Ordinanza n. 112 del 2013

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ORDINANZA N. 112

ANNO 2013

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Franco                         GALLO                                            Presidente

 -     Luigi                            MAZZELLA                                      Giudice

-      Gaetano                       SILVESTRI                                             ”

-      Sabino                         CASSESE                                                ”

-      Giuseppe                     TESAURO                                               ”

-      Paolo Maria                 NAPOLITANO                                       ”

-      Giuseppe                     FRIGO                                                     ”

-      Alessandro                  CRISCUOLO                                          ”

-      Paolo                           GROSSI                                                   ”

-      Giorgio                        LATTANZI                                              ”

-      Aldo                            CAROSI                                                   ”

-      Marta                           CARTABIA                                             ”

-      Sergio                          MATTARELLA                                       ”

-      Mario Rosario              MORELLI                                                ”

-      Giancarlo                     CORAGGIO                                            ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 58, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2004), promosso dalla Commissione tributaria provinciale di Milano nel giudizio vertente tra la società Dresdner Bank A.G. e l’Agenzia delle entrate, ufficio di Milano 1, con ordinanza del 28 aprile 2010, iscritta al n. 276 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell’anno 2012.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 aprile 2013 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio.

Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Milano, chiamata a decidere sul ricorso proposto dalla società Dresdner Bank A.G. nei confronti dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Milano 1, con ordinanza del 28 aprile 2010 ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 58, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2004), in riferimento agli artt. 3 (principio di uguaglianza e principio di ragionevolezza), 97 e 113, secondo comma, della Costituzione, anche in relazione agli artt. 3 e 6, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente);

che la disposizione sottoposta al vaglio di costituzionalità prevede che «nel quadro delle iniziative volte a definire le pendenze con i contribuenti, e di rimborso delle imposte, l’Agenzia delle entrate provvede alla erogazione delle eccedenze di IRPEF e IRPEG dovute in base alle dichiarazioni dei redditi presentate fino al 30 giugno 1997, senza far valere la eventuale prescrizione del diritto dei contribuenti»;

che l’Istituto bancario aveva adito la Commissione tributaria di Milano, impugnando il silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso del credito di imposta IRPEG per l’anno 1983;

che l’Agenzia delle entrate, costituitasi in giudizio, aveva eccepito la prescrizione del diritto;

che secondo la Commissione rimettente la prescrizione si deve ritenere maturata e che pertanto la norma impugnata diviene rilevante ai fini del decidere, in quanto impedirebbe di far valere la relativa eccezione;

che la norma sarebbe affetta dai seguenti vizi di costituzionalità:

− lederebbe il principio di uguaglianza fra le parti del processo, vietando solo all’amministrazione finanziaria di esercitare una facoltà prevista in generale dall’ordinamento processuale e, fra i contribuenti, favorendo solo quelli titolari di redditi IRPEF e IRPEG fino al 1997;

− inciderebbe sull’istituto della prescrizione con efficacia retroattiva e in violazione dei principi di cui all’art. 3 della legge n. 212 del 2000, secondo il quale le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo e i termini di prescrizione e decadenza per gli accertamenti d’imposta non possono essere prorogati;

− contrasterebbe, altresì, con il principio di ragionevolezza, in quanto riapre rapporti giuridici di credito anche molto risalenti, offre una giustificazione incongrua della deroga prevista, impedisce irragionevolmente all’amministrazione di opporre difese a fronte di rivendicazioni remote o tardive;

− escluderebbe la tutela giurisdizionale della stessa pubblica amministrazione con riguardo a determinate categorie di atti, in violazione dell’art. 113, secondo comma, Cost.;

− potrebbe dar luogo a frodi in danno all’erario, con la conseguente lesione dell’art. 97 Cost., anche in relazione all’art. 6 della legge n. 212 del 2000;

che è intervenuto nel giudizio, con memoria depositata il 2 gennaio 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ed ha dedotto la non fondatezza della questione sollevata dalla Commissione tributaria di Milano;

che, in particolare, la difesa dello Stato ha rilevato il carattere eccezionale della norma impugnata, che tiene conto della diversa posizione delle parti nel giudizio e si pone come equo rimedio ai ritardi che si erano accumulati nel rimborso dei crediti di imposta IRPEF ed IRPEG nel periodo anteriore al 30 giugno 1997, con ingiusta discriminazione dei contribuenti;

che neppure sarebbe leso il diritto alla tutela giurisdizionale dell’amministrazione, in quanto la disposizione in esame si riferisce principalmente all’attività amministrativa di rimborso dei crediti di imposta e si riflette solo indirettamente sull’attività di difesa nel processo;

che la norma risponderebbe ai canoni di efficienza e di buona amministrazione stabiliti dall’art. 97 Cost., e la possibilità di frodi o pagamenti indebiti costituirebbe un inconveniente di fatto non rilevante sul piano costituzionale.

Considerato che, come correttamente rileva la Commissione tributaria provinciale di Milano, per decidere sull’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto all’istanza di rimborso del credito d’imposta IRPEG, anno 1983, deve farsi applicazione della norma in esame, essendo stata eccepita dal fisco la prescrizione del credito;

che in ragione del tenore letterale della disposizione non è possibile una diversa interpretazione, conforme a Costituzione, che la metta al riparo dal sospetto di illegittimità costituzionale, in quanto essa prevede che l’amministrazione debba provvedere all’erogazione degli indicati crediti d’imposta senza avvalersi della prescrizione;

che va ribadito, in proposito, che l’univoco tenore della norma segna il confine in presenza del quale il tentativo interpretativo deve cedere il passo al sindacato di legittimità costituzionale (sentenze n. 78 del 2012, n. 26 del 2010 e n. 219 del 2008);

che l’odierna questione, quindi, tende realmente a risolvere un dubbio di legittimità costituzionale;

che, in via preliminare, va osservato che l’art. 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), invocato, in relazione al principio di uguaglianza, per la asserita lesione del principio di irretroattività delle disposizioni tributarie e di non prorogabilità dei termini di prescrizione e decadenza, e l’art. 6, comma 2, della stessa legge, richiamato in ordine alla violazione dell’art. 97 Cost., non possono essere assunti quale parametro di legittimità costituzionale, in quanto hanno rango di legge ordinaria e non costituiscono, neppure come norme interposte, parametro idoneo a fondare il giudizio di legittimità costituzionale di leggi statali (ex multis, sentenza n. 247 del 2011);

che, pertanto, la questione sollevata con riguardo a queste disposizioni legislative deve essere dichiarata manifestamente inammissibile;

che le altre questioni di legittimità costituzionale sono manifestamente infondate;

che la norma – priva di carattere retroattivo, in quanto conforma l’agire processuale dell’amministrazione dalla sua entrata in vigore – è espressione delle scelte discrezionali che competono al legislatore nella disciplina degli istituti processuali con il solo limite della loro non manifesta irragionevolezza (ex multis, sentenza n. 10 del 2013);

che, come emerge dal dibattito svoltosi nel corso dell’approvazione della legge finanziaria per il 2004 alla Camera dei deputati nella seduta del 15 dicembre 2003, con la disposizione impugnata si è inteso dare effettività ai crediti vantati per eccedenza di imposta poiché appariva iniquo che, a fronte del condono fiscale, non si restituissero a molti contribuenti gli importi pagati oltre il dovuto;

che in questa prospettiva la norma impugnata comporta un ragionevole esercizio della discrezionalità del legislatore in quanto costituisce una disciplina eccezionale adottata per riequilibrare situazioni di disparità, in ragione di una complessiva situazione di ritardo nell’effettuare le restituzioni;

che non costituisce fonte di discriminazione costituzionalmente rilevante il fatto che il legislatore abbia delimitato l’ambito di applicazione della norma, in quanto, per costante giurisprudenza di questa Corte, non è fonte di illegittimità costituzionale il limite alla estensione di norme che, come quella ora in esame, costituiscono deroghe a principi generali (ex multis, ordinanza n. 49 del 2013, sentenza n. 131 del 2009);

che, inoltre, il naturale fluire del tempo costituisce idoneo elemento di differenziazione delle situazioni soggettive, cosicché non sussiste alcuna ingiustificata disparità di trattamento per il solo fatto che situazioni pur identiche siano soggette a diversa disciplina ratione temporis (sentenza n. 273 del 2011, ordinanze n. 31 del 2011, n. 61 del 2010, n. 170 del 2009 e n. 212 del 2008);

che non sussiste la violazione dell’art. 113, secondo comma, Cost., in quanto il parametro, invocato con riguardo al diritto alla tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione, è palesemente inconferente;

che, infine, quanto alla lesione dell’art. 97 Cost., sollevata dalla rimettente in considerazione del fatto che il disconoscimento del credito d’imposta non deve essere formalmente comunicato al dichiarante, nonché della circostanza che mancano dati cartacei o su supporto informatico delle dichiarazioni ultradecennali, con il rischio di frodi in danno dell’erario in violazione dei principi di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione, la censura non può trovare accoglimento, poiché gli inconvenienti di fatto denunciati, non direttamente riconducibili all’applicazione della disposizione censurata, sono irrilevanti ai fini del giudizio di legittimità costituzionale (cfr., ex multis, ordinanza n. 270 del 2012).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 58, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2004), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 6, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

2) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 58, della legge n. 350 del 2003, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97 e 113, secondo comma, della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 maggio 2013.

F.to:

Franco GALLO, Presidente

Giancarlo CORAGGIO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2013.