Ordinanza n. 174 del 2013

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ORDINANZA N. 174

ANNO 2013

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Franco                         GALLO                                            Presidente

-           Luigi                            MAZZELLA                                      Giudice

-           Gaetano                       SILVESTRI                                             ”

-           Sabino                         CASSESE                                                ”

-           Giuseppe                     TESAURO                                               ”

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                       ”

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                          ”

-           Paolo                           GROSSI                                                   ”

-           Giorgio                        LATTANZI                                              ”

-           Aldo                            CAROSI                                                   ”

-           Marta                           CARTABIA                                             ”

-           Sergio                          MATTARELLA                                       ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                                ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 166 del codice di procedura civile promosso dal Tribunale ordinario di Tivoli nel procedimento vertente tra R.A. e la T.S. s.r.l. con ordinanza del 30 maggio 2012, iscritta al n. 266 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2012.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 22 maggio 2013 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.

Ritenuto che il Tribunale ordinario di Tivoli, in composizione monocratica, con ordinanza depositata il 30 maggio 2012 (r.o. n. 266 del 2012) ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione ed al principio di ragionevolezza, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 166 del codice di procedura civile «nella parte in cui prevede che il convenuto deve costituirsi, a mezzo del procuratore o personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione, anche nell’ipotesi di differimento della udienza stessa ai sensi dell’art. 168-bis, quarto comma, cod. civ. proc., anziché almeno venti giorni prima della celebrazione effettiva della udienza»;

che, come il rimettente premette, con citazione notificata il 16 gennaio 2012 il sig. R.A. ha convenuto in giudizio la società T.S. s.r.l. per l’udienza del 20 maggio 2012 – cadente nel giorno di domenica – chiedendo l’accertamento dell’esistenza di vizi di costruzione relativi agli immobili che l’attore aveva acquistato dalla società convenuta, catastalmente indicati nell’atto di citazione, l’accertamento dei danni subiti, nonché la condanna della medesima convenuta al risarcimento dei danni;

che – riferisce il giudice a quo – poiché l’udienza non si è tenuta nella data di comparizione indicata nell’atto di citazione, essa è stata differita di ufficio, ai sensi dell’art. 168-bis, quarto comma, cod. proc. civ., al 24 maggio 2012, prima data utile in base alle previsioni tabellari dei giorni di udienza tenuti dal giudice assegnatario della causa;

che la parte convenuta si è costituita il 3 maggio 2012, con comparsa nella quale ha, tra l’altro, eccepito la decadenza dall’azione, ai sensi dell’art. 1495 del codice civile, e la intervenuta prescrizione, per essere, nel frattempo, decorso il termine di otto giorni dalla scoperta dei vizi, e, comunque, per essersi prescritto il termine annuale dell’azione di risarcimento dei danni;

che, alla prima udienza, l’attore ha eccepito la tardività della costituzione della parte convenuta – per essere avvenuta, rispetto alla data fissata nell’atto di citazione, in un lasso di tempo inferiore ai venti giorni previsti dall’art. 166 cod. proc. civ. – e ha dedotto la conseguente decadenza dalle eccezioni proposte nella comparsa di costituzione;

che – osserva il rimettente – il termine per la costituzione del convenuto sarebbe rispettato se si considerasse la data di effettiva celebrazione della udienza ovvero il 24 maggio 2012, come differita d’ufficio ai sensi dell’art. 168-bis, quarto comma, cod. proc. civ.;

che il giudicante sottolinea come, in mancanza di un’espressa normativa sul computo dei termini, i venti giorni prima dell’udienza di comparizione per la costituzione del convenuto non devono essere intesi come giorni liberi, ma devono essere conteggiati secondo la regola generale dell’art. 155 cod. proc. civ., in base alla quale “dies a quo non computatur in termine”, e dunque, trattandosi di termini da computarsi a ritroso, deve essere considerato “dies a quo” il giorno della prima udienza e “dies ad quem” l’ultimo giorno utile per la costituzione;

che il giudice a quo «si pone quindi il problema della ammissibilità o meno della costituzione del convenuto, in base all’art. 166 cod. proc. civ., e quindi della legittimità costituzionale di tale disposizione nella parte in cui prevede che il computo sia da riferire alla udienza fissata nell’atto di citazione e non, invece, a quella di trattazione (recte: comparizione) effettiva»;

che egli richiama, in primo luogo, l’ordinanza n. 461 del 2007 (recte: 1997) – confermata dalla successiva ordinanza n. 164 del 1998 – con cui la Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità (recte: manifesta infondatezza) della questione, non essendo configurabile la prospettata violazione del principio di eguaglianza, in quanto le fattispecie di rinvio della prima udienza di comparizione considerate nel quarto e quinto comma dell’art. 168-bis cod. proc. civ. non sono riconducibili ad una “ratio comune e non può quindi dirsi irragionevole la previsione di una deroga alla disciplina del termine di costituzione in giudizio del convenuto;

che è stata, altresì, esclusa l’asserita lesione del diritto di difesa, poiché, come la Corte stessa aveva più volte affermato, tale garanzia «non può implicare che sia illegittimo imporre all’esercizio di facoltà o poteri limitazioni temporali, al fine di accelerazione del corso della giustizia» (ordinanza n. 900 del 1988);

che il giudice a quo fa riferimento anche alla successiva ordinanza n. 134 del 2009 con la quale la Corte costituzionale ha ribadito la manifesta infondatezza della questione, sottolineando – in particolare, con riferimento all’art. 3 Cost. – la diversità delle fattispecie di rinvio della prima udienza di comparizione considerate nel quarto e quinto comma dell’art. 168-bis, cod. proc. civ. non riconducibili ad una “ratio” comune, in quanto la previsione del potere di differimento della data della prima udienza di comparizione, attribuito al giudice istruttore dal quinto comma  dell’art. 168-bis citato, è correlata all’esigenza fondamentale di porre il giudicante in condizione di conoscere l’effettivo “thema decidendum” fin dal momento iniziale della trattazione della causa, mentre le medesime esigenze non sussistono in relazione al rinvio, imputabile a vari motivi, previsto nel quarto comma del predetto articolo;

che, nella detta pronuncia, la Corte ha escluso la irragionevolezza della scelta con la quale il legislatore ha ancorato il termine per la costituzione del convenuto all’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione, ovvero a quella fissata a norma dell’art. 168-bis, quinto comma, cod. proc. civ., in quanto finalizzata al perseguimento di esigenze di certezza essenziali, in presenza di termini stabiliti a pena di decadenza (art. 167 cod. proc. civ.), per assicurare il carattere effettivo del diritto di difesa;

che la Corte ha, altresì, negato ogni contrasto con l’art. 111 Cost., evocato peraltro in termini del tutto generici, non essendo configurabile alcuna “compressione” nell’esercizio delle attività difensive;

che il rimettente ritiene di dovere riproporre la questione sotto diversi profili e, in particolare, con riferimento alla nuova formulazione dell’art. 111 Cost., come introdotta dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2 (Inserimento dei principi del giusto processo nell’articolo 111 della Costituzione) – successiva alla prima ordinanza richiamata – e con riferimento alla nuova accezione elaborata dalla giurisprudenza costituzionale del principio di ragionevolezza, non più legato necessariamente alla uguaglianza di situazioni diversamente disciplinate;

che il giudice a quo esclude una diversa interpretazione, in senso costituzionalmente orientato, dell’art. 166 cod. proc. civ., nella parte in cui prevede la costituzione del convenuto «almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione»;

che, in primo luogo, il rimettente evidenzia come, per giurisprudenza consolidata di legittimità, l’udienza da considerare ai fini del calcolo dei venti giorni a ritroso per la costituzione del convenuto sia quella differita solo nel caso di cui all’art. 168-bis, quinto comma, cod. proc. civ. e non già al quarto comma del medesimo articolo (Cassazione sezione terza civile, sentenza del 19 gennaio 2007, n. 1188; precedenti conformi: Cassazione sezione terza civile, sentenza dell’11 luglio 2006, n. 15705; sentenza del 29 ottobre 2001, n. 13427; sentenza dell’11 aprile 2000, n. 4601; Cassazione sezione prima civile, sentenza del 27 settembre 2000, n. 12794; Cassazione sezione lavoro, sentenza del 16 marzo 1996, n. 2203);

che, in secondo luogo, il rimettente osserva come, in base al principio “ubi voluit, dixit”, il legislatore abbia scelto una diversa soluzione normativa – cioè il calcolo del termine di venti giorni per la costituzione del convenuto dalla data della udienza effettiva e non già da quella fissata nell’atto di citazione – solo per l’ipotesi del differimento della udienza ai sensi dell’art. 168-bis, quinto comma, cod. proc. civ. e non invece per quella di cui al quarto comma (sul punto, viene richiamata anche Cassazione, seconda sezione civile, sentenza del 4 gennaio 2011, n. 1567);

che, infine, il rimettente sottolinea la necessità della certezza del diritto, che impone al giudice, una volta che una determinata interpretazione sia divenuta diritto vivente, di non disattendere tale orientamento, per non incorrere nel “defaut de sécurité juridique” (difetto di certezza giuridica) sanzionato dall’art. 6 CEDU;

che, ad avviso del giudice a quo, la questione concerne la limitazione del diritto di difesa e la disparità di trattamento, per compressione del termine difensivo concesso per la costituzione in giudizio del convenuto, nel caso di differimento della udienza di comparizione, ai sensi dell’art. 168-bis, quarto comma, cod. proc. civ.;

che, secondo il rimettente, l’obbligo per il giudice di considerare, ai fini della tardività della costituzione, la data di udienza fissata nell’atto di citazione, anziché quella di effettivo svolgimento dello stessa, risulta in contrasto con il principio di ragionevolezza e con il principio di non disparità di trattamento rispetto alla ipotesi del tutto analoga in cui l’udienza sia differita dal giudice, ai sensi dell’art. 168-bis, quinto comma, cod. proc. civ.;

che, in punto di rilevanza, il rimettente osserva come l’ammissibilità della costituzione del convenuto e delle relative eccezioni di decadenza, ai sensi dell’art. 1495 cod. civ., e di prescrizione sollevate nella comparsa di risposta, sia circostanza idonea ex se a condizionare la dinamica e, dunque, l’esito del processo;

che, quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo dubita, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., della legittimità costituzionale dell’art. 166 cod. proc. civ. «nella parte in cui prevede che il convenuto deve costituirsi, a mezzo del procuratore o personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione, anche nell’ipotesi di differimento della udienza stessa ai sensi dell’art. 168-bis, comma 4, cod. civ. proc., anziché almeno venti giorni prima della celebrazione effettiva della udienza»;

che il rimettente sottolinea come la discrezionalità del legislatore trovi il limite nella ragionevolezza, nella coerenza e nella parità di trattamento;

che – come evidenzia il giudice a quo – la Corte costituzionale ha inizialmente  ricondotto il principio di ragionevolezza all’interno della previsione dell’art. 3 Cost., sotto il profilo del principio di uguaglianza;

che, in particolare, il giudicante ricorda come le questioni di legittimità costituzionale dichiarate manifestamente inammissibili (recte: manifestamente infondate) con le ordinanze n. 164 del 1998 e n. 461 del 1997, siano state prospettate dai giudici rimettenti per assunta violazione, tra l’altro, dell’art. 3 Cost., sotto il profilo della irragionevole disparità di trattamento tra ipotesi analoghe, avendo, a detta dei rimettenti, il legislatore previsto un regime diverso a fronte di un medesimo evento (il differimento dell’udienza), a seconda che quest’ultimo fosse determinato in base a meccanismi operanti d’ufficio (168-bis, quarto comma, cod. proc. civ.) ovvero per volontà del giudice con apposito decreto (art. 168-bis, quinto comma, cod. proc. civ.);

che il rimettente ritiene di sollevare nuovamente la questione sotto altra e diversa accezione del principio di ragionevolezza, come elaborato dalla giurisprudenza costituzionale più recente che ne avrebbe affrancato la verifica sia dalla sussistenza del principio di uguaglianza che dalla ricerca di un tertium comparationis;

che, in particolare, con riferimento all’evocato art. 3 Cost., il rimettente osserva come, a prescindere dalla già dedotta sostanziale disparità di trattamento tra fattispecie omogenee, la norma censurata presenti una intrinseca incoerenza, contraddittorietà ed illogicità rispetto alla complessiva finalità perseguita dal legislatore;

che, ad avviso del giudice a quo, la costituzione del convenuto entro il termine di venti giorni precedenti l’udienza sarebbe finalizzata a consentire all’attore un tempo sufficiente per la valutazione della situazione processuale, al fine di porre in essere ogni conseguente attività processuale con piena consapevolezza;

che l’intervallo minimo di venti giorni, quindi, dovrebbe essere valutato rispetto a tale necessità, non compromessa nel caso di differimento del termine di costituzione del convenuto a seguito di spostamento dell’udienza fissata nell’atto di citazione;

che il rimettente osserva come l’avere ancorato legislativamente il termine di venti giorni in ogni caso alla data fissata con l’atto di citazione finisca con l’avvantaggiare l’attore che, di fatto, ha la facoltà di stabilire la data dell’udienza liberamente e, specie nei tribunali di piccole dimensioni o nelle sezioni distaccate, potrebbe volontariamente fare cadere il giorno di fissazione dell’udienza nel giorno più lontano possibile da quelli calendarizzati tabellarmente, giovandosi di un ulteriore maggior termine – di regola breve, ma molto più lungo in caso di scadenza in prossimità del periodo feriale – per studiare e valutare le difese del convenuto prima di determinare la propria strategia difensiva;

che il giudice a quo precisa come le forme di pubblicità del calendario giudiziario, di cui agli artt. 69-bis e 80 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile, consentano alle parti di prevedere tempestivamente la data effettiva dell’udienza, solo che si conosca quale sia il giudice designato – e ciò mediante accesso alla cancelleria – sicché le esigenze di certezza delle date per la parte convenuta sarebbero comunque rispettate anche ove non ancorate alla data fissata nella citazione;

che il rimettente assume, quindi, anche la violazione dell’art. 111 Cost., sotto il profilo del principio del giusto processo e parità delle parti, posto che, per quanto sopra, si consentirebbe all’attore di avvantaggiarsi, stabilendo la data dell’udienza, di un eventuale allungamento del termine per predisporre le proprie difese prima della celebrazione effettiva dell’udienza;

che tale possibilità sarebbe, invece, preclusa nel caso di cui all’art. 168-bis, quinto comma, cod. proc. civ., essendo stata, in tal caso, considerata la data di effettiva celebrazione della udienza ai fini del computo dei venti giorni per la costituzione del convenuto;

che, sotto il profilo della violazione dell’art. 111 Cost., non si tratterebbe, ad avviso del giudice a quo, di «compressione dell’attività difensiva del convenuto», ma, all’opposto, di un problema di possibile «abusivo ampliamento delle possibilità difensive dell’attore» (con allungamento dei termini della propria risposta alle eccezioni di parte e alle domande riconvenzionali);

che, sulla base delle suddette argomentazioni, il giudicante ravvisa la violazione della norma censurata con i principi di cui agli artt. 3 e 24 Cost. in combinato disposto con il principio di parità delle parti ai sensi dell’art 111 Cost.;

che, con atto depositato in data 24 dicembre 2012, è intervenuto il Presidente del Consiglio del ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’inammissibilità o per l’infondatezza della questione;

Considerato che il Tribunale ordinario di Tivoli, in composizione monocratica, dubita, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, nonché al principio di ragionevolezza, della legittimità costituzionale dell’articolo 166 del codice di procedura civile «nella parte in cui prevede che il convenuto deve costituirsi, a mezzo del procuratore o personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione, anche nell’ipotesi di differimento della udienza stessa ai sensi dell’art. 168-bis, quarto comma, cod. proc. civ., anziché almeno venti giorni prima della celebrazione effettiva della udienza»;

che questa Corte è già stata chiamata tre volte a scrutinare la detta questione, pervenendo a dichiarare la manifesta infondatezza delle questioni sollevate (ordinanze n. 134 del 2009, n. 164 del 1998 e n. 461 del 1997);

che la questione è nuovamente sollevata con riferimento alla limitazione del diritto di difesa e alla disparità di trattamento «per compressione del termine difensivo concesso per la costituzione in giudizio del convenuto (venti giorni prima dell’udienza fissata nell’atto di citazione), nel caso di differimento dell’udienza qualora, nel giorno fissato per la comparizione, il giudice istruttore designato non tenga udienza, circostanza nella quale «la comparizione delle parti è d’ufficio rimandata all’udienza immediatamente successiva tenuta dal giudice designato», come previsto dall’art. 168-bis, quarto comma, cod. proc. civ.;

che, ad avviso del rimettente, in simili ipotesi l’obbligo per il giudice di considerare, ai fini della tardività della costituzione (con tutte le conseguenze e le preclusioni di legge), la data di udienza fissata nell’atto di citazione, anziché quella di effettivo svolgimento, sarebbe in contrasto con il principio di ragionevolezza e violerebbe il principio di non disparità di trattamento in relazione all’ipotesi, del tutto analoga, in cui l’udienza sia differita dal giudice ai sensi dell’art. 168-bis, quinto comma, cod. proc. civ. (cioè, con decreto da emettere entro cinque giorni dalla presentazione del fascicolo, per un periodo massimo di quarantacinque giorni);

che, come questa Corte ha già affermato, «le fattispecie di rinvio della prima udienza di comparizione, considerate nel quarto e nel quinto comma dell’art. 168-bis cod. proc. civ., non sono riconducibili ad una ratio comune, in quanto la previsione del potere di differimento della data della prima udienza di comparizione, attribuito al giudice istruttore dal quinto comma del citato art. 168-bis, è correlato alla fondamentale esigenza di porre il giudice in condizione di conoscere l’effettivo thema decidendum fin dal momento iniziale della trattazione della causa, mentre le medesime esigenze non sussistono in relazione al rinvio previsto dal quarto comma del detto art. 168-bis, il quale può derivare da qualunque motivo, anche fortuito e indipendente da ragioni organizzative dell’ufficio o del giudice» (ordinanza n. 164 del 1998);

che, pertanto, non può ravvisarsi disparità di trattamento, avuto riguardo al carattere non omogeneo delle due ipotesi richiamate (ordinanza n. 134 del 2009);

che la norma censurata non presenta affatto «una intrinseca incoerenza, contraddittorietà ed illogicità rispetto alla complessiva finalità perseguita dal legislatore»;

che, infatti, essa, stabilendo che il convenuto deve costituirsi almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione (dieci giorni nel caso di abbreviazione dei termini per comparire ai sensi dell’art. 163-bis cod. proc. civ.), ovvero almeno venti giorni prima dell’udienza fissata a norma dell’art. 168-bis, quinto comma, ha inteso ancorare il calcolo del termine ad un elemento certo (la data della prima udienza fissata nella citazione oppure la data differita dal giudice e comunicata dal cancelliere alle parti costituite), così rispondendo – nell’esercizio di una non irragionevole discrezionalità del legislatore nella conformazione degli istituti processuali – all’interesse pubblico di certezza delle situazioni giuridiche;

che tale interesse è meglio garantito da indicazioni formalizzate in atti scritti (citazione o decreto di differimento dell’udienza di comparizione comunicato dalla cancelleria), che non da un rinvio d’ufficio non soggetto ad alcuna comunicazione;

che neppure si ravvisa «un problema di possibilità di abusivo “ampliamento” delle possibilità difensive dell’attore», essendogli consentito di fissare l’udienza in giorni non di calendario e, quindi, di allungare i termini della propria risposta alle eccezioni di parte, alle domande riconvenzionali e così via, il che porrebbe «problemi di compatibilità costituzionale con riferimento ai principi sanciti negli artt. 3 e 24 Cost. in combinato disposto con il principio di parità delle parti – art. 111 Cost.»;

che, invero, a prescindere dal carattere meramente eventuale della violazione di detti parametri, la previsione di congrui termini per comparire (art. 163-bis cod. proc. civ.) consente, comunque, alle parti una adeguata preparazione e lo svolgimento di un regolare contraddittorio, sul quale non incide il differimento dell’udienza di comparizione ai sensi dell’art. 168-bis, quarto comma, cod. proc. civ., che può derivare da qualunque motivo, anche fortuito e indipendente da ragioni organizzative dell’ufficio o del giudice;

che, peraltro, se dai principi del giusto processo discende il diritto ad un equo vaglio giurisdizionale, ciò non toglie che il processo debba essere governato, per esigenze di certezza, da scansioni temporali, nella cui fissazione il legislatore gode di ampia discrezionalità, nel rispetto del principio di ragionevolezza;

che non sussiste, dunque, la violazione degli invocati parametri costituzionali.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 166 del codice di procedura civile, sollevata, con riferimento agli articoli 3, 24, 111 della Costituzione e al principio di ragionevolezza, dal Tribunale ordinario di Tivoli, in composizione monocratica, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'1 luglio 2013.

F.to:

Franco GALLO, Presidente

Alessandro CRISCUOLO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 4 luglio 2013.