, esplicitamente prescrivono quell’avocazione, in materia di gestione del ciclo integrato dei rifiuti, dai Comuni alle Province, ossia la stessa spoliazione di funzioni amministrative, di cui si dolgono i Comuni ricorrenti.

Va, per contro, escluso che le determinazioni impugnate innanzi al TAR rimettente siano state fondate sugli artt. 3, commi 2-bis e 2-ter del decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245 (Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore rifiuti nella Regione Campania ed ulteriori disposizioni in materia di protezione civile), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 27 gennaio 2006, n. 21, posto che, al momento dell’adozione dei provvedimenti di avocazione, lo stato di emergenza rifiuti in Campania era ormai, sia pur da poco, cessato in forza dell’art. 19 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90 (Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, legge 14 luglio 2008, n. 123. D’altra parte, i provvedimenti amministrativi impugnati richiamano, come loro fondamento e giustificazione, proprio l’avvenuta cessazione dello stato di emergenza in Campania.

3.– Nel merito, con una prima questione, relativa alla denunciata lesione delle competenze legislative regionali, di cui all’art.117, primo, secondo e terzo comma, il TAR lamenta che la disposizione censurata travalicherebbe quelle esigenze di tutela ambientale che, a certe condizioni, possono legittimare l’avocazione allo Stato delle funzioni legislative in materie di competenza regionale, e si ingerirebbe in aspetti di disciplina di dettaglio del servizio che sono tipici delle prerogative regionali, quali quelle attinenti al governo del territorio e alla tutela della salute.

Essa, invero, individuerebbe direttamente le amministrazioni territoriali competenti per la gestione del servizio, imponendo i tempi di trasferimento delle funzioni in base ad un modello organizzativo precostituito e inciderebbe anche sugli assetti contrattuali in corso stipulati dagli enti locali, disciplinando anche l’aspetto finanziario organizzativo di riscossione dei corrispettivi.

In tal modo, per altro verso, la norma censurata contrasterebbe non solo con la disciplina positiva dello stesso rango dettata in materia dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), ma anche con la normativa regionale campana, e, segnatamente, con la legge 28 marzo 2007, n. 4 (Norme in materia di gestione, trasformazione, riutilizzo dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati), che attribuirebbero alle Regioni il compito di realizzare gli Ambiti territoriali ottimali (ATO) e di costituire le cosiddette Autorità d’ambito.

3.1.– Con riferimento all’art. 118, primo e secondo comma, ed agli artt. 114 e 118 Cost., il rimettente lamenta che l’art. 11, commi 1, 2 e 3, contrasterebbe con tali precetti, in quanto la disciplina non sarebbe proporzionata all’obiettivo perseguito di governare il passaggio tra la fase di emergenza e quella ordinaria e non sarebbe stata introdotta con l’accordo della Regione interessata. Inoltre, con riferimento all’affidamento alle società provinciali del compito di agire sul territorio, anche quali soggetti preposti all’accertamento ed alla riscossione della tassa per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani (TARSU) e della tariffa integrata ambientale (TIA), le disposizioni censurate, secondo il rimettente, estrometterebbero completamente il Comune dalla cura di uno degli interessi primari della comunità locale.

3.2.– Con riguardo agli artt. 114 e 118 Cost. (in base ai quali le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni, salvo che, per assicurare l’esercizio unitario, nel qual caso sono conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza), le norme censurate introdurrebbero un’indebita ingerenza del legislatore statale nella disciplina di settore già regolamentata dalla Regione Campania, con lesione della sfera di autonomia dei Comuni.

3.3.– Con riferimento agli artt. 11 e 117 Cost., il rimettente denuncia che le norme censurate determinerebbero una violazione della stringente normativa comunitaria di settore (direttive del 31 marzo 2004, n. 2004/17/CE – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali – e n. 2004/18/CE – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi) alla quale lo Stato italiano ha dato attuazione con il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) e, in tal modo, inciderebbero sui predetti parametri costituzionali, poiché imporrebbero di affidare il servizio di gestione integrata dei rifiuti ad un determinato soggetto economico, ovvero prorogare i contratti in corso o affidare l’appalto con procedura di massima urgenza, senza ricorrere ai procedimenti pubblici di gara.

4.– La prima questione, sollevata con riferimento alla denunciata lesione delle competenze legislative regionali di cui all’art.117, primo, secondo e terzo comma, Cost., non è fondata.

Le norme censurate, che disciplinano alcuni aspetti della gestione del ciclo dei rifiuti in Campania, e che, in particolare, affidano la gestione di tale ciclo, in una fase transitoria, alle Province, sono ascrivibili alla materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.

Come questa Corte ha avuto modo, in via generale, di affermare, la disciplina dei rifiuti «si colloca […] nell’ambito della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., anche se interferisce con altri interessi e competenze, di modo che deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale, restando ferma la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali» (sentenza n. 249 del 2009).

Tale principio è stato ribadito da questa Corte anche con specifico riferimento alla norma statale oggi censurata (sentenza n. 69 del 2011). Nella predetta pronuncia, sul presupposto del carattere di principio fondamentale di tale norma statale, è stata dichiarata illegittima l’abrogazione – disposta da parte della Regione Campania con l’art. 1, comma 69, della legge della Regione Campania 21 gennaio 2010, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania – Legge finanziaria anno 2010) –, di altra norma della stessa Regione (l’art. 32-bis della legge reg. Campania n. 4 del 2007) che aveva attuato il concreto trasferimento alle Province delle funzioni di cui all’art. 11 del d.l. n. 195 del 2009.

In definitiva, l’avocazione alle Province della gestione del ciclo integrato dei rifiuti è stata, dunque, ritenuta principio fondamentale, nell’ambito della competenza legislativa statale esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e, come tale, assolutamente inderogabile da parte delle Regioni.

La disposizione statale censurata introduce una disciplina pienamente adeguata alla finalità di fissare livelli di tutela uniformi su tutto il territorio nazionale e di fronteggiare una situazione di emergenza – quella dei rifiuti – che, pur localizzata in una specifica Regione, ha indubbiamente rilevanza nazionale. La gestione affidata alla Protezione civile nazionale, ne è una riprova.

D’altro canto, la sostituzione, nella fase transitoria, delle Province ai Comuni nella gestione del ciclo rifiuti, è in sintonia, da un lato, con la normativa statale contenuta nel “Codice dell’ambiente” e, dall’altro, con le stesse norme regionali che si assumono violate e, segnatamente, gli artt. 8 e 20 della legge regionale n. 4 del 2007, in seguito alle modifiche apportate dall’art. 1, comma 1, lettera c), della legge della Regione Campania 14 aprile 2008, n. 4 (Modifiche alla legge regionale 28 marzo 2007, n. 4 “Norme in materia di gestione, trasformazione, riutilizzo dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati”).

5.– Anche le questioni sollevate con riferimento agli artt. 114 e 118 Cost. non sono fondate.

5.1.– È vero che il primo comma della censurata disposizione prevede semplicemente l’attribuzione delle funzioni provinciali ai relativi Presidenti. Esso, pertanto, incidendo esclusivamente nei rapporti interni a tali enti pubblici, è immune dalle doglianze sollevate dal rimettente TAR, ma è, altresì, incontestabile che le asserite violazioni “esterne”, consistenti nell’attribuzione di competenze amministrative alle Province a scapito di quelle comunali, in materia di gestione dei rifiuti, non sono fondate. Il carattere eccezionale e transitorio della disciplina introdotta giustifica razionalmente l’avocazione delle funzioni amministrative dai Comuni alle Province e rende la stessa rispettosa dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed autonomia di cui all’art. 118 Cost. La legge censurata, pertanto, non lede l’autonomia amministrativa dei Comuni ed, anzi, è perfettamente in linea con l’art. 32-bis della legge regionale n. 4 del 2007.

5.2.– Per gli stessi motivi, deve escludersi la necessità di un accordo con la Regione interessata: la norma è transitoria e giustificata da una esigenza eccezionale.

5.3.– Non è fondata, inoltre, anche la questione relativa alla riscossione dei tributi TARSU e TIA, necessari per assicurare l’espletamento del servizio. Assegnato alle Province il compito di organizzare raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti, non ha alcun senso lasciare l’attività di riscossione ancora ai Comuni, quest’ultima non può che essere gestita dallo stesso ente territoriale preposto allo svolgimento del servizio.

6.– Non è fondata, infine, la questione relativa alla asserita lesione dei principi costituzionali di cui agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., per violazione delle direttive comunitarie in tema di affidamento degli appalti pubblici.

In tale materia, le società in house, ossia le società partecipate in modo preponderante da capitale dell’ente pubblico appaltante, secondo la giurisprudenza di questa Corte, possono legittimamente operare se il meccanismo dell’affidamento diretto sia strutturato in modo da evitare che esso possa risolversi in una ingiustificata compromissione dei principi che presiedono al funzionamento del mercato e, dunque, in una violazione delle prescrizioni a tutela della concorrenza contenute nel Trattato 25 marzo 1957, che istituisce la Comunità europea (sentenze n. 50 del 2013 e n. 439 del 2008). Pertanto, come imposto dalla stessa giurisprudenza della Corte di giustizia, è possibile non osservare le regole della concorrenza: a) quando l’ente pubblico svolge sul soggetto affidatario un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; b) quando il soggetto affidatario «realizzi la parte più importante della propria attività» con l’ente o con gli enti che la controllano (sentenza Teckal del 18 novembre 1999, in causa C-107/98).

Nel caso in esame, non risulta che le suddette condizioni siano state violate dalla disposizione di legge in esame, che, prevedendo l’affidamento del servizio a società provinciali in house, senza disciplinare la composizione e i limiti di operatività di tali società, deve essere interpretata in senso costituzionalmente conforme, con implicito richiamo a tale indefettibile condizione di legittimità.

Per completezza espositiva si rileva che la previsione normativa della procedura di somma urgenza è del tutto fuori contesto e inapplicabile al caso di specie dove non ricorrono ipotesi di tale natura. Inoltre, la limitazione espressa a casi eccezionali di reale necessità e urgenza e il suo carattere transitorio non determinano di per sé lesioni della normativa comunitaria in materia di affidamento di appalti.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 11, commi 1, 2 e 3 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195 (Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l’avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed alla protezione civile), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2010, n. 26, sollevate, con riferimento agli artt. 11, 114, secondo comma, 117, primo, secondo e terzo comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania – sezione staccata di Salerno -  con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 aprile 2014.

F.to:

Gaetano SILVESTRI, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 16 aprile 2014.

 

Ordinanza letta all’udienza dell’11 febbraio 2014