Sentenza n. 290 del 2013

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SENTENZA N. 290

ANNO 2013

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Gaetano                      SILVESTRI                           Presidente

-      Luigi                           MAZZELLA                           Giudice

-      Sabino                        CASSESE                                      "

-      Giuseppe                    TESAURO                                    "

-      Paolo Maria                NAPOLITANO                             "

-      Giuseppe                    FRIGO                                           "

-      Paolo                          GROSSI                                        "

-      Giorgio                       LATTANZI                                   "

-      Aldo                           CAROSI                                        "

-      Marta                          CARTABIA                                  "

-      Sergio                         MATTARELLA                            "

-      Mario Rosario             MORELLI                                     "

-      Giancarlo                    CORAGGIO                                 "

-      Giuliano                      AMATO                                        "

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 3 della legge della Regione Basilicata 23 novembre 2012, n. 22 (Intervento sostitutivo delle aziende sanitarie regionali in caso di inadempienza retributiva nei confronti dei dipendenti delle strutture accreditate al Servizio Sanitario Regionale), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 24-28 gennaio 2013, depositato in cancelleria il 30 gennaio 2013 ed iscritto al n. 10 del registro ricorsi 2013.

Visto l’atto di costituzione della Regione Basilicata;

udito nell’udienza pubblica del 22 ottobre 2013 il Giudice relatore Aldo Carosi;

uditi l’avvocato dello Stato Vincenzo Rago per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Luigi Manzi per la Regione Basilicata.



Ritenuto in fatto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 24-28 gennaio 2013 e depositato il 30 gennaio 2013, iscritto al reg. ric. n. 10 del 2013, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 3 della legge della Regione Basilicata 23 novembre 2012, n. 22 (Intervento sostitutivo delle aziende sanitarie regionali in caso di inadempienza retributiva nei confronti dei dipendenti delle strutture accreditate al Servizio Sanitario Regionale) in riferimento agli artt. 81, quarto comma, 117, secondo comma, lettera l), e 117, terzo comma, della Costituzione, per quel che riguarda la materia della tutela della salute in relazione agli artt. 8-bis, 8-quater, 8-quinquies, 8-sexies, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).

1.1.– L’art. 1 della legge reg. Basilicata n. 22 del 2012 dispone che qualora le strutture private accreditate del Servizio sanitario regionale siano inadempienti nel pagamento delle retribuzioni dovute al proprio personale, le aziende sanitarie, previa diffida a pagare, sospendano i pagamenti dovuti alle strutture private e, nel caso in cui permanga tale situazione, si sostituiscano alle strutture stesse.

Il ricorrente assume che questa norma, provvedendo direttamente al pagamento dei lavoratori nei limiti delle somme dovute a qualsiasi titolo, ecceda dalle competenze regionali e contrasti con i principi fondamentali della legislazione statale relativamente all’accreditamento e alla retribuzione delle strutture accreditate, contenuta nel d.lgs. n. 502 del 1992.

In particolare il ricorrente rileva che ai sensi dell’art. 8-bis del citato decreto l’esercizio di attività per conto del Servizio sanitario nazionale è subordinato al rilascio dell’accreditamento istituzionale, mentre l’esercizio di attività a carico del servizio sanitario è subordinato alla stipulazione degli accordi contrattuali con le strutture precedentemente accreditate. Inoltre, in base all’art. 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992 l’accreditamento istituzionale è rilasciato alle strutture autorizzate, pubbliche o private, e ai professionisti che ne facciano richiesta, subordinatamente alla loro rispondenza ai requisiti ulteriori di qualificazione, alla loro funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale e alla verifica positiva dell’attività svolta e dei risultati raggiunti. Il comma 2 dell’art. 8-quater dispone che la qualità di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate, al di fuori dei citati accordi contrattuali disciplinati dall’art. 8-quinquies. Quest’ultimo prevede che la Regione e le unità sanitarie locali definiscano accordi con le strutture pubbliche ed equiparate e stipulino contratti con quelle private e con i professionisti accreditati. La norma inoltre specifica i contenuti che debbono avere i suddetti accordi, tra cui: a) gli obiettivi di salute e i programmi di integrazione dei servizi; b) il volume massimo di prestazioni che le strutture presenti nell’ambito territoriale della medesima unità sanitaria locale, si impegnano ad assicurare, distinto per tipologia e per modalità di assistenza; c) i requisiti del servizio da rendere; d) il corrispettivo preventivato a fronte delle attività concordate, globalmente risultante dalla applicazione dei valori tariffari e della remunerazione extra-tariffaria delle funzioni incluse nell’accordo, da verificare a consuntivo sulla base dei risultati raggiunti e delle attività effettivamente svolte, nonché la modalità con la quale viene comunque garantito il rispetto del limite concordato di remunerazione delle strutture correlato ai volumi di prestazioni, prevedendo che in caso di incremento a seguito di modificazioni, comunque intervenute nel corso dell’anno, dei valori unitari dei tariffari regionali per la remunerazione delle prestazioni di assistenza ospedaliera, delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, nonché delle altre prestazioni comunque remunerate a tariffa, il volume massimo di prestazioni remunerate si intende rideterminato nella misura necessaria al mantenimento dei limiti stabiliti, salva la possibile stipula di accordi integrativi, nel rispetto dell’equilibrio economico-finanziario programmato. Le modalità di remunerazione sono stabilite dall’art. 8-sexies del d.lgs. n. 502 del 1992, in base al quale le strutture che erogano assistenza ospedaliera e ambulatoriale a carico del Servizio sanitario nazionale sono finanziate secondo un ammontare globale predefinito indicato negli accordi contrattuali di cui all’art. 8-quinquies e determinato in base alle funzioni assistenziali e alle attività svolte nell’ambito e per conto della rete dei servizi di riferimento. L’articolo citato prevede che alcune funzioni assistenziali nell’ambito di determinate attività siano remunerate in base al costo standard di produzione del programma di assistenza, mentre altre attività sono remunerate in base a tariffe predefinite per prestazione.

Secondo il ricorrente dal complesso delle disposizioni statali richiamate emergerebbe che il rapporto di accreditamento atterrebbe esclusivamente all’erogazione delle prestazioni “per conto” del Servizio sanitario nazionale da parte delle strutture accreditate e che la successiva stipulazione degli accordi contrattuali sarebbe necessaria affinché le prestazioni stesse, precedentemente accreditate, siano erogate, oltre che “per conto”, anche “a carico” del Servizio sanitario nazionale.

A giudizio del Presidente del Consiglio da dette disposizioni si ricaverebbe altresì che la remunerazione di tali prestazioni andrebbe a coprire, secondo l’art. 8-sexies, i costi per l’erogazione delle prestazioni e verrebbe stabilita sulla base di un «ammontare globale» determinato «in base alle funzioni assistenziali e alle attività svolte nell’ambito e per conto della rete dei servizi di riferimento». Pertanto il rapporto in tal modo instaurato sussisterebbe esclusivamente tra il Servizio sanitario nazionale e le strutture accreditate, fermo restando che queste ultime conserverebbero la loro autonomia e la loro separata soggettività.

Il ricorrente rileva che nella legislazione statale non si rinverrebbe alcuna norma che legittimi la Regione o le ASL a sostituirsi nel pagamento delle retribuzioni del personale delle aziende accreditate inadempienti, in quanto tali retribuzioni resterebbero al di fuori del rapporto di accreditamento e rientrerebbero nell’esclusiva responsabilità delle strutture private accreditate. Ai sensi della legislazione statale citata sarebbe piuttosto da ritenere che la corretta retribuzione dei dipendenti costituisca un requisito per il rilascio dell’accreditamento. In particolare l’art. 8-quater, comma 4, lettera d), indica tra i requisiti richiesti per il rilascio dell’accreditamento che le strutture accreditate assicurino adeguate condizioni di organizzazione interna, con specifico riferimento alla dotazione quantitativa e alla qualificazione professionale del personale effettivamente impiegato.

Ne consegue, secondo il ricorrente, che in base alla legislazione statale la mancata o irregolare retribuzione del personale da parte delle strutture accreditate potrebbe incidere sulla persistenza del rapporto di accreditamento, non sussistendo più le adeguate condizioni di organizzazione interna e potrebbe comportare una eventuale revoca dello stesso, ma non giustificherebbe un intervento sostitutivo delle ASL nei confronti delle strutture accreditate inadempienti.

Per tali ragioni la disciplina contenuta nelle disposizioni regionali di cui all’art. 1 della legge reg. Basilicata n. 22 del 2012 contrasterebbe con la normativa statale in materia di accreditamento di cui agli artt. 8-bis, 8-quater, 8-quinquies e 8-sexies del d.lgs. n. 502 del 1992, violando in tal modo l’art. 117, terzo comma Cost., per lesione dei principi fondamentali in materia di tutela della salute. Inoltre, un intervento sostitutivo, così come quello previsto dalla legge regionale in esame, incidendo sui rapporti contrattuali esistenti tra le aziende accreditate e i rispettivi dipendenti, violerebbe altresì l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva allo Stato la potestà legislativa in materia di ordinamento civile.

1.2.– Secondo il ricorrente anche l’art. 3 della legge reg. Basilicata n. 22 del 2012 sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 81 Cost. L’articolo citato prevede che le modalità operative dell’intervento sostitutivo di cui all’art. 1 della medesima legge e la quantificazione e le modalità di remunerazione dei maggiori oneri derivanti all’azienda sanitaria dalla relativa esecuzione siano definite con apposito provvedimento della Giunta regionale, da emanarsi entro il termine massimo di 15 giorni dall’entrata in vigore della legge e che, in ogni caso, dalla sua applicazione non deriva alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio regionale. A giudizio del Presidente del Consiglio, poiché l’intervento sostitutivo implicherebbe necessariamente oneri burocratici e amministrativi a carico delle aziende sanitarie e, di conseguenza, l’impiego di risorse aggiuntive, la norma regionale, omettendo di quantificare i suddetti oneri e di indicarne gli specifici mezzi di copertura, violerebbe l’art. 81 Cost. In particolare, le disposizioni impugnate, stabilendo che l’azienda sanitaria diviene obbligatoriamente l’ufficio pagatore di lavoratori dipendenti non suoi, in capo ai quali sorgerebbe un vero e proprio diritto ad essere remunerati direttamente dalla ASL, comporterebbe molteplici e gravi implicazioni di carattere amministrativo e contabile. Innanzitutto vi sarebbero maggiori oneri amministrativi e contabili a carico dell’azienda sanitaria legati alla necessità di implementare procedimenti di pagamento in luogo di terzi. Inoltre potrebbero aversi maggiori oneri a carico dell’azienda in relazione ad un rischio di contenzioso con i lavoratori privati, atteso che la legge regionale riconosce loro un diritto ad essere remunerati direttamente dall’azienda sanitaria pubblica e non sarebbe dunque tollerabile alcun ritardo o disservizio di qualsivoglia natura. Infine, potrebbero aversi possibili maggiori oneri a carico dell’azienda in relazione ad un rischio di contenzioso con la struttura privata. Secondo il ricorrente, le disposizioni regionali, che ignorano i predetti aspetti di onerosità, limitandosi ad un rinvio ad atti della Giunta, salvo stabilire che dalla legge non deriva alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio regionale, violerebbero il principio di copertura finanziaria enunciato all’art. 81 Cost., in quanto omettono di quantificare i suddetti oneri e di indicarne gli specifici mezzi di copertura.

2.– Con memoria depositata il 6 marzo 2013 si è costituita in giudizio la Regione Basilicata, in persona del Presidente pro tempore, eccependo l’infondatezza del ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio.

2.1.– Innanzitutto, la resistente osserva che la disciplina contenuta nell’art. 1 della legge reg. Basilicata n. 22 del 2012 sarebbe finalizzata esclusivamente ad assicurare i livelli essenziali di assistenza per i cittadini lucani, garantendo l’erogazione di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie erogate da strutture private accreditate e convenzionate non immediatamente surrogabili da strutture sanitarie pubbliche. La legge avrebbe lo scopo di mitigare e contrastare il rischio che la mancata retribuzione dei dipendenti da parte delle strutture private accreditate e convenzionate possa comportare un’interruzione improvvisa dell’erogazione di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie. Difatti, tale interruzione potrebbe avere effetti imprevedibili sulla salute di numerosi soggetti affetti da patologie gravi e metterebbe a rischio l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza. La ratio della legge andrebbe allora individuata, in attuazione dei principi contenuti nell’art. 117, commi terzo e quarto, Cost., nel garantire la tutela della salute attraverso la previsione di meccanismi che assicurino l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza. A tal fine la disciplina richiamata, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge reg. Basilicata n. 22 del 2012, opererebbe solo nel caso di strutture convenzionate ed esclusivamente nei limiti delle spettanze dovute, mutuando un istituto già previsto dalla normativa vigente in materia di appalti all’art. 5, comma 1, del d.P.R. 5 ottobre 2011 (recte: 2010), n. 207 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»), il quale stabilisce che «Per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, in caso di ritardo nel pagamento delle retribuzioni dovute al personale dipendente dell’esecutore o del subappaltatore o dei soggetti titolari di subappalti e cottimi di cui all’articolo 118, comma 8, ultimo periodo, del codice impiegato nell’esecuzione del contratto, il responsabile del procedimento invita per iscritto il soggetto inadempiente, ed in ogni caso l’esecutore, a provvedervi entro i successivi quindici giorni. Decorso infruttuosamente il suddetto termine e ove non sia stata contestata formalmente e motivatamente la fondatezza della richiesta entro il termine sopra assegnato, i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), possono pagare anche in corso d’opera direttamente ai lavoratori le retribuzioni arretrate detraendo il relativo importo dalle somme dovute all’esecutore del contratto ovvero dalle somme dovute al subappaltatore inadempiente nel caso in cui sia previsto il pagamento diretto ai sensi degli articoli 37, comma 11, ultimo periodo e 118, comma 3, primo periodo, del codice».

Rileva la Regione Basilicata che secondo il ricorrente la corretta retribuzione del personale è requisito per il rilascio dell’accreditamento, poiché l’art. 8-quater, comma 4, lettera d), del d.lgs. n. 502 del 1992 richiede che le strutture accreditate «assicurino adeguate condizioni di organizzazione interna, con specifico riferimento alla dotazione quantitativa e alla qualificazione professionale del personale effettivamente impiegato». In realtà, secondo la resistente, le disposizioni impugnate riguarderebbero strutture già accreditate e che dunque avrebbero già dimostrato di avere una qualificata organizzazione interna del personale. Quest’ultima non verrebbe meno per il solo fatto che, eccezionalmente e transitoriamente, la struttura accreditata non paghi per tempo le retribuzioni al personale. In altri termini, secondo la Regione, la situazione presa in considerazione dalla norma sarebbe cosa diversa da quella contemplata all’art. 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992, il quale atterrebbe alla fase di rilascio dell’accreditamento, nel caso di specie, già superata, e riguarderebbe la perdita dei requisiti organizzativi che, nella fattispecie prevista dalla norma, non sarebbero in discussione.

La ratio della disciplina censurata sarebbe – in linea con i principi fondamentali di cui all’art. 117, commi terzo e quarto, Cost. quanto alla potestà legislativa regionale in materia di tutela della salute – quella di scongiurare il rischio che dal ritardo nel pagamento delle spettanze possa derivare la sospensione dell’erogazione delle prestazioni sanitarie a danno dell’utenza e del relativo diritto alla salute. Di qui la possibilità che, in casi eccezionali e che non potrebbero ripetersi per più di due volte, all’erogazione delle competenze stipendiali provveda, anche solo in parte, l’azienda sanitaria locale.

Quanto alla censura concernente la violazione della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile, secondo la Regione il vizio non sarebbe sussistente, perché quella consentita dalla norma sarebbe una mera anticipazione di parte della retribuzione, che non determinerebbe alcuna effettiva sostituzione in senso tecnico dell’ASL nel rapporto contrattuale con il personale della struttura accreditata. Si tratterebbe solamente di una modalità operativa volta ad ovviare a contingenti ritardi e ad impedire il blocco delle prestazioni in danno degli utenti.

2.2.– In ordine alla censura di mancata quantificazione degli oneri avanzata nei confronti dell’art. 3 della legge reg. Basilicata n. 22 del 2012, la resistente ricorda che entro il termine indicato nel citato articolo, e precisamente l’11 dicembre 2012, è stata adottata la deliberazione della Giunta regionale n. 1713, avente ad oggetto «LR 23 novembre 2012, n. 22 – Disciplinare recante modalità operative per l’anticipazione delle retribuzioni dovute non pagate ai dipendenti delle strutture provate accreditate del SSR». Lo stesso art. 3 in questione darebbe atto che la legge non comporterebbe oneri aggiuntivi per la Regione, di cui si sarebbe dovuto dare giustificazione. In effetti, secondo la resistente, il meccanismo previsto non darebbe luogo all’erogazione di risorse ulteriori rispetto alle spettanze dovute alle strutture accreditate, ma gli eventuali oneri sostenuti dalla ASL sarebbero prelevati in una percentuale massima del 5% dalle medesime spettanze, così come previsto dalla delibera della Giunta regionale n. 1713 del 2012, contenente le modalità operative e la quantificazione dei maggiori oneri in capo all’azienda sanitaria derivanti dall’esecuzione della procedura de qua, così come previsto dall’art. 3 della legge reg. Basilicata n. 22 del 2012. La citata deliberazione n. 1713 del 2012 al paragrafo «Modalità di erogazione delle spettanze» stabilisce espressamente che «a titolo di compensazione per i maggiori oneri sostenuti dall’Azienda Sanitaria competente per gli adempimenti sopra descritti, verrà decurtata una percentuale non superiore al 5% sulle spettanze dovute a qualsiasi titolo alla struttura privata accreditata».

Considerato in diritto

1.– Con il ricorso in epigrafe il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 3 della legge della Regione Basilicata 23 novembre 2012, n. 22 (Intervento sostitutivo delle aziende sanitarie regionali in caso di inadempienza retributiva nei confronti dei dipendenti delle strutture accreditate al Servizio Sanitario Regionale), in riferimento agli artt. 81, quarto comma, 117, secondo comma, lettera l), e 117, terzo comma, della Costituzione, per quel che riguarda la materia della tutela della salute in relazione agli artt. 8-bis, 8-quater, 8-quinquies e 8-sexies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).

1.1.– L’art. 1 della legge reg. Basilicata n. 22 del 2012 dispone che, qualora le strutture private accreditate del Servizio sanitario regionale siano inadempienti nel pagamento delle retribuzioni dovute al proprio personale, le aziende sanitarie locali (ASL), previa diffida a pagare, sospendano i pagamenti dovuti ai soggetti convenzionati e, nel caso in cui permanga tale situazione, si sostituiscano agli stessi, provvedendo direttamente al pagamento dei lavoratori nei limiti delle somme dovute a qualsiasi titolo. Secondo il ricorrente, tale disciplina eccederebbe dalla competenza regionale, invadendo la materia dell’ordinamento civile in cui lo Stato è titolare di potestà legislativa esclusiva, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. L’art. 1, infatti, disciplinerebbe rapporti di natura privatistica.

Il ricorrente ritiene inoltre che sia violato anche l’art. 117, terzo comma, Cost., per quel che concerne la materia della tutela della salute, di competenza legislativa concorrente, in relazione alle norme interposte individuate negli artt. 8-bis, 8-quater, 8-quinquies e 8-sexies del d.lgs. n. 502 del 1992. L’esercizio di attività per conto del Servizio sanitario nazionale sarebbe subordinato al rilascio dell’accreditamento istituzionale, mentre l’esercizio di attività a carico del Servizio sanitario sarebbe collegato alla stipulazione degli accordi contrattuali con le strutture precedentemente accreditate, alle condizioni di cui agli artt. 8-quater e 8-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992. Le modalità di remunerazione sarebbero stabilite dall’art. 8-sexies del medesimo decreto, ai sensi del quale il rapporto sussisterebbe esclusivamente tra il Servizio sanitario nazionale e le strutture accreditate. In base alla legislazione statale in materia di accreditamento (art. 8-quater, comma 4, lettera d) la tempestiva retribuzione dei dipendenti dovrebbe essere un prius rispetto al rapporto convenzionale, integrando uno dei requisiti necessari per il rilascio dell’accreditamento stesso.

L’art. 3 della legge reg. Basilicata n. 22 del 2012 sarebbe poi in contrasto con l’art. 81, quarto comma, Cost., poiché, nel prevedere che le modalità operative dell’intervento sostitutivo di cui all’art. 1 della medesima legge e la quantificazione e le modalità di remunerazione dei maggiori oneri derivanti all’azienda sanitaria dalla relativa esecuzione siano definite con apposito provvedimento della Giunta regionale, comporterebbe oneri burocratici e amministrativi a carico delle aziende sanitarie e, di conseguenza, determinerebbe oneri aggiuntivi a carico del bilancio della Regione. La norma regionale, omettendo di quantificare i suddetti oneri e di indicarne gli specifici mezzi di copertura, violerebbe l’art. 81, quarto comma, Cost.

1.2.– Si è costituita in giudizio la Regione Basilicata, eccependo l’infondatezza del ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri.

La resistente osserva che l’art. 1 della legge reg. Basilicata n. 22 del 2012, conformemente ai principi contenuti nell’art. 117, terzo e quarto comma, Cost., avrebbe la finalità di assicurare i livelli essenziali di assistenza per i cittadini lucani, mitigando il rischio di un’interruzione improvvisa dell’erogazione di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie in caso di mancata retribuzione dei dipendenti.

A tal fine la disciplina richiamata mutuerebbe un istituto già previsto in materia contrattuale dall’art. 5, comma 1, del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»).

Con riguardo alla questione sollevata in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., con la quale il Presidente del Consiglio denuncia l’invasione della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile, la Regione eccepisce che l’anticipazione a favore dei prestatori costituirebbe un acconto della retribuzione e non determinerebbe il coinvolgimento dell’ASL nel rapporto contrattuale con il personale della struttura accreditata. Si tratterebbe solamente di una modalità operativa volta ad ovviare a contingenti ritardi e ad impedire il blocco delle prestazioni in danno degli utenti.

In ordine alla censura di mancata quantificazione degli oneri avanzata nei confronti dell’art. 3 della legge regionale impugnata, la resistente ricorda che la copertura degli eventuali oneri sostenuti dall’ASL sarebbe intrinseca al meccanismo sostitutivo, perché la delibera della Giunta regionale n. 1713 del 2012 ne avrebbe previsto il recupero a carico del soggetto inadempiente nella percentuale massima del 5% delle spettanze.

2.– Occorre innanzitutto evidenziare come nell’intestazione e nelle conclusioni del ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri l’impugnazione appaia rivolta all’intera legge reg. Basilicata n. 22 del 2012, mentre le censure vengono in concreto svolte solo nei confronti degli artt. 1 e 3 della legge stessa.

Peraltro, anche se la deliberazione del Consiglio dei ministri di cui all’art. 31, comma 3, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), richiama la legge regionale nella sua interezza, la relazione del Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, cui la deliberazione rinvia, si rivolge solamente agli artt. 1 e 3 della legge medesima.

Alla luce di quanto richiamato, la questione di legittimità costituzionale deve essere limitata ai soli artt. 1 e 3 «conformemente a quanto risulta dalla relazione del Ministro per gli affari regionali allegata alla delibera del Consiglio dei ministri che ha deciso l’impugnativa della legge regionale in questione» (sentenza n. 95 del 2005).

Ai fini della decisione del presente ricorso devono, pertanto, essere prese in considerazione le censure rivolte: a) all’art. 1 in riferimento alla materia di competenza esclusiva dello Stato «ordinamento civile», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., ed alla materia concorrente «tutela della salute», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione alle norme interposte costituite dagli artt. 8-bis, 8-quater, 8-quinquies e 8-sexies del d.lgs. n. 502 del 1992; b) all’art. 3 in riferimento all’art. 81, quarto comma, Cost., per quel che concerne la copertura della spesa derivante dal meccanismo sostitutivo.

3.– La questione sollevata nei confronti dell’art. 1 della legge reg. Basilicata n. 22 del 2012 in riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettera l), Cost., è fondata.

Nei termini di seguito precisati, essa assume carattere assorbente rispetto alle altre censure mosse dal ricorrente, dal momento che l’illegittimità della norma suddetta si proietta sull’intera legge regionale.

Il citato art. 1 testualmente dispone: «1. Al fine di assicurare e garantire l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, nell’ambito delle convenzioni stipulate tra aziende sanitarie e strutture private accreditate del Servizio sanitario regionale (SSR) che forniscano prestazioni sanitarie e socio sanitarie non immediatamente surrogabili da strutture pubbliche regionali, qualora tali strutture risultino inadempienti in ordine alle retribuzioni relative, al proprio personale, le aziende sanitarie, assegnati 10 giorni per l’erogazione delle spettanze maturate e non corrisposte, permanendo l’inadempienza contrattuale, con provvedimento del Direttore generale, sospendono ogni pagamento. 2. Decorso inutilmente il termine di ulteriori cinque giorni lavorativi dalla data del provvedimento di sospensione, ove le strutture non abbiano adempiuto alle proprie obbligazioni, il Direttore generale dell’azienda sanitaria competente, nei limiti delle spettanze dovute a qualsiasi titolo, procede, in nome e per conto della struttura privata inadempiente, all’anticipazione delle retribuzioni dovute e non pagate nella misura del 90% dell’ultima mensilità erogata ai soli dipendenti che prestano servizio presso la struttura privata accreditata operante sul territorio regionale». Dalla sua formulazione appare in modo in equivoco che esso prevede una disciplina modificativa dei rapporti di natura privatistica intercorrenti tra l’azienda sanitaria, la struttura convenzionata ed i soggetti creditori di quest’ultima, invadendo in tal modo la materia dell’ordinamento civile di competenza esclusiva dello Stato.

Questa Corte ha più volte ricordato che la materia dell’ordinamento civile, in quanto relativa alla disciplina dei rapporti privati, è riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.

Si tratta di una competenza rimasta fondamentalmente invariata perché nel passaggio dal vecchio al nuovo testo dell’art. 117, tale è rimasto anche «il limite, individuato dalla costante giurisprudenza di questa Corte (ed oggi espresso nella riserva alla potestà esclusiva dello Stato della materia “ordinamento civile”, ai sensi del nuovo art. 117, secondo comma, lettera l, della Costituzione), consistente nel divieto di alterare le regole fondamentali che disciplinano i rapporti privati» (sentenza n. 282 del 2004).

Peraltro, il profilo rilevante ai fini della decisione esula dalla vicenda dell’accreditamento della struttura sanitaria, già conclusasi a monte della stipula della convenzione, afferendo piuttosto alla disciplina dei rapporti civilistici tra l’azienda committente ed il soggetto convenzionato. Proprio l’eccezione proposta dalla Regione Basilicata, secondo cui il meccanismo sostitutivo sarebbe già stato previsto dal legislatore statale all’art. 5 del d.P.R. n. 207 del 2010, corrobora la fondatezza della questione.

Detta norma prevede che «1. Per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, in caso di ritardo nel pagamento delle retribuzioni dovute al personale dipendente dell’esecutore o del subappaltatore o dei soggetti titolari di subappalti e cottimi di cui all’articolo 118, comma 8, ultimo periodo, del codice, impiegato nell’esecuzione del contratto, il responsabile del procedimento invita per iscritto il soggetto inadempiente, ed in ogni caso l’esecutore, a provvedervi entro i successivi quindici giorni. Decorso infruttuosamente il suddetto termine e ove non sia stata contestata formalmente e motivatamente la fondatezza della richiesta entro il termine sopra assegnato, i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), possono pagare anche in corso d’opera direttamente ai lavoratori le retribuzioni arretrate detraendo il relativo importo dalle somme dovute all’esecutore del contratto ovvero dalle somme dovute al subappaltatore inadempiente nel caso in cui sia previsto il pagamento diretto ai sensi degli articoli 37, comma 11, ultimo periodo e 118, comma 3, primo periodo, del codice. 2. I pagamenti, di cui al comma 1, eseguiti dai soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), sono provati dalle quietanze predisposte a cura del responsabile del procedimento e sottoscritte dagli interessati. 3. Nel caso di formale contestazione delle richieste di cui al comma 1, il responsabile del procedimento provvede all’inoltro delle richieste e delle contestazioni alla direzione provinciale del lavoro per i necessari accertamenti».

Essa costituisce disposizione di carattere generale – a sua volta operante in regime di specialità rispetto al codice civile – per i contratti pubblici, attraverso la quale lo Stato, in virtù della propria potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento civile, ha già disposto una tutela necessariamente uniforme sul territorio nazionale per i prestatori che rimangono vittime delle inadempienze dei soggetti affidatari di commesse pubbliche.

Per gli esposti motivi non può essere dunque consentita l’adozione da parte della Regione Basilicata di una specifica e diversa fattispecie normativa.

4.– Con riguardo all’art. 1 resta assorbita l’ulteriore censura mossa in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. ed alle norme interposte richiamate nel ricorso del Presidente del Consiglio.

5.– La dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 1 si riflette sull’intera legge regionale, dal momento che tutte le disposizioni successive hanno quale finalità l’attuazione del principio surrogatorio in esso contenuto. Pertanto deve essere dichiarata in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), anche l’illegittimità costituzionale degli artt. 2, 3 e 4 della legge reg. Basilicata n. 22 del 2012, disciplinanti rispettivamente l’attivazione della procedura, la definizione delle sue modalità, la dichiarazione di urgenza e l’entrata in vigore della legge stessa.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Basilicata 23 novembre 2012, n. 22 (Intervento sostitutivo delle aziende sanitarie regionali in caso di inadempienza retributiva nei confronti dei dipendenti delle strutture accreditate al Servizio Sanitario Regionale);

2) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale degli artt. 2, 3 e 4 della legge reg. Basilicata n. 22 del 2012.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 dicembre 2013.

F.to:

Gaetano SILVESTRI, Presidente

Aldo CAROSI, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 6 dicembre 2013.