Ordinanza n. 186 del 2012

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ORDINANZA N. 186

ANNO 2012

 

[ELG:COLLEGIO]

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Franco                         GALLO                                            Presidente

-           Luigi                            MAZZELLA                                      Giudice

-           Gaetano                       SILVESTRI                                             ”

-           Sabino                         CASSESE                                                ”

-           Giuseppe                     TESAURO                                               ”

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                       ”

-           Giuseppe                     FRIGO                                                     ”

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                          ”

-           Paolo                           GROSSI                                                   ”

-           Giorgio                        LATTANZI                                              ”

-           Aldo                            CAROSI                                                   ”

-           Marta                           CARTABIA                                             ”

-           Sergio                          MATTARELLA                                       ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                                ”

[ELG:PREMESSA]

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 28 ottobre 2009 (Doc. XVI, n. 1), promosso dal Tribunale di Livorno, sezione distaccata di Cecina, con ricorso depositato in cancelleria il 22 marzo 2012 ed iscritto al n. 1 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2012, fase di ammissibilità.

Udito nella camera di consiglio del 20 giugno 2012 il Giudice relatore Giuseppe Frigo.

[ELG:FATTO]

[ELG:DIRITTO]

Ritenuto che, con ricorso del 2 marzo 2012, il Tribunale di Livorno, sezione distaccata di Cecina, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in relazione alla deliberazione del 28 ottobre 2009 (Doc. XVI, n. 1), con la quale la Camera dei deputati – ritenuto che i comportamenti ascritti al senatore Altero Matteoli, oggetto del procedimento penale in corso davanti al Tribunale ricorrente, rientrino nella previsione dell’articolo 96 della Costituzione – ha negato, in relazione ad essi, l’autorizzazione a procedere;

che il Tribunale premette di essere investito del procedimento penale nei confronti del senatore Matteoli, al quale è contestato il reato di cui all’articolo 378 del codice penale con riguardo a fatti commessi nell’agosto del 2003, allorché rivestiva la carica di Ministro per l’ambiente;

che il procedimento era pervenuto al ricorrente dopo che il Collegio per i reati ministeriali, costituito presso il Tribunale di Firenze ai sensi dell’articolo 7 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 (Modifiche degli articoli 96, 134 e 135 della Costituzione e della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, e norme in materia di procedimenti per i reati di cui all’articolo 96 della Costituzione), aveva escluso che i fatti contestati potessero qualificarsi come reati ministeriali ai sensi dell’art. 96 Cost., in quanto «oggettivamente e strumentalmente non riconducibili alle funzioni proprie della carica istituzionale»;

che la Camera dei deputati – della quale all’epoca il Matteoli faceva parte – aveva sollevato conflitto tra poteri dello Stato, ritenendo che i provvedimenti adottati tanto dal Collegio per i reati ministeriali che dallo stesso Tribunale di Livorno (davanti al quale il procedimento era giunto alla fase dell’istruzione dibattimentale) fossero lesivi delle proprie attribuzioni costituzionali, previste dall’art. 96 Cost. e dagli artt. 5, 8 e 9 della legge cost. n. 1 del 1989;

che la Corte costituzionale aveva risolto il conflitto con la sentenza n. 241 del 2009, affermando, da un lato, che il Collegio per i reati ministeriali avrebbe dovuto trasmettere gli atti al Procuratore della Repubblica, affinché questi desse comunicazione al Presidente della Camera dei deputati, ai sensi dell’art. 8, comma 4, della legge cost. n. 1 del 1989, del provvedimento con cui detto Collegio aveva escluso la natura ministeriale dei reati ascritti all’imputato; dall’altro, che il Tribunale di Livorno, sezione distaccata di Cecina, avrebbe dovuto rilevare l’omissione della predetta comunicazione, adottando i provvedimenti conseguenti di competenza per rimediare ad essa;

che, avendo avuto comunque notizia della pendenza del procedimento penale, la Camera dei deputati, nella seduta del 28 ottobre 2009 – sul presupposto che i fatti ascritti al Matteoli avessero natura ministeriale e che fossero stati realizzati «per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di governo» – aveva deliberato, con la maggioranza prevista dall’art. 9, comma 3, della legge cost. n. 1 del 1989, su conforme proposta della Giunta per le autorizzazioni, di negare l’autorizzazione a procedere per essi;

che, con ricorso del 18 dicembre 2009, il Tribunale di Livorno, sezione distaccata di Cecina, aveva sollevato un primo conflitto di attribuzione avverso tale delibera, rilevando che il potere di negare l’autorizzazione a procedere era accordato alle Camere solo in rapporto ai reati ministeriali, mentre il Collegio per i reati ministeriali aveva escluso che i fatti oggetto di giudizio avessero tale natura; e che, d’altra parte, in base a quanto affermato nella citata sentenza n. 241 del 2009, la Camera – nel caso di dissenso dalla valutazione operata dall’autorità giudiziaria – non era abilitata a qualificare come ministeriale il reato contestato, in modo vincolante rispetto all’autorità giudiziaria, ma poteva soltanto sollevare conflitto di attribuzione;

che, in detto ricorso, si era altresì sostenuto che il Tribunale avrebbe potuto anche procedere senza tenere conto della delibera dell’organo parlamentare, ma che, comunque, il principio di leale collaborazione tra poteri dello Stato faceva apparire opportuna la proposizione di un conflitto di attribuzione contro di essa;

che, su tali premesse, il Tribunale aveva chiesto, quindi, alla Corte di stabilire «se, ai fini dell’esercizio della prerogativa di cui all’art. 96 Cost., spetti alla Camera di appartenenza o all’autorità giudiziaria la valutazione in ordine alla natura ministeriale o meno del reato contestato»;

che, con ordinanza n. 317 del 2011, la Corte aveva dichiarato improcedibile il ricorso, in quanto depositato, con la prova delle relative notificazioni, oltre il termine perentorio previsto dall’art. 24, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

che, a fronte di ciò, il difensore del senatore Matteoli aveva chiesto al Tribunale ricorrente di emettere sentenza di non doversi procedere nei confronti del proprio assistito per mancanza della necessaria condizione di procedibilità, ai sensi dell’art. 96 Cost. e degli artt. 121 e 129 del codice di procedura penale e, comunque, per intervenuta prescrizione: richiesta al cui accoglimento il pubblico ministero si era opposto;

che, preliminarmente rispetto ad ogni altra decisione, il Tribunale reputa di dover sollevare un nuovo conflitto di attribuzione avverso la deliberazione della Camera dei deputati del 28 ottobre 2009;

che, diversamente da quanto asserito nel precedente ricorso, il ricorrente ritiene di non potere, allo stato, ulteriormente procedere nei confronti del senatore Matteoli, giacché la delibera impugnata – fin quando «esiste nell’ordinamento giuridico» – rappresenterebbe comunque «un ostacolo al pieno esercizio del potere giurisdizionale da parte del giudice ordinario»: ostacolo che potrebbe essere rimosso solo attraverso lo strumento del conflitto di attribuzione;

che, ciò posto, il ricorrente assume che la delibera censurata sia stata assunta in carenza delle condizioni legittimanti la sua adozione;

che nella citata sentenza n. 241 del 2009 la Corte costituzionale ha, infatti, chiarito che nel caso in cui il Collegio per i reati ministeriali disponga l’archiviazione cosiddetta anomala o asistematica, a seguito della quale il processo penale prosegue nelle forme ordinarie (art. 2, comma 1, della legge 5 giugno 1989, n. 219, recante «Nuove norme in tema di reati ministeriali e di reati previsti dall’articolo 90 della Costituzione»), all’organo parlamentare «non può essere sottratta una propria, autonoma valutazione sulla natura ministeriale o non ministeriale dei reati oggetto di indagine giudiziaria, né tantomeno – ove non condivida la conclusione negativa espressa dal tribunale dei ministri – la possibilità di sollevare conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, assumendo di essere stata menomata, per effetto della decisione giudiziaria, della potestà riconosciutale dall’art. 96 Cost.»;

che nella specie, tuttavia, la Camera dei deputati – dopo avere espresso una valutazione in ordine alla natura del reato difforme da quella operata dall’autorità giudiziaria – ha ritenuto di potersi direttamente avvalere della potestà riconosciutale dall’art. 96 Cost., negando l’autorizzazione a procedere, senza sollevare preventivamente conflitto di attribuzione;

che, con l’odierno ricorso – puntualizza il Tribunale, rimarcando come in ciò risieda un ulteriore profilo di diversità rispetto al ricorso precedente – non si intende, quindi, disconoscere alla Camera la possibilità di dissentire dalla qualificazione del reato operata dalla competente autorità giudiziaria, ma si intende piuttosto censurare il fatto che l’organo parlamentare si sia discostato, nei termini dianzi esposti, dalle indicazioni della sentenza n. 241 del 2009;

che, sulla base di tali considerazioni, il Tribunale chiede, quindi, alla Corte di dichiarare che non spettava alla Camera dei deputati adottare il provvedimento previsto dall’art. 9, terzo comma, della legge cost. n. 1 del 1989, senza avere preventivamente sollevato conflitto di attribuzione, e, conseguentemente, di annullare la delibera impugnata;

che, ad avviso del ricorrente, il ricorso sarebbe ammissibile, nonostante la dichiarazione di improcedibilità del precedente ricorso relativo alla medesima delibera, in quanto connotato da novità nei suoi elementi costitutivi tali da mutare la sostanza del conflitto;

che, in aggiunta ai profili differenziali già evidenziati, anche il petitum sarebbe, infatti, diverso e più ampio rispetto a quello del precedente ricorso, venendo richiesta, in aggiunta ad una pronuncia di accertamento, anche una pronuncia di natura costitutiva, quale quella di annullamento dell’atto viziato da incompetenza.

Considerato che, in questa fase, la Corte è chiamata, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a delibare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile, in quanto esiste «la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza»;

che, in via preliminare, occorre rilevare come il Tribunale di Livorno, sezione distaccata di Cecina, abbia già proposto, in riferimento alla deliberazione della Camera dei deputati del 28 ottobre 2009 (Doc. XVI, n. 1), un precedente conflitto di attribuzione, dichiarato ammissibile con l’ordinanza n. 211 del 2010 e successivamente improcedibile con l’ordinanza n. 317 del 2011, a causa del ritardo con cui erano stati effettuati gli adempimenti previsti dall’art. 24, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

che, per consolidato orientamento di questa Corte, il conflitto dichiarato improcedibile non può essere riproposto, stante l’esigenza costituzionale che il giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, una volta instaurato, si concluda in termini certi, non rimessi alle parti confliggenti, non essendo consentito mantenere indefinitamente in sede processuale una situazione di conflittualità di poteri e di procrastinare, così, ad libitum il ristabilimento della «certezza e definitività» dei rapporti (sentenza n. 116 del 2003; ordinanze n. 419 e n. 413 del 2007, n. 294 del 2006, n. 40 del 2004, n. 188 e n. 153 del 2003);

che detta preclusione non viene, d’altra parte, meno a fronte dell’allegazione di nuovi motivi e argomenti a sostegno del ricorso (ordinanza n. 294 del 2006), né della sua prospettazione in termini differenziati sul piano formale, quando non ne risulti comunque mutata la sostanza del conflitto;

che, contrariamente a quanto assume il ricorrente, l’odierno conflitto non può considerarsi sostanzialmente diverso dal precedente, colpito dalla dichiarazione di improcedibilità;

che, al di là della differente articolazione del petitum, il nucleo delle doglianze è, in effetti, il medesimo: ciò che il ricorrente lamenta – nella presente come già nella precedente occasione – è che la Camera dei deputati abbia ritenuto di potersi avvalere, omisso medio, della potestà di negare l’autorizzazione a procedere per il reato ascritto al senatore Matteoli, senza avere preventivamente sollevato conflitto di attribuzione avverso il provvedimento con il quale la competente autorità giudiziaria (segnatamente, il Collegio per i reati ministeriali presso il Tribunale di Firenze) aveva escluso la natura ministeriale del reato in questione: con ciò – in assunto – discostandosi dalle indicazioni contenute nella sentenza n. 241 del 2009 di questa Corte;

che non vale, d’altra parte, a mutare la sostanza del conflitto il fatto che il Tribunale abbia esplicitamente richiesto, in aggiunta alla dichiarazione di non spettanza all’organo parlamentare del potere esercitato, anche l’annullamento della delibera impugnata, essendo – a tacer d’altro – tale pronuncia consequenziale, ai sensi dell’art. 38 della legge n. 87 del 1953, all’accertamento del vizio di incompetenza, onde la relativa richiesta doveva ritenersi implicita anche nel ricorso precedentemente proposto;

che neppure, infine, è idonea a rendere sostanzialmente nuovo l’odierno conflitto la circostanza che il Tribunale abbia motivato in modo differente l’interesse a ricorrere, basandolo – anziché sull’esigenza di rispetto del principio di leale collaborazione tra poteri dello Stato – sull’assunto che la delibera censurata impedirebbe comunque di continuare a procedere nei confronti del senatore Matteoli, trattandosi di variazione che non incide sul nucleo centrale delle censure;

che l’odierno conflitto va dichiarato, pertanto, inammissibile, costituendo sostanziale riproposizione del conflitto già dichiarato improcedibile per tardività del deposito degli atti.

[ELG:DISPOSITIVO]

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Tribunale di Livorno, sezione distaccata di Cecina, nei confronti della Camera dei deputati, con l’atto indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2012.

[ELG:FIRME]

F.to:

Franco GALLO, Presidente

Giuseppe FRIGO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2012.

 [ELG:ALLEGATO]