Sentenza n. 161 del 2013

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SENTENZA N. 161

ANNO 2013

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                         GALLO                                            Presidente

- Luigi                            MAZZELLA                                      Giudice

- Gaetano                       SILVESTRI                                              "

- Sabino                         CASSESE                                                 "

- Giuseppe                     TESAURO                                                "

- Paolo Maria                 NAPOLITANO                                        "

- Giuseppe                     FRIGO                                                      "

- Alessandro                  CRISCUOLO                                           "

- Paolo                           GROSSI                                                    "

- Giorgio                        LATTANZI                                               "

- Aldo                            CAROSI                                                    "

- Marta                           CARTABIA                                              "

- Sergio                          MATTARELLA                                        "

- Mario Rosario              MORELLI                                                 "

- Giancarlo                     CORAGGIO                                             "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 1 e 3 della legge della Regione Toscana 2 novembre 2005, n. 59 (Norme in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica a favore dei profughi di cui all’articolo 17 della legge 4 marzo 1952, n. 137 – Assistenza a favore dei profughi, ovvero all’articolo 34 della legge 26 dicembre 1981, n. 763 – Normativa organica per i profughi), promosso dal Tribunale ordinario di Firenze, nel giudizio vertente tra S.M. ed altri e il Comune di Firenze, con ordinanza del 20 giugno 2012, iscritta al n. 15 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell’anno 2013.

Visto l’atto di intervento della Regione Toscana;

udito nella camera di consiglio del 5 giugno 2013 il Giudice relatore Sabino Cassese.

Ritenuto in fatto

1. – Con ordinanza del 20 giugno 2012, depositata nella cancelleria di questa Corte il 29 gennaio 2013 (reg. ord. n. 15 del 2013), il Tribunale ordinario di Firenze, seconda sezione civile, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 1 e 3 della legge della Regione Toscana 2 novembre 2005, n. 59 (Norme in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica a favore dei profughi di cui all’articolo 17 della legge 4 marzo 1952, n. 137 – Assistenza a favore dei profughi, ovvero all’articolo 34 della legge 26 dicembre 1981, n. 763 – Normativa organica per i profughi), per violazione dell’articolo 3 della Costituzione.

2. – La legge della Regione Toscana n. 59 del 2005 prevede l’applicazione a tutti i cittadini italiani ed ai loro familiari a carico, in possesso della qualifica di profugo, di un regime privilegiato di acquisto degli alloggi di edilizia residenziale pubblica loro assegnati. In particolare, l’art. 1 di tale legge, rubricato «Alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica riservati ai profughi», stabilisce che «i profughi, assegnatari della quota degli alloggi di edilizia residenziale pubblica loro riservata ai sensi dell’articolo 17 della legge 4 marzo 1952, n. 137 (Assistenza a favore dei profughi), ovvero ai sensi dell’articolo 34 della legge 26 dicembre 1981, n. 763 (Normativa organica per i profughi), possono chiedere ai comuni la cessione in proprietà di tali alloggi entro il 30 giugno 2006, beneficiando delle condizioni di miglior favore di cui all’articolo 3».

L’art. 3 della stessa legge, rubricato «Prezzo di cessione degli immobili», dispone che «il prezzo di cessione degli alloggi di cui all’articolo 1 è determinato nella misura del 50 per cento del costo di costruzione di ogni singolo alloggio alla data di ultimazione della costruzione stessa ovvero di assegnazione dell'alloggio, se anteriore».

3. – La questione è stata sollevata nel corso di un giudizio che – secondo quanto riferisce il Tribunale rimettente – ha a oggetto la richiesta, da parte di cittadini italiani aventi lo status di profughi, di accertare il loro diritto ad acquistare i rispettivi alloggi di edilizia residenziale pubblica «secondo le condizioni di miglior favore previste dall’art. 3» della legge della Regione Toscana n. 59 del 2005; di dichiarare l’obbligo del Comune di Firenze, convenuto, di «cedere immediatamente in proprietà agli attori gli immobili da loro occupati»; di condannare il convenuto «al risarcimento dei danni per il ritardo nell’avvio del procedimento di alienazione degli alloggi». Il Tribunale rimettente, inoltre, riferisce che il Comune di Firenze si è costituito nel giudizio principale, contestando il diritto degli attori ad acquistare gli alloggi di edilizia popolare in regime agevolato; che la Regione Toscana, interventore volontario ad adiuvandum, rilevava la violazione da parte dell’ente comunale della legge regionale n. 59 del 2005; che il Comune convenuto eccepiva l’illegittimità costituzionale degli artt. 1 e 3 della predetta legge regionale.

3.1. – In ordine alla rilevanza della questione di legittimità costituzionale ai fini della definizione del giudizio principale, il Tribunale rimettente afferma, innanzitutto, che – contrariamente a quanto sostenuto dal convenuto nel giudizio principale – la legge regionale n. 59 del 2005 è «di immediata applicazione» e «tale da fondare il diritto degli attori ad acquistare gli alloggi al prezzo agevolato del 50 per cento del costo di costruzione, prezzo che è notevolmente inferiore a quello applicabile [a]gli altri assegnatari» di alloggi di edilizia popolare e che – come rilevato mediante apposita consulenza tecnica di ufficio – «sarebbe pari ad euro 2605,08».

Inoltre, ad avviso del rimettente, sebbene il convenuto contesti che alcuni attori abbiano i requisiti necessari per invocare il diritto all’acquisto in base alle disposizioni censurate, la questione risulterebbe comunque rilevante, essendo pacifica la sussistenza dei medesimi requisiti in capo agli altri attori nel giudizio principale.

3.2. – Il giudice rimettente afferma la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, sulla base di un’ampia ricostruzione del quadro normativo statale nel quale si inserisce la legge della Regione Toscana n. 59 del 2005.

3.2.1. – Secondo quanto riferito dal rimettente, la legge n. 137 del 1952 individua due tipologie di provvidenze abitative a favore dei profughi italiani provenienti dalle ex colonie africane e dalle regioni sottratte alla sovranità dello Stato italiano a seguito degli accordi di pace: in base all’art. 17, gli Istituti autonomi delle case popolari ed enti analoghi dovevano riservare ai profughi (in origine entro il termine di un quadriennio, oggetto di successive proroghe legislative) una quota pari al 15 per cento degli alloggi di edilizia residenziale pubblica abitabili a partire dal 1° gennaio 1952 (cosiddetti alloggi “riservati”); in base all’art. 18, si autorizzava (in origine per il periodo 1951-1954, anche in questo caso più volte prorogato) la costruzione, a spese dello Stato, di fabbricati a carattere popolare e popolarissimo per la sistemazione dei profughi ricoverati nei centri di raccolta amministrati dal Ministero dell’interno (cosiddetti alloggi “dedicati”).

Successivamente, l’art. 1, comma 24, della legge 24 dicembre 1993, n. 560 (Norme in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica) stabiliva che i profughi «assegnatari di alloggi realizzati ai sensi della legge 4 marzo 1952, n. 137» potevano chiederne la cessione in proprietà beneficiando di condizioni di favore, ovvero pagando un corrispettivo pari al 50 per cento del costo di costruzione dell’alloggio. Tale previsione – sempre secondo la ricostruzione del Tribunale rimettente – ha dato luogo a una questione interpretativa, alimentata da pronunce e interventi legislativi contrastanti, circa la spettanza del diritto all’acquisto con trattamento agevolato ai soli profughi assegnatari degli alloggi “dedicati”, cioè per essi costruiti in base all’art. 18 della legge n. 137 del 1952 o, per converso, anche ai profughi assegnatari degli alloggi loro riservati ai sensi dell’art. 17 della medesima legge.

Il dubbio interpretativo sarebbe stato dissipato – secondo quanto sostenuto dal rimettente – dall’art. 4, comma 223, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), norma di interpretazione autentica che stabilisce quanto segue: «il comma 24 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 1993, n. 560, si interpreta nel senso che gli alloggi attualmente di proprietà statale realizzati ai sensi dell’articolo 18 della legge 4 marzo 1952, n. 137, e successive modificazioni, assegnati ai cittadini italiani in possesso della qualifica di profugo ai sensi dell’articolo 1 della legge 4 marzo 1952, n. 137, sono ceduti in proprietà ai profughi assegnatari o ai loro congiunti in possesso dei requisiti previsti dalla predetta legge».

Il rimettente rileva, d’altra parte, che la scelta del legislatore di circoscrivere la spettanza del diritto all’acquisto con trattamento agevolato ai soli profughi assegnatari degli alloggi “dedicati”, di cui all’art. 18 della legge n. 137 del 1952, sarebbe stata disattesa da successive pronunce – anche del Consiglio di Stato (sentenza n. 1176 del 2005) e della Corte di cassazione (sentenza n. 27662 del 2011). Tali decisioni, sarebbero, però, «frutto di un erroneo presupposto», in quanto farebbero tutte riferimento a un testo del richiamato art. 4, comma 223, diverso da quello effettivamente vigente e «non possono dunque essere influenti per una diversa ricostruzione del quadro normativo».

Sulla base di tale ricostruzione, il rimettente ritiene che «in base alla normativa statale solo agli alloggi di cui all’art. 18 citato si applichi l’art. 1, comma 24, della legge n. 560 del 1993», che consente appunto all’assegnatario dell’alloggio di chiederne la cessione in proprietà  a condizioni di particolare favore.

Il rimettente precisa, poi, che gli immobili oggetto della controversia «rientrano tutti nella previsione di cui all’art. 17 della legge n. 137 del 1952 e non sono di proprietà statale, ma del Comune di Firenze: dunque, esulano in radice i presupposti per l’applicazione della disciplina statale secondo l’interpretazione qui accolta».

3.2.2. – È in questo quadro che si inserisce – secondo la ricostruzione compiuta dal Tribunale rimettente – la legge della Regione Toscana n. 59 del 2005, «che ha invece esteso espressamente anche ai profughi ex art. 17 della legge n. 137 del 1952 la possibilità di acquistare gli alloggi loro assegnati allo stesso prezzo di favore previsto per i profughi ex art. 18 della legge n. 137 del 1952 dall’art. 1, comma 24, della legge n. 560 del 1993».

Ai fini della non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 3 di tale legge regionale, il rimettente osserva che, nella normativa statale, la previsione di un prezzo di acquisto di particolare favore esclusivamente a beneficio dei profughi di cui all’art. 18 della legge n. 137 del 1952 si giustifica in ragione del fatto che gli alloggi costruiti in base a tale previsione «erano locati ai profughi beneficiari ad un canone in cui era ricompresa tanto una percentuale del costo di costruzione dell’immobile (inizialmente pari al 2 per cento annuo, poi ridotta allo 0,5 per cento […]), quanto la totalità delle spese generali di amministrazione e manutenzione calcolate ai sensi della legge» – in particolare delle disposizioni di cui al regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165 (Approvazione del testo unico delle disposizioni sull’edilizia popolare ed economica) – e perciò «la contrazione del prezzo di cessione riservata a questa categoria di profughi conseguiva […] alla costante partecipazione da parte di costoro, per tutti gli anni di godimento dell’alloggio, ai costi di costruzione e gestione degli immobili». Il giudice rimettente ritiene, perciò, che «l’estensione da parte della legge della Regione Toscana n. 59 del 2005 del prezzo di favore di cui si è detto anche ai profughi assegnatari ex art. 17 introduce una oggettiva, immotivata disparità di trattamento a danno di quanti invece usufruiscono di immobili ex art. 18, parificandosi per tale via situazioni del tutto disomogenee e contrastando con il criterio di ragionevolezza ex art. 3 Cost.», con conseguente illegittimità costituzionale degli artt. 1 e 3 della suddetta legge regionale.

Inoltre, il giudice rimettente ravvisa la non manifesta infondatezza della questione di legittimità dei medesimi artt. 1 e 3, sempre in relazione all’art. 3 Cost., «nella parte in cui, richiamando lo stesso criterio di cui all’art. 1, comma 24, della legge n. 560 del 1993, prevedono che, a certe condizioni, i profughi assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica ex art. 17 della legge n. 137 del 1952 possano ottenere l’acquisto in proprietà degli alloggi assegnati previo pagamento di un prezzo pari al 50 per cento del costo di costruzione invece che secondo le norme generali che disciplinano il patrimonio dell’edilizia residenziale pubblica, così irragionevolmente diversificando situazioni del tutto assimilabili (il trattamento di tali assegnatari rispetto alle altre categorie di assegnatari degli alloggi dell’edilizia residenziale pubblica)». Secondo il rimettente «non si rinviene infatti una ragione particolare che giustifichi la diversità del trattamento di particolare favore rispetto alla generalità degli assegnatari, dal momento che la valorizzazione dello stato di profugo italiano è già stata presa in considerazione dall’ordinamento per disporre la riserva del 15 per cento degli alloggi del patrimonio dell’edilizia residenziale pubblica, mentre considerarla nuovamente come elemento per disporre una così drastica riduzione del presso di acquisto rispetto agli assegnatari che non sono profughi contrasta con il principio di eguaglianza, perché comporta un ingiustificato trattamento differenziato di una medesima categoria di soggetti».

Il Tribunale rimettente ritiene, pertanto, che «questa scelta viola il canone generale della ragionevolezza delle norme e pare esulare dai limiti della discrezionalità legislativa, specie di fronte alla tutela di un diritto sociale, quale quello al bene casa, che mal tollera differenziazioni non legate allo stato di bisogno concreto (art. 47, secondo comma, Cost.)». A sostegno di tale affermazione, il rimettente osserva che la finalità della normativa regionale impugnata «non è stata quella di differenziare per qualche motivo la posizione dei profughi da quella degli altri assegnatari, ma, come dichiarato in modo espresso, è stata quella di equiparare il trattamento tra profughi assegnatari di alloggi costruiti apposta dallo Stato (art. 18 citato) e profughi assegnatari degli alloggi di edilizia residenziale (art. 17 citato), equiparazione che, in base a quanto osservato, appare irragionevole».

4. – È intervenuta in giudizio, con atto depositato nella cancelleria il 5 marzo 2013, la Regione Toscana, deducendo l’infondatezza della questione.

In primo luogo, secondo la Regione, la legge regionale n. 59 del 2005 sarebbe stata emanata nel rispetto della competenza legislativa esclusiva che, in virtù dell’art. 117, quarto comma, Cost., spetta alle Regioni in materia di edilizia residenziale pubblica. In ogni caso, il legislatore regionale non avrebbe «fatto altro che trasportare a livello regionale una normativa già predisposta a livello statale» – rispetto alla quale «nessuna questione di legittimità costituzionale è mai stata sollevata» – privilegiandone «l’interpretazione estensiva».

In secondo luogo, l’intervento del legislatore regionale, lungi dal creare disparità irragionevoli, avrebbe una finalità perequativa, dal momento che dal «quadro interpretativo-applicativo della normativa statale» sarebbe derivata «un’ingiustificata discriminazione tra i cittadini italiani aventi lo status di profugo, e quindi assegnatari degli alloggi costruiti appositamente per loro dallo Stato ai sensi dell’art. 18, e quelli, invece, assegnatari degli alloggi in quota loro riservata ex art. 17»: in base all’art. 2, comma 223, della legge n. 350 del 2003, infatti, «questi ultimi, se non fosse intervenuto il legislatore regionale, si sarebbero trovati a dover pagare senza un giustificato motivo, un prezzo di cessione pari al doppio di quello pagato dai primi». Gli stessi lavori preparatori della legge regionale n. 59 del 2005 espliciterebbero – secondo quanto riportato dalla difesa regionale – «il fine di stabilire una situazione di parità di trattamento tra le due suddette tipologie di alloggi per profughi in merito al relativo prezzo di cessione applicabile, dando così una concreta risposta ad evidenti ragioni di equità sociale». Pertanto, l’intervento del legislatore regionale sarebbe pienamente rispettoso dell’art. 3 Cost. e attuativo del principio di «imparzialità sostanziale nell’agire amministrativo» sancito dall’art. 97 Cost.

Infine, la Regione Toscana eccepisce l’errata formulazione della censura riferita al principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) per mancata indicazione del tertium comparationis. In particolare, mancherebbe, «a fondamento dell’illegittimità costituzionale, il paragone tra la condizione dei comuni assegnatari di edilizia residenziale pubblica e coloro che ne beneficiano perché hanno lo status di profughi».

Considerato in diritto

1. – Con ordinanza del 20 giugno 2012, il Tribunale ordinario di Firenze, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 1 e 3 della legge della Regione Toscana 2 novembre 2005, n. 59 (Norme in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica a favore dei profughi di cui all’articolo 17 della legge 4 marzo 1952, n. 137 – Assistenza a favore dei profughi, ovvero all’articolo 34 della legge 26 dicembre 1981, n. 763 – Normativa organica per i profughi), per violazione dell’articolo 3 della Costituzione.

1.1. – Le disposizioni regionali impugnate riconoscono a tutti i cittadini italiani (e ai loro familiari a carico) in possesso della qualifica di «profugo» il diritto di acquistare gli alloggi di edilizia residenziale popolare loro assegnati, beneficiando di «condizioni di miglior favore» rispetto agli assegnatari ordinari. Per questi ultimi, le condizioni sono determinate dall’art. 1, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 560 (Norme in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica), secondo cui il prezzo degli alloggi «è costituito dal valore che risulta applicando un moltiplicatore pari a 100 alle rendite catastali» rivalutate e «al prezzo così determinato si applica la riduzione dell’1 per cento per ogni anno di anzianità dell’immobile, fino al limite massimo del venti per cento». Per gli assegnatari che abbiano la qualifica di «profugo», invece, l’art. 3 della legge della Regione Toscana n. 59 del 2005 stabilisce, in deroga al criterio generale, che il prezzo di cessione degli alloggi «è determinato nella misura del 50 per cento del costo di costruzione di ogni singolo alloggio alla data di ultimazione della costruzione stessa ovvero di assegnazione dell’alloggio, se anteriore». Il medesimo regime derogatorio, di particolare favore, si applica, invece, in base alla normativa statale, ai soli profughi assegnatari degli alloggi per essi costruiti in base alle previsioni di cui agli artt. 18 e seguenti della legge 4 marzo 1952, n. 137 (Assistenza a favore dei profughi), in ragione del canone di locazione maggiorato da essi pagato.

1.2. – Secondo il rimettente, gli impugnati artt. 1 e 3 della legge della Regione Toscana n. 59 del 2005 violerebbero l’art. 3 Cost. per due motivi: in primo luogo, perché equiparerebbero irragionevolmente, ai fini dell’acquisto dell’immobile, il trattamento dei profughi assegnatari degli alloggi realizzati in base all’art. 18 della legge n. 137 del 1952 e il trattamento degli altri profughi assegnatari di alloggi dell’edilizia residenziale pubblica – di cui all’art. 17 della legge n. 137 del 1952 e all’art. 34 della legge 26 dicembre 1981, n. 763 (Normativa organica per i profughi) – che, a differenza dei primi, sono «soggetti ad un canone calmierato, privo di componenti forfettarie calcolate in base ai costi di costruzione e gestione dell’immobile condotto in locazione»; in secondo luogo, perché differenzierebbero irragionevolmente il trattamento degli assegnatari di alloggi popolari in possesso della qualifica di profughi da quello degli assegnatari ordinari, non rinvenendosi «una ragione particolare che giustifichi la diversità del trattamento di particolare favore rispetto alla generalità degli assegnatari».

2. – La questione è fondata.

2.1. – Preliminarmente, occorre ricostruire il quadro normativo in materia di provvidenze abitative previste a favore dei cittadini italiani in possesso della qualifica di «profugo», al fine di individuare la ratio dei benefici loro riconosciuti.

La legge n. 137 del 1952 – primo intervento a favore dei cittadini italiani rientrati dalle ex colonie africane e dalle regioni sottratte alla sovranità dello Stato italiano a seguito degli accordi di pace che posero fine al secondo conflitto mondiale – ha previsto due tipi di provvidenze abitative. Da un lato, l’art. 17 di tale legge riservava ai profughi (in origine, per un quadriennio) una quota pari al 15 per cento delle assegnazioni di tutti gli alloggi che gli istituti di gestione delle case popolari avrebbero costruito dal 1° gennaio 1952 (cosiddetti alloggi “riservati”). Dall’altro lato, l’art. 18 autorizzava (in origine, fino al 1954) la costruzione, a spese dello Stato, di fabbricati a carattere popolare e popolarissimo per la sistemazione dei profughi ricoverati nei centri di raccolta amministrati dal Ministero dell’interno (cosiddetti alloggi “dedicati”).

Il rapporto tra gli enti di gestione e i profughi assegnatari degli alloggi “riservati”, sorto in base al citato art. 17, è assoggettato, anche ai fini della determinazione del canone, al regime giuridico dettato in via generale per i rapporti tra gli stessi enti e gli assegnatari ordinari. Al contrario, per i profughi assegnatari degli alloggi “dedicati”, di cui all’art. 18, l’art. 24 della stessa legge n. 137 del 1952 ha previsto un canone di locazione maggiorato, che – secondo il testo originario – comprendeva «le spese generali di amministrazione e manutenzione dell’alloggio calcolate secondo le norme del T.U. 28 aprile 1938 n. 1165, nonché una somma pari al 2 per cento annuo del costo dell’alloggio stesso», e – secondo il testo vigente dello stesso art. 24, come modificato dall’art. 1 della legge 14 marzo 1961, n. 182 (Modificazioni agli articoli 24 e 25 della legge 4 marzo 1952, n. 137, concernente l’assistenza a favore dei profughi di guerra) – include «le spese generali, di amministrazione e di manutenzione ordinaria e straordinaria, oltre una somma pari allo 0,50 per cento annuo del costo di costruzione dell’alloggio». Gli istituti gestori, riscosso il canone, sono tenuti a riversare allo Stato la quota – prima del 2 per cento, poi dello 0,5 per cento – relativa al costo di costruzione (art. 25 della legge n. 137 del 1952).

Proprio in considerazione del più oneroso canone da essi corrisposto, ai profughi assegnatari degli alloggi “riservati”, di cui all’art. 18, è stata concessa la facoltà di acquistare gli immobili a condizioni di particolare favore. L’art. 1, comma 24, della legge n. 560 del 1993 ha, infatti, riconosciuto ai profughi assegnatari degli alloggi «realizzati» ai sensi della legge 4 marzo 1952, n. 137 – costruiti, cioè, in base all’art. 18 di tale legge – il diritto di chiederne la cessione in proprietà, «beneficiando delle condizioni di miglior favore contenute nell’articolo 26» del decreto del Presidente della Repubblica 17 gennaio 1959, n. 2 (Norme concernenti la disciplina della cessione in proprietà degli alloggi di tipo popolare ed economico), ossia pagando un corrispettivo pari al 50 per cento del costo di costruzione dell’alloggio.

L’art. 4, comma 223, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004) ha definitivamente chiarito che il regime di maggior favore previsto dall’art. 1, comma 24, della legge n. 560 del 1993 si applica soltanto alla speciale categoria di profughi assegnatari degli alloggi di cui all’art. 18 della legge n. 137 del 1952.

La scelta del legislatore statale di riservare il trattamento di acquisto agevolato ai soli profughi assegnatari di alloggi realizzati in base agli artt. 18 e seguenti della legge n. 137 del 1952 si giustifica – come già osservato in passato dalla Corte di cassazione – in ragione del fatto che tale categoria, nel pagare una canone di locazione maggiorato, ha «già corrisposto sia una quota annua (prima del 2 per cento e, poi, dello 0,5 per cento) del costo di costruzione, e dunque, una somma che – per le assegnazioni effettuate negli anni 1952-53 poteva aver raggiunto circa il 40 per cento di questo costo – sia una quota parte delle spese di manutenzione straordinaria» (Cassazione civile, sentenza n. 13949 del 1999).

2.2. – L’impugnata legge della Regione Toscana n. 59 del 2005 ha esteso il suddetto regime privilegiato, che consente di acquistare la proprietà dell’immobile versando un importo corrispondente alla metà del costo di costruzione, a tutti i profughi assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica. Secondo l’art. 1 di tale legge regionale, infatti, anche «i profughi, assegnatari della quota degli alloggi di edilizia residenziale pubblica loro riservata ai sensi dell’articolo 17 della legge 4 marzo 1952, n. 137 (Assistenza a favore dei profughi), ovvero ai sensi dell’articolo 34 della legge 26 dicembre 1981, n. 763 (Normativa organica per i profughi), possono chiedere ai comuni la cessione in proprietà di tali alloggi entro il 30 giugno 2006, beneficiando delle condizioni di miglior favore», ossia di un prezzo di cessione che – in base all’articolo 3 – «è determinato nella misura del 50 per cento del costo di costruzione di ogni singolo alloggio alla data di ultimazione della costruzione stessa ovvero di assegnazione dell’alloggio, se anteriore».

La scelta così compiuta ha l’effetto di estendere un regime di privilegio, derogatorio rispetto alle norme generali in materia di edilizia residenziale pubblica, e di alterare la posizione relativa della categoria interessata rispetto ad altre categorie – i profughi di cui all’art. 18 della legge n. 173 del 1952 e gli assegnatari ordinari di alloggi popolari – che sono titolari del medesimo diritto all’abitazione, al quale la giurisprudenza costituzionale riconosce carattere inviolabile (ex plurimis, sentenze n. 61 del 2011, n. 404 del 1988 e n. 217 del 1988).

Tale scelta è in contrasto con l’art. 3 Cost. per l’irragionevolezza sia del criterio prescelto per l’estensione del beneficio, sia della parificazione di situazioni eterogenee, nonché per la non giustificata disparità di trattamento che risulterebbe dall’applicazione delle disposizioni censurate.

Innanzitutto, occorre considerare che la tutela dei profughi rientrati in Italia al termine del secondo conflitto mondiale è stata soddisfatta assicurando – attraverso la riserva delle assegnazioni e la costruzione diretta dei fabbricati, previste, rispettivamente dagli artt. 17 e 18 della legge n. 137 del 1952 – la disponibilità di un adeguato numero di alloggi da assegnare loro in locazione. Né le leggi dell’epoca, né quelle dei decenni successivi hanno attribuito ai suddetti conduttori un trattamento pecuniario agevolato (rispetto a quello spettante agli assegnatari ordinari di alloggi dell’edilizia residenziale pubblica) per il solo fatto di essere «profughi». Le disposizioni regionali censurate introducono, invece, un regime di privilegio a favore dei profughi a oltre sessanta anni di distanza dagli eventi che avevano determinato la specificità del problema abitativo di tale categoria di persone. Per di più, in numerosi casi, per via del tempo intercorso, gli eventuali beneficiari non sono i profughi stessi, bensì, «in caso di decesso dell’assegnatario originario», i familiari con esso conviventi «ai quali sia stato riconosciuto il diritto al subentro nell’assegnazione dell’alloggio» (art. 2, comma 1, della legge della Regione Toscana n. 59 del 2005). Appare, perciò, irragionevole la scelta del legislatore regionale di stabilire, a distanza di tanto tempo, un trattamento di favore che, tra gli assegnatari di alloggi popolari, privilegia la categoria dei profughi e, in concreto, i loro discendenti.

Inoltre, è vero che il legislatore statale, con l’art. 1, comma 24, della legge n. 560 del 1993, ha previsto agevolazioni nell’acquisto degli alloggi popolari a favore dei profughi assegnatari dei fabbricati realizzati in base all’art. 18 della legge n. 137 del 1952. Tuttavia, il beneficio è stato loro accordato non in quanto profughi, bensì in quanto conduttori gravati da un canone di locazione più oneroso di quello ordinario, perché comprensivo sia di una quota delle spese di manutenzione straordinaria, sia di una quota annua del costo di costruzione. La legge della Regione Toscana n. 59 del 2005, invece, estendendo l’ambito soggettivo di applicazione del regime di maggior favore nell’acquisto di alloggi popolari al di là dell’ambito indicato dall’art. 1, comma 24, della legge n. 560 del 1993, accorda rilievo esclusivo alla qualifica di profugo e trascura il dato differenziale – il canone di locazione maggiorato – che è all’origine del regime di maggior favore riservato dalla legislazione statale ai profughi destinatari degli alloggi di cui agli artt. 18 e seguenti della legge n. 137 del 1952. In tal modo, il legislatore regionale equipara il trattamento di due gruppi di conduttori di alloggi pubblici che, benché accomunati dall’essere (stati) profughi, si trovano, rispetto alle condizioni di esercizio del diritto al riscatto dell’immobile, in una situazione oggettivamente differenziata.

Infine, gli artt. 1 e 3 della legge della Regione Toscana n. 59 del 2005 determinano una disparità di trattamento, anch’essa non giustificata, tra i profughi assegnatari di alloggi popolari “riservati”, di cui all’art. 17 della legge n. 137 del 1952, e gli ordinari assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica. La normativa regionale censurata, infatti, differenzia la posizione di tali categorie di conduttori senza tener conto del fatto che gli uni e gli altri – avendo goduto dell’assistenza pubblica in ragione di un comune stato di bisogno, ritenuto meritevole di tutela, e avendo corrisposto negli anni, agli enti gestori degli alloggi loro assegnati, un identico canone di locazione – si trovano, ai fini dell’acquisto in proprietà dell’immobile, nella medesima condizione.

3. – In considerazione della inscindibile connessione esistente tra gli impugnati artt. 1 e 3 della Regione Toscana n. 59 del 2005 e le altre disposizioni (artt. 2 e 4) della stessa legge, l’illegittimità costituzionale dei primi deve estendersi in via consequenziale alle seconde, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 1 e 3 della legge della Regione Toscana 2 novembre 2005, n. 59 (Norme in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica a favore dei profughi di cui all’articolo 17 della legge 4 marzo 1952, n. 137 – Assistenza a favore dei profughi, ovvero all’articolo 34 della legge 26 dicembre 1981, n. 763 – Normativa organica per i profughi);

2) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale degli articoli 2 e 4 della legge della Regione Toscana n. 59 del 2005.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 giugno 2013.

F.to:

Franco GALLO, Presidente

Sabino CASSESE, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 27 giugno 2013.